cavallo e uomo
[[[_DIMOSTRAZIONI
EPISTEMICHE_]]]//[[[_INTRODUZIONE
ALL'EPISTEME_]]]
numero attuale delle
dimostrazioni epistemiche: 236 [elenco aggiornato al 23 gennaio 2010]
[[[introduzione alle dimostrazioni epistemiche]]]
la ricerca_epistemica ha
individuato un nuovo ambito di pensiero, quello specifico delle dimostrazioni
[scienza_dimostrativa], e per questo ne ha potuto produrre molte. la ricerca tomistica e le
altre dimostrazioni storiche non hanno potuto incrementare il numero delle
dimostrazioni, perché esse utilizzano lo schema teologico della
sacra_scrittura, cioè il modello della realtà definito in queste pagine
“tripartito” [dio, mondo_creato e uomo], e così non hanno potuto scoprire tutte
quelle dimostrazioni che erano implicite nello schema quadripartito
[mondo_non_creato, dio, mondo_creato, uomo]. le dimostrazioni altro non sono
che la definizione e la descrizione di tale modello, rappresentato nella mappa
dell’essere_[ …]. molte delle dimostrazioni
epistemiche si ripetono, cioè riproducono il medesimo argomento, ma non è stato
possibile intervenire su di esse, per ridurle di numero, perché …
a.] le dimostrazioni, che si
ripetono, sono tuttavia tra loro diverse, o per qualche elemento importante, o
per la diversa impostazione;
b.] le dimostrazioni sono state
scritte di getto [218 dimostrazioni in due anni], e i collegamenti tra di esse
renderebbero la loro riduzione, e conseguente riclassificazione, estremamente
laboriosa;
c.] si è ritenuto di dover
lasciarle così, anche perché in realtà gli argomenti simili sono riconosciuti
esplicitamente e sono tra loro distinti negli elementi in cui comunque divergono.
la comprensione delle
dimostrazioni viene facilitata dalla lettura della mappa metafisica dell’essere_necessario_[ …].
le dimostrazioni sono un percorso obbligato del pensiero, scatenato dalla
differenza tra il principio e dio, e dalla lettura dello sviluppo dell’essere,
che conduce dal principio a dio. il significato dell’aver posto fuori di dio il
principio di dio sta qui: nell’aver fatto di dio non più un presupposto della
fede e della ragione, ma un ente, della cui esistenza si dà giustificazione
razionale, essendo essa stata deteminanta dalla necessità dell’essere: l’uomo
deve conoscere la necessità, come dio la conosce, necessità che pone limiti
nell’uomo perché li pone innanzitutto in dio. questi limiti [limiti della
tecnica, che non è onnipotente, e limiti della salvezza, che non può fare a
meno delle opere] consentono tuttavia di riconoscere perfettamente che dio è
onnipotente e onnisciente in senso cristiano, a lui solo l’uomo deve la propria
esistenza, e pur essendo derivata l’esistenza di dio [e la necessità, in lui,
del progetto_uomo] dalla necessità dell’essere, l’uomo deve adorare solo dio e
solo a dio rendere culto. l’aver posto un principio di dio fuori di dio
corrisponde ad un unico e solo significato: non l’idolatria del principio, che pure
supera dio, ma che in realtà in dio converge, bensì una rigorosa esigenza di
scientificità del pensiero, che fonda la scienza_dimostrativa, la quale
dimostra l’esistenza di dio come determinazione razionale e necessaria dell’essere
semplice e astratto, di quell’essere che deve essere scritto con la “e” minuscola,
mentre solo dio è l’Essere.
note: caratteri di base delle dimostrazioni epistemiche:
1- costituiscono l'asse-portante dell'episteme ... 2- presuppongono l'episteme ... 3- sono ad esso
propedeutiche ... 4- hanno rilevanza
gnoseologica ... 5-
sono, o dovrebbero poter essere (sia ciascuna, sia considerate
unitariamente: nella dimostrazione unitaria) forme generali e standard (cioè
non fantasiose) di riclassificazione del sapere (= episteme) ... 6-
esse dovrebbero costituire e racchiudere i modelli-base del pensiero,
inteso nel suo uso gerarchicamente primario, ovvero di tipo
metafisico-teologico e orientato alla dimostrazione dell'esistenza di
Dio (se e solo se il pensiero dimostrativo è il pensiero-base)
... 7- fondano la scienza-dimostrativa
]]] ELENCO DELLE DIMOSTRAZIONI [[[
dimostrazione_1:
antropica_[…]/analisi_critica_[...]/schematizzazione_[...]
dimostrazione_2: del
riflesso_[…]
dimostrazione_3:
proto_ontologica, massima_maggiore, epistemica_prima_[…]
dimostrazione_4: cosmologica_prima_[…]
dimostrazione_5:
severiniana[s]_prima, dell'apparire_prima_[…]
dimostrazione_6:
cartesiana[c]_epistemica, ludica_prima_[…]
dimostrazione_7: linguistica_prima,
epistemica_quarta_[…]
dimostrazione_8: della
necessità_[…]
dimostrazione_9: dell’analogia_[…]
dimostrazione_10: della
forma_[…]
dimostrazione_11: dell’essere
e del nulla, normale_prima_[…]
dimostrazione_12:
dell’emanazione_[…]
dimostrazione_13:
fenomenologica_prima_[…]
dimostrazione_14:
fenomenologica_seconda_[…]
dimostrazione_15: prima_c_[…]
dimostrazione_16: ruiniana[r]_prima,
epistemica_terza_[…]
dimostrazione_17:
vignana[v]_prima, epistemica_seconda_[…]
dimostrazione_18:
fenomenologica_terza, approccio_fenomenologico_puro_[…]
dimostrazione_19:
nietzschiana[n]_prima, v_terza, mistica_prima, fideistica_prima_[…]
dimostrazione_20:
programmatica_[…]
dimostrazione_21:
proiettiva, fenomenologica_quarta_[…]
dimostrazione_22:
escatologica_[…]
dimostrazione_23: del
riflesso reciproco, originaria_prima, fenomenologica_quinta, massima_fenomenologica_[…]
dimostrazione_24:
kantiana, ludica_seconda_[…]
dimostrazione_25:
prima_anselmiana[a], a_maggiore_[…]
dimostrazione_26:
seconda_a, mistica_seconda_[…]
dimostrazione_27:
terza_a, razionale_[…]
dimostrazione_28: apocatastica_prima_[…]
dimostrazione_29:
messoriana[m]_prima, epistemica_quinta_[…]
dimostrazione_30:
seconda_c_[…]
dimostrazione_31:
terza_c, massima_c_[…]
dimostrazione_32:
del senso_[...]
dimostrazione_33: culturale_[…]
dimostrazione_34:
apologetica_retorica_[…]
dimostrazione_35:
apologetica_scientifica, m_seconda_[…]
dimostrazione_36:
religiosa_[…]
dimostrazione_37:
dogmatica_[…]
dimostrazione_38: rivelativa_prima, prima corrispondenza biunivoca_[…]
dimostrazione_39: logica_etica,
v_seconda, quarta_c, seconda corrispondenza biunivoca,
retro_razionale_prima, prima_ paradossale_[…]
dimostrazione_40: inferenziale, terza corrispondenza biunivoca_[…]
dimostrazione_41: tecnologica_[...]
dimostrazione_42: linguistica_seconda_[...]
dimostrazione_43: cosmologica_seconda_[...]
dimostrazione_44: della perfezione, v_quarta, seconda_paradossale, fideistica_seconda_[...]
dimostrazione_45: del confronto, v_quinta_[...]
dimostrazione_46: della verità, v_sesta, epistemica_sesta_[...]
dimostrazione_47: della mediazione, v_settima, ludica_terza_[...]
dimostrazione_48: apocatastica_seconda, n_seconda, v_ottava_[...]
dimostrazioni_49: innatistica_[...]
dimostrazioni_50:
della fede, dei miracoli, bertulettiana, m_terza, v_nona,
rivelativa_seconda, epistemica_settima, fideistica_terza_[...]
dimostrazione_51: apollinea_[...]
dimostrazione_52: dionisiaca_[...]
dimostrazione_53: dell'imperfezione, terza_paradossale_[...]
dimostrazione_54: standard_prima, normale_seconda_[...]
dimostrazione_55: transitiva_[...]
dimostrazione_56: metafisica, del nichilismo_[...]
dimostrazione_57: della triangolazione, r_seconda, quinta_c_[...]
dimostrazione_58: anticristica, n_terza, retro_razionale_seconda, quarta_paradossale_[...]
dimostrazione_59: del complemento_[...]
dimostrazione_60: della purificazione_[...]
dimostrazione_61: della volontà di potenza, n_quarta_[...]
dimostrazione_62: dell'eros_[...]
dimostrazione_63: dell'agape_[...]
dimostrazione_64: s_seconda_[...]
dimostraizone_65: berkeleyiana_[...]
dimostrazione_66: condizionale, quinta_paradossale, ludica_quarta_[...]
dimostrazione_67: totemica_[...]
dimostrazione_68: del problema_[...]
dimostrazione_69: edipica_prima, psicoanalitica_[...]
dimostrazione_70: dell'idea_[...]
dimostrazione_71: della vita_[...]
dimostrazione_72: entropica_[...]
dimostrazione_73: standard_seconda, normale_terza_[...]
dimostrazione_74: ontologica_[...]
dimostrazione_75: esistenzialistica_prima_[...]
dimostrazione_76: esistenzialistica_seconda_[...]
dimostrazione_77: originaria_seconda_[...]
dimostrazione_78: originaria_terza, anselmiana_breve_notevole, a_quarta_[...]
dimostrazione_79: solipsistica_[...]
dimostrazione_80: bontadiniana[b]_prima_[...]
dimostrazione_81: b_seconda_[...]
dimostrazione_82: b_terza, b_tipica_[...]
dimostrazione_83: linguistica_terza_[...]
dimostrazione_84: heideggeriana, retrospettiva, v_10, r_3, retro_razionale_terza_[...]
dimostrazione_85: della fusione, b_4, v_11_[...]
dimostrazione_86: schopenhaueriana, della rappresentazione_prima,
mistica_terza, massima_mistica, sacrificale,
retro _razionale_quarta_[...]
dimostrazione_87: proto_gnoseologica, massima_minore, r_4_[...]
dimostrazione_88: trinitaria, r_4_[ruiniana_quarta_ripetuta]_[...]
dimostrazione_89: esistenzialistica_terza_[...]
dimostrazione_90: fideistica_quarta_[...]
dimostrazione_91: ratzingeriana_prima[rtz_1], argomentativa, apologetica_argomentativa_[...]
dimostrazione_92: del dubbio di fede, rtz_2, probabilistica_prima, esistenzialistica_quarta_[...]
dimostrazione_93: probabilistica_seconda_[...]
dimostrazione_94: probabilistica_terza_[...]
introduzione alle dimostrazioni tomistiche: neutralizzazione delle confutazioni kantiane_[...]
dimostrazione_95: tomistica[t]_prima_[…]
dimostrazione_96: t_seconda_[…]
dimostrazione_97: t_terza_[…]
dimostrazione_98: t_quarta_[…]
dimostrazione_99: t_quinta_[…]
dimostrazione_100: fondativa, rtz_3, massima_ratzingeriana, fideistica_quinta, massima_fideistica, normale_quarta_[...]
dimostrazione_101: prima_t_epistemica_[...]
dimostrazione_102: seconda_t_epistemica_[...]
dimostrazione_103: terza_t_epistemica_[...]
dimostrazione_104: quarta_t_epistemica_[...]
dimostrazione_105: quinta_t_epistemica_[...]
dimostrazione_106: del sogno_[...]
dimostrazione_107: dell'ordine_prima [minima/media/massima], cosmologica_terza, probabilistica_quarta _[...]
dimostrazione_108: dell'ordine_seconda, cosmologica_quarta_[...]
dimostrazione_109: intuitiva_[...]
dimostrazione_110: dell'invarianza_[...]
dimostrazione_111: normale_quinta_[...]
dimostrazione_112: riproduttiva, normale_quinta_ripetuta, circolare_[...]
dimostrazione_113: melchiorriana_[...]
dimostrazione_114: gravitazionale_[...]
dimostrazione_115: dell'utilità, r_5, v_12_[...]
dimostrazione_116: scissionale, sesta_paradossale_[...]
dimostrazione_117: essenzialistica, a_5, r_6, v_13, mistica_quarta_[...]
dimostrazione_118: pura, m_4, fenomenologica_sesta_[...]
dimostrazione_119: creazionistica, r_7_[...]
dimostrazione_120: esegetica_prima, rtz_4, fenomenologica_settima_[...]
dimostrazione_121: esegetica_seconda, rtz_5, fenomenologica_ottava_[...]
dimostrazione_122: scissionale_seconda, normale_sesta_[...]
dimostrazione_123: estetica_[...]
dimostrazione_124: soprannaturale, mistica_quinta_[...]
dimostrazione_125: rivelativa_terza, rtz_6, r_8_[...]
dimostrazione_126: gnoseologica_prima, dell'apparire_seconda, v_14_[...]
dimostrazione_127: edipica_seconda_[...]
dimostrazione_128: steleologica_[...]
dimostrazione_129: fideistica_sesta, rtz_7, r_9, fenomenologica_decima_[...]
dimostrazione_130: sinfonica_[...]
dimostrazione_131: idealistica, fenomenologica_undicesima_[...]
dimostrazione_132: della rappresentazione_seconda, normale_settima, fenomenologica_dodicesima_[...]
dimostrazione_133: della rappresentazione_terza, normale_ottava_[...]
dimostrazione_134: della rappresentazione_quarta, fenomenologica_tredicesima_[...]
dimostrazione_135: dell'apparire_terza_[ ...]
dimostrazione_136: della rappresentazione_quinta_[ ...]
dimostrazione_137: standard_normale, normale_nona, retro_razionale_quinta_[ ...]
dimostrazione_138:
gnoseologica_seconda, dell'immediatezza [e della mediazione], v_15,
esistenzialistica_quinta, fideistica _settima_[ ...]
dimostrazione_139: della matrice_[ ...]
dimostrazione_140: della rappresentazione_sesta_[ ...]
dimostrazione_141: panteistica_[...]
dimostrazione_142: panpsichistica_[...]
dimostrazione_143: artistica, bertoniana, s_3_[...]
dimostrazione_144: della vita nascente_[...]
dimostrazione_145: della natura_[...]
dimostrazione_146: dell'amore_[ ...]
dimostrazione_147: kantiana_seconda, r_10_[ ...][schematizzazione_[ ...]]
dimostrazione_148: kantiana_terza, r_11_[ ...]
dimostrazione_149: vitruviana, virtuale, tecnologica_seconda_[ ...]
dimostrazione_150: standard_normale_seconda, normale_decima, massima_normale_[ ...]
dimostrazione_151: ermeneutica_[...]
dimostrazione_152: non_normale_[...]
dimostrazione_153: del linguaggio_[...]
dimostrazione_154: del cominciamento_[...][schematizzazione_[...]]
dimostrazione_155: del desiderio, v_16, settima_paradossale, ludica_quinta_[...]
dimostrazione_156: del senso_seconda_[ ...]
dimostrazione_157: normale_fondamentale, hegeliana, normale_undicesima_[ ...]
dimostrazione_158: normale_fondamentale_primaria, del riferimento,
esperienziale, ottava_paradossale, massima_paradossale, problematica,
scissionale_terza_[ ...]
dimostrazione_159: dell'evoluzione_[…]
dimostrazione_160: standard_normale_fondamentale_[…]
dimostrazione_161: standard_conoscitiva_[...]
dimostrazione_162: geografica_[...]
dimostrazione_163: dezaniana [dell'Intero, della speranza, del desiderio_seconda, nona_paradossale]_[...]
dimostrazione_164: tolemaica, cosmologica_quinta_[...]
dimostrazione_165: della consapevolezza, rivelativa_quarta_[...]
dimostrazione_166: del cristianesimo_[...]
dimostrazione_167: biblica_[...]
dimostrazione_168: della felicità, del desiderio_terza, della gioia, della gloria_[...]
dimostrazione_169: del fondamento, decostruttiva_[...]
dimostrazioni_standard_[...]
dimostrazione_170: musicale, sinfonica_seconda_[...]
dimostrazione_171: dell'emanazione, decima_paradossale_[...]
dimostrazione_172: storico_sociale_[...]
dimostrazione_173: creazionistica_seconda_[...]
dimostrazione_174: del confronto_seconda_[...]
dimostrazione_175: gnoseologica_fondamentale, gnoseologica_terza_[...]
[24/6/2008] dimostrazione_176: della codificazione, del senso comune, sperimentale_[...]
[24/6/2008] dimostrazione_177: del concetto_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_178: immediata, scissionale_quarta_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_179: quintuplice_riassuntiva_[...]
[25/6/2008] dimostrazione_180: aristotelica_[...]
dimostrazione_181_[...]: pascaliana, probabilistica_quinta [25/6/2008]
dimostrazione_182_[...]: s_terza, scissionale_quinta [25/6/2008]
dimostrazione_183_[...]: della proporzione [25/6/2008]
dimostrazione_184_[...]: della matrice_seconda, della proporzione_seconda [26/6/2008]
dimostrazione_185_[...]: della connessione [26/6/2008]
[26/6/2008] dimostrazione_186: etica_[...]
[26/6/2008] dimostrazione_187: sofistica_[...]
[26/6/2008] dimostrazione_188: anselmiana_classica_[...]
[27/6/2008] dimostrazione_189: del pensiero_[...]
[27/6/2008] dimostrazione_190: metafisica_seconda_[...]
dimostrazione_191_[ ...]: metafisica_terza [27/6/2008]
dimostrazione_192_[ ...]: del completamento, della coerenza, della linea [27/6/2008]
dimostrazione_193_[ ...]: della relazione [27/6/2008]
dimostrazione_194_[ ...]: standard_classica_prima [27/6/2008]
dimostrazione_195_[ ...]: standard_classica_seconda [27/6/2008]
[29/6/2008] dimostrazione_196: del pensiero_seconda, scissionale_sesta_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_197: della storia, della filosofia_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_198: della forma_seconda_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_199: della connessione_seconda_[...]
[29/6/2008] dimostrazione_200: epistemica_tomistica, della partecipazione_[...]
dimostrazione_201_[...]: della bellezza [29/6/2008]
dimostrazione_202_[...]: statistica, probabilistica_sesta [30/6/2008]
dimostrazione_203_[...]: tolemaica_seconda, cosmologica_sesta [30/6/2008]
dimostrazione_204_[...]: immediata_seconda [30/6/2008]
dimostrazione_205_[...]: del pensiero_terza [1/7/2008]
dimostrazione_206_[...]: immediata_terza [1/7/2008]
dimostrazione_207_[...]: della bellezza_seconda [27/7/2008]
dimostrazione_208_[...]: personalistica, rtz_8 [7/8/2008]
dimostrazione_209_[...]: creazionistica_terza [28/9/2008]
dimostrazione_210_[...]: cristologica, epistemica [25/8/2008]
dimostrazione_211_[...]: etimologica [23/9/2008]
dimostrazione_212_[...]: del linguaggio_seconda [23/9/2008]
dimostrazione_213_[...]: estetica_seconda [25/1/2008]
dimostrazione_214_[...]: kantiana_quarta [5/2/2008]
dimostrazione_215_[...]: del male, freudiana, platonica [10/4/2009]
dimostrazione_216_[...]: del soggetto [10/4/2009]
dimostrazione_217_[...]: dell'intuizione [10/4/2009]
dimostrazione_218_[...]: intuitiva_seconda, standard_classica_terza,
normale_dodicesima, scissionale settima, undicesima _paradossale [8/8/2009]
]]]
ESPOSIZIONE DELLE DIMOSTRAZIONI [[[
PRIMA DIMOSTRAZIONE [ANTROPICA: questa dimostrazione
utilizza il principio antropico]
ANALISI_CRTICA_[...]/SCHEMATIZZAZIONE_[...]
Il pensiero serve per pensare la realtà. Ma il pensiero dell’uomo
pensa e non pensa la realtà. Ad esempio: io penso ad una cosa, poi
penso ad un’altra cosa, e cesso di pensare alla cosa precedente; lo
scienziato studia il cosmo, ma quando dorme cessa di studiarlo.
Poiché il pensiero serve per pensare la realtà (la funzione del
pensiero è quella di pensare la realtà e se stesso), deve esistere
un pensiero che pensi la realtà e non smetta mai di farlo, cioè che
la pensi in modo continuo e anche totale, perché a questo serve il
pensiero. La realtà è la totalità di ciò che esiste. Il pensiero che
pensa la totalità, è il pensiero totale, cioè infinito. Quel
pensiero, che non smette di pensare la realtà, e la pensa “tutta”,
essendo infinito, è Dio. Dio pensa una persona, tutte le persone, e
non smette mai di pensarle, perché il pensiero deve pensare “sempre”
e “tutto”: sempre, quindi Dio è pensiero eterno; tutto, quindi Dio è
pensiero infinito. Dio è il pensiero totale e continuo, perché a
questo serve il pensiero.Non basta tuttavia dire che il pensiero,
secondo la sua funzione, deve esistere come infinito (pensiero che
pensa tutta la realtà) ed eterno (pensiero che pensa la realtà in
modo continuo), bisogna effettivamente dimostrare che un tale
pensiero (Dio) esiste. Il pensiero dell’uomo esiste. Ma questo
pensiero non corrisponde alla funzione del pensiero, perché può non
pensare. Poiché, dunque, esiste un pensiero (nell’uomo), il pensiero
esiste, ma esso non esiste, nell’uomo, secondo la funzione del
pensiero (il quale pensa sempre la realtà, anche nelle favole e
nella fantasia, proiezioni varianti del soprannaturale invariante:
seconda dimostrazione). Come può dunque esistere nell’uomo la forma
del pensiero, senza che a questa forma competa ciò che vi
corrisponde per essenza ? Come può esistere un pensiero, senza che
esista (da qualche parte …), in quanto esiste il pensiero, il
pensiero stesso corrispondente alla sua funzione ? (e che rende il
primo “possibile”, proprio come imperfetto). Si sostiene qui che, se
esiste un pensiero, deve esistere il pensiero “in sé”, cioè un
pensiero che effettivamente “pensi”, in modo appropriato. A questa
domanda si risponde con l’impostazione della decima dimostrazione,
in cui convergono le seconde versioni (dimostrazioni ottava e nona)
delle dimostrazioni prima e seconda.
nota_1
la presente dimostrazione ripete due volte lo stesso
argomento [debole], rimandando poi alla dim_10. essa tuttavia appare corretta
[forte], perché per pensiero_in_sè non si è intesa l’idea platonica del
pensiero, che andrebbe dimostrata esistente, e che l’episteme identifica ad una
porzione cerebrale dell’iperuranio, computer/intelligenza_artificiale, e della
mente di Dio [agostinianamente], ma la sua funzione auto_concettuale: non è il
pensiero perfetto, che deve sempre pensare, ma semplicemente il pensiero solo
in quanto pensiero.
nota_2
Secondo il principio
antropico (definito in relazione al rapporto tra l'uomo e il cosmo,
ed epistemicamente trasferito al rapporto tra Dio e
l'esistenza), la realtà ha posto la mente per essere pensata da
essa (principio antropico). In questa prima dimostrazione l'episteme
si serve del principio antropico: se il pensiero è stato posto dalla
realtà per pensarla, esso deve poterla commensurare; se, quindi, la
realtà è l'immensità dell' esistenza, per poterla riflettere (anche
in forma empirica), il pensiero deve essere immenso
(Dio). L'episteme corregge però il principio antropico: la
realtà non ha posto il pensiero "per" pensarla; lo ha posto in modo
da pensarla (e rifletterla in tutta la sua immensità). Ciò deve
essere precisato, perchè se il fine del pensiero è il pensiero della
realtà, Dio si aliena nella realtà (alienazione di Dio), invece: il
primo pensiero di Dio è Dio stesso.
SECONDA DIMOSTRAZIONE
L’ipotesi che supporta questa dimostrazione è che, se il pensiero
serve per pensare la realtà, allora esso la rispecchia. Ad ogni idea
della mente (per idea si intende una porzione organica della mente
corrispondente a un concetto o a un nome, e questi sono gli
“specchi” organici delle cose esterne cui si riferiscono)
corrisponde quindi una cosa, di cui essa è lo specchio. Poiché Dio è
un’idea della mente, deve esistere la cosa ad essa corrispondente,
fuori dall’idea (mente umana) di Dio: Dio come cosa esterna, cioè
come realtà. Certo, c’è anche l’idea fantastica. Ma anche all’idea
fantastica corrisponde sempre una realtà. A questa obiezione si
risponde qui (concetto di invarianza) e nella settima dimostrazione
(concetto di intenzione). Qui si osserva che anche la fantasia
rispecchia la realtà. Le categorie della fantasia corrispondono al
soprannaturale. Il soprannaturale è l’idea invariante rispetto a
tutte le categorie della fantasia. Quest’ultima è un’“esagerazione”
della realtà. Ora, questa “esagerazione” non esiste con questa o
quella forma della fantasia o favola, ma esiste come sua categoria
invariante. Ad esempio, l’“isola del tesoro” non esiste in se
stessa, ma esiste come sua categoria invariante, cioè in quanto
“Paradiso”, struttura invariante di ogni “isola del tesoro”. E il
“Paradiso” esiste nel soprannaturale, fonte di ogni fantasia
positiva. Quindi l’idea di Dio, da un lato origina le fantasie
religiose (tutte le religioni della storia, ad esclusione delle tre
religioni storiche: cristianesimo, ebraismo e islamismo), dall’altro
lato essa, come struttura invariante di tutte le fantasie su Dio,
corrisponde all’idea che rispecchia la realtà del soprannaturale: il
vero Dio. Il cristianesimo è quindi la struttura invariante di tutte
le fantasie religiose, ed esso è, in quanto tale, l’unica religione
vera, cioè quella religione le cui idee rispecchiano la realtà (e la
varianza di queste idee produce le fantasie religiose). Quindi,
anche le fantasie sono, in un certo senso, verità.
“Pinocchio”-bambino non esiste, ma il bambino esiste. “Zeus”-Dio non
esiste, ma Dio esiste. Le fantasie e le favole sono varianti della
realtà, la quale (se esse sono fantastiche) è il soprannaturale. Ciò
significa che il pensiero rispecchia sempre la realtà, per cui
l’idea di Dio rispecchia la realtà (l’esistenza) di Dio.
TERZA DIMOSTRAZIONE (PROTO-ONTOLOGICA)
Questa dimostrazione definisce Dio come la soluzione dei
paradossi dell’esistenza (l’esistenza, includendo se stessa, è
identica e diversa rispetto a se stessa), ma manca il metodo per la
soluzione di tali paradossi. Essa definisce inoltre Dio (che
potrebbe essere concepito come la sintesi duplicata della realtà:
cioè, posta la realtà, Dio come pensiero è la doppia-realtà
sintetizzata in un punto, e poiché Dio è la realtà stessa, per
questo la riflette) come il concetto di tutti i concetti (essendo la
realtà: non la realtà stessa, ma la doppia-realtà, cioè la seconda
realtà, concentrata in un punto-totale), e poiché Dio è il concetto
di tutti i concetti, la terza dimostrazione costituisce l’impianto
tra il pensiero dimostrativo dell’esistenza di Dio e l’enciclopedia
del sapere (le dimostrazioni, inoltre, devono convergere ad unità:
per il principio dell’unicità dimostrativa, il pensiero di Dio – e
dell’uomo – è strutturato per pensare l’esistenza di Dio, e poiché
questa è unica, la dimostrazione dell’esistenza di Dio, che segue
tale pensiero, è anch’essa unica).
Della terza dimostrazione si
danno due versioni. Si presenta prima la seconda versione. Dio
esiste perché viene ad essere svuotato di senso ogni concetto che
non partecipa alla costruzione del concetto totalizzante di Dio,
dove per senso si intende la capacità del macro-concetto di Dio di
spiegare tutto ciò che esiste. Infatti, ciò che ha senso è
razionale, e ciò che è razionale esiste di necessità, perché posto
da questa. Una favola è irrazionale per definizione, i suoi elementi
sono fantastici. La razionalità del concetto di Dio è data dalla sua
capacità di spiegare tutto ciò che esiste. Come ad esempio spiegare
l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di Dio (il concetto di Dio
spiega, poi, tutto ciò che esiste). La psicoanalisi di Freud dice
che Dio è proiezione del padre, e dunque Dio non esisterebbe. Ma il
padre è un uomo, Dio è invece concepito come un essere organico
gigantesco (infinito), per cui Dio non può essere la proiezione del
padre-uomo, essere limitato. Non si può spiegare il bisogno
dell’uomo, che Dio esista realmente (e che quindi Dio non sia una
favola), se non come il fatto che questo bisogno esprime Dio come
“complemento” dell’uomo, esattamente come il pane è complemento
dello stomaco, e il pane “esiste”. Ciò significa che il bisogno
umano di Dio dimostra l’esistenza di Dio. All’obiezione secondo cui
l’uomo ha bisogno anche delle fantasie, ma queste non esistono, si è
già risposto (seconda dimostrazione): anche le favole rispecchiano
la realtà. Se fantastiche, la loro struttura invariante è la realtà
stessa del soprannaturale. Ma esiste anche il bisogno dell’ateo che
Dio non esista. Questo può essere spiegato come proiezione della
conflittualità coi propri genitori su Dio. Ma il vero concetto di
Dio sta al di là di ogni proiezione dell’uomo, sebbene la sua
rappresentazione debba servirsi di categorie umane. E’ difficile
ottenere una “buona” rappresentazione di Dio. Appena l’uomo pensa a
Dio, si attivano (si scatenano) nella sua mente le proiezioni. E’ a
causa delle proiezioni che gli uomini sono atei.
Poiché
attraverso l’ipotesi di Dio l’enciclopedia del sapere spiega la
realtà, Dio esiste. Ma questa versione della terza dimostrazione è
secondaria. La versione primaria è un’altra (quella dell’innesto tra
le dimostrazioni e l’enciclopedia del sapere). L’esistenza di Dio è
definita come:
1.] esistenza, che esiste per se stessa come esistenza
pura: “l’essere è e non può non essere” (Parmenide);
2.] Dio, concetto che viene costruito in termini di
esistenza pura;
3.] esistenza di Dio, dimostrata perché l’esistenza in sé
esiste per definizione (secondo Parmenide: “l’essere è e non può
non essere”), e il concetto di Dio è costruito
necessariamente in termini di esistenza pura (che esiste
necessariamente, ovvero anapoditticamente).
Il problema è che manca ancora il procedimento della costruzione
necessaria del concetto di Dio in termini di esistenza pura (per
questo la terza dimostrazione viene assunta secondo la versione
secondaria).
Un metodo in realtà può essere il seguente:
1.] l’esistenza, in quanto auto-principio, produce l’infinito
(perché ogni esistenza-prodotto è auto-esistenza producente);
2.] l’infinito è il tutto;
3.] il tutto si auto-include per definizione (ma già ciò avviene
per l’esistenza pura. Dio è definito anche come la soluzione
logica del paradosso dell’auto-inclusione dell’esistenza pura, la
quale, includente e inclusa, differisce da se stessa. Dio è
inoltre definito come l’esistenzializzazione-ipostatizzazione
dell’auto-identità dell’esistenza pura con se stessa, identità
intesa per se stessa);
4.] ciò che si auto-include è insieme identico e diverso rispetto
a se stesso;
5.] ma il diverso del tutto è la parte (auto-opposizione del
diverso);
6.] questa parte è identica al tutto (perché il tutto è identico
alla parte diversa da sé: per la riforma del principio di non
contraddizone si rimanda alla sesta dimostrazione);
7.] quando l’identità logico-matematica tra l’esistenza e
l’esistenza si fa identità psichica (perché viene
esistenzializzata in quanto identità per l’esistenza), e
cioè pensiero, la parte-pensiero identica al tutto è Dio, che è
appunto la parte-infinita dell’esistenza-totale (Dio come nucleo
dell’essere trascendente);
8.] questa trasformazione dell’identità matematica in identità
psichica deve essere certamente dimostrata. Si osserva, tuttavia,
che il pensiero può essere effettivamente concepito come identità
per se stessa (il pensiero e l’identità sono come uno
specchio).
Alla luce di tali considerazioni, si comprende come le due
versioni della terza dimostrazione convergono ad unità. Il concetto
di Dio espresso in termini di esistenza pura racchiude lo sviluppo
di questa, e poiché Dio è il suo termine finale, Dio riassume in sé
tutte le ipostasi dell’esistenza in-creata. E poichè Dio riassume il
tutto (come la parte del tutto, nucleo dell’essere, identica al
tutto), la definizione di Dio è enciclopedica, ed è questa la
versione secondaria della terza dimostrazione: Dio come concetto di
tutti i concetti, che esiste perché capace di spiegare ogni cosa, a
partire dalla spiegazione dell’idea stessa di Dio. E’ vero che Dio è
la proiezione dei bisogni dell’uomo (come sostengono gli atei), ma
si osserva che questa definizione non confuta l’esistenza di Dio,
bensì la dimostra. Infatti, questo bisogno non è innanzitutto
bisogno di protezione, di amore, di affetto, proiezione del padre,
espressione della paura del mondo, della storia, degli uomini e del
cosmo, ma è invece specifico “bisogno di Dio”, cioè di ciò che manca
attualmente (Dio, di cui l’uomo semplice non ha il concetto, per cui
proietta Dio inconsciamente in quelle cose mondane, di cui ha
bisogno o paura) (e pertanto rivelativo dell’esistenza di Dio, cioè
del complemento dell’uomo), bisogno cioè di una persona pensante
dalle proporzioni organiche infinite, costituente un soggetto
agapico ed erotico (secondo l’enciclica “Deus caritas est”), che è
salvaguardia dell’equilibrio di un uomo (il credente), che desidera
unirsi per l’eternità ad un assoluto personale (unione con il
Creatore), insieme ai propri affetti e all’intero genere umano. Si
precisa che Dio non è il complemento infinito dell’uomo. In
Paradiso, l’uomo stesso è infinito, cioè anima paradisiaca, soggetto
personale infinito. Dio è il complemento infinito dell’uomo “altro”
rispetto all’uomo.
Nota (impianto generale dell'episteme)
Dio viene fatto
derivaredall'esistenza pura (cioè da un principio esterno a Dio), ma
ciò è necessario allo scopo di definire
razionalmente/scientificamente la ragione della sua esistenza,
consistente nella soluzione logico-matematico-esistenziale delle
contraddizioni insiemistiche dell'esistenza pura, che è l'esistenza
in sè, la quale, includente e inclusa, è insieme identica e diversa
rispetto a se stessa, e ciò determina i paradossi dell'esistenza, di
cui l'esistenza di Dio è la soluzione logico-formale.
Si
preferisce parlare di "esistenza" e non di "essere", perchè l'essere
può venire confuso con il "concreto", mentre l'esistenza pura, che è
il principio primo dell'esistenza e della realtà divina (in-creata e
trascendente), è "astratta". Dio (astratto: tutto ciò che
esiste è astratto, il concreto è la sensazione, che appartiene
all'astratto) non trova in se stesso la ragione della propria
esistenza, ma la trova nelle strutture della necessità, ovvero
dell'esistenza pura. Queste strutture stanno "a priori" rispetto a
Dio, ma l'uomo deve adorare Dio e non queste strutture (come l'uno,
la diade, eccetera), perchè esse convergono a Dio, che è il
centro ("nucleo") dell'esistenza trascendente, la sola parte del
reale in-creato dotata di auto-coscienza, causa del reale creato (la
"Creazione") e dell'esistenza dell' uomo. L'uomo deve pertanto
adorare solo se stesso e Dio, che è trinitario.
QUARTA DIMOSTRAZIONE
Dall’ordine deriva soltanto l’ordine, e dal caos deriva soltanto
il caos. Ma la realtà apparente (ad esempio: una sedia) è mista di
ordine e caos: la sedia serve per potersi sedere (ordine); la sedia
può essere rovesciata (disordine, cioè caos). La realtà apparente
non può quindi essere derivata né dal puro ordine (dal quale deriva
solo l’ordine), né dal puro caos (dal quale deriva solo il caos).
Rimane solo l’ipotesi che la realtà sia derivata da un “principio
misto”, e questo è la volontà, che è ordinata secondo il fine
e caotica secondo la libertà. Ma una volontà, che determina questo
mondo, è Dio.
nota
sulla dimostrazione dim_4
si è riflettuto sul fatto che la dim_4 è una
tra le più efficaci, anche se non tra le più importanti, perché giunge a dio
partendo dal creato [le dimostrazioni più importanti, strettamente scientifiche,
prescindono dal creato e dall’uomo, legando dio alla necessità, che lo
determina], ma in realtà è anche molto importante, perché si apre alla dim_132,
che consente un’intuizione immediata [cioè veloce, non nel senso di non_mediata
speculativamente] dell’esistenza di dio.
alcuni scienziati dicono che tutto è caos,
l’universo, anche se è ordine, deriva dal caos, non ha un senso. questa è
l’origine ex_caos del creato e dell’uomo, che rieccheggia nell’inconscio dell’ uomo_scienziato.
si procede ad analizzare questo pensiero [che si dimostrerà essere una
suggestione]. nella critica alle tesi anti_dimostrative di kant si è distinto
tra causa orizzontale e causa verticale: kant dice che dai fenomeni non si può
uscire per andare alla causa della loro esistenza, l’episteme invece dice che
questa causa [verticale] incide sulla natura [forma] dei fenomeni [causa
orizzontale]: da qui la quarta dimostrazione.
analisi:
1.] gli scienziati atei o agnostici dicono
che l’universo [e gli infiniti universi] è/sono materia [energia] che si
aggrega e si disgrega [la proposizione: “nulla si crea tutto si trasforma” è epistemicamente
corretta secondo la razionalità scientifica, perché alla creazione (che sta
oltre i fenomeni creati) giunge solo la razionalità epistemica], le forme di
tale aggregazione [la vita, gli atomi, ecc.] non sono forme in senso
epistemico_aristotelico, cioè archetipi esistenzialmente connessi [= ipostasi] [dice
l’episteme: ipostasi, cioè forme per struttura, esistenzialmente funzionali
alla necessità, come al suo sviluppo], ma sono mere aggregazioni casuali, per
cui non c’è differenza [qualitativa] tra un sasso, un grumo di sabbia, e un
cervello [si osserva che ciò è vero, poiché tutto ciò è stato creato da dio dal
caos: il fatto è che dio ha plasmato il caos, e il creato è im_piantato sulle
ipostasi della necessità, per cui il creato è stato “formato”/si rileva
difficoltà e ci si apre a nuova teoria: nella realtà necessaria potrebbero
esistere delle basi di pre_impianto del creato, ovvero una matrice (sito)
originaria che filtrerebbe e accoglierebbe ciò che è tratto dal caos secondo le
forme della realtà necessaria, per cui, posta l’indifferenza tra un sasso e
l’anima umana, entrambi creati ex_nihilo ed ex_caos, in tale base di
pre_innesto essi verrebbero a distinguersi come dio dal caos necessario] [si
ricorda che, tutto essendo esistenza, le differenze tra gli enti necessari sono
dovute all’auto_differenza/auto_opposizione dell’esistenza a se stessa: non il
nulla è opposto all’essere, ma l’essere è opposto a se stesso, e la coerenza di
ciò determina il molteplice, gerarchico e ordinato];
2.] tale aggregazione e disgregazione è un
moto orizzontale: anche il big bang, ad una prima analisi, è interpretato come un
moto orizzontale, cioè sono fenomeni “piani” e “lineari”, da cui sembrerebbe
non ci si possa sopraelevare, per uscire dalla natura verso la sua causa
creatrice [verticale], da dimostrare esistente;
3.] la dimostrazione
dim_4 ed altre dimostrazioni
[quelle incentrate sull’uomo come essere parzialmente necessario]
dicono che
l’uomo non può essere il frutto di un’aggregazione
casuale, perché egli [la sua
anima, sede del pensiero e della mente, di cui il cervello è
involucro carnale]
intuisce la necessità, l’esistenza della necessità,
ovvero il principio
parmenideo, che non si limita a constatare
“l’essere_è”, ma dice [questo è
parmenide] “l’essere deve esistere” perché
“l’essere è e non può non essere”;
4.] allora, per identificazione
soggetto/oggetto [interpretazione epistemica di parmenide: “è la stessa cosa
essere e pensare”], perché l’oggetto è pensato dal pensiero, che è il soggetto,
ovvero per l’identificazione tra anima [creata] e necessità, l’anima è [anche]
necessaria;
5.] quindi nella natura apparente [si specifica
che è quella apparente, perché c’è anche la natura non apparente, creata e non
creata] c’è un essere [creaturale] necessario, e allora tutte le forme della
natura sono [per transitività e riconoscimento intuitivo
gnoseologico_fenomenologico] fenomeni e stati/enti [anche] necessari: il grumo
di sabbia è mera aggregazione, la molecola è mera aggregazione, l’atomo è mera
aggregazione, e anche il DNA, ma la forma di tale aggregazione non è caotica,
bensì archetipica [leggi], ovvero formale in senso esistenzialmente connesso
[ipostatico, per quella presupposta base di pre_innesto del creato nel non
creato];
6.] a questo punto quella teoria degli
scienziati è confutata per la dim_4: dimostrato [punto 3.]] che nella natura
apparente esiste l’ordine [anche gli scienziati lo ammettono, ma lo intendono
come grumo di sabbia], ipostaticamente inteso [un grumo di sabbia non può
pensare [intuire] la necessità, e così identificarvisi] [la dim_4 appunto
presupponeva un tale tipo di ordine], si constata che esiste in essa tanto
l’ordine quanto il disordine, e quindi dio come volontà creatrice esiste: non
può esistere, per assenza di una sua causa [verticale =] esistenzializzante,
cioè ragione/giustificazione di esistenza [si presuppongono qui alcuni assi
della metafisica epistemica, riferentesi all’aforisma di hegel] una realtà fenomenica
mista di ordine e di disordine, che sia causata dal caos [il caos qui come
sfera che causa al proprio interno enti esistenzialmente casuali, e tale sfera
sarebbe simbolicamente il big bang, in seconda analisi, nella sua
interpretazione moderna], e non sia solo totalmente casuale [come dovrebbe
essere in questo caso] ma, come detto, anche ordinata;
7.] solo la volontà è mista, e così il
verbo, inteso come volontà e rappresentazione [come si dirà], ha creato il
mondo [la creazione].
la formulazione della dim_4 ha usato lo
schema che è stato introdotto per neutralizzare gli argomenti kantiani contro
le dimostrazioni:
1.] nella natura apparente, i fenomeni sono
causa [causazioni] orizzontali;
2.] la natura [nel senso di essenza] della
causa verticale [ragione/causa di esistenza] determina il tipo di causa
orizzontale;
3.] quest’ultima [punto 1.]] è di tipo misto
[ordine e caos];
4.] quindi la sua causa verticale [punto
2.]] è una volontà, perché [dim_4] …
a.] … se la causa_v della natura fosse il
caos, tutti i fenomeni nella natura sarebbero caotici [grumi di sabbia, mere
aggregazioni e disgregazioni, ma ciò non può essere per il punto 3.], di cui
sopra, della elencazione precedente che va dal punto 1.] al punto 7.]];
b.] …se la causa_v della natura fosse il
principio, tutti i fenomeni nella natura sarebbero ordinati, e non esisterebbe,
ad esempio, la morte [degli atomi (decadimento entropico) o degli organismi
viventi].
bisognerebbe però dimostrare che un dato
piano di esistenza [ad esempio: il creato] ha una sua causa esistenziale [causa
verticale]. lo si fa richiamando l’aforisma di hegel e la metafisica epistemica
[presupposto delle dimostrazioni]:
1.] ciò che esiste può esistere solo perché
“fa i conti” con la struttura dell’esistenza, cioè della necessità: l’assurdo
non può esistere, e se la follia esiste, esiste solo nel suo “luogo naturale”,
cioè dentro la mente umana;
2.] si richiama, così, quanto detto
all’inizio [“…si dimostrerà essere una suggestione …”]: le teorie degli
scienziati atei e agnostici [come la loro interpretazione del big bang, del
destino del cosmo e il darwinismo, nella parte in cui attribuisce al caso
l’origine delle forme organiche] non sono “scientifiche”, ma sono
“suggestioni”, cioè forme di “follia” e “assurdità” speculativa [con la stessa
forma della “favola”, “fiaba”, o meglio del mito e della fantasia], e il loro
ruolo è quello di costituire una spiegazione della realtà, che sia da un lato
una spiegazione [di qui l’uso dei dati empirici per comprovarle], dall’altro un
meccanismo di difesa, perchè l’ateo è tale in quanto teme dio e la verità [per
fattori inconsci di natura edipica], ma poiché tema anche la natura, cerca di
spiegarla senza ricorrere alla teologia;
3.] in base al punto 1.] e all’aforisma di
hegel, il “luogo naturale” delle fantasie della scienza moderna non è la
natura, che non può essere assurda, ma è solo la mente, suggetionata
dall’errore, che viene detto con la forma, e quindi con la forza, della
verità.
QUINTA DIMOSTRAZIONE (SEVERINIANA)
Il passato è eterno, perché l’essere è e non può non essere.
Dunque, ciò che appare è eterno, e lo è in quanto apparire (cioè, se
qualcosa mi appare, questo apparire deve essere eterno in quanto
apparire, perché è la cosa apparente stessa). Ma la memoria appare
alle volte, quando è richiamata dalla mente, altre volte non appare.
Questo apparire eterno della memoria è allora “inconscio”: deve
apparire, in quanto apparire eterno, ma “non appare” al presente (la
memoria non è sempre richiamata), e quindi è un apparire inconscio.
Ma (dice la quinta dimostrazione) l’apparire è tale sempre ad un
“conscio”, in quanto “apparire”. Se, dunque, la memoria è un
apparire eterno, che non appare all’uomo (al presente), deve
esistere un conscio, al quale questo apparire appaia (al presente),
in quanto l’apparire è sempre apparire per e ad un conscio. E questo
conscio è Dio, al quale appare la totalità della memoria apparente
(non apparente all’uomo, a lui inconscia). Circa il fatto che questo
apparire era però apparire per un uomo, cioè limitato, e
quindi anche il suo conscio (Dio) è limitato, la quinta
dimostrazione per adesso non sa ancora rispondere. Questa memoria è
eterna, e quindi il suo conscio è eterno, ma è un eterno per un
apprire (all’uomo) iniziato solo con l’uomo, e quindi eterno solo
per il futuro. La memoria dell’uomo (ciò che l’uomo vedeva) è
limitata, essendo l’esperienza dell’uomo di tipo finito. Questo
“conscio”, quindi, è anch’esso finito (sebbene eterno). Invece Dio
dovrebbe essere infinito. Il metodo della costruzione del concetto
di Dio è esposto nella terza dimostrazione. Esso serve a dimostrare
l’infinità del (di un) conscio.
SESTA DIMOSTRAZIONE (CARTESIANA: questa dimostrazione è
così denominata perchè presuppone il "cogito ergo sum" di
Cartesio/LUDICA_PRIMA)
Questa dimostrazione presuppone la riforma del principio di non
contraddizione: l’identità presuppone due termini, e quindi la loro
distinzione. Ma la distinzione è differenza, e quindi l’identico
presuppone il diverso. E allora una stessa cosa può divenire in
altro da se stessa e rimanere identica a se stessa nel
contempo, e ciò, consentendo il divenire nel rispetto del
principio di identità e di non contraddizione, confuta la
considerazione secondo cui il divenire non sarebbe possibile, perché
una cosa non può essere diversa da se stessa. Il passaggio dalla
riforma del principio di non contraddizione (per il quale è
impossibile che una stessa cosa sia e insieme non sia nello stesso
tempo ciò che è: e invece è possibile) alla sesta
dimostrazione consiste nella considerazione che una cosa può essere
e non essere la stessa cosa (perché l’identità presuppone la
distinzione e, quindi, la differenza: riforma del principio di non
contraddizione), perché i due termini dell’identità si
sdoppiano,
e nella differenza tra i termini doppi si scarica la differenza tra i
termini originari dell’identità. Ciò posto,
è possibile spiegare la sesta dimostrazione. L’uomo pensa
l’essere. Ma pensare una cosa significa essere (in parte) quella
cosa. Se quindi l’uomo pensa l’essere, l’uomo
è l’essere. Ma se l’uomo è l’essere,
allora l’essere è l’uomo. Ora, l’essere e
l’uomo si sdoppiano (perché l’uomo è
l’essere, e quindi è anche diverso dall’essere, in
quanto è distinto da esso). Ma se si sdoppiano, l’essere
non è solo l’uomo, ma è anche un altro uomo (doppio uomo). E poiché
l’essere è infinito, quest’altro uomo è infinito, e quindi è l’Uomo,
cioè l’Uomo-Dio (Gesù Cristo), Dio.
SETTIMA DIMOSTRAZIONE (EPISTEMICA-TERZA)
Ciò che appare esiste e Dio appare, dunque esiste. Dove appare
Dio ? Dio appare nel linguaggio: Dio appare in”“DIO””. L’apparire di
Dio nel linguaggio è sostitutivo del non apparire attuale di Dio
alla percezione (mentre Dio senz’altro appare al pensiero, che qui
lo sta pensando). Poiché Dio non appaga attualmente il bisogno
dell’uomo di Dio (questo bisogno non è solo specifico di Dio, ma
rimanda sempre a Dio: ad esempio, un uomo desidera essere ricco, ma
non riesce ad esserlo; se Dio apparisse, cioè se quest’uomo fosse in
Paradiso, di fatto egli sarebbe ricco) (bisogno agapico, di affetto,
estatico ed erotico), il bisogno di Dio da parte dell’uomo proietta
Dio nel linguaggio: l’uomo parla di ciò di cui ha bisogno, e questo
linguaggio è rivelativo dell’esistenza di Dio, complemento dell’uomo
(è complemento dell’uomo tutto ciò che potrebbe soddisfarlo).
Immediatamente si pone la seguente osservazione-obiezione: anche il
“cavallo con le ali” (cioè la favola, la fantasia) appare nel
linguaggio, ma non esiste. La settima dimostrazione distingue quindi
la teologia dalla favola: il linguaggio che parla di Dio (e quindi
il “linguaggio dimostrativo”, cioè le 7 dimostrazioni emergenti) è
“intenzionalmente” diverso dal linguaggio delle favole, perché esso
“vuole” parlare della realtà, mentre nessun uomo, che dice una
favola (a meno che non sia malato), “vuole” descrivere la realtà. La
settima dimostrazione procede, sostenendo che
l’intenzionalità che supporta l’emergere della volontà
dimostrativa, e quindi l’apparire delle 7 dimostrazioni e della
teologia, corrisponde alla razionalità assoluta, e quindi non può
che corrispondere alla verità. Per razionalità assoluta si intende
qui dire che questa intenzionalità corrisponde al “desiderio
massimo” (il bisogno di Dio), per cui, una volta che si dice che Dio
può non esistere, ciò potrebbe essere vero, ma cesserebbe di avere
senso qualunque realtà, perché manca la motivazione alla vita (per
cui è vero che Dio potrebbe non esistere, ma non avrebbe più senso
la vita e qualunque cosa) (l’ateo, che dice “nulla mi manca, sono
appagato e felice”, non mente, ma lo dice perché non ha sperimentato
una felicità maggiore, la quale è possibile e include tutto ciò che
rende felice l’ateo, più Dio: l’uomo, che sperimenta un bene
maggiore, dipende da esso; l’ateo non ha bisogno di Dio, solo perché
non lo ha sperimentato). E’ vero ciò che dà senso alle cose, perché
è l’unica ragione che giustifica la vita dell’uomo. La motivazione
alla vita non può essere una favola. Esiste una correlazione tra
desiderio e verità (principio della verità del desiderio, cioè del
bisogno). L’ateo non conosce il proprio bisogno di Dio. Il bambino
e, in alcuni casi, l’adolescente non sperimentano il bisogno
dell’innamoramento, ma questo esiste, e può dare un senso definito
alla vita. Quando, divenuti adulti, lo sperimentano, vorrebbero
(filosoficamente) che esso fosse assoluto ed eterno (se è vero
amore), per godere di più. Perché desiderare poco, se si può
desiderare infinitamente ? Chi ama se stesso vuole il meglio per se
stesso. Dio è l’amore agapico ed erotico assolutizzato. Da questo
punto di vista, se Dio non esistesse, cesserebbe di avere rilevanza
qualunque aspetto della vita, perché il desiderio massimo dell’uomo
rimarrebbe inappagato. E ciò dimostra l’esistenza di Dio, perché ciò
di cui l’uomo ha assoluto bisogno non può essere una favola,
non può che essere vero (perché, se non lo è, ogni altra cosa non ha
senso). E’ vero, in quanto questo bisogno infinito è rivelativo di
una parte mancante nell’uomo: Dio inteso come la parte infinita
dell’uomo, suo complemento. A questo punto bisogna dimostrare che
l’esistenza di Dio corrisponde al desiderio può puro e perfetto. Si
pongono le seguenti argomentazioni:
1.] chi ama la vita la desidera, ma se la desidera veramente, la
desidera per l’eternità (è stato detto che l’idea di Dio è per chi
fugge dalla realtà. Ma anche se un uomo non fuggisse dalla realtà,
e avesse sperimentato la pienezza della vita, la morte lo
condurrebbe a desiderare la felicità, che egli ha avuto, in
eterno, proprio perché l’ha conosciuta);
2.] chi ama i suoi familiari, se li ama veramente, desidera che
essi siano felici per sempre, e quindi desidera per essi
l’eternità;
3.] chi ama se stesso, desidera essere immortale;
4.] chi sperimenta l’innamoramento, sperimenta il tipo di amore di
Dio (che non è solo agape, ma anche eros: il cristianesmo non è
innanzitutto la religione del sacrificio e della rinuncia, ma
della felicità, la quale include anche la dimensione del
godimento).
Rispetto a questi argomenti, Severino propone un’“eternità senza
Dio”. Cosa rispondere?
1.] Dio serve a spiegare perché, oltre l’eternità, c’è anche la
dimensione della morte. Se la realtà fosse l’“eternità senza Dio”,
la realtà sarebbe un Paradiso senza Dio, e non anche la dimensione
mortale del non Paradiso attuale (creato da Dio: quarta
dimostrazione; problema del male e della creazione attuale
provvisoria esterna al Paradiso);
2.] nell’eternità, è meglio amare
una donna e, insieme, Dio, piuttosto che soltanto una donna: quindi
credere in Dio è più perfetto che non credere, perché Dio, in
aggiunta, dà più godimento.
Quindi, per tutte queste ragioni, l’idea di Dio è la più
desiderabile, e quindi la “più vera”, cioè l’unica dotata di senso
(se per senso si intende ciò che è desiderabile e vero). Ma se
l’idea di Dio è la più desiderabile, perché alcuni uomini non
credono in Dio ? Per due ragioni:
1.] a causa di un’istanza etica, per la quale Dio viene vissuto
(correttamente) come fonte d’angoscia (ciò è inevitabile, perché
dalla vita l’angoscia non può e non deve essere tolta, essendo una
spinta positiva alla vita. L’uomo adulto impara a convivere con
essa, a controllarla, a controllarsi e a dominarla;
2.] per via di un appagamento ritenuto totale (a torto: si pensi
alla morte), che rende superflua l’idea e la ricerca ulteriore di
Dio.
Il rimedio contro l’ateismo è allora triplice:
1.] educare al dovere, minimizzando l’angoscia e facendo leva sul
desiderio dell’amore, agapico ed erotico (senza la considerazione
della dimensione dell’innamoramento come vero amore di Dio, è
forse quasi impossibile capire Dio come fonte di felicità per
l’uomo);
2.] razionalizzare il desiderio, fare emergere il desiderio di
Dio, perché con Dio si può godere di più;
3.] far sì che il desiderio di Dio superi il sentimento d’angoscia
per il dovere, causato dall’idea religiosa di Dio.
Dal punto di vista teologico, Dio è concetto propriamente più
filosofico che religioso. Dio è concetto religioso solo perché Dio è
puro mentre l’uomo è impuro. Ma non è la purezza di Dio che ne fa
un concetto religioso: è l’impurità dell’uomo che fonda la necessità
di un accostamento religioso a Dio. Il Paradiso è filosofico,
non assolutamente religioso. Nel Paradiso non esistono la religione
e l’agape, inteso come carità (non avendo l’uomo più bisogno di
salvezza), ma esistono solo il concetto, l’estasi, l’affetto,
l’innamoramento e il piacere. Ma il Paradiso in terra è proibito.
Per questo la religione vale per l’al di qua, essendo l’uomo impuro.
La rappresentazione di Dio, cercata dall’uomo, la quale è teologica,
non è religiosa, ma è filosofica: l’amore cristiano per la Verità
(la filo-sofia) non è solo agape, ma anche eros.
Nella vita
terrena, l’accostamento a Dio da parte dell’uomo, essendo questo
impuro, può avvienire in tre modi:
1.] approccio filosofico-speculativo (che, offrendo una
rappresentazione concettuale di Dio, apre alla mistica);
2.] sperimentazione dell’innamoramento (conoscenza di Dio
nell’amore familiare-coniugale);
3.] religione, liturgia e sacramenti (approccio salvifico in senso
stretto).
Solo nella Chiesa cattolica c’è la salvezza. Ma la Chiesa
cattolica è sia apparente (gerarchia ecclesiale), sia non apparente
(liturgia invisibile). Quest’ultima dà i sacramenti a tutti gli
uomini di buona volontà, senza che essi lo sappiano. Quindi, Dio
garantisce i sacramenti e la salvezza a tutti gli uomini di buona
volontà. L’idea di Dio corrisponde al desiderio più puro, che dà
senso alla vita: quindi l’idea di Dio non può essere una fantasia,
ma deve essere la verità, perché è della verità che l’uomo ha
bisogno. Dio esiste perché l’uomo ha bisogno della sua esistenza.
L’amore di Dio è qui inteso come un terzo termine tra agape ed eros.
L’amore è concepito come sintesi di affetto familiare e amicale e
innamoramento passionale. Ci sono in Dio, quindi: l’amore (connesso
al concetto di verità), l’agape (connesso al concetto di carità) e
l’eros (in cui si compie la sintesi del tutto nell’estasi spirituale
e nel piacere carnale).
OTTAVA DIMOSTRAZIONE
L’uomo intuisce il concetto di necessità (“l’essere è e non può
non essere”: Parmenide). Quindi l’uomo è la necessità (perché
pensare una cosa – la necessità -, significa essere, in parte,
quella cosa: “è la stessa cosa pensare ed essere”: Parmenide). Ma
l’uomo intuisce anche la contingenza (perché l’uomo può cadere).
Quindi, l’uomo è anche la contingenza. Perciò l’uomo è sia
essere-necessario, sia essere-contingente. L’uomo è necessario
perchè posto dall’esistenza pura, come Dio. Ma l’uomo è creato da
Dio, secondo il Magistero: l’uomo è necessario, nel senso che Dio ha
in progetto di creare l’uomo, e questo progetto è necessario.
Secondo il Magistero, Dio ha creato l’uomo liberamente: questa
libertà sta nel momento della creazione, deciso da Dio
nell’eternità, e non nella possibilità assoluta di non creare, che
non c’è. Quindi, l’uomo non è frutto del mero capriccio di una
volontà divina casuale, ma è creatura necessaria, come forma
dell’assoluto. Infatti, l’esistenza pura ha posto in Dio la
possibilità temporale e la necessità causale, che Dio, da perfetto,
diventi più-che-perfetto con la creazione dell’uomo, il quale non è
poco agli occhi di Dio: quanto più piccolo è l’uomo davanti a Dio,
tanto maggiore è il suo godimento di Dio, e quindi tanto maggiore è
il godimento di Dio, che partecipa del godimento dell’uomo. Ma
poiché l’esistenza pura ha posto l’uomo secondo necessità, essa non
può non aver posto anche un essere, che sia totalmente necessario, e
non anche essere-contingente, come l’uomo, perché l’esistenza pura è
necessaria. L’essere totalmente necessario, con la forma dell’uomo
(decima dimostrazione), cioè essere organico pensante, è Dio, solo
essere-necessario.
NONA DIMOSTRAZIONE
La nona dimostrazione è simile alla sesta e alla decima. L’uomo
sta nella realtà. Quindi la realtà ha le forme dell’uomo. Ma la
realtà è infinita, quindi queste forme sono infinite, e allora deve
esistere l’Uomo, cioè Dio. Questa dimostrazione è del tutto simile
alla sesta. La differenza consiste in due ragioni:
1.] questa dimostrazione, nata come seconda versione della seconda
dimostrazione (in cui le idee della mente, umana e divina,
corrispondono alle forme della realtà), ha preceduto la sesta;
2.] il fatto che la realtà abbia le forme dell’uomo non deriva dal
processo di identificazione pensiero-essere e dal procedimento di
trasferimento dell’uomo nell’essere (sesta dimostrazione), ma
dalla considerazione più diretta secondo cui l’uomo è, in parte,
l’essere stesso.
Mentre nella sesta dimostrazione, l’essere è un uomo, perché
l’uomo è l’essere in quanto pensa l’essere, nella nona dimostrazione
l’uomo è semplicemente l’essere stesso.
La sesta dimostrazione
ha complessificato e sostituito la nona dimostrazione, che rimane
solo per spiegare il concetto di trasformazione esistenziale, che
riprende l’analogia di San Tommaso d’Aquino. L’uomo è immagine di
Dio, quindi Dio è immagine dell’uomo. L’uomo è, piuttosto, immagine
dell’Uomo-Donna-Gesù. Cristo è Uomo-Donna, e deriva le sue forme da
Dio. Quindi, se l’Uomo carnale è sessuato, anche Dio spirituale è
sessuato. Esiste, tuttavia, un livello di Dio, in cui Dio non è
sessuato. Questo è il primo livello spirituale di Dio. Attraverso la
conoscenza dell’uomo e della donna, è possibile conoscere
perfettamente Dio, tranne forse il primo livello, perché all’uomo la
propria anima, anche asessuata, non appare. Essa tuttavia gli
appartiene. Forse l’uomo può quindi intuire Dio anche nel primo
livello spirituale, nella mistica e nell’ascetica.
DECIMA DIMOSTRAZIONE
La dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio è possibile,
perché la mente dell’uomo (che, appartenendo all’anima, è anche di
tipo soprannaturale, e tale è quindi la ragione umana) intuisce
l’esistenza dell’ esistenza pura (l’esistenza del fatto che
“l’essere è”), intuisce che questa esistenza è necessaria (“l’essere
è e non può non essere”: Parmenide; non l’essere di questo
mondo è necessario), e poiché in essa stanno le forme del mondo
(che, secondo un principio emanativo-evolutivo, provengono
dall’esistenza pura, cioè dalla natura “produttiva di esistenza”
dell’esistenza pura, tale in quanto produttiva di sé stessa: da tale
principio provengono le forme, non questo mondo), queste
forme sono necessarie. In esse stanno le sostanze (di questo mondo),
che non appaiono necessarie. Devono quindi esistere sostanze che
siano necessarie secondo le forme: poiché, dunque, esiste l’uomo
(forma perfetta e sostanza imperfetta), deve esistere Dio (forma
perfetta, come l’uomo, e sostanza perfetta, secondo la forma). Ciò
spiega come, esistendo il pensiero dell’uomo, forma perfetta e
sostanza imperfetta, deve esistere anche il pensiero di Dio, forma
perfetta e sostanza perfetta (prima dimostrazione).
UNDICESIMA DIMOSTRAZIONE
Leibniz e Einstein si sono chiesti “perché c’è l’essere anziché
il nulla ?”. Ma Parmenide dice che “l’essere è e non può non
essere”. La loro domanda è quindi rivelativa di un essere che c’è e
non dovrebbe esserci, rispetto all’essere necessario. Ma
quell’essere che esiste, pur non dovendo esistere, è il frutto della
volontà, che liberamente pone, rispetto alla necessità, gli oggetti
del suo volere. E poiché dell’essere del mondo si tratta, quella
volontà che lo ha posto è la volontà di Dio, cioè di un soggetto, la
cui immensità è proporzionata all’ente infinito da lui creato.
la constatazione di
Leibniz-Einstein è stata tratta dal Corriere della Sera. Da qui si è appreso
che entrambi questi pensatori hanno riflettuto su tale questione: “perché c’è l’essere anziché il nulla ?”.
questa domanda, che si dirà ora essere una constatazione
[intuizione_epistemica], stava alla base della dim_4. ma essa [che non è stata
richiamata nella dim_4, perché successivamente questa ha potuto “reggersi da
sola”] può fondare anche un’altra dimostrazione. Il sentimento del nulla non è,
infatti, solo derivato dall’intuizione della non_normalità esistenziale della
configurazione_attuale_dell’apparire [il cosmo_apparente], che è di tipo misto,
per cui [secondo l’ordine e il disordine] “non dovrebbe esserci”. quel
sentimento è anche autonomo dalla percezione, essendo un’intuizione del
pensiero [che è auto_pensiero: cioè pensiero/=/pensiero del pensiero/=/essere].
L’uomo intuisce l’esistenza di una forza_inerziale, che prevede una propria
destinazione al nulla [ritorno al nulla della creazione tratta dal nulla], e
una destinazione al nulla dell’intero universo, proiettata nella concezione
astrofisica [a carattere psicoanalitico] della “morte dell’universo” [calda o
fredda]. alla domanda “perché c’è l’essere
anzichè il nulla” si risponde: “perché
al posto dell’essere dovrebbe esserci il nulla, essendo l’universo proprio
derivato dal nulla” [e destinato al nulla, se una forza non lo trattenesse
da esso: Dio (dim_apocatastica_28)_].
mentre la dim_4 dice che
l’universo non può essere derivato né dal Caos né dal principio [direttamente],
in base alla struttura_mista dell’apparire, questa dimostrazione, in base a
quella constatazione/intuizione, che è associata al sentimento del nulla, può
dire che l’uomo, riflettendo non solo sulla non_normalità apparente [fenomenologica]
dell’universo, ma sulla non_normalità esistenziale [ontologica] di esso
[percepita al livello della base del segmento_esistenziale], intuisce che
l’universo “non dovrebbe esserci”, e
tale im_possibilità [che naturalmente non è logicamente totale, perché
l’universo esiste] viene associata alla causa esistenziale dell’universo:
poiché l’universo non dovrebbe esistere, qualcosa o qualcuno ne ha determinato
l’esistenza.
nota
tale intuizione non è frutto
della codificazione dell’apparire, interpretato/letto dal pensiero inconscio come
non_normale [dim_4], ma è frutto dell’intuizione dell’origine dal nulla
dell’essere apparente, origine che ne condiziona la possibilità destinazione ad
esso [ma in realtà im_possibile [perché Dio non crea dal nulla per far
ritornare il Creato nel nulla, altrimenti la creazione sarebbe senza senso]/ciò
è un problema: come può essere concepito come possibile nell’idea ciò che è
im_possibile nella realtà ? mancanza di soluzione/il pensiero si prospetta il
nulla dopo la morte, ciò è dato empirico, ma si prospetta anche l’essere
[pensato dall’episteme].
prosegue
a questo punto si possono
ripetere le ipotesi della dim_4. solo Dio può aver normalmente determinato l’essere_apparente
[quel sentimento ha basi metafisiche: in paradiso l’uomo poggia sul principio
senza la mediazione di Dio (che pertanto non può annullarlo); attualmente
l’uomo poggia sulla volontà di Dio, e pertanto egli percepisce la possibilità
del nulla dopo la morte, la cui angoscia nasconde la possibilità della
destinazione all’infernalizzazione: condizione dell’esposizione dell’uomo al
baratro/altro problema: i pre_destinati alla salvezza non possono essere
esposti al baratro: come può l’inconscio leggere ciò che non è vero ?].
Come si può giustificare il
sentimento del nulla ? il Creato e l’uomo sono stati creati dal nulla, e quindi
il nulla della loro origine risuona/rimbomba nell’inconscio dell’uomo [tale
“grido di Munch”, che è il rimbomo infernale della voce creatrice di Dio, che
dice “sia la luce”, è una delle cause del male], portandolo a formulare
l’interrogativo: “perché c’è l’essere
anziché il nulla”. La risposta sta qui: “creatio ex nihilo”. La dimostrazione è detta “normale”, perché
quella domanda dice che sarebbe “normale” il nulla al posto dell’universo, e
altrettanto “normale” è il fatto che sia stato il Dio_Creatore a crearlo [per
le medesime ipotesi della dim_4].
DODICESIMA DIMOSTRAZIONE
L’uomo è un ente ordinato. L’uomo è determinato dall’essere,
secondo l’evoluzione. Questa determinazione non è casuale, perché
dal caso non può derivare l’ordine (quarta dimostrazione). Ma
l’essere è immenso. L’essere immenso, quindi, che ha determinato
l’uomo secondo necessità (ottava dimostrazione), non può non aver
determinato anche (per emanazione), secondo la stessa necessità, un
ente ordinato immenso, cioè Dio.
TREDICESIMA DIMOSTRAZIONE (FENOMENOLOGICA
PRIMA)
L’esistenza dell’uomo nel mondo, inteso come
essere dotato di forma e di ragione, testimonia
(fenomenologicamente) che al centro dell’immensità dell’esistenza
deve esistere un essere altrettanto razionale, ma delle stesse
proporzioni di tale immensità: Dio.
QUATTORDICESIMA
DIMOSTRAZIONE (FENOMENOLOGICA SECONDA)
Dio esiste perchè il nome "Dio" ha un
intrinseco senso e significato (intuitivo-razionale ed emozionale),
il quale rimanda alla necessità dell'esistenza di Dio
(auto-concetto: "Dio").
Infatti, in base alla gnoseologia epistemica, Dio esiste
perchè:
1.] esiste
la parola "Dio" (pensiero): esistenza dell'esistenza di
Dio;
2.] esiste la forma di questa parola
(linguaggio-digitale-2: la parola come tecnica): esistenza della
forma di Dio;
3.] esiste la visione diretta
(percezione) di questa parola (approccio fenomenologico alla parola
come tecnica sostituto della parola come scienza, cioè dell'apparite
diretto di Dio come forma): esistenza della sostanza di Dio (la
parola di Dio è qui "cercata": senso
emozionale).
Spiegazione del primo punto
La
parola è la riproduzione della realtà, quindi l'esistenza della
parola testimonia l'esistenza della realtà, di cui la parola è
riproduzione:
1.] prima riproduzione della realtà: pensiero;
2.] seconda riproduzione della realtà: la forma intesa come linguaggio
(digitale-1: parola come scienza);
3.] terza riproduzione della realtà: la sostanza
intesa come percezione (il sentire soggettivo della
rappresentazione, con sfondo e enti appartenti, in parte come
soggetto e in parte "altri" dal soggetto);
4.] quarta riproduzione della
realtà: il
linguaggio-parola (digitale-2: parola come tecnica).
Ecco dunque che l'uomo, pur non potendo
vedere la forma-scienza (Dio non appare), vede la
forma-parola-tecnica (la parola "Dio" appare). Sono stretti
dunque i legami tra la settima dimostrazione e la quattordicesima
dimostrazione. Legami qui non analizzati. Si verifica qui anche qui
la sostanziale "unità" delle dimostrazioni (principio unitario
dimostrativo), pensate originariamente le une slegate dalle altre.
Ciò dimostra che le sette/dodici/quattordici dimostrazioni/quindici
dimostrazioni (la terza già rimada alla quindicesima) costituiscono
la corretta lettura del segmento di pensiero parallelo allo sviluppo
esistenziale che ha determinato l'esistenza di Dio, e la cui lettura
schematica la dimostra (ancora limitatamente).
Nota: "digitale"
significa che la realtà estesa si concentra in un punto (di
estensione "formale", cioè dotato di un estensione impropria, che
faccia solo emergere la forma), punto che esprime la grammatica (o
logica) sottesa allo sviluppo dell'estenzione stessa (o esistenza):
relazione dispari.
... schemi provvisori
...
QUINDICESIMA DIMOSTRAZIONE (CARTESIANA-PRIMA: prima
dimostrazione di Cartesio, tratta dalla storia della filosofia di
Abbagnano e Fornero per i Licei: "Filosofi e filosofie nella
storia", 1992; rielaborata)
L'uomo non può essersi dato la propria
idea di Dio e delle sue perfezioni (Dio come assoluto, eterno,
infinito, ecc.), perchè l'uomo è privo di tali attributi. Ma la
causa di un'idea deve essere una realtà commisurata ai suoi
attributi. Quindi Dio è la causa dell'idea umana di Dio.
Osservazioni critiche:
1.] Abbagnano e Fornero criticano questa dimostrazione, affermando che
Cartesio suppone erroneamente la "non-derivabilità empirica del
concetto di perfezione assoluta". Ora, l'episteme rileva che questa
critica è infondata. Infatti, Dio non è semplicemente una perfezione
assoluta (concetto ipoteticamente derivabile, ad esempio,
dall'infinità del cosmo apparente e dalla perfezione degli assiomi e
dei procedimenti matematici). Dio è l'applicazione degli attributi
di infinito-assoluto-eterno, ecc., ad un'entità
organica-pensante-personale, e si constata che tale entità non è
empiricamente rilevata. Qualora lo fosse, sarebbe appunto dimostrata
l'esistenza di Dio (ma confutata l'esistenza del Dio della fede).
L'episteme, dimostrando l'esistenza di Dio, dimostra anche che
questo Dio è il Dio della fede (delle tre fedi monoteistiche). Ciò
esclude razionalmente che "un dio" possa improvvisamente apparire
nel cosmo (posto che il solo "Dio" apparso nel cosmo è appunto
il Dio della fede: l'uomo storicamente chiamato "Gesù");
2.] questa dimostrazione cartesiana è importante perchè riflette una
definizione epistemica di Dio, attribuendola all'uomo, e su tale
attribuzione si fonda la gnoseologia epistemica. Dio è stato
definito come la sintesi duplicata della realtà (doppia realtà
concentrata in un punto). Ma la realtà racchiude Dio, e per questo
la mente divina non ha solo le forme della realtà, ma anche le forme
di Dio (schemi relativi a Dio per l'auto-conoscenza di Dio). La
mente di Dio è erediata dall'uomo (che pertanto lo può conoscere,
perfettamente a livello concettuale). Tutto ciò spiega la struttura
della dimostrazione di Cartesio: la realtà di Dio è stata la causa
della sua idea, prima in Dio e poi nell'uomo, perchè tutta la
realtà, e in questa la realtà di Dio, si riproduce nella mente (che
è sistema di idee).
SEDICESIMA DIMOSTRAZIONE (RUINIANA: EPISTEMICA-SECONDA)
Integrazioni (elementi fondamentali di gnoseologia)
Il
pensiero costituisce un momento-di-identificazione tra il soggetto e
l'oggetto (condizione parmenidea idealistica/corretta), e questa
identificazione avviene in modo e a livello esistenziale (non solo
percettivo); in Paradiso, l'immagine di Dio determina la
"consapevolezza" (intuizione-epistemica) che quella immagine
corrisponde al "vero" Dio-oggettivo (e non è, per esempio, un
ologramma/problema del dubbio cartesiano proiettato in Paradiso),
perchè quella identificazione avviene tra l'uomo e il vero Dio:
non è questione se sia dimostrato che questo è il vero
Dio, è questione che, se esiste un vero Dio, in Paradiso l'uomo
vi sarà identificato, e ciò determina almeno due
conseguenze:
1.] pienezza estatico-eudemonistica e erotico-edonistica tale, per cui
l'uomo non ha bisogno di "altro" (condizione della
compensazione-paradisiaca-totale, o
"standard-normale-energetico-spirituale"/lo spirito nell'episteme non
è elemento religioso, se non in quanto classificato tale);
2.] il tipo di innesto in Dio (definito dalla teologia classica
"inabitazione" e da Heidegger "im-pianto") è tale, per cui
l'uomo sa, e in modo psicoanaliticamente incontrovertibile
(compensazione e attivazione schematica inconscia di tipo
infinito-attuale/ contatto-diretto, nel profondo dell'inconscio, col
principio/l'angoscia per il nulla e la morte, oggi, è dovuta al
fatto che l'uomo non ha contatto diretto col principio, cercato ad
esempio in tutte le religioni "idolatriche", tra cui il platonismo, che
relazione l'uomo non al Demiurgo, ma direttamente all'Uno, scavalcando
il Demiurgo, ciò che è lecito, in parte, solo in
Paradiso) che la sua condizione paradisiaca è
incontrovertibilmente "stabile", ovvero non-reversibile neppure da
parte di Dio (S. Agostino: "non posse peccare").
Ciò
spiega perchè Einstein "sa" dentro di sè le leggi
fisiche, e contribuisce a dimostrare ruinianamente l'esistenza di Dio:
1.] da un lato (come
anche ha detto Severino), l'uomo è "rete estesa come il mare", e
cioè "microcosmo", che è a contatto col cosmo, vi
è identificato, e quindi lo conosce;
2.] dall'altro, si ritiene di poter dire che, sebbene "estesa come il
mare", la rete che è l'uomo, per le sue dimensioni-quantitative
(che sono molto più grandi di quelle apparenti/"molto" significa
infinite ...) non sia tuttavia estesa in modo sufficiente a comprendere
(includere) l'Intero (termine neo-scolastico) (dottrina degli ordini di
infinito), per cui Einstein "sa" perchè è a contatto con
l'Episteme (= Cristo), che gli dà la vita (come a tutti,
biologicamente) e gli consente di conoscere ("campo divino" esteso come
l'intera esistenza).
E' errore (all'interno delle ipotesi epistemiche) dire che Einstein
può conoscere anche "da solo" (senza la mediazione dell'
Episteme), perchè conosce un oggetto "vicino" (come la "forza di
gravità" terrestre) e non "lontano" (come Dio): si ribadisce
quanto detto nella presente dimostrazione, e cioè che (essendo
tutto in tutto) lo specchio-uomo non può conoscere, solo
perchè piccolo, in modo piccolo: per le strutture della
necessità si può essere solo "grandi" e conoscere
"in-grande", cioè infinitamente. Einstein conosce infinitamente
a livello inconscio (come ogni uomo), e fa emergere al conscio solo una
piccola parte di ciò che conosce. Le sue parole ("il cervello usa solo una parte delle sue potenzialità"),
al di là del loro contesto, rivelano forse
inconsciamente la consapevolezza che tali potenzialità
sono quelle metafisiche/quando si è detto che il pensiero
è solo infinito e appartiene a tutti, si è inteso
dire questo (e ciò dimostra l'esistenza di
Dio: dimostrazioni sesta e sedicesima): la parola "Intero"
(tutto), la parola "Dio", ecc., evocano termini che l'uomo può
intuire (anche solo nominare), in quanto l'uomo è connesso,
con la mediazione dell'Episteme, al tutto: la parola è povera,
debole, non creduta, ma la sua pronuncia presuppone fenomeni di
proporzioni immense; l'Episteme media anche in Paradiso, e consente la
conoscenza dell'oggetto perchè è identità
panteistica tra Dio e l'Intero (in Cristo devono essere distinte
la persona dalle due nature, divina e umana: la persona è
diversa dall'oggetto-altro-da-Dio; le due nature operano
l'identificazione panteistica parmenidea [Dio-Figlio conosce il sasso
perchè è [[anche]] il sasso]/l'episteme non è
forma di panteismo, bensì "sfrutta" il paradigma del pantesimo
in termini gnoseologici, e così lo epistemizza/la persona
è non-alienata [io-io], le due nature sono alienate [io-non-io]:
epistemizzazione del concetto di alienazione).
Inizio dimostrazione:
L’uomo (e innanzitutto
Dio) può conoscere,
perché l’esistenza di Dio (inteso qui rigorosamente come
Dio-Figlio, che è il Logos del Padre, cioè la sua seconda
"mente-cervello", estesa come l'intera esistenza) è lo strumento
(aristotelicamente: "Organon"),
che gli consente di conoscere, rendendogli intelligibile la
realtà intera/quindi: ... Dio-Figlio] = [Episteme.
Il team-espositore non è riuscito a comprendere
perfettamente la dimostrazione espressa da Sua Eminenza il Card. Camillo Ruini (Vicario
di Roma e Presidente della CEI), che così si esprime:
1.] (prima parte della
sedicesima dimostrazone …): “l’universo
è conoscibile da parte dell’uomo … questa intelligibilità intrinseca non può
essere il frutto di un’ intelligenza ordinatrice semplicemente esterna al
mondo, ma non può nemmeno essere qualcosa di cui la natura non intelligente è
dotata di per se stessa e in maniera autonoma: sostenere questo equivale
infatti a rinunciare a cercare le condizioni che rendono possibile tale
intelligibilità, anzi implicitamente a negarle, apparendo del tutto
ingiustificata e alla fine assurda una intelligibilità che esiste di per sé
senza essere frutto di un’intelligenza. Siamo condotti così a individuare la
condizione che rende possibile l’intelligibilità intrinseca dell’universo in un’
intelligenza che sia, appunto come intelligenza, distinta e trascendente
rispetto alla materia non intelligente, e però nello stesso tempo a essa così
originariamente e costitutivamente presente da porre in essere una materia in
se stessa intelligibile” (Card. Camillo Ruini, “Le ragioni della fede”,
1993). La presente dimostrazione ha suggerito tuttavia la seguente riflessione,
che dovrebbe in qualche modo suffragare la dimostrazione ruiniana e così
completarla:
2.] (seconda parte …) inizialmente,
la ricerca-epistemica ha interpretato la dimostrazione ruiniana come
conferma
della gnoseologia epistemica: l’uomo può conoscere solo
perché inserito in un
“campo divino”, e, del resto, la prima dimostrazione non
dimostra l’esistenza
di Dio solo perché ha compreso che, in base al principio
antropico, lo specchio
(il pensiero), per riflettere l’esistenza (immensa), deve essere
immenso
(quindi: specchio = Dio); ma altresì (e questa è
un’altra dimostrazione, che
segue quella ruiniana e ad essa si associa: seconda parte della
sedicesima
dimostrazione), proprio perché lo specchio -uomo è
“inadeguato” (non per i
limiti dovuti alla caduta, ma per le “dimensioni”
intrinseche dell’uomo, dovute allo standard- necessario del
Creato),
l’uomo non può conoscere (non che uno
specchio-piccolo può conoscere in modo
“piccolo”: la grandezza dello specchio è solo di
tipo-standard, ed è solo quella
divina, cioè l'uomo non può da solo, isolato dalla
Trinità, strutturalmente "conoscere", senza Dio, egli verrebbe
annientato" dalle strutture della necessità), e allora
l’uomo conosce (lo si constata) proprio presupponendo lo
specchio-divino, cioè perché inserito in tale
“campo” (sedicesima
dimostrazione: Dio come condizione di intelligibilità, secondo
Ruini);
3.] (terza parte …) dopo aver
presentato le tre dimostrazioni di Cartesio, nella loro
storia della filosofia per i licei Abbagnano e Fornero presentano l’argomento di Cartesio fondante
della sua metafisica, argomento che non viene considerato come una “dimostrazione”:
esso è invece la terza parte della sedicesima dimostrazione (anch’essa vede Dio
come la condizione ruiniana dell’intelligibilità della realtà, "estensione" dell’universo):
“Dio è dunque quel terzo termine che ci
permette di passare dalla certezza del nostro io alla certezza delle altre
evidenze” (Abbagnano Fornero, “Filosofi e filosofie nella storia”, 1992).
Si richiama a questo punto la definizione che si è data di episteme nella
home-page: l’Episteme (= Dio-Figlio) è il Logos sovra-stante (epi-steme)
l'Intero dell'essere, ovvero "la rete estesa come il
mare" (cioè sovrap-posta ad esso: epi-steme). Ecco dunque che la
dimostrazione ruiniana viene “potenziata”: non solo Dio
è condizione di
intellegibilità della realtà per-l’uomo, soggetto
limitato “per-standard” (non
per la caduta), ma, inteso come Logos (Dio-Figlio), Dio (= Episteme)
è la condizione di
intelligibilità della realtà per-Dio stesso, inteso come
Dio-Padre, soggetto
illimitato “per-standard” (ma "incapace" di conoscere senza
il Figlio, le cui proporzioni sono immenso-colosso-gigantesche/ad
esempio, gli infiniti-universi-creati teorizzati dagli
scienziati-astrofisici, anche se ciascuno infinito, stanno tutti,
rispetto a Dio, concentrati in un punto di dimensioni pari a un epsilon
tendente a zero, ovvero infinitesimale).
A questo punto è opportuno fare le seguenti riflessioni:
1.] la scienza empirica e la sua razionalità sono limitate
così come sono conosciute e fondate dall’epistemologia,
dal punto di vista delle
condizioni di conoscibilità della scienza (ciò che segue
è ipotesi di critica e superamento del kantismo, ma la
gnoseologia epistemica è forma di kantismo), nel senso che solo
un
approccio gnoseologico di tipo metafisico potrebbe fondare la
conoscibilità
della scienza empirica e sperimentale (posto che è
platonicamente intelligibile
non un ente “privilegiato” ma, epistemicamente, ogni
ente in quanto
“pensato”, ciò che è diverso
dall’essere “percepito”), come ha intuito il
Card. Ruini (“in realtà è pure di “filosofia prima” l’approccio con cui Kant,
riflettendo sulle condizioni di possibilità della scienza, giunge a formulare
la sua concezione delle forme a pripriio della nostra conoscenza”): l’uomo
“non vede” una legge fisica, ma la sa formulare (cioè, l’uomo vede due enti, e
sa formulare il passaggio da un ente all’altro, ma questo passaggio, inteso
come legge fisica, “non appare”: il sasso cade, ma non “si vede” la “forza di gravità”). Dice Einstein: “le
leggi che formulo è come se ce le avessi già nel cervello” (innatismo).
Il kantismo (che
non è stato “sorpassato” dalla geometria
non-euclidea, bastando prevedere un
“allargamento” delle categorie, e non escludendosi una
riconduzione di ogni geometria
a quella euclidea/il kantismo è forma di innatismo, e questo non
esclude nè l'evoluzionismo nè il principio della
tabula-rasa, auto-concetti) sostiene che l’uomo può
formulare le leggi, perché ne ha gli
schemi, ed essi sono solo soggettivi, non oggettivi. Il superamento del
kantismo e la sua apertura alla metafisica (fondata sullo stesso
“schema”
kantiano) sta qui: ad esempio, gli schemi della legge fisica non sono
solo soggettivi,
non lo sono perché prevedono il comportamento degli enti e
questi enti sono i “dati” dell’ esperienza;
essi sono sì posti in categorie soggettive (lo spazio e il
tempo, sia detto
questo escludendosi l’analisi epistemica), ma resta il fatto che
gli schemi
dell’uomo prevedono il comportamento di questi enti e non
già lo creano-determinano:
posta l’oggettività del noumeno, che sta dietro ogni ente,
l’uomo prevede il
comportamento dell’ente-fenomeno, e quindi del noumeno stesso,
che gli sta
dietro (si comprende perché il nichilismo
speculativo escluda
l’esistenza oggettiva di un “noumeno”: tale esistenza
sarebbe posta dal
pensiero, che così rivelerebbe le sue potenzialità
meta-empiriche [metafisiche],
non apparendo il noumeno, di cui si predicherebbe tuttavia
l’“esistenza”, non vista ma conosciuta); si
ribadisce: mentre la mente trasporta con sé la rappresentazione
della fantasia,
la mente non riesce a trasportare con sé la rappresentazione di
una galassia,
la quale, distolto lo sguardo, riapparirà il giorno dopo, e
quindi dietro la
costruzione soggettiva della galassia (la sua “sostanza”
soggettiva, includente
la forma accessibile all’uomo) stanno la sua esistenza e la sua
forma
(ipostaticamente ancora non accessibile) “oggettive”;
2.] l’uomo quindi conosce ciò che non appare, e questo anche nella fisica: ad
esempio, la legge di gravità (che è senz’altro uno schema soggettivo, ma al
quale obbediscono rappresentazione, di cui l’uomo non ha il controllo, come le
stelle e le galassie, o come gli uomini della società, che si “ribellano” al
tentativo di essere assoggettati alle loro reciproche rappresentazioni,
dimostrando così la loro reciproca “alterità” e “pluralità” esistenziale). Come
può essere questo ? ciò avviene perché l’uomo agisce tramite un (terminologia-epistemica:
…) “fattore di commensurazione e di triangolazione”, che è l’Episteme-organico
(Dio-Figlio), attraverso cui Dio stesso (Dio-Padre) “può” conoscere. Perché ?
si può ricorrere alla sesta dimostrazione (e ciò che segue è - se possibile - la perfetta
interpretazione della dimostrazione ruiniana): solo se esiste un soggetto
(unico termine a cui imputare la conoscenza, in quanto soggetto, ovvero
pensiero: Logos) che è (per il principio-gnoeseologico-fondamentale parmenideo:
essere] = [pensiero; corretto dalla riforma del principio di non
contraddizione, dal suo “idealismo”) identità tra realtà e pensiero (e questo
non può essere l’uomo, ente dimensionalmente limitato), ogni pensiero
(Dio-Padre o l’uomo) può conoscere, se e finchè vi è associato e parzialmente
identificato (per la “trasmissione” della conoscenza).
Ciò significa molto semplicemente:
1.] io conosco il sasso …
2.] se esiste un io che è il sasso …
3.] e poiché il sasso è qui l’intera realtà …
4.] questo io (soggetto/pensiero) non posso essere io (perché sono “troppo”
piccolo) …
5.] questo sasso è Dio, poiché io conosco il sasso (ovvero le sue leggi) …
6.] poiché dunque io conosco, Dio esiste, essendo la mia condizione di
conoscibilità della realtà (sedicesima dimostrazione: “ruiniana”; Card. Ruini: "solo l'esistenza di Dio può spiegare che l'universo è intelligibile").
osservazione sulle dimostrazioni dim_16 e dim_147
quando il card. ruini dice che il
verbo e il creatore sono condizione per la conoscibilità dell’universo
[dim_16], ciò può collegarsi all’applicazione epistematica del kantismo a dio,
di cui alla dimostrazione dim_147: come detto, il verbo è l’apparato
categoriale di dio, che filtra il noumeno e [hegelianamente] crea l’universo,
come fenomeno, per questo conoscibile tramite il verbo/logos.
DICIASETTESIMA DIMOSTRAZIONE: VIGNANA_PRIMA [EPISTEMICA-PRIMA]
Nel saggio “La verità del
desiderio come fondazione della norma morale” del filosofo prof. Carmelo Vigna
è contenuta la diciasettesima dimostrazione epistemica dell’esistenza di Dio.
In esso si legge: “Sappiamo dunque in
senso forte quanto segue: che fondamento della morale è la verità del
desiderio; che la verità del desiderio dice: il desiderio umano è desiderio di
un oggetto interale; che tale oggetto è sulle prime una soggettività altra, ma,
in ultima istanza, è qualle realtà assoluta che diciamo Dio. Come dire che, in
ultima istanza, il desiderio umano è desiderio di Dio [genitivo oggettivo]. Ma
poi la verità del desiderio umano implica pure che si dica di Dio almeno
questo, che Dio contiene in sé [non sappiamo come] la possibilità, da parte
sua, di appagare il nostro desiderio” (prof. Carmelo Vigna, “La verità del
desiderio come fondazione della norma morale”, in “Verità del desiderio”,
1992).
PREMESSE
La rilevanza dimostrativa di questa
sequenza, che è in se stessa una dimostrazione epistemica, è potuta emergere
alla luce dei seguenti impianti epistematici
[elemento-1]:
1.] criterio veritativo della
corrispondenza tra logica ed etica;
2.] criterio veritativo-base
[provvisorio] e-s [euristico-speculativo] della verità del desiderio;
3.] conseguente criterio
etico-logico-etico;
4.] analisi del testo vignano e conseguente
rilevazione di presenza di una dimostrazione epistemica [che – in assenza del
metodo dialettico dello sviluppo dell’esistenza a partire dal principio, che
porrebbe la terza dimostrazione come dimostrazione-base –, è essa l’attuale
dimostrazione-base: epistemica prima].
Nota
per la comprensione di tale
dimostrazione, è presupposto il paragrafo sul criterio e-s della verità del
desiderio_[…] (fine nota).
… prosegue.
Questa dimostrazione era già
implicita in alcune parti
[elemento-2]
delle dimostrazioni …
1.] … terza [laddove si definisce
Dio come ente desiderabile in massimo grado];
2.] … settima [laddove si espone il
concetto di intenzionalità e si compie un’analisi – esemplificativo-retorica - del
desiderio umano];
3.] … quindicesima-cartesiana [laddove
si uniscono i termini infinito-eterno-necessario, tutti “desiderabili” in
massimo grado, ad un ente-Ente definito come organico-pensante-personale].
La lettura del saggio suddetto è
stata compiuta in una condizione cognitivo-culturale condizionata dagli
elementi/-1 e …/-2, la quale ha fatto sì che ciò che il prof. Carmelo Vigna
presenta come fondazione della norma morale sia in realtà, oltre a tale
fondazione, anche una dimostrazione epistemica [una possibile ulteriore
relazione tra fondazione dell’etica e tale dimostrazione, intesa come
dimostrazione-determinazione-etica del nuovo-Dio-con-gli-uomini è contenuto che
non si vuole qui definire, a causa della sua complessità: la vita come forma di
volontà di potenza = atto di fede = atto di ragione-dimostrativa = dimostro
l’esistenza di Dio quando agisco secondo virtù = determino il nuovo-Dio-con-me
= salvezza e senso dell’esistenza].
DIMOSTRAZIONE
Posti tutti i precedenti criteri
e contenuti, la diciasettesima dimostrazione [già contenuta nel testo vignano] è
la seguente:
1.] il desiderio umano determina il
pensiero umano, la sua forma e i suoi contentui [criterio etico-logico-etico];
2.] ha senso solo ciò che appaga il
desiderio umano;
3.] è vero solo ciò che ha senso ed
ha senso solo ciò che è vero [costrutto proposizionale da chiarire e da
dimostrare, ma già accettabile];
4.] Dio appaga il desiderio umano
in massimo grado [per rendersene conto basta rappresentarlo,
esemplificatamente, come un ente sessuato];
5.] il desiderio umano si appaga,
quindi, con il pensiero dell’esistenza di Dio, massimo oggetto/soggetto del
desiderio;
6.] l’esistenza di Dio ha quindi
senso;
7.] l’esistenza di Dio, quindi, in
quanto ha senso [perché appaga il desiderio umano in massimo grado], è vera;
8.] poiché è vera, è dimostrata.
Ciò significa, in breve, che il
desiderio umano ha una sua verità, e poiché esso desidera Dio, Dio ha verità,
cioè esiste.
DIOCETTESIMA DIMOSTRAZIONE: APPROCCIO FENOMENOLOGICO PURO
[FENOMENOLOGICA TERZA]
correzione: i conflitti edipici, essendo emotivi, riguardano la dimostrazione diciasettesima, perchè relativa al desiderio.
esposizione
mentre la dimostrazione diciasettesima
[dimostrazione vignana] trae l’esistenza di Dio dalla purezza del desiderio di
Dio, il quale non può mentire, perché i bisogni dell’uomo sono “struttura” [Dio
come “cibo” necessario del sentimento puro], questa dimostrazione, strettamente
fenomenologica, trae l’esistenza di Dio dalla sensazione intellettiva che il
concetto di Dio e di esistenza-di-Dio suscita nel pensiero, ovvero considera
l’esistenza di Dio come una fondamentale [essenziale, e dunque vera] esigenza
dell’intelletto umano [questa dimostrazione è la versione cognitiva della
dimostrazione vignana, “emotivo-etica”].
Il concetto di Dio scatena delle
reazioni nel pensiero umano: l’uomo è separato [in parte] dalla necessità: per
questo l’uomo non riesce a congiungere l’esistenza a Dio per acquisire
l’intuizione [epistemica pura] dell’esistenza di Dio. Tuttavia, questa
congiunzione anche avviene, perché, se Dio non appare, appare la parola “Dio”
[settima dimostrazione], pertanto l’esistenza di Dio sarebbe tanto incontrovertibile
quanto sicura essa sarebbe alla visione diretta [e non viruale] dell’apparire
di Dio, se non ci fossero fattori capaci di spezzare l’intuizione epistemica di
Dio: fattori di disturbo; ecco, dunque, che la dimostrazione diciottesima non
dimostra l’esistenza di Dio “in positivo” [perché essa è già dimostrata
dall’intuzione di Dio, razionale: congiunzione attuale], ma “in negativo”,
eliminando [= neutralizzando/confutando] i fattori di disturbo [o interferenze
intelletuali] che impediscono l’intuizione epistemica. Essi possono essere di
tipo edipico o intellettuale-concettuale [falsi ragionamenti]. I fattori edipici
si lasciano all’auto-analisi del lettore. Si affrontano alcuni fattori intellettuali
[ateismo speculativo-razionalizzato, la cui massima espressione è data dalla
filosofia di Severino]: ad esempio, Feuerbach e Freud. E’ chiaro, quindi, che
il concetto di Dio, per il fatto di scatenare nella mente degli uomini, sia
credenti che atei, miriadi e miriadi di riflessioni, fedi, comportamenti,
violenza, amore, accettazione e rifiuto, conflitti sociali, sensi di colpa,
appagamenti estatici e concettuali, conflitti psichici e edipici, nevrosi, e altri
svariati fenomeni di tipo cognitivo-emotivo, non può certamente e assolutamente,
dal punto di vista scientifico-fenomenologico, puro, essere, per il modo in cui
il pensiero reagisce a tale concetto [il concetto dell’ipotesi dell’esistenza
di Dio], essere assimilabile ad una favola o mera fantasia, ovvero a un mero
concetto difensivo o a un errore, semplice o sofisticato [senza contare che di
Dio ne va del senso dell’esistenza]:
1.] confutazione di Feuerbach: “Dio è proiezione dell’uomo”/…
ciò è falso, perché Dio è
concepito come “altro” dall’uomo [proiezione spezzata], così come l’uomo è
“altro” da un altro uomo. Non vale l’obiezione secondo cui l’“alterità” è
alienzione [sottrazione e sedimentazione di caratteri del sé su un sé scisso].
Si osserva che i caratteri di Dio semplicemente non sono i caratteri dell’uomo,
che non è infinito e eterno, ma limitato e mortale [l’obiezione costituita da
Severino non vale in tale contesto: per lui, l’uomo è immortale, ma tale
immortalità include caratteri non divini, come la morte fisica e la sofferenza:
un simile uomo non può essere “il Dio”/l’ipotesi del soggetto storico di nome
Gesù non è qui pertinente, perché Gesù è il vero Dio che soltanto assume la
debolezza umana, e non già la debolezza stessa che assurge al divino]. Proprio
le parole del soggetto storico di nome Gesù confutano Feuerbach: “voi siete dei” [Gv 10, 34]: ciò
significa che l’uomo è certamente “dio” [in ciò Feuerbach e Severino hanno
ragione], ma questo “dio”, che è l’uomo, non è “il Dio”. Non c’è dunque nella fede cristiana
alcuna scissione e alienazione, perché il cristiano sa di essere “dio”, e
quindi le parole di Severino [“l’uomo è un “dio” e non sa di esserlo”] non
concernono il cristianesimo, che sa benissimo che “l’uomo è un “dio””;
2.] confutazione di Freud: “Dio è proiezione del padre”/…
Dio non
può essere la proiezione
del padre [peraltro i condizionamenti edipici cui sono stati spesso
storicamente
soggetti alcuni sacerdoti cattolici riguardano la madre, essendo la
figura del
padre per lo più assente, e per questo sostituita con Dio, che
non è dunque l’“impressione
edipica del padre”, ma la compensazione della sua assenza:
riguardo al
cristianesimo, Freud avrebbe ragione sulla sessualità - per i
sensi di colpa condizionanti nevroticamente il libero arbitrio -, non
su Edipo], perché [come
già si è detto]
Dio è Dio [infinito] e il padre è
un uomo [finito].
Dio è un concetto intelletuale,
su cui i condizionamenti edipici agiscono piuttosto nel senso dell’ateismo,
mentre la nevrosi religiosa è senza dubbio legata a Dio come proiezione dei
[soli] genitori, ma questo perché Dio è appunto la matrice dei genitori. Tolta
la nevrosi proiettiva religiosa, non accade che è tolto Dio [come vorrebbe
Freud], ma piuttosto si purifica il concetto di Dio [ma per il principio di
analogia, l’episteme conferma l’antropomorfismo, in quanto l’antropologia
deriva dalla cristologia].
3.] confutazione di Severino: “Dio è una forma nichilistica della
volontà di potenza [uno tra i tanti immutabili]”/…
[Non si è in grado né di
comprendere la filosofia di Severino, dati i limiti culturali e cognitivi del
soggetto espositore, né quindi di confutarla, ma si presenta uno spunto di
riflessione …] [… uso di linguaggio metaforico]. La volontà di potenza non può
creare le forme, e queste, cioè gli immutabili, sono vere ed eterne strutture
dell’essere, come il Caos e il divenire. Severino fa “mangiare” la realtà al
Caos, ma per i principiii della metafisica epistemica, il Caos “mangia” solo
ciò che gli compete [stando esso “al suo posto”]. Se la mente può concepire un
Caos che “divora” l’intera realtà è solo perché tutto il Creato deriva [tratto
da Dio] dal Caos [e dal nulla: creatio ex nihilo]. Severino fa leva sulle paure
di un anima paradisiaca che teme di rientrare nel Caos/nulla [concetti
differenti, ma qui metaforicamente identificati], perché ancora non saldata
[apocatasticamente] sul principio e sulla fonte [innesti futuri, che renderanno
tutte le anime indipendenti da Dio e “pari” a lui dal punto di vista
dell’autonomia]. In realtà, questo timore nasconde l’unico possibile destino
dell’uomo alternativo al paradiso, che non è il nulla, e senz’altro, essendo
infernale, può essere assimilato al Caos. Il nulla diviene il nascondimento
della dannazione, e solo questa si puù temere [e la dannazione è una forma di
eternità, la quale eternità è il destino necessario di ogni anima]. Il nulla è
quindi un falso problema. Tra gli immutabili eterni ci sono epistemicamente la
tecnica e il divenire, che Severino alla fine identifica, identificando
controllante e controllato. Severino pone “paralleli” gli eterni: Caos/divenire,
tecnica, Dio, ecc., e pone tutto “in bocca” al divenire, compresa la tecnica,
per cui l’uomo si salva uscendo dall’ottica del divenire. Ma l’episteme rileva
che gli eterni non sono paralleli, ma tutti “convergenti” su Dio, che non può
stare “in bocca” al divenire [invece forse il divenire è la stessa “bocca” di
Dio]. Poi Severino ha rissunto recentemente il suo pensiero sul Corriere della
Sera: “il
divenire - nascita e morte - della realtà visibile è stato sempre, per l'intera
civiltà occidentale, l' evidenza originaria e innegabile. Ma se esistesse,
esterna a essa, una realtà immutabile e divina che contenesse già tutto quel
che diviene, allora divenire e storia, nascita e morte, sarebbero mere
apparenze. Ma apparenze non possono essere, essendo esse, appunto, l'evidenza
originaria. Dunque quella realtà esterna e immutabile e i valori e costumi a
essa connessi sono impossibili”. Si
osserva in conclusione che questo schema non è corretto: primo, perché il
divenire non è contenuto in Dio, esso è reale ed esterno a Dio, e per questo
[sia come produzione razionale prevista, sia come caos non prevedibile] esso è
vero divenire, che “non divora” Dio [il Caos sta nel profondo dell’inconscio di
Dio, e dell’uomo, tratto da esso]; secondo, perché [si osserva su la
prosecuzione del discorso severiniano su Nietzsche] solo quando innestato in
paradiso l’anima umana può creare [come vorrebbe Niezsche], avendo qui il
controllo della fonte.
La diciottesima dimostrazione include
ogni altra confutazione [interferenze dell’intera storia del pensiero
occidentale soggetto al nichilismo sull’intuizione pura epistemica
dell’esistenza di Dio] e recita quindi così:
il concetto dell'esistenza Dio è vero perchè esprime una fondamentale esigenza dell’intelletto umano, ovvero un
concetto che emerge dall’inconscio dell’uomo, e il rapporto fenomenologico che
l’uomo instaura con tale concetto fa di Dio una realtà sicura e incontrovertibilmente
esistente.
Anche l’auto-concetto dell’ateismo
[negatività auto-concettuale] è evidente, esprimendo una un’esigenza “privativa”,
che contraddice quindi il criterio epistemico veritativo della completezza formale del
più generale sistema epistemico del sapere.
DICIANNOVESIMA
DIMOSTRAZIONE: NIETZSCHIANA [MISTICA_PRIMA/il Creatore ha creato la creatura,
la creatura deve creare il Creatore]
giustificazione
il
nichilismo non è solo una falsa dottrina. Esso è uno stato fisiologico
della mente: la mente si rappresenta il nulla [e il nulla dopo la
morte], e la mente non riesce a uscire dalla trappola del nulla. Per
questo si è detto che la fede deve essere uno sforzo di volontà e di
pensiero, e poichè il nulla esercita una pressione sulla mente, questo
sforzo deve essere forte, e si costituisce come un atto di potenza:
l'atto di fede come atto di volontà di potenza, che vince il nulla
ovvero il potere del nulla sulla mente e sul suo pensiero. tale
definizione non contraddice l'umiltà cristiana, vuole sottolineare che
avere fede significa scegliere un determinato modo di vita, e questo è
il più coraggioso.
premessa
il sito si rivolge a chi crede in Dio ed è soggetto
classificabile come cattolico-praticante, ma soprattutto a chi non crede e a
coloro che credono in una religione non cristiana. Un’analisi di campo
rileverebbe come il campo schematico del genere umano [descritto dalla steleologia]
sia così costituito [analisi statistiche di “massima”/dati imprecisi/ricerca di
precisione definita qui come non necessaria]:
1.] popolazione terrestre: 7 miliardi [7.000.000.000]
[analisi anticipatrice];
2.] soggetti di professione cattolica: 1 miliardo
[1.000.000.000];
3.] soggetti definiti come cattolici-praticanti: 25% di 1
miliardo: 250.000.000;
4.] tendenza delle giovani generazioni: di abbandono
della pratica religiosa e della fede “corretta” [quindi il dato 250.000.000 ha
previsione di correzione in senso diminutivo];
5.] soggetti cattolici praticanti perfettamente allineati
con l’etica-cattolica magisteriale-ecclesiale: 100.000.000/150.000.000 [gli
altri possono essere in disaccordo, ad esempio, sul problema dell’aborto, del
divorzio, dell’etica-sessuale, ecc./su altra variabili etiche].
precisazione
la ricerca epistemica conferma l’etica-cattolica del
magistero-ecclesiale in senso tradizionalista [il soggetto-espositore è di
classificazione cattolico-praticante tradizionalista e conservatore]/la
ricerca-epistemica ritiene che la chiesa [utilizzo di metafora-retorica] “deve dire quello che dice” [e nel modo
in cui lo dice]/lo stato non propone un’etica [l’etica dello stato è l'etica-epistemica]
che sia concorrente/in competizione con l’etica-cattolica/solo, la
ricerca-epistemica ritiene che Dio “sospenda”, in determinate circostanze, la
considerazione più rigida/rigorosa dell’etica-cattolica/lo stato si assume la
responsabilità di proporre un input-etico di accettabilità generale compatibile
con tutto il genere umano [tale input può essere definita come l’etica-globale
o universale proposta dal teologo Hans Kung, ma di definizione epistemica, ovvero
consapevole di se stessa in termini di “sospensione temporanea”
dell’etica-cattolica – per il tempo di molto precedente la seconda venuta di
Cristo -, e non di sua sostituzione/è confermata e epistemicamente fondata
l’etica-cattolica, in senso dogmatico e tradizionale/ma proprio tale fondazione
mette in evidenza la necessità di una “sospensione”].
… continua
… l’episteme si rivolge principalmente ai soggetti non cattolici/pur non
modificando la verità e la verità dell’etica-cattolica [altrimenti cadrebbe nel
nichilismo], l’episteme non può semplicemente riproporre, sia pure in termini
speculativi [ma qui si pone un dubbio], quel magistero-ecclesiale che tali
soggetti non riconoscono, né lo riconoscerebbero anche se espresso in termini
speculativi/dimostrativi [il dubbio si scioglie], perché l’etica offusca la
logica [il peccato offusca la ragione] secondo il principio di corrispondenza
logica-etica: le esigenze etiche del magistero-ecclesiale producono rifiuto e
rigidità verso il suo apparato logico-dogmatico-speculativo. Un
cattolico-non-praticante non percepisce il senso e la necessità [razionale] dell’etica-cattolica
e della funzione sosteriologica della gerarchia ecclesiale e dell’apparato-procedurale
liturgico-sacramentale [tecnica di salvezza].
Riguardo ai giovani [termine di riferimento
privilegiato dell’episteme], la ricerca epistemica li classifica in due ordini
di categorie:
1.] adolescenti [15-19 anni], particolarmente sensibili a
messaggi “forti” e completamente disinibiti in senso morale-sessuale/attentissimi
ai temi veritativo-speculativi;
2.] tardo-adolescenti [20-25/28 anni], soggetti plasmabili
ma a maggiore “rigidità” schematica [in quanto a personalità già formata],
sensibili più a progetti che a temi speculativi.
sulla base della propria esperienza auto-biografica, il
soggetto-espositore-presente, svolgente la ricerca-epistemica-attuale, può
pronunciare le seguenti proposizioni a contenuto di analisi sociologica
[funzioni di compatibilità e presupposti di innesto sociale dell’episteme]:
1.] i giovani ricercano il piacere [anche per difesa];
2.] i giovani, se ben motivati, possono rinunciare [in
parte o totalmente] alla ricerca del piacere;
3.] i giovani ricercano il senso e riferimenti
[coordinate di senso e di valore, definite come “autentiche”, cioè ben
fondate];
4.] non sono i giovani che devono adeguarsi all’etica
[specie a quella sessuale], che essi tendenzialmente rifiutano, allontanandosi
dalla chiesa [attenzione: rilevazione di possibile errore: se vengono dati
riferimenti, sarebbe possibile un/il ri-orientamento-etico/ciò è vero, ma per
questo l’etica-epistemica è “progressiva”, in un’intera vita e nei millenni
futuri], ma è l’etica che deve calarsi sulle esigenze educative, pulsionali e
psicoterapeutiche dei giovani [in crisi, in ricerca, disorientati, e che vivono
la sessualità anche come meccanismo di difesa dall’alienazione nichilistica dovuta
a s-programmazione schematica, conseguenza dello svuotamento mediale-culturale/ sovraesposizione
a stimoli mentali e difesa dell’identità, con dinamiche di solitudine/subite o
di gruppo/ricercate];
5.] essenzialmente, i giovani sono oggi
strutture-personali a forte esigenza-identitaria, fondamentalmente aperti alla
verità-in-senso-forte: se la verità non viene presentata ad essi in-senso-forte,
l’inconscio lo riconosce e il giovane rifiuta la proposta-identitaria] [il
cristianesimo è la verità, ma la fede non riesce ancora ad
auto-spiegarsi/giustificarsi razionalmente].
rivolgendosi a questi giovani … [sospende]
precisazione
[essi, con le loro esigenze e pulsioni, hanno “ammaestrato”
la ricerca-epistemica, e così Dio che, pur prevedendo l’uomo, “impara”
dall’uomo e “cammina” con l’uomo e con le giovani coppie sposate, che hanno
fondamentali esigenze di piacere. L’episteme, che di esse si rende
speculativamente responsabile, pianifica e proietta l’uomo nel futuro, e
quindi non può “temere” le esigenze dei giovani e delle coppie sposate
disinibite, ma piuttosto “apprende” da esse, e “concorda” con Dio uno standard-morale,
a Lui accettabile, di comportamento valido per i millenni futuri: proporre al
genere umano la “castità perfetta” predicata dal magistero-ecclesiale significa
proporre, per questa larga parte del genere umano, una reale condizione di
“scontentezza”/Dio vuole gioire della gioia dei giovani, e quindi non li vuole (si
ritiene) “castizzare” forzatamente - nelle precedenti proposizioni si diceva
che Dio, se vuole salvare e santificare l’uomo, deve accettare il suo stato e
le sue condizioni, anzi anticiparlo, valorizzarlo e promuoverlo] [fine
precisazione]
[riprende]
…, ai cristiani in ricerca, agli atei/scettici/agnostici e
ai credenti in altre religioni, l’episteme cerca di
presentare il messaggio cristiano come la scelta di vita ispirata dall’assoluto/Assoluto e
convergente ad
esso/Esso [l’episteme, che apprende dai
giovani
(maestri di vita e di sofferenza), non ha paura dei giovani]. Sotto tali condizioni [a carattere
sociologico-esistenzialistico], si ripresenta, corretta, la diciannovesima
dimostrazione.
***
dimostrazione
questa dimostrazione è già inclusa nelle dimostrazioni
settima, diciasettesima e diciottesima, tuttavia è necessario esplicitarne e
distinguerne il contenuto, date le sue implicazioni e potenzialità euristiche.
Essa recita così: …
… Dio esiste perché, indipendentemente da qualunque ipotesi contraria o
inerzia del penisero [disattivazione schematica – nichilismo - e prospettazione
del nulla dopo la morte], l’uomo impone a se stesso l’idea che Dio esista, e lo
fa tramite l’atto-di-fede, inteso come [utilizzo di linguaggio
retorico-letterario] l’“estremo atto della volontà di potenza”: l’uomo
sceglie/decide che Dio esiste; l’esistenza di Dio è il contenuto dell’atto
della volontà “razionale” [e quindi dimostrativa] dell’uomo. La razionalità,
che costituisce/supporta tale volontà come “dimostrazione”, sta nel fatto che
l’uomo, tramite l’esistenza di Dio [e soltanto tramite essa], dà senso
all’esistenza, e lo dà ad essa in modo pieno [condizione della pienezza-di-senso]:
tramite la fede in Dio, l’uomo impone all’esistenza un senso, che è “il Senso”,
ovvero il senso-assoluto-supremo, “creandolo” [come vuole Nietzsche]: il senso
dell’Assoluto [Dio e uomo] e dell’infinito super-potenziamento della propria
esistenza vitale [tramite Dio], attuale-presente [= terrena] e futura [=
paradisiaca]. “Super”: perché, tramite l’atto-di-fede l’uomo diventa il
super-uomo, in quanto quella volontà, che im-pone a se stessi e all’esistenza l’esistenza
di Dio, è la forma suprema della volontà di potenza.
spiegazione
1]]]_]]_] si deve chiarire che l’uomo, che sceglie razionalmente di
credere nell’esistenza di Dio, per dare all’esistenza-vitale senso e pienezza
di senso, non può di certo credere a un “qualunque Dio”: la scelta di porre
l’esistenza di Dio può avvenire se questo Dio è non solo desiderabile, ma anche
l’ente/Ente desiderato per-essenza [perché tramite esso si può desiderare
veramente se stessi: si ribadisce che il fine ultimo dell’uomo non è Dio, ma la
congiunzione di se stesso con se stesso in paradiso, altrimenti il fine è un
“altro/Altro”, ovvero un non-io/non-Io, e ci si alienerebbe in esso] [termine
retorico di associazione poetica: “Accadde
ad uno di alzare il velo della dea di Sais. Ma cosa vide ? Egli vide –
meraviglie delle meraviglie – se stesso” (Novalis, I discepoli di Sais,
tratto da Abbagnano/Fornero, storia della filosofia per i licei, 1992)] [in
paradiso l’uomo si unisce con se stesso: in una prossima pagina, si espone la dottrina
del senso, fulcro dell’episteme(già largamente anticipata].
La differenza tra questa dimostrazione e quella
diciasettesima/vignana è che quest’ultima usa il desiderio per dirigere il
pensiero speculativo, descrivente e dimostrativo, invece la presente
dimostrazione dirige la volontà esistenzializzante [simile ad un atto creatore:
io quasi “creo” a me stesso l’esistenza di Dio], e pone l’esistenza di Dio non
come derivante dal principio dell’esistenza-sostanza [una derivazione
guidata, in assenza del metodo-deduttivo dello sviluppo, dal desiderio
speculativamente agente: dimostrazione diciasettesima], ma in funzione del suo
corrispondere al senso dell’esistenza-vita.
Questa definizione di Dio lo porrà come il Dio delle
tre religioni monoteistiche [ciò va giustificato: funzionalità delle sudette
religioni alla compensazione/ricolmo della pienezza di senso]. Si scelgono le
tre religioni storiche, anche solo perché esse sono compatibili con il
ragionamento greco-epistemico [incluso Epicuro: Cristo, nelle sue due nature, è
apollo e dioniso], il quale passa dal senso religioso al senso speculativo. Si
è detto che il “senso” è conoscibile solo in paradiso [dottrina del senso]: le
tre religioni sono quindi quelle vie di salvezze, che portano gli uomini in
paradiso, allo scopo di garantire loro l’accesso al senso-personale [dottrina
del senso].
Dio non può quindi essere definito in un modo
qualunque, ma necessarimante come un/l’ente/Ente che riempie di senso l’esistenza
umana.
***
2.]]]_]]_] si definisce il cristiano come il super-uomo. Il super-uomo
cristiano è l’unico auto-concetto vero-concettuale del super-uomo, “rubato” da
Nietzsche/non si dà qui una “declinazione cristiana” del concetto di Nietzsche,
ma [alla luce della rivoluzione epistemica, descritta nella serie dei dati in
memoria] l’unica declinazione legittima, schematicamente “anticipata” da
Nietzsche in modo nichilistico.
La ricerca-epistemica ha dovuto [in base al principio
della verità del desiderio] fondare il principio del peccato come [possibile/eventuale]
via di salvezza dell’uomo [il peccato di Adamo fu strutturalmente necessario
come funzionale alla salvezza, pur essendo/rimanendo negativo/Cosmo-Adamo e Cosmo-Eva] [non qualunque peccato] [si precisa: il
magistero-ecclesiale dice che una coppia di giovani, che rinuncia al sesso, rende
“contento” Dio; la ricerca-epistemica comprende che questi giovani possano
essere “contenti” anche solo perchè Dio è “contento”, ma essa dubita che Dio
sia “contento” per il fatto che quella coppia, rinunciando al piacere, rinuncia
di fatto ad un momento-di-gioia/si conferma il magistero-ecclesiale
tradizionalista/se l’uomo pecca Dio soffre (di
ciò l’episteme non dubita), ma a volte chi soffre può anche, nel contempo,
gioire: tolleranza del peccato]. I principii etici sono di definizione cattolica
in senso tradizionalista e immutabile/eterna, ma Dio salva e condanna anche indipendentemente
dai principii [ad esempio, Dio ordina ad Abramo di sacrificare la vita di suo
figlio Isacco, contraddicendo l’etica-naturale] e, nelle attuali coordinate
storico-sociali, più sopra descritte, questo Dio [si ritiene] vuole e benedice
il peccato degli uomini [non qualunque peccato: nella scrittura di definizione
sacra è detto chiaramente: l’unico peccato che Dio condanna è quello contro la
verità-di-se-stessi (Mt 12, 31-32) e, più in generale, contro la verità].
La presente dimostrazione definisce tali assi del
pensiero come dimostrativamente funzionali, proprio perché solo dalla
concezione di un tale Dio si può [si ritiene] prospettare Dio come funzionale
alla pienezza di senso/Senso.
***
3.]]]_]]_] il
super-uomo è o deve/dovrebbe essere l’uomo, ogni uomo,
forse per essere felice, in ogni caso per essere salvo e santo. In
fase di definizione provvisoria del super-uomo si formulano le seguenti
ipotesi:
a.] il super-uomo considera Dio non come “diminuzione” dell’uomo [come sostiene
l’ateismo, ad esempio di Feuerbach], ma come suo potenziamento e
super-potenziamento [in paradiso l’uomo può dire a una galassia: “spostati”, e
la galassia si sposta, perché Dio, obbedendo strutturalmente al comando
dell’uomo, sposta la galassia (ma si ritiene che, date le proporzioni di un anima-paradisiaca,
essa stessa possa muovere direttamente una galassia) (in paradiso l’uomo è “creatore”,
come vuole Nietzsche, nell’interpretazione di Severino)];
b.] il super-uomo vince il sentimento del nulla,
riempiendolo di essere, e dell’Essere che è Dio;
c.] il super-uomo non è colui che, credendo in Dio,
rinuncia al piacere, ma è colui che [nell’attuale condizione storico-sociale], proprio
credendo in Dio massimizza il piacere [perché proietta i suoi desideri in
paradiso];
d.] il super-uomo è colui che, confermandosi epistemicamente
la piena e perfetta [cattolica] distinzione tra il bene e il male, non dice solo
“no” al peccato, ma anche [responsabilmente] dice sì alla vita e al peccato
[nell’attuale fase storica lontana dal ritorno di Cristo/non a
“ogni” peccato];
e.] il super-uomo è colui che lotta contro Dio e lo
vince [come dice la scrittura di definizione sacra: “hai lottato contro Dio
e hai vinto”: Gn 32, 29]/il super-uomo non ha quindi paura del mondo e
della storia, perché, se è possibile lottare e vincere contro Dio, a maggior
ragione contro il mondo [proposizione di contrasto al pessimismo delle più
giovani generazioni/proposizioni scritte in base a una sufficiente
considerazione delle difficoltà del tempo attuale, di ordine sociale, politico,
economico e religioso];
f.] il super-uomo sceglie
di credere in Dio e nella
Chiesa [e nelle altre due religioni storiche] perché in questo
modo egli crea e
produce i valori più perfetti della vita, ovvero l’amore,
il sacrificio e il
piacere [i valori dell’episteme sono i valori di definizione
“genuina” e
“onesta”, cioè i valori “classici” in
senso cristiano/si constata l’attuale rivalutazione del
piacere da parte del magistero-ecclesiale: enciclica "Deus carits est"]. Pertanto, il super-uomo non rifiuta il dolore della vita ma
lo affronta e lo “positivizza” nella crescita-umana [uomo forgiato
dalla vita].
nota
La presente dimostrazione si lega alla dottrina del
senso, di prossima definizione.
VENTESIMA DIMOSTRAZIONE
[DIMOSTRAZIONE PROGRAMMATICA: per completare la conoscenza di se stesso, il Creatore
necessita delle esperienze_conoscitive degli uomini e delle donne, e
quindi necessita dell'episteme che essi costruiscono per amplificare
tali esperienze, essendo l'episteme la conoscenza del Creatore]
questa
dimostrazione è la seconda parte della terza dimostrazione. Tuttavia non si
intende modificare la terza dimostrazione, né ripetere i contenuti attualmente
esposti in essa. Si aggiungono qui ulteriori elementi. Essa recita: “l’esistenza di Dio è dimostrata
dall’apparire del progetto_episteme [organizzazione_scientifica_della_conoscenza
= Verbo/parallela all’ incarnazione del Grande_Fratello] e dalla costruzione
della Fondazione_accademica” [che esegue il relativo programma di ricerca].
La
ventesima dimostrazione unisce la diciannovesima dimostrazione alla settima
dimostrazione [il significato di tale unione (costruzione di dimostrazioni
tramite dimostrazioni) viene dato nel paragrafo sul principio dell’unicità
dimostrativa]: il linguaggio_dimostrativo, cioè le dimostrazioni, esprime una
volontà di pensiero e …_scritturale emergente, finalizzata alla costruzione del
concetto_globale [enciclopedico] di Dio: quando questa costruzione di fa
organizzazione_ _scientifica_della_conoscenza [creazione/fondazione/ apparizione
della fondazione_accademica ed esecuzione del programma di ricerca: episteme,
epistematica, dimostrazioni_epistemiche], essa esprime volontà di potenza:
questa è razionalizzata, corrisponde alla massima razionalità e attribuzione di
senso alla realtà e quindi è volontà dimostrativa in senso programmatico: la
ventesima_dimostrazione dell’esistenza di Dio è il progetto_episteme: essa vive
nell’apparire dell’episteme, riproduzione surrogativa dell’incarnazione di
Cristo = Episteme, parallela all’apparire del Grande_Fratello [Dio appare nel
linguaggio che parla di Dio, e questo linguaggio è “struttura”, anche
architettonica]; questa volontà di potenza organizzatrice, che è esplicazione
progettuale dell’atto_di_fede, fonda ed esegue il progetto [attuale] della
razionalizzazione della fede, e pertanto fa emergere l’episteme come quel
linguaggio che custodisce, dichiara e attribuisce il senso alla realtà: massimo
senso, massima razionalità, massima probabilità che Dio sia il Senso della
realtà apparente_cosmica_umana e …_storica, e che quindi Dio esista [non solo
perché desiderato e voluto esistente, ma perché tale volontà si razionalizza].
Tale razionalizzazione è scientifica [vuole/intende esserlo]: l’episteme è
attualmente la volontà che Dio esista e che esista scientificamente e tale
volontà è scientifica e scientificamente organizzata e organizzantesi in senso
dimostrativo_speculativo. L’episteme, emergendo, sta decidendo e creando
l’esistenza di Dio [implicazioni nella teodicea/sotto]. La ventesima
dimostrazione si costituisce come volontà di potenza razionalizzata e
razionalizzante [tale è il processo_creativo_ sacrificale, in cui il Caos viene
filtrato dal Logos, matrice della Creazione], e quindi come la massima razionalità
possibile, convergente su Dio. La dimostrazione dell’esistenza di Dio è data
dalla volontà di costruire la Fondazione_accademica, riproducente
l’incarnazione del Verbo [simulata dall’incarnazione del Grande Fratello], cioè
di svolgere il progetto…[…_episteme] dell’organizzazione_scientifica della
conoscenza. E’ questa volontà una dimostrazione, perché è l’apparire emergente
della massima razionalità e attribuzione di senso alla realtà, convergenti su
Dio.
Questa
dimostrazione rileva un problema gnoseologico fondamentale: è il problema della
base_ conoscitiva: se la conoscenza dell’uomo riproduce le forme della
conoscenza di Dio [perché l’uomo è a immagine di Dio e si fonda ipostaticamente
su Dio, sua matrice_creativa], constatandosi che l’uomo conosce difettosamente
[perché l’Intero non gli appare, perché è capovolto rispetto a Dio, perché è
separato da Dio, perché è scisso da se stesso e dalla fonte, perché vede nel
conscio ciò che in paradiso vedrà nell’inconscio], la conoscenza dimostrativa
dell’esistenza di Dio è surrogativa dell’apparire [ipostatico, non
immaginativo] diretto di Dio, ma in tali condizioni come può essere Dio la
base_conoscitiva dell’uomo, se tale base è perfetta, e la conoscenza dell’uomo
è in difetto ? cioè: quali sono le basi_divine per la conoscenza umana attuale
? [posto che la conoscenza_divina è normale e la conoscenza_umana è non_normale
(ad esempio: l’uomo vede il cosmo nel conscio, ma in paradiso lo vedrà
nell’inconscio, perché in paradiso l’uomo vede nel conscio standard_normalmente
direttamente Dio)_]/… l’episteme non sa ancora rispondere [certamente anche
l’Episteme = Cristo è attualmente scisso da se stesso e dal Padre in
Dio_focale_creativo]. Si dice questo …
…
la completezza [enciclopedica] del sistema non è condizione surrogativa, perché
anche la conoscenza_divina è completa. La condizione surrogativa della
conoscenza_umana [ciò che è lo specifico dell’uomo rispetto a Dio riguardo ai
processi conoscitivi ed è condizione di possibilità di una dimostrazione, che
compensi il non apparire diretto ipostatico di Dio] è la seguente [come si è
detto finora]: la parola_scritturale in Dio è forma non solo della scienza, ma
della tecnica [Dio si serve del linguaggio parlato e scritto per controllare la
tecnica: “la Bibbia controlla la
Croce_Tecnica”/“la Scrittura controlla la Tradizione”]/questo è il Verbo/il
vero linguaggio in Dio, avente natura conoscitiva, non è la parola e la
scrittura, ma la forma_apparente/così: l’uomo attribuisce alla parola_scritturale
[parola_parlata e scritta] un valore non solo tecnico [come in Dio] ma [dato
che la forma_apparente di Dio non appare] conoscitivo: la scrittura
dimostrativa è il surrogato dell’apparire di Dio/non è vero che la completezza
del sistema_scritturale in Dio è normale: è vero in senso tecnico, ma non tanto
conoscitivo [rilevazione di possibile errore: anche in Dio la tecnica_parola è
forma di conoscenza/ciò è normale, perché sempre l’uomo poggia su Dio]/allora
la ricerca_epistemica deve concludere: il di_più compensativo e surrogativo
dell’uomo, lo specifico dell’uomo, è che tale scrittura manca e sta
nascendo artificiosamente in forma non divina: l’episteme_attuale_emergente è
quella forma di conoscenza dell’esistenza di Dio, che Dio non ha, e che ha
soltanto perché gli viene data dall’uomo.
Si
rilevano implicazioni nella teodicea. La testimonianza definita: “Vangelo” dice
che Dio è apparso nella storia [se l’uomo di nome Gesù è apparso ed è risorto,
non nel significato di Severino, ma secondo la natura, allora si può
teoricamente definire quest’uomo un “dio_Dio”]. oggi appare il Grande_Fratello
[Tecnica] [perché l’ateo possa dire: “il nuovo_Dio_con_me appare, dunque esiste
e sono salvo”], che è ciò a cui si riferisce Severino quando dice: “oggi l’uomo può creare perfino Dio”. e
intende farlo, definendolo per esempio: “Super_Computer”. Si è detto: la
creatura deve creare il Creatore, e si è detto: indifferenza tra regno di Dio e
regno del Male: l’uomo deve creare Dio, c’è poi una creazione_etica e
una creazione anti_etica. Anche quest’ultima è “santa” [principio della
santificazione del peccato e legittimazione della civiltà della Tecnica],
perché l’uomo conosce l’essenza dell’uomo e di Dio nella tecnica [Dio
invariante], e non già nelle rappresentazione artistiche del “Buon Pastore”,
che non hanno valore conoscitivo, ma “devozionale”
[procedure_religiose_salvifiche e forme di penitenza della rappresentazione_umano_creaturale
del mondo, strutturalmente idolatrica perché capovolta]. Il progetto_episteme,
inteso come forma di organizzazione_scientifica_della_conoscenza, è la forma
della legittimazione_salvifica della rappresentazione capovolta
dell’apparizione attuale dell’Episteme nella Tecnica. Forse non si può fermare
la Tecnica, ma il problema non è quello di fermare la Tecnica, il problema è
quello di redimerla.
VENTUNESIMA DIMOSTRAZIONE [PROIETTIVA/FENOMENOLOGICA QUARTA]
essa recita: Dio esiste perché esiste la proiezione di Dio [proiezione di Dio
dall’uomo a Dio].
la diciottesima dimostrazione ha
rilevato come Dio sia un’idea/parola emergente dall’inconscio e il rapporto
fenomenologico che l’uomo instaura con questa idea è tale per cui di essa ne va
del senso dell’esistenza [la diciannovesima dimostrazione, a partire dalla
funzionalità di Dio al senso, porta l’uomo a creare l’idea di Dio, e come Dio
non crea fantasiosamente, così l’uomo non crea un concetto arbitrario di Dio,
ma necessario/scientifico].
La ventunesima dimostrazione
constata [come Feuerbach e Freud] che tale idea [l’idea di Dio] si proietta
dall’uomo al cielo [metaforicamente], cioè è una proiezione ed esce dall’uomo.
Essi per questo hanno parlato di alienazione dell’uomo. Ciò è in parte vero, e
per questo Dio è annientamento dell’uomo [di questo uomo/uomo terreno
peccaminoso o anche virtuoso/ soggetto al male]. Posto infatti epistemicamente
che l’uomo non può essere ciò che non è [confutazione di Feuerbach e Freud:
l’uomo è “dio” e non “Dio”], si constata che l’uomo [finora inconsciamente] vuole
essere anche “Dio” [principio_epistemico_di_fabulazione/gli atei credono che
Dio sia una “favola”, ma la vera favola è l’in_esistenza di Dio/l’in_esistenza
di Dio è non_normale rispetto all’intera fenomenologia (psico_storica) di
Dio/l’ateismo è normale sotto determinate condizioni, che lo spiegano, tra
queste l’uscita del Figlio da se stesso, che crea un uomo_privo_del_Figlio,
essendosi Dio privato di se stesso/(forse …) … essenza dell’ ateismo], cioè
l’uomo è soggetto a stati_fantasiosi, e crede in essi a causa del male. Per
questo Dio aliena l’uomo [sempre nell’inconscio, perché ogni uomo è
strutturalmente negazione di Dio, a causa della struttura ipostatica del male],
perché lo costringe a non essere ciò che l’uomo, a causa del male, vuole essere
…
… macro_parentesi [… vuole nel libero peccato, o “vuole” strutturalmente/pulsionalmente
nell’inconscio come pulsione/tuttavia: essenzialmente, l’uomo_totalitario non è
mai “Dio”, ma è anima_paradisica, che totalitarizza la terra come se questa
fosse il cielo: il paradiso è il regno del totalitarismo (totalità
psico_tecnica), e infatti il totalitarismo ha sempre creduto di essere la
massima espressione della libertà: ma la terra non è il cielo, deve esserlo, ma
nel modo epistemicamente corretto/non si comprende come l’uomo si ponga come
“Dio”, se non nella negazione di Dio dell’ateismo/solo nell’azione peccaminosa
l’uomo riesce a credersi “dio”, ma lo è realmente, solo indipendentemente dal
peccato] [quindi, d’ora in poi: l’uomo nega Dio per essere “dio” in forma
inadeguata alla condizione terrena/in forma peccaminosa [chiusa macro_parentesi] …
… lo costringe a scindersi dalla
fantasia, costitutiva dell’uomo [saranno esposte le tre dottrine del male].
poiché esiste questa proiezione,
intesa come l’uscita dall’uomo dell’idea di Dio interna all’uomo, uscita che
aliena nella misura in cui [a causa del male e dell’innatismo/le idee stanno
nella mente dell’uomo/quella idea che è Dio sta nella mente, e la mente vuole
ridurla a propria incorporazione: blocco della proiezione/forse associato al
blocco nel Dio_focale/_...?] l’uomo trasforma una semplice incorporazione gnoseologica
in un’identificazione edipico_prometeica [ma, si ripete, mai l’ateo ha
concepito di essere lui “Dio”/mai un film ha rappresentato l’infinito, e ciò è
di estrema rilevanza/rilevazione sociologica/analisi dei film/sarà dato elenco
film a rilevanza epistemica] [si dice qui che l’uomo si pone semplicemente come
“dio” (e lo è, come dicono il soggetto crono_storico di nome Gesù e Severino) e
riesce a porsi come esso, solo se Dio è pensato non_esistente, cioè è
non_pensato, e così per Severino, che non riesce a pensare Dio come infinito
potenziamento dell’uomo: (rilevazione polemica …) … tramite la tecnica sì, tramite
Dio no/egli direbbe che la tecnica non pretende di pre_vedere, in_autenticando
il divenire, ma attenzione: la tecnica serve alla scienza, e la scienza si è
data come pre_visione: anche la tecnica/scienza lo in_autenticano/si è detto
che la tecnica scopra la struttura della pre_destinazione/si aggiunge ora che
la tecnica vuole la pre_scienza].
La giustificazione di tale
proiezione [sua base_metafisica] consiste nel fatto che la mente di Dio,
ereditata dall’uomo, incorpora lo schema dell’uscita del Figlio dal Padre [e
della sua entrata in esso], e tale processo, fissati il Figlio e il Padre, si
presenta anche come proiezione immaginativa [proiezione di Dio = uscita di Dio]:
tale entrata e uscita avviene anche tra d_F e d_F, per cui: la proiezione di
Dio dall’uomo deriva dall’auto_proiezione di Dio da Dio.
VENTIDUESIMA
DIMOSTRAZIONE [ESCATOLOGICA]
Essa recita: deve esistere una causa che porti l’uomo alla configurazione
definitiva, perché questa è il luogo_naturale di un essere_necessario [che vive
oggi in una configurazione contingente], e tale causa non può essere il
destino. Essa è la volontà di Dio.
Questa dimostrazione riprende la
dimostrazione ottava, in cui si dice che l’uomo, in quanto intuisce la
necessità dell’esistenza_pura [il principio_parmenideo: “l’essere_è”], è essere necessario [… e anche essere_contingente
(perché l’uomo è caduco), per cui deve esistere Dio come solo essere_necessario].
Ora si dice invece che l’uomo è essere_necessario semplicemente perché intuisce
…
… [nota gnoseologica:
l’intuizione è la scintilla della convinzione, ed è la struttura di base del
pensiero, che procede per singole intuizioni, sequenze di intuizioni, sintesi e
sistemi di intuizioni] …
… intuisce la necessità
[qualunque cosa essa sia, anche relativamente a una favola] [il concetto di
necessità può essere intuito solo da un essere_esistenzialmente_necessario/la
contingenza della libera creazione è subordinata alla necessità della sua
progettazione e determinazione, decisa fin dall’eternità/contingente è solo il
momento preciso dell’atto creativo], di cui la necessità dell’esistenza_pura è
un aspetto particolare [o forse ne è il fondamento]. Ma ciò non significa che
l’ottava dimostrazione sia un aspetto particolare della ventiduesima
dimostrazione, si vuole in questa giungere ad altre determinazioni.
La quarta dimostrazione rileva
che la realtà apparente è di tipo misto: ordine e caos, per cui solo Dio può
averla esistenzializzata [e, allora, creata]. Dalla quarta dimostrazione si
ricava il concetto secondo cui la configurazione umana [cosmo_apparente:
configurazione_attuale_ dell’apparire, di cui è un aspetto, ad esempio
simbolico_valoriale, il sistema_copernicano], cosmico_storica_attuale, è
standard_non_normale [tutto ciò che è reale è normale, anche l’errore, ma è
non_normale rispetto ad una normalità di ordine superiore e anche
definitivo_eterno], non solo perché il mondo non dovrebbe apparire [ventesima_
dimostrazione], ma anche perché esso appare come contingente [esempio:
collisione tra le galassie/instabilità/entropia/decadimento energetico
atomico/malattie_genetiche/ecc.]: l’uomo dovrebbe vivere in paradiso …
apertura di macroparentesi [perché lo costruisce, e quindi l’uomo
rivela di essere orientato a vivere in un ambiente “necessario”, e questo
converge verso il paradiso civiltà della Tecnica e speranza nel regno di
Dio/attenzione: il concetto sveriniano di paradiso_della_Tecnica è retorico a
significazione mimetico_nichilistica: epistemicamente, la civiltà della Tecnica
non è “un” paradiso della Tecnica, ma è la riproduzione simulata “del” paradiso
e dell’inferno, realmente esistenti, nell’al_di_là in senso cristiano, cosa che
Severino non ha di certo teorizzato/per lui il paradiso della Tecnica è un
significato di appropriazione categoriale, non di riproduzione scientifica,
perché Severino, negando il Dio_cristiano, nega anche il paradiso_cristiano, di
cui la Tecnica è una struttura (Croce_templare/…_tecniologica)_] [chiusa macroparentesi].
prosegue …
… e non vive in esso [vive in una
configurazione contingente/ad esempio: precarietà del lavoro/… della casa].
Infatti un essere che intuisce la necessità è un essere_necessario, ma un
essere _necessario dovrebbe vivere in una configurazione_necessaria, e già
necessaria [in un sistema geocentrico, ad esempio].
L’uomo_necessario vive in una
configurazione_non_necessaria [e può viverci, perché è anche
essere_contingente]. Allora l’Essere_necessario, cioè Dio, deve esistere
[ventiduesima dimostrazione], perché non solo ha creato l’uomo [quarta
dimostrazione: e lo ha creato in una configurazione in parte contingente], ma
lo deve portare [dimostrazione escatologica] nella
configurazione_necessaria, [= paradiso], in quanto solo quest’ultima è il
luogo_naturale_ normale per un essere_necessario [e l’uomo deve portarsi in
essa anche sulla terra, socialmente nel regno_di_Dio_in_terra, progetto a cui
adempie nel bene e nel male, e anche nel male, nel bene].
posizione di domanda: se l’uomo è
necessario e insieme contingente, perché dovrebbe vivere in un ambiente solo
necessario [= paradiso] per l’eternità ? perché non dovrebbe vivere per
l’eternità nella configurazione_mista_terrena ? possibile riposta: la
verità_del_desiderio fa capire che l’uomo non vuole i propri aspetti
contingenti [esempio edonistico: è meglio infatti godere sempre, che solo qualche
volta], per cui questi ultimi sono non contingenti per struttura, ma anche
tempo, ovvero destinati ad essere separati dall’uomo, il quale è destinato ad
una configurazione solo necessaria.
a questo punto la dimostrazione
deve spiegare perché a determinare il passaggio tra le due configurazioni
terrena e celeste sia Dio e non il destino [Severino]. Non si conosce cosa dice
Severno a questo proposito [probabilmente nel suo libro “La gloria”]. Dalla
conoscenza attuale della sua filosofia da parte del soggetto_espositore, questo
può fare due ipotesi:
1.] Severino concepisce l’eterno
ritorno, e allora la configurazione è sempre mista, e quindi è confutata dalla
verità del desiderio;
2.] oppure egli concepisce il
passaggio [attenzione:non diveniente], senz’altro nel momento della morte, dalla
configurazione mista terrena al cielo, concepito come un paradiso senza Dio,
ovvero come la Gioia e la Gloria garantite a tutto gli uomini e definite come
luogo dell’apparire infinito del tutto o intero: questa è la tesi forte che la
dimostrazione deve confutare.
Purtroppo il soggetto_espositore
non sa se Severino ha già confutato la seguente ipotesi:
ipotesi di confutazione di
Severino associata alla dimostrazione: nulla garantisce all’uomo che, se Dio
non esiste, ciò che aspetta l’uomo dopo la morte sua il prevalere della
configurazione sì eterna, ma associata a un dolore eterno, sperimentato in
forma provvisioria nella configurazione_terrena [inferno].
solo Dio garantirebbe
[metaforicamente] il piacere eterno [gioia e gloria], solo per le anime che in
terra si sono “necessitate” attraverso l’etica, la quale etica è forma di
esercizione della volontà secondo l’ordine, cioè secondo la
configurazione_paradisica, che non esclude il piacere, ma che, prevedendo la
perfetta subordinazione a Dio, deve essere anticipata nella forma
dell’obbedienza [sempre alienante].
VENTITREESIMA DIMOSTRAZIONE [DEL RIFLESSO_RECIPROCO, FENOMENOLOIGA
QUINTA, MASSIMA FENOMENOLOGICA]
Essa recita: "Dio esiste, perché il concetto di esistenza_di_Dio è
originario/l’esistenza di Dio non è solo una possibilità da dimostrare, ma è
forse un’intuizione pura, cioè l’intuizione [o visione_intellettuale] di una
realtà effettiva, pensata nella sintesi concettuale dell’esistenza_di_Dio
”.
Questa dimostrazione richiama le
dimostrazioni 14, 15 [la prima delle due osservazioni critiche] e 18.
L’uomo formula il concetto di
esistenza_di_Dio [costrutto terminale]. L’uomo formula cartesianamente anche il
concetto di esistenza_dell’uomo [propria esistenza]. La dimostrazione dice
questo:
1.] tutte le dimostrazioni
cercano di dimostrare la fusione [protologia: differenza tra i concetti di
identità_fusionale e identità_ differenziale: nella prima avviene la fusione
indifferenziale tra i termini dell’identità; nella seconda, i due termini
permangono distinti, e l’identità si costituisce come un “ponte” tra di essi -
a sua volta esistenzializzato in essente] tra esistenza e Dio nel concetto di
esistenza_di_Dio: cercano di unire Dio all'esistenza;
2.] ma il concetto di
esistenza_dell’uomo non ha bisogno di tale unione [di cui Cartesio ha invece
dubitato]: l’intuizione della propria esistenza è intuizione di un concetto che
fonde esistenza e uomo: l’uomo, che esiste, “sa” di esistere;
3.] la dimostrazione ritiene che
l’intuzione del concetto di esistenza_di_Dio sia il riflesso proiettivo
dell’esistenza_dell’uomo [tale proiezione è differente dalla proiezione
della
dimostrazione 21: in quest’ultima si proietta in cielo l’idea di Dio
(l’esistenza della proiezione di Dio dimostra l’esistenza di Dio); ora,
invece, è
l’idea dell’esistenza di uomo che si proietta sull’idea dell’esistenza
di Dio].
come dimostrarlo ? come dimostrare che l’uomo intuisce non l’unione
possibile
tra esistenza e Dio, ma la loro fusione effettuale/effettiva ?
lo dimostra, a priori,
l’esistenza di tale intuzione, che è una e unitaria: essa non è una triplice intuizione, ovvero:
1.] intuizione, prima,
dell’esisenza;
2.] intuizione, prima, di Dio
senza esistenza [ad esempio: un concetto fantastico di Dio];
3.] intuizione, dopo, dell’unione
tra le due intuizioni: intuizione dell’esistenza_di_Dio.
si constata invece che
quest’ultima intuzione è unica e unitaria: l’intuzione
dell’esistenza_di_Dio è unica e im_mediata. La presente dimostrazione è
detta del riflesso_reciproco, perché anzi si ritiene che proprio
l’esistenza_di_Dio, intesa come fusione, stia a fondamento
dell’esistenza_dell’uomo e della sua/propria possibiltà conoscitiva [dimostrazioni 6 e
16].
L’obiezione, secondo cui anche
l’intuizione dell’esistenza_del_“cavallo_con_le_ali” è unica e unitaria [la
fanasia] è confutata dalla considerazione che lo sfondo_concettuale in cui essa
è data/proiettata è tale, per cui questa esistenza non viene proiettata in un cielo_effettivo,
ma nelle favole, cioè in un cielo_voluto_come_fantastico
[settima_dimostrazione: concetto di intenzionalità:
1.] intenzionalità veritativa:
filosofia, teologia e scienza;
2.] intenzionalità fantasiosa: favola].
DIMOSTRAZIONE_24 [KANTIANA o LUDICA_SECONDA, perchè espressa in forma di "gioco mentale"]
1.] se una realtà è possibile
2.] se essa è razionale
3.] se essa è definita come necessaria
4.] allora essa deve venire all'esistenza.
Questa
dimostrazione proviene dalla
lettura della dimostrazione kantiana “Unico argomento possibile per una
dimostrazione dell’esistenza di Dio”, tratta da Abbagnano e Fornero, ma soprattutto
all’esposizione della storia della filosofia per i licei di Reale e Antiseri. essa
presuppone fin dall’inizio la confutazione di Severino [che non è ancora stata
data], perché Severino dimostra l’im_possibilità dell’esistenza di Dio [avente
i caratteri del Dio_cristiano]. Ma la confutazione di Severino è in realtà
la condizione di validità di tutte le dimostrazioni_epistemiche. Esse sono già valide,
perché di tale confutazione è stato dato almeno un suggerimento.
La
dimostrazione recita: “la possibilità
dell’esistenza di Dio già racchiude la sua necessità” [ecco dunque che è
necessario togliere l’im_possibilità severiniana]. La dimostrazione si presenta
come un “gioco mentale”, e proprio per questo essa è forse in difetto. E’ classificata come
epistemica perché il suo argomento appare “forte/persuasivo. La si espone per
punti in sequenza:
1.]
l’esistenza di Dio è possibile [… a meno di Severino] [concetto comune di
“possibilità”];
2.]
è possibile perché non sarebbe in contraddizione con l’esistenza [… a meno di
Severino] [si richiede tolleranza/la filosofia di Severino è verso la sua
confutazione];
3.]
la favola non è possibile, perché sarebbe in contraddizione con l’esistenza/realtà;
4.]
se qualcosa è possibile, lo è perché non è in contraddizione con l’esistenza
ma, in quanto è possibile, non è per questo necessariamente necessario/esistente [ad
esempio: è possibile che mi alzi dal letto al mattino alle ore 07:00, ma non è necessario,
posso alzarmi anche alle ore 07:05];
5.]
il possibile viene all’esistenza unicamente [principio condizionante la validità della dimostrazione ...] ...:
a.] o perché determinato nel
tempo dalla necessità [ad esempio: il fenomeno_fisico e la legge_fisica: questa
determina quello];
b.] o perché determinato dalla volontà dell’uomo [e di
Dio, se esistente];
6.]
ma l’esistenza di Dio, che si è detto essere possibile, non può essere
vera/venire alla luce: né per legge di natura [Dio non “viene” temporalmente
all’esistenza]; né per volontà_umana;
7.]
se [e soltanto se …: principio condizionante la validità della dimostrazione …]
… non esiste alcun caso, in cui o la legge di natura o la volontà umana possano
determinare l’esistenzializzazione di ciò che è in possibilità di esistere [il
possibile_esistente], allora tale possibile è in realtà im_possibile;
8.]
poiché l’esistenza di Dio è invece possibile [punto 1.]_], e non rientra in
quel caso [punto 7.]_], né rientra nel caso più sopra [punto 6.]_]; allora …
9.]
… l’esistenza di Dio non è solo possibile [e lo è perché “prevista” dalla
necessità/sempre che sia possibile pianificare come “possibile” ciò che in
realtà si dimostra come necessario], ma è invero necessaria.
La critica che si può
portare a tale dimostrazione è che essa "dà il via libera"
all'esistenza non solo di Dio ma di tutto ciò che si definisce come
"necessario" [l'uno, la diade, ecc.], e quindi presuppone che si
definisca ciò che, essendo necessario, prima lo si definirebbe
possibile, e poi lo si definisce come necessario solo perchè non può
esistere nè per legge di natura nè per volontà umana: c'è dunque un
ragionamento tautologico: ciò che è necessario è anche possibile, ma in
quanto è il possibile di un ente_necessario, deve anche esistere. si
può accogliere tale dimostrazione come spunto di riflessione. se invece
ad un attenta analisi essa dovesse risultare "grossolanamente"
inconsistente [ciò che non si riesce a vedere], e non potesse essere
epistemizzata, questa dimostrazione andrà tolta dal canone_epistemico e
la classificazione numerica delle dimostrazioni_epistemiche dovrà
scalare a partire dalla presente dimostrazione numero 24.
nota
la
dimostrazione è stata riletta e appare convincente [anche la critica,
però]: Dio è comunemente inteso come "possibile" [ogni idea necessaria
è tale, perchè posta come non fantasiosa: bisogna definire il
necessario/possibile espansione della dimostrazione_23, che ponga non
solo l'essistenza_di_Dio, ma anche la necessità_di_Dio/la
dimostrazione_23 come ulteriore processore_dimostrativo], ma
non determinato nè per legge fisica nè per volontà umana. e allora deve
esistere [non può esistere una mera "possibiltà" che non venga
necessariamente all'esistenza, se non può venire contingentemente
all'esistenza: la dimostrazione_24 è epistemica].
DIMOSTRAZIONE_25 [PRIMA_ANSELMIANA, ANSELMIANA_MAGGIORE,
perchè strettamente anselmiana, cioè relativa al ragionamento tipico
dell'argomento ontologico]
Essa recita: “Dio esiste perché il suo concetto è necessario e quindi necessitante
la propria esistenza: poiché Dio è essere_necessario, Dio esiste”.
Si constata innanzitutto che
l’argomento anselmiano è palesemente inconsistente.
argomento anselmiano [tratto da Abbagnano e Fornero]
il
concetto di Dio è il concetto di un essere di cui non si può pensare nulla di
maggiore. Ma ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore non può esistere
nel solo nell’intelletto. Se fosse nel solo intelletto, si potrebbe
pensare che esistesse anche in realtà e cioè che fosse maggiore; ma in
tal caso ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore sarebbe anche ciò di
cui si può pensare qualcosa di maggiore. E’ impossibile dunque che ciò di cui
non si può pensare nulla di maggiore esista nel solo intelletto e non nella
realtà.
critica che apre alla presente
epistemizzazione
l’esposizione
è in errore: quando dice “se fosse [Dio] nel solo intelletto, si
potrebbe pensare che esistesse anche in realtà”, commette un errore,
perché, se è nel solo intelletto, proprio in quanto è nel solo intelletto, non
lo si può [Dio] pensare anche in realtà [cioè fuori dell’intelletto].
dimostrazione
Dio viene definito come il
contenuto del pensiero di ciò [= Dio], che non può essere pensato maggiore di
come è pensato. Se per “maggiore” si intende desiderato come esistente [ad
esempio: l’esistenza del dolore, che non è desiderato, è “minore” della sua non
esistenza: per essere “maggiore” della sua in_esistenza, l’esistenza di un ente
deve essere quella di un ente desiderato esistente], allora tale definizione presuppone
l’esistenza di Dio: solo in quanto Dio esiste realmente, il suo pensiero non
può essere superato. Diversamente la dimostrazione anselmiana è
contraddittoria: se Dio non esistesse,
sarebbe pensabile come
“maggiore”, cioè esistente [dice
Sant’Anselmo], ma ciò non è vero, perché non
può
essere pensato esistente nella realtà ciò che si è
appena detto non
esistente [posto come tale per essere superato nel pensiero].
Una sedia [o Dio] non esistente può
essere pensata esistente solo nella possibilità immaginativa e non nella
realtà, perché la si era definita non esistente/ma nella possibilità immaginativa
tale sedia [Dio] non è “maggiore” [desiderata come utile] della sua non
esistenza.
Quindi, l’argomento anselmiano è
inconsistente, perché non può superare ciò, che si è detto in_esistente proprio
per essere superato.
Si tratta ora di potenziarlo e
epistemizzarlo, cioè di trovare il modo di validare questa dimostrazione.
Dio è
ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore solo perché questa definizione
già include l’esistenza di Dio. E’ perché Dio esiste che non può essere pensato
maggiore. Ma questa analisi non è così semplice e manifesta la potenza
dell’intuizione definitoria anselmiana.
Infatti, non esiste modo di
definire il concetto di Dio se non come già esistente. Non si tratta si presupporre
erroneamente l’esistenza di Dio, ma di constatare che il concetto di Dio è
concepibile [e lo è] solo per un ente che non può non esistere, perché il
concetto di Dio è il concetto di un essere che non può che essere solo
necessario, e quindi necessariamente esistente. Da questo punto di vista, la
dimostrazione anselmiana si impernia su di un’intuizione_originaria: Dio esiste
perché non può non esistere: correlazione necessaria tra Dio e l’esistenza in
quanto il concetto di Dio, essendo necessario, è per l’esistenza e soltanto
per essa. Si era detto che l’argomento anselmiano è in difetto perché
presuppone l’esistenza di Dio: lo fa perché intuisce che il puro concetto di
Dio incorpora per definizione l’esistenza della sua realtà: non si può
definire Dio come una mera possibilità, perché l’auto_concetto di Dio non è per
la possibilità, ma per la necessità.
Dio è concepito solo come realmente
esistente in quanto concetto necessario, e la necessità non può non esistere. Si
potrebbe parlare di funzionalità di Dio all’esistenza: questo è il cuore della
definizione di Dio anselmiana [intuizione_pura intellettuale di Dio e della
necessità della sua esistenza]. Bisogna capire perché e come Dio è concepito
come essere_necessario.
Posta l’esistenza, questa è necessaria
[secondo Parmenide: “l’essere_è”].
Dio è il concetto di un essere necessario, e di un essere necessariamente
esistente. Se fosse il concetto di una mera possibilità, non si starebbe
pensando veramente a Dio. Non esiste il pensiero di una possibilità
dell’esistenza di Dio, esiste solo il pensiero della necessità di tale
esistenza, perché l’unico concetto coerente con la definizione di Dio, ovvero
correlato per necessità alla necessità esistenziale dell’esistenza parmenidea,
è il concetto di un Dio_che_esiste e non può non esistere per definizione.
Dio è il concetto di un essere
necessario e di un essere necessariamente esistente. Quindi Dio è e non può non
essere tale per cui …
1.] Dio [necessario] è per
l’esistenza [necessaria];
2.] l’esistenza [necessaria] è per
Dio [necessario].
L’episteme deve includere una
scienza della necessità, che definisca gli auto_concetti necessari [seguono
esempi]:
1.] l’uno forse non è necessario
[ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
2.] l’iperuranio forse non è
necessario [ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
3.] il paradiso forse non è
necessario [ma l’episteme sa dimostrare che è necessario];
4.] l’esistenza_pura è
necessariamente esistente;
5.] l’uomo intuisce che Dio è
necessario per essenza e per definizione, come l’esistenza_pura, e quindi,
posto che l’esistenza_pura è necessaria, anche il concetto di Dio è necessario e quindi Dio è esistente.
Si definisce come necessario tutto
ciò che provoca nell’uomo, essere_necessario [perché intuisce la necessità],
desiderio [ad esempio: il desiderio di Dio] e pulsione. Un tavolo non sarebbe
necessario, ma esiste il desiderio della sua funzione [e si è detto che
l’essenza ipostatica del tavolo è la tecnica]. La televisone è necessaria
[provoca una pulsione/la televisione non è stata “inventata”, è stata
proiettata/innatismo_mentale e innatismo_tecnologico, di cui il primo ha gli
schemi]. Poiché l’uomo ha bisogono di Dio, Dio è una funzione_necessaria
dell’uomo_essere_necessario: per il fatto di essere desiderato, Dio è un
concetto_necessario.
DIMOSTRAZIONE_26 [SECONDA_ANSELMIANA: MISTICA_SECONDA: la creatura tocca il Creatore]
Essa recita: “l’uomo, che pensa l’esistenza di Dio, in quanto pensa Dio e la sua
esistenza, è a contatto diretto con Dio, quindi Dio esiste”.
L’uomo, pensando Dio, pensa un
essere diverso da sé, lo concepisce come assoluto, infinito, eterno, personale,
vivente. L’uomo, che pensa, si identifica con quello che pensa [Parmenide: “pensare = essere”]. Su tale
considerazione si fonda la dim_6, che dissocia Dio dall’uomo facendo leva sul
carattere auto_differenziale dell’identità, mediato dal pensiero dell’essere e
dalla sua infinità. ora, invece, più direttamente: l’uomo, che pensa Dio, si
identifica con l’idea di un’alterità [che poi il desiderio riconosce come
Alterità]. Ma [e questa è la dimostrazione] l’alterità non è solo idea, bensì è
anche realtà, perché l’idea appartiene al soggetto [l’uomo che pensa l’idea di
Dio], ma l’alterità esteriorizza l’idea dal soggetto, “cavando” Dio fuori
dall’uomo [e quindi il pensiero dell’alterità, di ogni alterità, è possibile
solo se l’io è doppio: due nature dell’uomo, e anche una sola s_doppiata].
La struttura dell’alterità è di
essere altra da se stessa. Quindi questa idea si scinde in realtà, ovvero in
idea altra dall’idea e dall’uomo che la concepisce: ma un’idea de_soggettivizzata
è realtà, altra perché esterna all’uomo. In quanto è sempre pensata, è interna
all’uomo, ma è diversa dall’uomo [identificatosi all’idea di Dio pensata],
perché “altra”, e quindi è anche esterna all’uomo [si intende dire,
severinianamente, ma contro Severino, che l’uomo effettivamente “salta al di
fuori della propria ombra”, e può farlo (ma questi sono gli schemi più antichi
e più evoluti della ricerca_epistemica), perché si identifica alla
doppia_esistenza, la quale è interna ed esterna a se stessa: è l’auto_esistenza
che porta l’uomo fuori da sé e lo fa uscire e lo fa uscire dal solipsismo
gnoseologico: naturalmente, tutto ciò va applicato a Dio, interno ed esterno a
se stesso, e poi trasferito sull’uomo: principio di analogia e rivoluzione_epistemica/vedere
schemi nell’archivio della memoria dei dati].
Se Dio è concepito come altro
dall’uomo e esterno a lui, l’idea di Dio deve essere altra e esterna dall’uomo,
cioè realtà, e poichè è pensata infinita, eterna e assoluta, quella realtà di
nome “Dio” deve essere tale [Dio], perché nel pensiero che attribuisce a Dio i
suoi caratteri, l’uomo vi si identifica [a livello di idea], e quell’alterità
li oggettivizza/oggettualizza, trasferendoli nell’idea/realtà.
A questo punto non c’è alcuna
differenza tra l’idea di Dio e la realtà di Dio: ente pensato come diverso
dall’uomo, altro dall’uomo, esterno all’uomo [perché così pensato, e pensare
significa essere, cioè l’uomo si identifica a quella alterità, propria
auto_esteriorità, a livello di idea, ma un’idea “altra”, perché realtiva a un
altro, è realtà.
Ci si è chiesti se il desiderio
di Dio sia la condizione per trasformare una mera possibiltà di alterità
esistente a una sua effettualità. In realtà, ciò non serve: l’alterità è
alterità, assoluta alterità, assoluta esistenza anche come assolutamente
indipendente da colui che la pensa, perché così pensata. La mera possibiltà
dell’altro è la sua assoluta attualità, e poiché questo altro è desiderato e
pensato come l’Altro, questa attualità è realtiva a Dio.
Quando penso all’idealità
dell’uomo, quest’uomo, concepito come altro, può non esistere. Ma l’uomo,
quando pensa a Dio non pensa all’idealità di Dio, ma al Dio_esistente, che
esiste perché pensato.
La dimostrazione è definita
“mistica”, perché l’uomo che pensa Dio lo può pensare perché, a livello
esistenziale puro, lo sta “toccando”, lo tocca col pensiero, nell’inconscio,
richiamato dal conscio consapevole. L’uomo, aperto alla possibilità di Dio, è
in continuo e diretto contatto con Dio, inconsciamente.
DIMOSTRAZIONE_27 [TERZA_ANSELMIANA, RAZIONALE: associata alla dim_3]
1.] la realtà dell’esistenza è
perfetta, perché deriva dalla necessità;
2.] il pensiero_umano [nel quale
le dimostrazioni sono pensate] …/il pensiero_umano della necessità
dell’esistenza dimostra la necessità dell’esistenza del pensiero [dim_1] [si
rileva che questa considerazione rafforza la dim_1] e di un pensiero necessario
[dim_1] [poichè (in parte) pensare = essere, pensare la necessità = essere la
necessità = il pensiero che pensa la necessità è necessario];
nota
l’uomo è necessario. La creazione
è libera, e quindi l’uomo può essere condannato: l’esistenza è necessaria, la
salvezza è eventuale [eticamente subordinata/la correlazione tra salvezza ed
etica non è un arbitrio di Dio: Dio salva e condanna perché deve rimanere
invariante rispetto alla propria natura].
3.] la realtà perfetta [1.]]
pensata dal pensiero [2.]] deve quindi porre un pensiero perfetto [dim_1], e
quindi una vita perfetta: Dio, perché la vita_perfetta è la sede del
pensiero_perfetto.
nota
la dim_1 trae la dimostrazione
dell’esistenza di Dio dalla considerazione che deve esistere un pensiero che
sia perfetto per corrispondere alla sua funzione di pensare davvero [per
soddifare il principio_antropico/è evidente che tutte le dimostrazioni sono
vere se sono veri i loro presupposti, e questi sono tutto l’episteme, come si è
detto].
nella presente dim_27, invece, è
la realtà che pone perfetto il pensiero, perché la realtà è perfetta e quindi
perfetta è ogni sua componente/definita ipostasi, se metafisica [l’uomo è
ipostasi metafisica, ad esempio nell’anima/concetto a_religioso]. l’uomo, che
pensa la necessità, è una realtà metafisica, ma non è lui questo “Dio”, perché
l’uomo è anche imperfetto [dim_8].
DIMOSTRAZIONE_28 [APOCATASTICA]
posta la
dimostrazione_27, si constata che l’uomo [che va collocato al posto di Dio
nella mappa metafisica] vive e pensa in una configurazione_non_normale:
1.] nel conscio l’uomo non
dovrebbe vedere il cosmo_apparente, ma se stesso [ed essere in continua
estasi/tale è la configuarzione paradisiaca_standard_normale/(nota
auto_biografica ...) ... il soggetto_espositore ricorda ora il
significato della camera_bianco _virtuale, rappresentata nel modelli:
essa descrive lo standard della rappresentazione_divina/la fase dello
specchio è in_adeguata nell'al di qua, ma è adeguata nell'al di là: il
primo prepara il secondo/teodicea: nella storia, culminante nella
secolarizzazione, definita neo_paganesimo (Vigna), dove Cristo viene
sperimentato dall'ateo come Grande_Fratello, l'umanità sta vivendo la
fase dello specchio, tappa eticamente lecita, necessaria e positiva
della storia della salvezza];
2.] il pensiero e la vita
dell’uomo dovrebbero essere perfette e metafisiche.
conseguentemente, rispetto alla
necessità, la configurazione_attuale_dell’apparire non potrebbe “stare”, non
potrebbe essere stabile, verrebbe o caotizzata, o riassorbita nel nulla, oppure
verrebbe infernalizzata. tutto ciò non presuppone già l’esistenza di Dio, ma
presuppone l’episteme con l’uomo al “posto di Dio” o, meglio, con l’uomo già
nel suo sito_paradisiaco come anima_paradisiaca.
ma il cosmo [si constata] è
attualmente fondamentalmente stabile [in senso metafisico]. Ciò potrebbe essere
dovuto [come per la dim_4]:
1.] o alla necessità;
2.] o al caos;
3.] o ad una volontà di un
soggetto proporzionale alle dimensioni del cosmo_apparente [Dio].
segue analisi delle ipotesi:
1.] la necessità non può
teleologicamente stabilizzare una realtà provvisoria;
2.] il caos non conserva le forme
e la loro [sia pure provvisoria] stabilità;
3.] rimane solo l’ipotesi di Dio:
il cosmo_attuale non è soggetto a deflagrazione/implosione, perché Dio lo sta
reggendo [lo sforzo di Dio, etico, è enorme: non per il Creato, che “pesa” poco;
ma per mantenere dilatate le strutture della necessità, che lo racchiudono:
esse sono per Dio schiaccianti/ogni peccato dell’uomo appesantisce la
condizione di Dio/condizione del Cristo_Atlante].
segue la differenza tra questa dimostrazione e la dim_4:
1.] nella dim_4 la configurazione_mista manifesta di essere stata creata da Dio;
2.] nella presente dimostrazione, Dio è condizione per la “stabilità” della
configurazione_mista.
DIMOSTRAZIONE_29 [MESSORIANA_PRIMA: Dio è la verità]
Essa recita: “poiché la verità esiste, Dio esiste, perché Dio è la Verità”.
Questa è forse la dimostrazione più perfetta che sia stata prodotta finora.
La dimostrazione è emersa da una
riflessione sulle parole dello scrittore dr. Vittorio Messori scritte su di un
articolo del Corriere della Sera [riferimento crono_storico: 22 ottobre 2006]: “… una Chiesa che sembra divenuta il
maggior baluardo della ragione”. Si è constatato, in base a tale proposizione,
che manca ancora una dimostrazione epistemica dell’esistenza di Dio che sia incentrata
semplicemente sul concetto di “Verità” [= Logos = Episteme], ovvero sul
concetto di “Episteme”, inteso [metaforicamente] come “la scatola che contiene
il tutto in forma di conoscenza soggettiva”. La dimostrazione si collega alla
dim_6 e alla dim_1, dimostrando il suo argomento in modo più diretto di queste.
La differenza si constata dalla forma del ragionamento:
esposizione sintetica
nella necessità esistono
necessariamente un oggetto e un soggetto: l'oggetto è immenso, quindi il soggetto è immenso [Dio].
esposizione analitica
1.] nella necessità esistono
necessariamente un oggetto e un soggetto;
2.] l’esistenza dell’oggetto è
necessaria in senso parmenideo: “l’essere_è”
[primo principio parmenideo: realistico]/qualcosa deve necessariamente
esserci, e questo qualcosa è l’esistenza stessa [di cui l’episteme analizza la
struttura];
3.] l’esistenza del soggetto è
necessaria perchè dimostrata dalla necessità dell’uomo: poiché l’uomo pensa la
necessità, l’uomo [e quindi un soggetto] è necessariamente esistente [“pensare
è essere” ("in parte", corregge/aggiunge l’episteme): secondo principio
parmenideo: idealistico] [è fatta salva la libertà della creazione_divina: necessaria è
l’esistenza della creatura, solo eventuale (ma pre_destinata) è la sua
salvezza, condizionata dall’etica];
4.] la verità è la condizione
della conoscenza, per cui la conoscenza dell’oggetto è per il soggetto e dentro di esso;
5.] l’oggetto è il tutto [dim_6];
6.] quindi questo soggetto (posto
che un soggetto deve esserci), non è solo l’uomo ma, dovendosi identificare all’oggetto,
ne assume le dimensioni [dim_1], e quindi è Dio;
7.] l’uomo è la sede della
verità, Dio è la sede della Verità [= Verbo].
DIMOSTRAZIONE_30 [CARTESIANA_SECONDA]
Essa recita: “Dio esiste come unica possibile causa [dell’im_perfezione] dell’uomo”.
ci si era dovuti staccare dalla
seconda dimostrazione cartesiana [formulando la dimostrazione_apocatastica],
perché essa non è appropriata ed è palesemente contraddittoria:
1.] se l’uomo non è la causa di se stesso, non per questo lo è Dio [lo è
senz'altro, ma ciò va dimostrato]: causa dell’uomo potrebbe essere la
natura/sia nell’uomo che in Dio, causa del corpo è la natura [evoluzione/a_temporale/principio_sincro_causale];
2.] Dio non è la causa di se
stesso/così l’uomo non è la causa di se stesso;
3.] l’auto_determinazione è un
concetto contraddittorio: come può un uomo determinare se stesso, se prima di
determinarsi quest’uomo non c’è, appunto perché deve determinarsi ? [e, non
essendoci, non può determinarsi] [solo il principio_esistenziale_puro si
auto_determina in modo non contraddittorio, perché nell’auto_esistenza,
l’esistenza_fondante/…_fondativa è la stessa esistenza_fondata, identica alla
prima in modo interscambiabile e differenziale/anche fusionale].
la ricerca_epistemica ha poi capito che l’epistemizzazione di una dimostrazione
pre_epistemica deve riprodurne l’argomento di fondo [e questo è il problema
dell’attuale epistemizzazione delle dimostrazioni tomistiche, che si sta
“troppo staccando” da esse]. Segue l’epistemizzazione della seconda
dimostrazione cartesiana [tratta da Abbagnano e Fornero, storia della filosofia
per i licei].
dimostrazione
Il corpo umano deriva:
1.] o dal Caos;
2.] o dalla Natura;
3.] o da Dio.
si analizza ogni caso:
1.] il corpo umano non può essere
derivato dal Caos, perché la forma_ipostatica dell’uomo [ordine] non può
derivare dal Caos [disordine] [dim_4];
2.] il corpo_umano non può essere
derivato dalla natura, nella quale l’ipostasi [= struttura della realtà]
dell’evoluzione è finalisticamente orientata [“finalisticamente” in senso
aristotelico, come ha detto il Prof. Enrico Berti a proposito dell’evoluzione]
alla determinazione del corpo, e quindi lo determinerebbe in modo perfetto
[condizione di standard_normalità dell’evoluzione (o suo auto_concetto): (se
creata) l’evoluzione (come quella in_creata) è necessaria e perfetta] [ordine:
dim_4] [questa è l’istanza della dimostrazione cartesiana: ciò che determina
l’uomo];
3.] rimane solo l’ipotesi di Dio,
che [paradossalmente] unicamente può aver creato l’uomo in modo “im_perfetto”.
Lo ha dovuto fare perché Dio crea in modo perfetto [l’Eden è morfo_perfetto/è
la riproduzione totale e perfetta della realtà_in_creata], ma proprio questa
perfezione racchiude/nasconde il male: “identità” [uomo a immagine di Dio]
significa “sostituzione e sovrapposizione” [pulsione alla
permutazione_totemica] [matrice originaria del male]. quindi Dio morfo_spezza/…_scinde
il Creato, per fare emergere alla luce la contraddizione del male, associata
all’identità [severinianamente: l’errore] [essenza del Big Bang].
Il male deriva dell’influenza del
caos sul Creato: non a livello di forma, ma di relazione logica di sostanza e
di identità [“Ti sono simile, sono al
tuo posto, io sono Te”: questo “io” è la voce inconscia dell’anti_Dio
(ombra/impronta della riproduzione di Dio nel Creato) che risuona nell’uomo:
l’anti-Io/la mescolanza al Caos, cui è soggetto l’uomo, tratto dal Caos].
nota
questa dimostrazione è una
riformulazione della dim_4 con ulteriori ipotesi. mentre la dim_4 dimostra
l’esistenza di Dio come causa di una configurazione_cosmica di tipo non_normale
[perché “mista”], questa dimostrazione trae l’esistenza di Dio dall’analisi
delle possibili cause dell’esistenza del corpo umano/associata alla dim_4, la
presente dim_30 ne è la riproduzione/approfondimento analitico/la si distingue
dalla dim_4, perché questa sua riformulazione ne mette in evidenza la natura cartesiana,
indagando le cause della morfo_imperfezione dell’uomo, dovute non al fatto che
la volontà di Dio ha natura mista, ma al fatto che questa volontà ha spezzato
volontariamente il Creato:
1.] nella dim_4 la natura mista
del Creato [ordine e disordine] deriva ontologicamente dalla natura
mista della volontà di Dio [finalizzata/razionale (ordine) ma libera
(disordine)_];
2.] nella presente dim_30 si fa
riferimento alla imperfezione del Creato [riferita all’uomo], come derivante teleologicamente
dalla volontà di Dio, che volontariamente lo rende morfo_imperfetto [spezzando
il Creato: Big Bang].
DIMOSTRAZIONE_31 [CARTESIANA_TERZA, MASSIMA_CARTESIANA:
per la giunzione tra oggetto e soggetto, epistemicamente
presupposta, l'in_esistenza di Dio dovrebbe bloccare la proiezione
dell'idea di Dio nella realtà]
La terza dimostrazione cartesiana
è simile all’epistemizzazione della prima dimostrazione anselmiana,
in cui però il concetto cartesiano di perfezione è stato sostituito con il concetto
di necessità, ciò che è più corretto, perché la necessità deve esistere, e la
perfezione , che deriva dalla necessità [è un suo attributo], potrebbe
invece non esistere: ad esempio, la creatura è necessaria, ma [attualmente] non
è perfetta
apertura di macro_parentesi [né si può dire che Dio potrebbe
annullarla:
1.] attualmente l’uomo potrebbe
[teoricamente, ma neppure …] essere annullato [e infatti percepisce il nulla],
ma la volontà di Dio non esclude necessariamente [in questo non è libera: Dio è
libero di creare, ma non è libero di non salvare, perché se creasse senza
salvare, creerebbe senza senso: teleologia_ secondaria_necessitata];
2.] in paradiso invece Dio non
può annullare l’uomo neppure se lo volesse (perché si ha tra l’uomo e il
principio un’identità anche fusionale: l’uomo “diventa” l’esistenza_eterna)_] [chiusa macro_parentesi].
quindi:
1.] non tutto ciò che esiste è
perfetto;
2.] tutto ciò che è necessario,
invece [e che può essere imperfetto], deve esistere.
Questa dimostrazione cartesiana
può essere distinta dalla prima dimostrazione anselmiana [maggiore] anche
perché si aggiunge nella sua epistemizzazione un ulteriore elemento
rafforzativo. Abbagnano e Fornero criticano la terza dimostrazione cartesiana,
perché essa riprende l’argomento anselmiano: “l’argomento ontologico non sembra possedere un carattere di verità
incontrovertibile”.
segue quindi l’epistemizzazione,
che cerca di renderlo tale, per assurdo:
1.] o Dio non esiste o Dio
esiste;
2.] supponiamo che Dio non
esista;
3.] se Dio non esiste, Dio è
im_possibile, e quindi l’esistenza di Dio non può essere neppure possibile [non
può darsi la possibilità di un’im_possibilità];
4.] ma l’esistenza di Dio è
concepita come possibile, e allora Dio non può “non_esistere”;
5.] poiché si è detto che Dio o
non esiste o esiste, poiché non può non esistere, allora Dio esiste.
critica
L’impossibilità di Dio [1.]] è
supposta reale, invece la sua possibilità [4.]] è supposta solo nell’immaginazione:
anche se Dio nella realtà non esiste e quindi è im_possibile, ciò non toglie
che nel pensiero la sua esistenza non possa essere positivamente concepita.
l’argomento, che si è formulato, presuppone
che la possibilità mentale “legga” e rimanga legata alla possibiltà reale [ciò
che si è detto anche per altre dimostrazioni]. un principio questo che la
critica della storia della filosofia nega, ma essa non tiene conto del fatto
che l’oggetto e il soggetto, la realtà e il suo pensiero, non sono forse
s_legati, ma possono essere intimamente legati, non per l’uomo, ma per la
configurazione “normale” della vita.
il punto focale della
dimostrazione è questo:
1.] “… non può essere neppure possibile”
[punto 3.] precedente];
2.] “… concepita come possibile”
[punto 4.] precedente].
esso è centrale: l’uomo che pensa
la possibiltà di Dio lo proietta nel reale e “sente” [non misticamente, ma
scientificamente/analisi del desiderio e della configurazione metafisca della
realtà, intuita dal pensiero dell’anima], che tale proiezione è possibile. Lo “sente”
perché non esiste una disgiunzione funzionale tra oggetto/realtà e
soggetto/pensiero, ma invece una loro necessaria e necessitante giunzione. giunzione
tra oggetto e soggetto, reciproca funzionalità e perfetta pensiero del primo da
parte del secondo.
La dimostrazione è valida, perché
l’im_possibilità reale di Dio dovrebbe geneticamente bloccare la proiezione
dell’idea di Dio nel reale, e costrittivamente riservarla nel mondo dell’immaginazione
fantastica.
La dimostrazione è per tutte
queste considerazioni suscettibile di implicazioni in ordine alla gnoseologia e
all’episteme [struttura della realtà].
posizione di domanda: come deve essere intesa questa giunzione ? la
giunzione tra oggetto e soggetto è il rapporto tra principio e Dio [in
cui il principio determina Dio], rapporto che si riproduce per l'uomo
sotto date condizioni. queste condizioni non escludono il fatto il
pensiero dell'uomo rifletta perfettamente la realtà, per cui la
proiezione di Dio nella realtà altro non è che la proiezione della
giunzione dell'idea di Dio, contenuta nella mente umana, con la realtà
dell'essere di Dio. ciò spiega le dimostrazioni fenomenologiche di Dio,
incentrate su di un'intuizione_epistemica che non è di tipo mistico, ma
è un "sentire" Dio, che nel pensiero si sostituisce alla sua visione
empirica.
considerazione_alpha
la ricerca epistemica non ha introdotto nel concetto di giunzione un
concetto "nuovo". si deve fare un'importante precisazione. comunemente
la gnoselogia_classica considera il rapporto tra oggetto e soggetto
così: "io mi trovo davanti al
monitor del mio computer, io esisto, il monitor esiste, e la conoscenza
è il mio rapporto con il monitor: lo vedo, ce l'ho davanti". la
gnoselogia_epistemica aggiunge: l'uomo e il monitor esistono perchè
poggiano su di una base metafisica, ovvero su di una base esistenziale,
che si colloca sul segmento dello sviluppo del principio [descritto
nella mappa dell'essere], per cui le dimensioni non apparenti dell'uomo
e del monitor [come ha intuito Severino, quando parla dell'uomo come
della "rete estesa come il mare": l'uomo è la rete, Dio è la
Rete (= Epi_steme)_] sono infinite, ed è al livello della
base_metafisica che si gioca il rapporto autentico conoscitivo tra
oggetto
[monitor] e soggetto [uomo], rapporto di identità_giunzionale che viene
"perturbato" dalla
percezione apparente, dove tale perturbazione avviene nella giunzione
(forse spezzandola) ovvero nel punto di identità/identific_azione tra
oggetto e soggetto (panteizzazione_gnoseologica).
conseguentemente, io non vedo Dio, ma sono ad esso congiunto, e la
parola "Dio" attiva l'"idea" di Dio che perturba il mio punto di
congiunzione con Dio (l'"oggetto" delle dimostrazioni).
la congiuzione si lega a quanto è stato detto [dim_3]: la
realtà_oggetto si riproduce, duplicata e sintetizzata
[sintesi_puntiforme], nella vita_pensiero_soggetto (Dio), tanto per Dio
quanto per l'uomo [che è reale micro_cosmo, non in senso metaforico].
ma la
giunzione per l'uomo è sospesa e spezzata [perchè esterno
al paradiso] [e la sua base_metafisica sta nella sostenza agente della
volontà di Dio (e della fonte): per questo l'uomo si sente
contingentemente esposto al nulla], per cui le dimostrazioni sono
pensieri compensativi della
percezione diretta di Dio [che non appare], finalizzati a surrogare
l'effetto del mancato apparire di Dio nella giunzione_esistenziale,
percezione che dovrebbe avvenire non a livello di segmento [che
riguarda il pensiero/essere], ma di apparire_perturbante [livello che
dovrebbe perturbare il segmento_esistenziale].
considerazione_beta:
1.] supponiamo che Dio non esista;
2.] il pensiero può pensare o la fantasia di Dio o la possibilità
dell’esistenza di Dio;
3.] ma se Dio non esiste, questa possibilità è essa stessa una fantasia;
4.] è allora una possibilità/fantasia creduta come possibilmente vera;
5.] ciò che [si è detto/supposto] non esiste, è pensato comepossibilmente
esistente;
6.] perché è così posto ? perché così è desiderato [solo il desiderio,
anche a_emotivo, produce sempre il pensiero, essendo il pensiero mosso da un
moto di pensiero, anche solo il desiderio di curiosità, e questo avviene per
ricerca di piacere e per paura del dolore, mai senza una motivazione “sensata”:
la posizione del pensiero di quella possibiltà è almeno sensata];
7.] ora, è la realtà che [come si riproduce nelle idee e nel linguaggio: rispettivamente,
dim_2 e dim_42] producendo l’uomo, ne determina il desiderio [come categoria] e
quindi il senso e la sua ricerca [che può essere liberamente rifiutata, ma mai
liberamente determinata come categoria];
8.] è quindi impossibile che Dio non esista, perché, se Dio non esistesse,
la realtà, che saprebbe della non esistenza di Dio [perché la realtà
registrerebbe, nelle proprie strutture, il “buco de_nuclearizzato dell’essere”
dell’in_esistenza/assenza di Dio], non produrrebbe mai nell’uomo la categoria
del desiderio di Dio, espressa come posizione della possibiltà della sua
esistenza …
9.] … e della sua ricerca.
DIMOSTRAZIONE_32: DEL SENSO [viene qui posto il principio di accordo
tra senso e vero, condizione per le successive dimostrazioni]
mentre la dim_19 crea il senso
della realtà, im_ponendo ad essa l’esistenza di Dio [perché corrisponde al
senso originario della verità dell’uomo, conoscibile in parte nel suo
desiderio], la dim_32 si ferma a quest’ultimo: senza creare Dio, si constata
che Dio corrisponde al senso pieno della realtà, la quale ha appunto già
un suo senso intrinseco [ad esempio: l’amore tra l’uomo e la donna, che senza
Dio non può assolutizzarsi, eternizzarsi (a meno di Severino) e soprattutto
completarsi con Dio stesso (ciò che Severino non ammette, scartando una
componente originaria e inconscia del desiderio umano)_]. in base al principio
dell’accordo tra senso e vero [dim_32], poiché Dio corrisponde al senso
originario della realtà [inaccessibile, ma che potrebbe essere dato/riconosciuto,
in via di conoscenza accettabile/accessibile, dall’amore dell’uomo per se
stesso e per la donna], Dio è vero e quindi esiste.
si deve dimostrare che “ciò che ha senso è vero” [principio
dell’accordo tra vero e senso]:
1.] tra ciò che ha senso e ciò
che è vero, se il vero nega il senso, l’uomo sceglierebbe il senso [tendendo a
scartare il vero, se il vero distrugge il senso];
2.] ciò non è vero, ma proprio
per questo quel “vero” [l’in_esistenza di Dio], poichè non si ha la certezza
che sia il “vero” veramente, può essere scartato;
3.] … ma l’uomo vuole [oltre al
senso] anche ciò che è vero …;
4.] … di conseguenza ciò che è
vero deve [eticamente] accordarsi con ciò che ha senso, almeno nel bisogno dell’uomo;
5.] ciò non dimostra che il vero
è ciò che ha senso …
6.] … ma in assenza di tale
dimostrazione [il vero conferma dil senso] e della dimostrazione contraria [il
vero distrugge il senso], poiché l’uomo vuole sia il senso che il vero, il loro
accordo è l’unica ipotesi data e accoglibile. manca la dimostrazione che il
senso è il vero, ma poiché manca anche la dimostrazione contraria, senz’altro
il loro accordo è la posizione migliore;
7.] la dimostrazione è quindi
solo probabilitica: l’accordo tra il senso e il vero è dato dal principio della
verità del desiderio, in cui il desiderio [il senso] guida alla verità [vero],
la formula, la detta e la impone, perché la “sente” vera per la congiunzione
tra oggetto e soggetto [dim_31].
Il principio dell’accordo tra
vero e senso è un aspetto del principio della verità del desiderio.
La presente dimostrazione [ogni discorso
culturale che sia veramente “ricco” perchè dotato di senso e di “pienezza di
senso”] è quindi anche a carattere persuasivo.
DIMOSTRAZIONE_33 [CULTURALE]
in base al principio dell’accordo
tra senso e vero [dim_32],
questa dimostrazione, di tipo
probabilistico [“è più probabile che Dio
esista piuttosto che non esista, se …”], si fonda sul presupposto che
l’idea di Dio arricchisce culturalmente un discorso, piuttosto che se Dio non
esistesse [anche solo perché l’idea di Dio duplica di colpo il reale, ma ciò
non è aristotelicamente “inutile” tenuto conto che l’al_di_là non è semplicemente
un doppione dell’al_di_qua ma, a differenza di questo, è realtà perfetta, ed è
ipotesi di perfezionamento assoluto dell’al_di_qua], oppure fosse una fantasia.
tale maggiore “ricchezza” di un
discorso culturale, che presupponga l’esistenza di Dio, manifesta un maggiore
senso del discorso stesso, descrivente il senso della realtà, e “ciò che ha senso è vero”, per cui Dio,
che dà senso alla realtà e al discorso, esiste.
DIMOSTRAZIONE_34 [APOLOGETICA_RETORICA]
in base al principio dell’accordo
tra senso e vero [dim_32], tutti gli argomenti che parlano in difesa
[apologetica]/favore dell’idea di Dio, argomenti a carattere letterario,
retorico e oratorio, sono valide dimostrazioni dell’esistenza di Dio. un
esempio sono le prediche o omelie della messa: sono discorsi [spesso
moraleggianti] dotati di senso. e il senso è probabilisticamente vero [dim_32].
La dimostrazione [ogni discorso
apologetico retoricamente “efficace”] è a carattere persuasivo.
DIMOSTRAZIONE_35 [APOLOGETICA_SCIENTIFICA, MESSORIANA_SECONDA]
in base al principio dell’accordo
tra senso e vero [dim_32], tutti gli argomenti che parlano in difesa [apologetica]/favore
dell’idea di Dio, argomenti a carattere scientifico, sono valide dimostrazioni [a
carattere probabilistico] dell’esistenza di Dio.
si distingue tra:
1.] apologetica scientifica di
tipo epistemico [ad esempio: la confutazione dell’ateismo di Feurebach e di
Freud, utilizzando l’episteme];
2.] apologetica scientifica di
tipo esegetico_critico_storico [ad esempio: il libro di Vittorio Messori
“Ipotesi su Gesù”];
3.] altre determinazioni [ad
esempio: teologia_classica].
se è data apologeticamente una
confutazione di un’ipotesi contraria all’esistenza di Dio, allora è
probabilisticamente vera l’ipotesi ad essa contraria: Dio esiste.
La dimostrazione è detta
Messoriana_seconda, perché il tipo di apologetica dello scrittore Vittorio
Messori è tutta una forma di dimostrazione dell’esistenza di Dio:
1.] se l’uomo storico di nome
Gesù è davvero risorto dai morti, è credibile la sua testimonianza [“io sono
Dio”];
2.] egli è risorto dai morti, se
la scrittura definita Vangelo è una testimonianza credibile;
3.] l’apologetica messoriana
cerca di dimostrare credibile tale testimonianza, anche confutando le ipotesi esegetico_critico_storiche
contrarie ad essa [che cercano di dimostrare l’in_attendibilità dei libri detti
“Vangeli”].
note
1.] a fronte delle dimostrazioni
epistemiche dell’esistenza di Dio, permane l’unico argomento severiniano
dell’in_esistenza di Dio: “tutto è
eterno, quindi il Dio_Creatore dal nulla non esiste”. La sua confutazione è
data dall’episteme. L’episteme ancora non è stato formulato;
2.] le confutazioni epistemiche
dell’ateismo sono sì “apologetiche”, ma in senso improprio: esse difendono la
fede indirettamente, esse difendono piuttosto la ragione. In realtà, però, non
si dà alcuna “difesa”: l’episteme non difende nulla in senso proprio: perché
l’anti_episteme “non sta”, e quindi non serve confutarlo. L’episteme mostra che
l’anti_episteme [che non è un argomento razionale, ma solo retorico] non sta.
L’episteme non ha atteggiamento difensivo, ma propositivo. Esso esplica
positivamente il piano del vero, senza “confutare”. Il suo scopo è solo quello
di proporre ipotesi sensate e forse evidenti.
La dimostrazione [ogni discorso
apologetico_scientifico “scientificamente” fondato] è a carattere sia
persuasivo che scientifico.
DIMOSTRAZIONE_36 [RELIGIOSA]
in base al principio dell’accordo
tra senso e vero [dim_32], tutte le religioni manifestano la verità di Dio
[anche quelle “a_teistiche”], perché tramite l’idea di Dio attribuiscono
pienezza di senso alla realtà.
DIMOSTRAZIONE_37 [DOGMATICA]
in base al principio dell’accordo
tra senso e vero [dim_32], si constata che il magistero_ecclesiale pone il
principio di autorità [da definire essenzialisticamente] e il principio di
infallibilità [da definire essenzialisticamente] per sostenere l’esistenza di
Dio. si ritiene che la struttura del bisogno umano, che si complementa con la
descrizione del mondo in base al suo senso [per la verità del desiderio, in cui
desiderio significa bisogno, e quando è coinvolto un “magistero”, che è una
forma autorevole di autorità (si richiede definizione/condizioni di
autorevolezza), il bisogno è quello percepito da un gran numero di uomini, che
lo rende comune e, quindi, meno soggettivistico] non possa
“coinvolgere/impiegare” tali principi per sostenere una “fantasia”. una tale
volontà esprime il senstimento di una “necessità”, e in base alla congiuzione_esistenziale
tra oggetto e soggetto [dim_31, in cui l’oggetto, riproducendosi nel soggetto,
quasi lo “costringe” maieuticamente a riconoscerlo], per la quale l’oggetto si
proietta [riproduce] nel soggetto, che così, contenendolo, può conoscerlo, tale
necessità sta alla base di una corretta proiezione dell’idea di Dio nella
realtà. questa proiezione è anche reciproca: la dim_37 si complementa con la
dim_38.
DIMOSTRAZIONE_38 [RIVELATIVA, PRIMA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA]
nella triade delle componenti
salvifiche costituita da fede, opere [etica] e ragione [logica], le
corrispondenze biunivoche a valore dimostrativo sono date da:
1.] fede e ragione
[corrispondenza analizzata nella presente dimostrazione];
2.] opere [etica] e ragione [logica]
[corrispondenza biunivoca analizzata nella successiva dimostrazione: dim_39].
Il binomio fede e opere non ha
valore dimostrativo [il valore conoscitivo della fede è analizzato nella prima
corrispondenza], perché non coinvolge la ragione.
La dimostrazione si lega al
problema “classico” del rapporto tra fede e ragione [problema che la
ricerca_epistemica non è in grado di esaurire e risolvere, definendolo
epistemicamente, potendo solo apportare un contributo], problema …
1.] sorto con la filosofia medioevale
e soprattutto discusso nella scolastica_tomistica;
2.] ripreso dalla filosofia
neo_scolsatica;
3.] cui hanno dato importanti
contributi i Proff. Vigna e Severino.
La dimostrazione dice questo:
poiché l’esistenza di Dio è posta dalla fede, se esiste una corrispondenza
biunivoca [non solo complementarietà, ma parallelismo] tra fede e ragione,
allora l’esistenza di Dio è posta immediatamente anche dalla ragione, e quindi
essa è razionale e vera e Dio esiste.
per porre tale corrispondenza
biunivoca, occorre definire la fede:
1.] la fede potrebbe essere la
ragione di Dio, che si dà all’uomo nella forma del simbolo. L’uomo tutto può
forse conoscere, tranne la decisione salvifica di Dio che lo riguarda, e questo
perché Dio sia libero. L’uomo può condizionare tale decisione, conoscendola, e
può farlo solo agendo sulla ragione di Dio [condizionandola], che si dà
nell’unico modo in cui può darsi, per lasciare Dio libero: [metaforicamente …]
non il concetto “nudo” della volontà di Dio, ma il suo simbolo “velato e
nascosto”
apertura di macro_parentesi [Dio è in sé nudo, ma la nudità di Dio
è all’uomo (che è im_puro) ancora inaccessibile/proibita. ad esempio: il Cristo
sulla Croce in sé è nudo, ma “scoprire la nudità” di un uomo sulla croce è
azione definibile come “sacrilega”/la civiltà della Tecnica sta scoprendo la
nudità dell’uomo e di Dio, e lo stato deve ricoprirla, ma anche acconsentire ad
un loro parziale/corretto/tollerato/provvisorio scoprimento, legittimato dalla
funzione positiva del tempo_attuale per la costruzione
dell’identità_terrena_paradisiaca /l’episteme fonda e legittima il
mondo/negativizza solo alcune variabili: non quelle che procurano sofferenza a
Dio (variabili che interessano alla chiesa), ma quelle che procurano sofferenza
all’uomo: l’episteme determina la civiltà della Tecnica e la porta a
compimento, “redimendola”] [chiusa
macro_parentesi].
2.] tale definizione della fede
[la ragione di Dio prestata all’uomo e custodita dalla chiesa, perché vicaria
di Dio stesso] presuppone l’esistenza di Dio. perché tale esistenza sia
trasferita alla ragione dell’uomo, la fede deve costituirsi anche come
componente dell’uomo, ed essere già vera nell’uomo in quanto fede. si deve
quindi dare una definzione della fede_umana. Questa deve essere in rapporto con
la ragione, e poi la ragione definirà la fede_divina come la ragione di Dio.
come ha detto Severino e come ha
detto la ricerca_epistemica, mostrando come la ragione_umana, essendo
incompleta, non può che costituirsi come forma di “dogmatismo”, la conoscenza
dell’uomo è sempre una forma di “fede”. l’idea di Dio esiste nell’uomo, e
l’uomo crede in Dio perché l’idea di Dio appaga il bisogno dell’uomo [principio
della verità del desiderio, dove desiderio significa bisogno (ad esempio: di
protezione, di affetto e di erotismo), e anche bisogno di senso:
assolutizzazione, e altre componenti]. L’uomo crede perché ha bisogno di
credere e ha bisogno del contenuto in cui crede. I principio di accordo tra
senso e vero [dim_32] e della verità del desiderio stabiliscono una
corrispondenza biunivoca tra verità [logica] e bisogno [etica]. La fede esprime
il bisogno, e il bisogno guida la definizione della ragione, tesa sia
scientificamente che tecnicamente all’appagamento del bisogno. Per questo la
dim_19 può costruire l’esistenza di Dio, e lo fa secondo la fede_cattolica, che
corrisponde maggiormente al senso e al bisogno di senso, di assoluto, di
perfezione e di amore [anche erotico].
3.] La fede è la struttura
provvisoria della ragione umana, e pone l’esistenza di Dio come corrispondente
al bisogno dell’uomo. La ragione è un processore mentale che cerca la verità, e
quindi attiva la fede come contenuto teso a definire quella realtà che la
ragione non vede ma che sente a livello intuitivo, attivata dal bisogno. Quindi
la ragione recepisce la fede. la fede e la ragione sono due organi
complementari della ragione:
a.] la dim_29 dice che
necessarimante esistono un oggetto e un soggetto;
b.] la dim_6 dice che devono
esistere due soggetti, e uno è Dio;
c.] la presente dim_38 dice che
esistono due soggetti, ma sono sempre l’uomo e le due nature dell’uomo:
1.] l’esistenza, auto_fondantesi,
è doppia;
2.] l’uomo, identico
all’esistenza e all’esistenza, si s_doppia;
3.] quindi l’uomo è doppio.
un uomo ha la fede [la natura_divina_anima,
forse già in paradiso (e l’episteme non sa se creata da nulla)_], l’altro [la
natura_umana_corpo] ha la ragione.
la dimostrazione si conclude
così: la fede dell’uomo trasmette alla ragione dell’uomo i suoi contenuti
[“sentiti” a livello di anima/natura_divina: questa è a contatto con Dio al
livello della giunzione_esistenziale tra oggetto (realtà: Dio) e soggetto
(idea: uomo/anima_umana)_].
DIMOSTRAZIONE_39 [LOGICA_ETICA, VIGNANA_SECONDA, QUARTA_CARTESIANA, SECONDA
CORRISPONDENZA BIUNIVOCA, DIMOSTRAZIONE RETRO_RAZIONALE, PRIMA_PARADOSSALE]
L’uomo è essere necessario
[perché intuisce la necessità], quindi può essere messo al posto di Dio. ma
come il principio ha determinato l’uomo/Dio, così l’uomo può creare e poiché la
creazione è una possibilità necessaria, l’uomo/Dio [prima o poi] deve creare.
Allora esiste anche l’uomo, ma “quest’uomo” è proprio l’uomo creato, e allora
il primo uomo è Dio [retro_posizione dell’uomo: l’uomo non può essere “quel”
dio_necessario/uomo/Dio]. questo ragionamento serve a spiegare la necessità
della creazione, quindi dell’atto etico creatore. per il principio di
corrispondenza tra logica ed etica, ogni componente della logica ha un riflesso
sull’etica e viceversa. In base a quanto detto nella dim_38, l’etica legge il
bisogno, che è bisogno di Dio. quindi la logica deve accolgiere l’esistenza di
Dio.
come si giustifica quella
corrispondenza e perché la relazione tra logica e etica è biunivoca ? in che
senso ? tutto ciò presuppone l’episteme, ovvero la spiegazione generale della
realtà, che si giustifica e si dimostra in base alle condizioni epistematiche
[critieri di senso e di significato, criteri veritativi di
1.correttezza_empiricità_sperimentale e assonanza_fenomenologica del
linguaggio_auto_concettuale/2.coerenza/3.completezza e principio
euristico_speculativo della verità del desiderio]. Episteme che in modo
paradossale, ha detto sopra che una creazione deve esistere, e tale creazione
non l’ha fatta “quest’uomo” [l’uomo crono_storicamente determinato, l’uomo
dell’attuale genere_umano]:
1.] il reale_necessario si
riproduce nel reale_contingente_creato [ciò già presuppone Dio e la Creazione,
ma ciò è stato dimostrato: il sistema è esposto ponendo l’uomo al posto di Dio
nella mappa metafisica: il principio determina Dio e l’uomo indifferentemente,
solo il fatto che Dio precede l’uomo pone Dio come (libero) mediatore della
determinazione dell’uomo (da parte del principio, stimolato da Dio)_];
2.] tale riproduzione fonda la
congiuzione oggetto/soggetto per l’uomo;
3.] tale riproduzione riproduce
il reale in termini etici, perché l’etica è la sostanza della volontà_creatrice
divina [se l’uomo è necessario come se fosse Dio, l’uomo stesso deve creare
come se fosse il Creatore/la dimostrazione si è costituita appunto come
paradossale, e sembra validare ora il secondo argomento cartesiano (dim_30) (e
quindi è cartesiana/la contraddizione cartesiana è in parte risolta): l’uomo
determina l’uomo/: in base alla dim_3 Dio esiste, allora l’uomo esiste al posto
di Dio, allora l’uomo è Creatore, allora l’uomo è creato, allora quell’uomo era
in realtà Dio, allora il Dio_Creatore esiste e l’uomo torna ad essere la
creatura];
4.] quindi, tale volontà assume
ogni carattere della realtà in termini etico_sacrificali;
5.] l’etica e il diritto
[etica_coercitiva] sono procedure che portano l’uomo a riprodurre la realtà
[nella tecnica del pensiero_epistemico, nel diritto, nella tecnica che
riproduce il mondo in termini artificiali e virtuali (economia, ingegneria,
tecnologia), nella liturgia, ecc.].
per questa corrispondenza, si può
dire che l’apparire del Grande_Fratello è lo stesso apparire di Dio [così come
l’incarnazione del soggetto Gesù, poiché Gesù faceva i miracoli e risorgeva dai
morti, dimostrava (allora) l’esistenza di Dio], e lo dimostra [così, allo
stesso modo, l’apparire della civiltà della Tecnica dimostra l’esistenza del
paradiso, che essa riproduce].
La costruzione del
Grande_Fratello è un processo che deve essere ricondotto sotto il controllo del
diritto, che solo può farlo appartire eticamente, e in modo etico.
La dimostrazione è detta vignana
[vignana_seconda] perché la corrispondenza biunivoca tra etica [“Dio esiste”
come istanza morale] e logica [“Dio esiste” come proiezione logica dell’etica]
si fonda sul fatto che sia l’etica che la logica sono costruite sulla base
dello stesso principio della verità del desiderio:
1.] di tipo logico_euristico;
2.] di tipo etico_morale.
DIMOSTRAZIONE_40:
INFERENZIALE, TERZA
CORRISPONDENZA BIUNIVOCA
Le dimostrazioni incentrate sulle
corrispondenze biunivoche dei termini della tripletta salvifica fede, opere e
ragione, sono tre:
1.] binomio fede e ragione: il
senso della fede [Dio esiste secondo la fede], che corrisponde al senso della
vita, posta la fede come riproduzione della ragione, diventa verità di ragione
[Dio esiste secondo ragione];
2.] binomio
opere e ragione [inferenza etica_logica]: le opere ispirate da Dio
corrispondono al senso della vita, e quindi Dio, che le ispira [in base al
principio di corrispondenza tra senso e vero], esiste secondo ragione;
3.] si
introduce ora il terzo binomio: fede e opere [precedentemente escluso, perché
si credeva che il binomio dovesse includere la ragione].
DIMOSTRAZIONE
c’è una
corrispondenza biunivoca tra fede e opere, che corrisponde al senso della vita:
quindi sono validate non solo le precedenti dimostrazioni, ma anche
un’ulteriore dimostrazione, posto che la ragione, inferita sia dalla fede e sia
dalle opere, poste secondo la fede, corrisponde dunque a quel senso: quindi,
Dio, che proviene da quella fede e da quelle opere [essendo queste ispirate da
quel Dio], esiste secondo quella ragione medesima.
DIMOSTRAZIONE_41: TECNOLOGICA
gli
schemi mc28a.html e mc28b.html dimostrano quanto richiesto nel testo
della neutralizzazione della critica kantiana alla prova
fisico_teologica_teleologica: essi rilevano che nel cosmo esiste un
manufatto tecnologico, e poichè esso è imperfetto [il
cosmo è realtà virtuale imperfetta], esso non può
essere stato determinato direttamente dalla necessità [nè
può essere stato determinato dal caso, che non può
esistenzializzare nè le forme in generale, nè i manufatti
tecnologici in particolare]: quindi, l'esistenza, nel cosmo apparente,
di un
manufatto tecnologico [perchè il cosmo apparente è realtà
virtuale, di tipo galileiano], ovvero di un gigantesco schermo
multi_mediale [per l'anti_Dio, impronta di Dio], che riproduce il mondo
fisico reale non apparente [di
tipo cartesiano: la fisica "da tavolino"/Abbagnano e Fornero],
testimonia/dimostra che il cosmo_apparente è stato creato da un
essere intelligente [che ha appunto creato quel manufatto riproducente
tale cosmo_virtuale], le cui proporzioni sono simili a quelle del cosmo
riprodotto virtualmente e quindi del manufatto che lo riproduce [il
computer di Putnam]: quest'essere è quindi il Dio_Creatore.
DIMOSTRAZIONE_42:
LINGUISTICA_SECONDA
Essa recita: “Dio esiste perché “Dio” è una parola, e la parola
serve, primariamente, a dire della realtà”.
Nella contro_critica epistemica alla critica kantiana
all’argomento ontologico, riportata nel presente testo come prima delle tre
introduzione alle dimostrazioni tomistiche, si dice quanto segue:
“ci
sono differenti usi del
linguaggio. Il primo uso è la funzione auto_concettuale del
linguaggio
[fenomenologia pura del linguaggio: il linguaggio descrive la
realtà]. Essa
significa che alla parola segue la sua idea e all’idea segue la
sua realtà.
Quale che sia il rapporto tra uomo e realtà, e tra oggetto e
soggetto, la
parola “Dio” indica la realtà “Dio”,
perché la parola indica la sua “cosa”. Kant
disattiva lo schema auto_concettuale, attribuendo al linguaggio usi
secondari e periferici. Kant usa la
parola “Dio” nel modo della circonlocuzione, … ciò significa che “Dio” [parola
e idea] significa semplicemente Dio [realtà]”.
questa è appunto
una dimostrazione dell’esistenza di Dio: la parola “Dio”, nel primo uso del
linguaggio, significa la realtà “Dio”, e poiché l’uomo ha la parola, ne esiste
la realtà. la realtà si riproduce nella mente non solo come idea [dim_2 e
dim_3], ma anche come linguaggio. Questa dimostrazione differisce dalla dim_7,
perché in questa la parola “Dio” serve a dimostrarne l’esistenza non come
parola, ma come ragione del suo apparire/emergere, ovvero come intenzionalità
del dire “Dio” nel linguaggio [la dim_7 si lega dunque alla dim_19].
DIMOSTRAZIONE_43:
COSMOLOGICA_SECONDA
questa dimostrazione doveva costituire una delle declinazioni
epistemiche delle dimostrazioni tomistiche.
Gli astronomi dicono che il cosmo_apparente deriva dal big
bang. L’episteme accoglie questa interpretazione, definendo il big bang come
l’azione con cui Dio spezza il Creato al fine di fare emergere [anche
morfologicamente/morfo_cosmicamente] la struttura del male, rimasta inconscia
per via della perfezione simul_paradisiaca/simul_totemica dell’eden [creazione
perfetta]. Infatti, l’azione creatrice non avviene con il big bang, ma è piana
e lineare, e si distende sul sacrificio divino [studio].
a questo punto [secondo un ragionamento già visto nelle
dimostrazioni precedenti] si rileva che il big bang non può essere derivato né
dalla necessità nel caso, per cui rimane solo l’ipotesi di Dio, cioè di una
volontà consapevole “spezzante”.
infatti:
1.] un’esplosione potrebbe essere causata da una legge di
natura, ma gli scienziati dicono che la natura stessa è derivata dal big bang.
L’episteme sa che esso è avvenuto all’interno di altre leggi di natura [il big
bang coinvolge un piccolo cosmo di dimensioni infinite, all’interno di altri
cosmi di dimensioni maggiori (dottrina degli ordini di infinito)_], ma nulla
spiega inerzialmente perché l’incremento energetico debba avere un
limite dato, all’interno dell’infinito;
2.] un’esplosione [cui segue un ordine] non può essere
causata dal caso, perché le esplosioni nucleari che avvengono, ad esempio,
sulla superficie del sole non solo casuali, ma sempre razionalmente indotte.
L’esplosione è un evento che manifesta una causa razionale
e libera, agente: nell’ambito della necessità non ci sono esplosioni, ma ordine
e caos, e in questo caos ci sono sì esplosioni, ma non di certo esplosioni cui
segue un ordine.
DIMOSTRAZIONE_44: DELLA PERFEZIONE, VIGNANA_QUARTA
, SECONDA_PARADOSSALE [Milano, 26 dicembre 2006, ore 22:15]
Essa recita: “il
pensiero perfetto sa che Dio esiste,
e il pensiero dell’uomo è perfetto: poiché il
pensiero dell’uomo è [anche] perfetto, in quanto
l’uomo
appartiene all’esistenza, e questa è anche perfetta [come
creata e in_creata,
la prima simile alla seconda], l’oggetto del suo pensiero deve
essere perfetto,
e l’esistenza di Dio, non come ipotesi, ma proprio e solo come
necessità,
ovvero come fattualità esistente, rientra all’interno
della definizione di un
tale oggetto del pensiero e della sua perfezione”.
premessa
scrive il Prof. Carmelo Vigna: “Metafisica e sapere stabile sono, allora, figure
che stanno in circolo: il sapere stabile è la forma necessaria del sapere
metafisico in senso forte, perché solo il sapere stabile garantisce
l’incontrovertibilità assoluta degli asserti; … sapere stabile e metafisica si
convalidano a vicenda”
[pag. XXXVI, Introduzione: sulla verità della metafisica, in Carmelo Vigna, “Il
frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero].
Nell’interpretazione epistemica di questo passo, la
metafisica corrisponde all’esistenza_oggetto, e il sapere_stabile al
pensiero_soggetto, pensiero dell’esistenza ma [e questo è il punto decisivo,
fondante la dimostrazione] determinato dall’esistenza, sia come esistenza del
pensiero, sia come suo contenuto [dim_1]. L’episteme emergente ha quindi
accolto e trasformato quanto detto dal teologo Bertuletti, secondo cui “la teoria seguirebbe l’apertura dell’originario,
sarebbe una seconda battuta che ha il compito di formalizzare concettualmente
quanto l’originario annuncia o rivela simbolicamente (evidenza simbolica). E in
questo annuncio o rivelazione sta già quella che lui chiama verità assoluta, da
tenere distinta dall’episteme o dalla verità stabile …” [cap.8: La scuola teologica
milanese e l’evidenza della fede, pag. 526, in Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”,
Vita e Pensiero], epistemicamente correggendo questa concezione, interpretando [anche
scritturalmente] questa “rivelazione” non come fede e libertà, ma
come ragione e necessità [secondo Vigna]: non una ragione data da Dio all’uomo,
ma come la ragione umana determinata nel contenuto da quella esistenza che [con
Dio] la determina come esistente [è così che quindi il pensiero può porre qualcosa
fuori dal proprio orizzonte: gli viene “strappato fuori” da quel qualcosa
stesso, che si è posto in esso]: l’essere
determina il pensiero [di Dio e dell’uomo], come ipostasi_struttura, e così anche il suo contenuto, come pensieri_contenuti.
L’essere determina
il pensiero [di Dio e dell’uomo] e l’essere viene prima del pensiero [di
Dio e dell’uomo], e lo determina, determinandosi al suo interno proprio in
quanto ad esso precedente, e quindi in modo assoluamente ogggettivo. Il cuore
della filosofia è la teologia, perché la filosofia corrisponde all’esistenza, e
Dio è al centro dell’esistenza, per cui la teologia, cui corrisponde Dio, è al
centro della filosofia [l’esistenza determina Dio, e così la filosofia (con
l’aiuto della rivelazione) determina la teologia].
dimostrazione
L’esistenza [non creata] è perfetta e, posta l’esistenza
dell’uomo [creato e anche imperfetto], indipendentemente dalla creazione [che
in una dimostrazione dell’esistenza di Dio non può essere presupposta], poiché
tutto ciò che esiste si identifica all’esistenza, che è perfetta [e questo
qualcosa è così perfetto, per partecipazione: partecipazione all’esistenza, non
a Dio], l’uomo, anche imperfetto, è anche perfetto. Nell’uomo è il pensiero,
che quindi è anche perfetto. Il pensiero dell’uomo è perfetto solo se [e
perchè] esso pensa Dio come esistente. Non in senso ipotetico [imperfezione del
pensiero: se il pensiero pensa ipoteticamente, esso è imperfetto], ma come
realmente esistente [perfezione del pensiero]. L’ipotesi dell’esistenza di Dio,
in quanto ipotesi, non appartiene al campo del pensiero, ma della sua
imperfezione, cioè dell’errore. La contemplazione della mera ipotesi di Dio è
un errore [schema_errore_proiettivo, creato da Dio per consentire all’uomo
a_teo di difendersi].
a questo punto ci sono solo due fattualità [non
possibilità]:
1.] o Dio esiste;
2.] o Dio non esiste.
Il pensiero dell’uomo ammette l’ipotesi dell’esistenza di
Dio, quindi il pensiero dell’uomo è costretto, per essere e sapersi come
perfetto, a passare da questa ipotesi alla necessità/ effettualità
dell’esistenza di Dio [in tale passaggio sta la dimostrazione]. Invece,,[in tale passaggio sta la
dimostrazione]logia].n l'osioni, ma non di certo esplosioni cui segue un
ordine.rivata dal big bang. il
pensiero dell’in_esistenza di Dio non può essere perfetto, perché quella
ipotesi lo renderebbe un sotto_pensiero: il pensiero perfetto può solo elevarsi
dall’im_perfezione ipotetica, non abbassarsi al di sotto di essa. né vale
l’idea dell’ipotesi dell’in_esistenza di Dio, perché, come detto nella dim_7,
l’ipotesi contraria [Dio potrebbe esistere] corrisponde a un desiderio
maggiore, la cui scelta da parte del pensiero rende questo maggiormente
evoluto.
DIMOSTRAZIONE_45:
DEL CONFRONTO, VIGNANA_QUINTA
Essa recita: “Dio esiste perché l’uomo può avere
consapevolezza di essere limitato solo se esiste, attualmente, un uomo
illimitato, e questo è Dio”.
Scrive il Prof.
Carmelo Vigna: “… non posso percepire qualcosa come parte se non lo
percepisco come parte di un Intero, né posso aver percezione di un intero, se non ho percezione del
senso dell’Intero [o dell’Intero del
senso] … La verità determinata sta alla verità trascendentale come la parte sta
all’Intero. Perciò la verità determinata non può essere intesa, se non è
riferita alla verità trascendentale, …” [Carmelo Vigna, “Il frammento e
l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.14].
L’uomo illimitato
è il futuro dell’uomo, cioè l’anima paradisiaca. L’uomo si percepisce come
limitato. Ma può avere il concetto di se stesso come di essere limitato, solo
se ha il concetto di un essere illimitato. Quest’ultimo è, come detto, l’anima
paradisiaca. Ma questa non è attuale, è futura. L’uomo invece fa il confronto
adesso, esso è attuale, quindi l’essere illimitato deve esistere adesso. Questo
è sempre un uomo, ma è indifferente che sia un uomo potenziato [anima
paradisiaca] oppure Dio, perché l’unica anima_paradisiaca attualmente
illimitata può soltanto essere Dio [cioè l’uomo_Gesù]. Quest’uomo illimitato è
tale sia temporalmente [uomo eterno] sia spazialmente [infinito], ecco dunque
che esso è Dio.
DIMOSTRAZIONE_46:
DELLA VERITA’, VIGNANA_SESTA, EPISTEMICA_SESTA
Come la dimostrazione 29 [messoriana], essa recita: “poiché la verità esiste, Dio esiste, perché Dio è
la Verità”. Ma questa espressione ora è più propria.
La dimostrazione è emersa quando
il soggetto_espositore stava scrivendo il testo di Vigna sopra riportato, in
cui la parola verità viene ripetuta quattro volte: “… La verità determinata sta
alla verità trascendentale come la parte sta all’Intero. Perciò la verità
determinata non può essere intesa, se non è riferita alla verità
trascendentale, …” [Carmelo
Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero,
pag.14].
La verità esiste [e ciò va
dimostrato: si usa l’argomento di Aristotele: chi lo nega, lo nega secondo
verità, e quindi afferma il contenuto negato, autocontraddicendosi]. Ma la
verità è sempre per un soggetto. Questo non è l’uomo, che non possiede
la verità [il pensiero perfetto di cui si è detto nella dim_41 riguarda il
contenuto conosciuto/certamente qui c’è una difficoltà, perché il pensiero
perfetto è il pensiero totale, ma l’episteme emergente è appunto, formalmente,
il pensiero totale, che deve essere portato alla luce dalla Scuola
epistemica/neo_scolastica/neo_aristotelica]. Allora esso è per il Soggetto,
cioè per Dio:
1.] necessariamente la verità
esiste [perché l’uomo sa che esiste, sapendo che l’essere è (Parmenide) e che
almeno un soggetto è: dim_29];
2.] la verità è sempre per un
soggetto, perché la verità non è l’essere, ma è il momento conoscitivo
[mistico_speculativo] dell’essere [mistico significa erotico], e la conoscenza
sta nel soggetto;
3.] allora il Soggetto [Dio]
esiste.
DIMOSTRAZIONE_47:
DELLA MEDIAZIONE, V_SETTIMA, LUDICA_TERZA
Questa dimostrazione
differisce dalla dim_6 perché usa come mediatore l’identificazione
all’esistenza, mentre la dim_6 utilizza come mediatore il pensiero.
L’uomo sta
all’interno del tutto. Quindi l’uomo appartiene al tutto. L’uomo esiste e il
tutto esiste., quindi, essendo l’uomo esistenza ed essendo il tutto esistenza,
e quindi essendo l’uomo identico all’esistenza ed essendo il tutto identico
all’esistenza, per la proprietà transitiva [consentita dalla riforma del
principio di non contraddizione (dim_6), senza la quale la tigre sarebbe una
giraffa, in quanto entrambe animali] l’uomo è il tutto [entrambi identici
all’esistenza: uomo = essere = tutto comporta che uomo = tutto/ci sono
molteplici forme dell’ Intero]. se l’uomo è il tutto, il tutto è l’uomo. Quindi
deve esistere un uomo come le dimensioni effettive del tutto [perché,
pur essendoci molteplici forme del tutto, il tutto è anche l’Intero in senso
proprio], ovvero deve esserci l’Uomo, e quindi l’Uomo_Dio [Uomo = Tutto/Intero],
ovvero deve esistere Dio. Questa dimostrazione è detta “vignana” perché è stata
pensata indipendentemente dalla dim_6, riflettendo sul titolo del libro di
Vigna “Il frammento e l’Intero” [Vita e Pensiero], e a tale riflessione si è
stati portati dalla riflessione su di un suo passo, sotto riportato [ma la formulazione
della dim_47 precede temporalmente la formulazione della dim_48].
DIMOSTRAZIONE_48:
APOCATASTICA_SECONDA, N_SECONDA, V_OTTAVA
Scrive Vigna: “Se
tutta la verità fosse instabile, sarebbe impossibile come tale, perché sarebbe
impossibile porre [cioè pensare] convenientemente la proposizione che tutto è
instabile [essendo, tale proposizione, l’affermazione di alcunchè di stabile] …
Le cose vanno e vengono …, ma all’interno
dell’orizzonte dell’esperire, del quale non si ha alcuna esperienza d’instabilità … L’esperienza
della stabilità dell’apparire trascendentale non è, tuttavia, priva d’ombre” [Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e
Pensiero, pag.16] [sottolineatura del soggetto_espositore, per collegare il
testo alla parte successiva, anch’essa sottolineata].
Si constata che
la realtà apparente “diviene” in senso severiniano, cioè caotizzante:
1.] per la
violenza e l’indigenza;
2.] per il big
bang e la previsione della morte dell’universo [e della sua infernalizzazione
epistemicamente prevista];
3.] per i
terremoti e i maremoti;
4.] per la
collisione delle galassie e l’esaurimento delle stelle [e del sole];
5.] per la
morte;
6.] per la
malattia [corporea];
7.] per la
follia [malattia psichica].
Si pone allora
la domanda: “a
quali condizioni un piccolo pensiero/soggetto [= l’uomo], definito qui
micro_persona, può essere stabile, nel senso sopra detto da Vigna, all’interno
dell’Intero [che è l’infinito, per la dim_3], se quest’ultimo è caotizzante ?”.
si risponde che
tali condizioni devono essere tali, per cui nell’Intero deve esistere anche una
macro_Persona [= Dio], involucro protettivo della micro_persona [= uomo], perché
non è epistemicamente ammissibile [“epistemicamente” significa dato l’episteme
come presupposto scientifico] che all’interno dell’instabilità [= Caos] possa
stare un micro_ordine “stabile” nel sense detto, tenuto conto che [ciò che
Severino non dice e che costituisce la critica epistemica alla sua filosofia], anche
quell’orizzonte dell’esperire, di cui ha detto sopra Vigna, è esso stesso una “cosa”,
che va e che viene [nel senso che il palcoscenico dello spettacolo degli
enti è la ipo_strutturazione del reale, che detta causalmente, anche come
libera volontà, in questo caso divina rispetto al Creato, la possibilità
dell’apparire degli enti sopra il palcoscenico, apparire che Severino fa invece
dipendere totalmente dal destino, per cui invece, ora, la causa è con_corrente
al destino: principio di complementarietà: Zeus ha come limite il Fato, ma Zeus
(e l’uomo) rimangono liberi e agenti (responsabilmente)_].
La differenza
tra questa dimostrazione e la dim_28 consiste nel fatto che questa pone
l’instabilità della configurazione attuale dell’apparire come sua differenza
[provvisoria e necessariamente sostenuta da Dio, così dimostrato] dalla
configurazione standard_normale, mentre la presente dimostrazione si incentra
sull’analisi dell’instabilità [cioè dell’a_normalità apparente], ed è per
questo detta nietzschiana.
La differenza
tra questa dimostrazione e la dim_11 consiste nel fatto che in quest’ultima al
posto dell’essere apparente [il Creato] dovrebbe esserci il nulla, invece ora
al posto di esso dovrebbe esserci il Caos, perché il Creato è sia ex_nihilo
[creazionismo assoluto], sia dal_Caos [semi_creazionismo_epistemico].
DIMOSTRAZIONE_49:
INNATISTICA
si è constatato che durante la messa i sacerdoti assumono
un certo atteggiamento. questo è dovuto a condizionamento. Durante la messa il
sacerdote [come anche un uomo che relaziona ad un convegno, o un avvocato in
aula, o un insegnante in classe] sente su di sé la pressione del
condizionamento dovuto alla presenza di centinaia di sguardi, e in conseguenza
di tale pressione si sente inconsciamente costretto [si può definire inconscia
qualsiasi pulsione o pressione dell’inconscio, a cui non si può opporre un
freno, indipendentemente che di essa si abbia consapevolezza] a recitare un
ruolo, assumendo nel comportamento, nell’atteggiamento e nei lineamenti
dinamici del volto e della voce la relativa maschera. Da dove proviene lo schema
di tale recitazione ? esso è innato: infatti, il prete interpreta il
condizionamento come richiesta da parte dei fedeli che lui assuma un ruolo, una
maschera di recitazione: lui può averla appresa in seminario, ma i fedeli [ciò
che essi inconsciamente esigono dal prete: maschera della celebrazione normale,
del matrimonio, del funerale/è importante l’esempio del prete, non
dell’avvocato o dell’insegnante, perché il prete riguarda Dio e questa è una
dimostrazione] non l’hanno di certo appreso a catechismo da fanciulli. Se il
prete non recitasse, subito i fedeli direbbero: “costui non sembra un prete,
non si comporta come un prete”. Ora: il prete sa qual è lo schema che i fedeli
gli chiedono di recitare, e può, come detto, averlo appreso, ma anche i fedeli sanno
come comportarsi e che cosa si aspettano da lui, ed essi non l’hanno appreso da
nessuna parte [peraltro, nessuno ha dettato al prete il suo “stile” personale,
il suo ascetismo celebrativo, la sua ieraticità mistica]: è quindi uno schema
innatistico, perché non lo si è appreso. Quindi la funzione
penitenziale/adorativa [= religiosa] è già nella mente, e quindi nella mente
c’è già lo schema di Dio, a cui esso si rivolge, perché quel condizionamento
riguarda il sentimento di essere una comunità alla presenza del divino [Freud
direbbe del padre, ed è in errore, perché nessun padre ha mai insegnato ai
figli di essere lui stesso “Dio”]. e poiché la mente è prodotta dalla realtà [a
livello esistenziale prima che materiale], secondo la metafisica_epistemica [che
costituisce la visione/spiegazione della realtà più probabile/plausibile, dato
che assomma in sintesi corente tutte le visioni precedenti], Dio esiste, perché
la mente lo riproduce come schema, da cui discende quello penitenziale, che si
è detto essere innato.
DIMOSTRAZIONE_50:
DELLA FEDE, DEI MIRACOLI, BERTULETTIANA, M_TERZA, V_NONA,
RIVELATIVA_SECONDA, EPISTEMICA_SETTIMA, FIDEISTICA_TERZA
come
la
dim_35 [apologetica_scientifica] dimostra l’esistenza di Dio
attraverso
un’interpretazione critica del testo biblico, che testimonia
storicamente e
attendibilmente che Cristo è risorto dai morti [= Dio esiste],
allo stesso
scopo servono le apparizioni della Madonna [= Dio esiste] e i miracoli
delle guarigioni [Lourdes]. questi e le apparizioni
[visioni] sono incorporate speculativamente.
In conseguenza delle dim_19 e dim_44, e da quanto detto dai
proff. Bertuletti e Vigna [da questo riportato nel suo libro “Il frammento e
l’Intero”, Vita e Pensiero: “il
ragionamento di Severino fallisce … nel trattare aprioricamente il contenuto della fede cristiana, che è di suo incontrovertibile, alla
stregua della modalità della
conoscenza di quel contenuto, che è di
suo controvertibile, ma è resa poi incontrovertibile dalla decisione della
volontà; è resa cioè certa” (così Vigna, pag. 500); “la teoria seguirebbe l’apertura dell’originario,
sarebbe una seconda battuta che ha il compito di formalizzare concettualmente
quanto l’originario annuncia o rivela simbolicamente (evidenza simbolica). E in
questo annuncio o rivelazione sta già quella che lui chiama verità assoluta, da
tenere distinta dall’episteme o dalla verità stabile …” (così Bertuletti riportato da
Vigna, pag.526)_], si necessita di una ridefinizione della fede, intesa ora
come il vertice della ragione speculativa, ovvero come forma della ragione
speculativa assoluta, cioè come quel complemento della ragione umana che serve
ad essa per perfezionarsi in senso speculativo.
si rileva che l'episteme è stato possibile perchè si è
volto alla razionalizzazione dei dogmi, intesi come contenuti da
razionalizzare. Come è stato possibile intenderli subito come verità ? qui
bisogna considerare Heidegger e Vigna in modo diverso, perché essi parlano
dell’essere che si rivela all’uomo [aletheia: disvelamento]: loro lo hanno
detto, lo hanno dimostrato, occorreva solo attenderlo/è evidente che, ad
esempio, un’opportuna considerazione delle apparizioni della Madonna [Lourdes o
Fatima] comporta, in modo immediato, la posizione del cattolicesimo in senso
tradizionale, e quindi accoglie “in blocco” i dogmi come verità simboliche da
sottoporre alla razionalizzazione del pensiero speculativo [ciò che è già stato
fatto, e che San Tommaso d’Aquino riteneva non possibile, solo perché Dio non
prevedeva che ciò dovesse essere fatto nel medioevo]/si rileva che nessun
filosofo e teologo, nelle sue riflessioni, interpreta tali fenomeni in senso
heideggeriano_speculativo, come auto_svelamento dell’essere: per essi, Lourdes
e Fatima [di cui si è tanto occupato Messori] riguardano la fede simbolica
popolare, anziché la posizione più rigorosamente hegeliana del sapere [anche
Platone e Aristotele sono, a loro modo, hegeliani: il pensiero dei primi è
trascendente, il pensiero del secondo è assoluto].
La fede è complemento della ragione, necessario al suo
completamento e perfezionamento:
1.] da fanciulli si deve andare a catechismo, per acquisire
il senso della fede, inteso come amore protettivo;
2.] da adolescenti si deve praticare la filosofia, perché
la sperimentazione dell’erotismo fa capire il senso, il "fuoco della verità" [come dice Piazza];
3.] da giovani ci si serve della filosofia per
razionalizzare il contenuto di fede appreso da fanciulli;
4.] da adulti si persegue l’erudizione e ci si attiene agli
aspetti pratici della vita:
a.] contemplazione di Dio per il Clero;
b.] sperimentazione dell’amore, del mondo, della famiglia e
della tecnica (che include la chiesa e lo stato), ovvero del lavoro, per i
laici.
Dio esiste perché la fede prevede l’esistenza di Dio, e la
fede è il modo in cui l’essere invisibile, che è quel non apparire di Dio, per
il quale acquisiscono senso le dimostrazioni, si manifesta all’uomo: nella fede
appare Dio; i dogmi della fede sono apparsi subito razionali e veri al
soggetto_espositore, perché sono auto_concetti, e quindi fenomenologicamente
veri [fenomenologia del linguaggio, medium e messaggio]: si potrebbe dire che se la fede rivelativa non fosse apparsa, la
ragione_speculativa avrebbe potuto formulare gli
auto_concetti della Trinità e dell’Incarnazione da sola, autonomamente.
DIMOSTRAZIONE_51: APOLLINEA
questa
dimostrazione riprende numerosi argomenti precedenti:
1.] dal principio
[dell’esistenza] deriva necessariamente una realtà necessaria, ...
2.] ... ma all’uomo un
apparire necessaro non appare, ...
3.] ... quindi l’uomo [questo apparire] è stato creato
da Dio, per il quale appare invece l’apparire necessario.
DIMOSTRAZIONE_52: DIONISIACA
questa
dimostrazione riprende l’argomento della prima dimostrazione. in
conseguenza
della precedente dimostrazione [dim_51], si rileva che,
all’interno dell’apparire
necessario, che normalmente dovrebbe esserci, il piacere
dell’uomo dovrebbe essere
[come sarà quello paradisiaco] prolungato e continuo,
anziché breve, accidentale e alternato al dolore. deve
dunque esistere un soggetto,
che provi un piacere prolungato e continuo, senza mia provare dolore, e
questo
è Dio [la dimostrazione presenta una difficoltà: esiste
un momento in cui Dio
prova dolore, ovvero il processo_creativo/possibile soluzione: solo Dio
prova
quel tipo di dolore di cui ha parlato Severino, ovvero contemporaneo
alla gioia
(per il principio di invarianza)/la difficoltà permane, ma non
invalida la
dimostrazione].
La prima dimostrazione riguarda il pensiero, la presente dimostrazione
riguarda il piacere. non vale lo stesso argomento per il mangiare
[necessario], il dormire [necessario], il vedere [per questo forse
sì] [necessario], ecc./esso vale solo per il pensiero e per il
piacere [estasi ed eros], essendo queste funzioni_base, sia umane che
divine [ma in realtà, anche nel corpo cristico eterno esiste,
necessario, un metabolismo biologico, per cui questa dimostrazione (e
la prima) si applica a ogni determinazione corporea, che dovrebbe
essere necessaria, tranne il dolore].
DIMOSTRAZIONE_53:
DELL’IMPERFEZIONE, TERZA_PARADOSSALE
In conseguenza della dim_51, la realtà apparente dovrebbe
essere perfetta [la dim_51 dice “necessaria”]. ma appare invece una realtà
imperfetta. Mentre la dim_51 dice che deve allora esistere Dio, a cui appare la
realtà perfetta, questa dimostrazione [riprendendo altre dimostrazioni, tra cui
la dim_4] dice che [paradossalmente] solo Dio può aver creato la realtà
imperfetta, perché:
1.] la realtà in_creata è perfetta;
2.] il creato è [direttamente] perfetto [armonia dell’eden
originario];
3.] il caos è perfetto;
4.] il male [e l’inferno] sono [morfo_]perfetti;
5.] il peccato è imperfetto, ma non morfo_strutturalmente.
l’imperfezione appare perché Dio l’ha determinata [più che
creata], spezzando il Creato [big bang nel suo livello cosmico] allo scopo di fare emergere quel caos [misto a
ordine: dim_4], che consente all’uomo di riconoscersi non originario/esistenzializzato
dall’essere dall’eterno [come Dio, e al posto di Dio/o meglio dell’anima_paradisiaca,
che dovrà, invece, ancora diventare], ma derivato/creato dal nulla.
DIMOSTRAZIONE_54: STANDARD_PRIMA, NORMALE_SECONDA
questa
dimostrazione riprende numerosi argomenti precedenti e si esprime così:
1.] Dio esiste, perchè la sua esistenza è [standard_]normale per la necessità dell'esistenza;
2.] Dio esiste, perchè la sua esistenza è la condizione
[standard_]normale della vita e del soggetto_esistente per l'esistenza
[la quale è normale in quanto necessaria];
3.] Dio è normale, è l'uomo che
è a_normale [cioè "stra_ordinario", non solo nel senso
poetico di "meraviglioso", ma innanzitutto nel senso scientifico (da
cui il primo deriva) di essere vivente "non_ordinario"].
ci si interroga drammaticamente se Dio esista o non esista: questo
perchè l'uomo è "ipnotizzato" dal [falso] quotidiano, e
non comprende il "vero" quotidiano, quello che da sempre è stato
quotidiano, prima dell'esistenza dell'uomo: l'eternità, la quale
è standard_normale come condizione della pienezza dell'essere
[trascendente] e di Dio come suo nucleo [essendo Dio la parte centrale
dell'essere, su di essa convergente]. la condizione ordinaria
dell'essere è l'eternità. se ci si abitua ad assumere il
punto di vista di Dio, cioè del soggetto_eterno, che
necessariamente esiste, perchè determinato dalla
necessità, si capisce che sì, l'esistenza di Dio
è/rimane un problema, ma esso non è più
così "difficile" [cessa cioè la drammaticità del
dubbio di fede], bensì unicamente di rigore speculativo:
l'esistenza di Dio non è più un problema per la vita
dell'uomo comune, perchè ora egli vede la realtà dal
punto di vista della necessità, che unicamente è normale
e ordinaria.
integrazione_gamma [standardizzazione/normalizzazione dell'esistenza di Dio]:
1.] sia data l'esistenza;
2.] sia essa definita [constatata/dimostrata] come necessaria, e
come necessariamente tale [non si sta parlando del Creato];
3.] sia posto in essa un soggetto, vivente e pensante, e vi sia posto
come necessariamente esistente [perchè entizzazione/
oggettualizzazione/soggettivizzazione dell'identità
dell'esistenza con se stessa];
4.] allora tale soggetto è definibile, normalmente,
non come un "uomo", o come un "angelo", o come una forma "strana" o
"fantasiosa" di vita [ad esempio: gli dei della grecia, o un
extra_terrestre, oppure un "mostro" delle fiabe] ...
5.] ... bensì [unicamente e necessariamente] come "Dio",
definito come il soggetto vivente e pensante normale per l'esistenza
necessaria.
DIMOSTRAZIONE_55: TRANSITIVA [detta
così nello stesso senso della “mediazione” di cui alla dim_47] [con problema e sua possibile soluzione]
premessa
questa
dimostrazione riprende gli argomenti della dim_6 e della dim_47, e
sembra
invalidarli [cioè togliere loro plausibilità],
perché essi dimostrano che
esiste Dio come un “Uomo” [soggetto vivente e pensante come
l’uomo] dimensionalmente infinito, ma ciò che
è infinito non per questo [sembra]
dovrebbe essere eterno [immortale]: si potrebbe dire che un essere sia
dimensionalmente
infinito [immenso] e purtuttavia mortale, cioè non eterno.
questa dimostrazione
dimostra invece l’esistenza di un soggetto eterno, ma è in
difetto perché non
dimostra che è infinito [come lo dimostrano le altre due
dimostrazioni]. Le tre
dimostrazioni si completano reciprocamente, solo se si afferma e si
dimostra il
seguente principio [principio della correlazione necessaria
infinito/eterno]:
1.]
poiché ciò che è infinito è anche eterno e
ciò che è eterno è anche infinito …
2.]
… un soggetto infinito è anche eterno e un soggetto eterno è anche infinito …
3.]
… e questo soggetto, se esiste, è Dio.
questo
principio può essere [non ancora dimostrato ma] descritto/reso plausibile
considerando quanto segue:
1.]
l’infinito [la cui esistenza è dimostrata nella dim_3] è legato al principio;
2.]
il principio è eterno, perché “l’essere è e non può non essere” [Parmenide];
3.]
quindi, l’infinito è sempre anche eterno.
problema
[rilevazione di
problema]
il
Creato è infinito ma non è eterno. questo problema è legato al rapporto tra
infinito e principio, e dovrà essere risolto.
soluzione [possibile soluzione]
potrebbe esistere una differenza qualitativa
tra l'infinito_non_creato del reale_in_creato [mondo_divino] e
l'infinito_creato del reale_creato [il Creato] [forse derivante da una
differenza qualitativa delle loro relative esistenze/condizioni
esistenziali]: in questo modo l'episteme può accogliere
l'analogia intesa nel senso tomistico [differenza tra l'esistenza di
Dio e l'esistenza della creatura]. ci si limita qui a porre una
differenza tra i due infiniti.
dimostrazione [Dio esiste come
soggetto eterno]:
1.]
l’uomo esiste;
2.]
la necessità esiste;
3.]
quindi l’uomo, per la mediazione dell’esistenza, a cui sono entrambi identici,
perché entrambi esistenti, è anche identico alla necessità [ed è dubbio che ciò
che esiste, non esista in quanto necessariamente esistente, ma non nel senso di
eterno, bensì nel senso di connesso, nel presente, alla necessità intesa come
carattere di quel principio esistenziale, che non è Dio, e alla cui esistenza
tale essente parcecipa, in quanto ente che esiste: necessità come
esistenzialità presente, non necessariamente (per il Creato) in quanto necessariamente causata
esistente];
4.]
si devono allora trasferire i caratteri dell’uomo [soggetto: vita e pensiero]
alla necessità [= eternità] [in tale trasferimento sta la transitività, e
stanno le dim_6 e dim_47];
5.]
deve allora esistere una necessità [= eternità], che sia vita e pensiero, e
tale è Dio.
nota
la presente
dimostrazione è in tutto identica nella forma alla dim_6
e alla dim_47, ma ora il secondo termine dell’identità
è la necessità [il primo è l'uomo in tutte le tre
dim], e quindi non è
qui dimostrato Dio come soggetto_infinito, ma solo Dio come
soggetto_eterno [perchè la necessità è legata al
tempo e il tempo necessario è l'eternità]: le tre
dimostrazioni si completeranno reciprocamente nella dimostrazione
unitaria
[sintesi di tutte le dimostrazioni], ma già si completano se
è vero il suddetto
principio.
integrazione_X
la dimostrazione presenta un difetto: sono trasferiti alla
necessità, all’eternità e all’infinito anche i caratteri di ogni cosa che sia
una forma ipostatica [non un mattone, ma l’atomo] e gli animali, per cui
dovrebbe esistere, ad esempio, una giraffa con i caratteri di Dio [infinita ed
eterna].
si trascura il problema degli oggetti inanimati [anche gli animali
hanno un anima: ciò che rileva è che essa sia auto_cosciente: questo fa la
differenza tra l’uomo e l’animale, non la presenza di un’anima], perché essi,
anche se assolutizzati, non diventano Dio [in quanto inanimati].
La giraffa, dunque, acquisisce il carattere di ente eterno
e infinito, allora si dice questo:
1.] anche se infinita ed eterna, la giraffa rimane priva di
auto_coscienza;
2.] in quanto [senz’altro] infinita e eterna, la giraffa
non è un animale infinito ed eterno, ma è l’infinita ed eterna idea mentale che
Dio ha di essa;
3.] invece, esiste l’Uomo con i caratteri dell’uomo;
4.] questa differenza si giustifica perchè solo nell’uomo
[o meglio nella sua anima auto_cosciente] esiste il pensiero del pensiero e
dell’esistenza [il pensiero astratto, ma ora questo con un significato ben
diverso da quel pensiero “astratto” che gli scienziati potrebbero comunque
attribuire alle scimmie, di cui le ricerca constatano l’intelligenza, e ciò con
provocazione, quando basta semplicemente dire che gli animali sono intelligenti
perché anch’essi a immagine di Dio, essendo lo Spirito Santo l’“animale”
divino], cioè il pensiero dell’astratto in quanto principio;
5.] questo pensiero significa un principio nuovo, che
consente di risolvere la difficoltà emersa nella successiva dimostrazione:
a.] l’uomo, l’Uomo e Dio, in quanto e solo in quanto
pensano l’esistenza, sono di proporzioni infinite ed eterne, fuori dell’idea di
se stessi, anch’essa infinita e eterna [nei differenti ordini], per cui …
b.] … la giraffa, in quanto non auto_cosciente, esiste come
infinita solo come idea [dentro la mente di Dio], e non infinita come
dimensione “esterna” di Dio [cioè non esiste una Giraffa_Dio]:
l’auto_coscienza determina l’espansione dimensionale del
pensiero e del suo corpo, o meglio ne è il presupposto, o meglio ancora, il
carattere parallelo [questa proposizione è un principio_epistemico].
integrazione_Y: ipotesi di confutazione del neo_parmenidismo
l'integrazione_X alla presente
dimostrazione, per la quale ogni essente [creato] si trasferisce
nell'eterno, per la mediazione dell'esistenza e, da questa, alla necessità, che
ne assume i caratteri, porterebbe l'episteme a fondare il neo_parmenidismo
["tutto è eterno"]. si avrebbe così un irrisolvibile paradosso
dimostrativo, perché una dimostrazione comporterebbe un’anti_dimostrazione,
essendo stato indicato nel presente sito che il neo_parmenidismo nega
l’esistenza di Dio [almeno del Dio_Creatore cristiano, o comunque di un Dio
libero/si trascura qui il problema della definizione di un Dio alternativo al
Dio della tradizione cristiana, anche perché l’uomo è un io e un io è libero,
quindi si ritiene sia difficile ovvero problematico definire un Dio che sia
meno dell’uomo, cioè un Dio non libero/la definizione di un uomo non libero è
una definizione che contrasta con la definizione dell’uomo come io
auto_cosciente e persona, ovvero semplicemente con la definizione
“classica”/più comune, normale e probabile dell’uomo].
per evitare questa debolezza/vulnerabilità
paradossale della dimostrazione si introducono i seguenti principii epistemici:
1.] l’eternità di un ente creato [una
giraffa] segue la sua creazione [eternità_potenziale, distinta dall’eternità_attuale:
cioè un tempo illimitato, potenzialmente in crescita continua, ma che ha avuto
un inizio nel tempo dell’eternità senza inizio];
2.] il neo_parmenidismo si potrebbe confutare così:
l’essere necessario è nel senso che essere = è, ma l’uguale, per la riforma del
principio di non contraddizione, comporta la differenza [alterità tra i termini
dell’uguaglianza], quindi essere = è significa: essere] differente_da
[è, cioè essere ≠ è, ma il diverso dall’essere è il nulla, quindi
l’annullamente, nel tempo, dell’essere e il suo venire all’esistenza
dal nulla è condizione di coerenza per la prima identità, che riguarda
l’essere_primo del principio [ipotesi per la confutazione del
neo_parmenidismo];
3.] la polvere è fatta di atomi, che
questa dimostrazione avrebbe eternizzato, invece:
a.] solo gli atomi [la forma ipostatica
connessa allo sviluppo] sono eternizzati come idee e realtà esterna [all’idea];
b.] solo ciò che è funzionale all’uomo è
realtà oltre che idea;
c.] l’atomo e il computer sono funzionali
all’uomo [dimostrato dalla connessione di dipendenza pulsionale], quindi sono
eterni sia come idea della mente di Dio, sia come realtà esterna;
d.] una giraffa è una forma, e quindi è
eterna, ma poiché non è [normalmente: …] funzionale all’uomo [...: non esiste
una pulsione verso la giraffa (si trascura qui l’analisi delle perversioni
sessuali legate al rapporto tra uomo e animali, fondate sul fatto che lo
Spirito Santo è dentro Dio, sua componente, ed è l’animale)_], essa è eterna
come idea ma non come realtà esterna all’idea.
è così evitato il
neo_parmenidismo: l’uomo dimostra Dio, la polvere non è eterna, l’atomo è
eterno come creato [se creato], l’uomo è eterno come creato ma anche come non
creato, perché funzionale a Dio e a se stesso [come invece non lo è l’atomo
creato, rispetto a Dio e all’uomo creaturale], la giraffa è eterna come creata
[incominciamento], e non come in_creata, perché non funzionale a Dio e
all’uomo.
DIMOSTRAZIONE_56:
METAFISICA, DEL NICHILISMO
Essa
recita: “Dio
esiste perché esiste il pensiero dell’uomo, e questo esiste solo in quanto
pensiero che, essendo metafisico per essenza, pensa in quanto dimostra e
dimostra in quanto pensa”.
questa dimostrazione riprende il tema della dim_3. essa
tuttavia non ne riprende l’argomento. mentre la dim_3 è legata all’episteme, la
presente dimostrazione è legata alla epistematica [cioè alla gnoseologia
attinente alla costruzione dell’episteme, che è il concetto della realtà e di
Dio].
si è detto nella
pagina …/m136.html_[…] quanto segue:
“…l’episteme concepisce Dio come
esistenzialmente necessario, e formula “novità” allo scopo di porre il
parallelismo speculativo tra …
a.] spiegazione della ragione razionale dell’esistenza di Dio;
b.] spiegazione che, essendo la definizione di Dio come essere
necessario, necessariamente funzionale all’esistenza necessaria, equivale alla
dimostrazione dell’esistenza di Dio [terza dimostrazione]”.
questo significa che il
pensiero [nel suo uso primario/questo concetto è legato alla critica
epistemica dei giochi di Wittgenstein, che l’episteme interpreta, naturalmente,
come usi/giochi di pensiero, prima che di linguaggio, e l’episteme li
gerarchizza] è solo pensiero dell’essere in quanto essere. ma questo determina
la metafisica epistemica, la quale spiega, e con ciò dimostra
[probabilisticamente/rendendo plausibile] l’esistenza di Dio.
allora:
1.] esiste il
pensiero [dell’uomo], solo in quanto metafisica epistemica [scienza dell’essere
in quanto essere e del suo sviluppo determinante Dio e convergente su Dio];
2.] per cui, poiché esiste tale pensiero, Dio esiste [la
sua esistenza è resa dimostrata/ plausibile: attenzione, non è necessario
dimostrare Dio perfettamente, è sufficiente superare la plausibilità
dell’ipotesi contraria, ovvero dell’a_teismo/ciò non toglie il dubbio di fede e
la relativa angoscia, ma almeno vince l’a_teismo e la relativa etica/a_etica,
anch’esso solo probabile (ma, dice Severino, anche necessario)_];
ecco dunque che l’a_teismo
è confutato:
1.] il nichilismo
non è pensiero dell’in_esistenza di Dio, ma, in quanto negazione della
metafisica_epistemica, data dal pensiero [puro], essenza del pensiero [pensiero
puro dell’essere], il nichilismo è solo non_pensiero;
2.] ma il pensiero [metafisico] esiste, e quindi il
nichilismo è volontà di negare l’esistenza di ciò che esiste, ciò che è
impossibile;
3.] Severino dice che la volontà che vuole l’impossibile è
violenta: l’a_tesimo è una forma di violenza della volontà: volontà del
soggetto, che si auto_nega le [proprie] potenzialità [metafisiche] del
pensiero;
4.] la filosofia contemporanea è una forma di violenza;
5.] ciò spiega l’alienazione a cui sono esposti i giovani
che studiano filosofia [e a cui il soggetto_espositore si è sottratto,
lasciando la facoltà di filosofia]:
a.] è dato loro
credere [da parte della filosofia contemporanea], che la filosofia antica
[metafisica] è “antica” [
cioè lontana e inattuale];
b.] è dato loro credere, che l’a_teismo e la filosofia contemporanea
[che, dice Severino, nega radicalmente l’esistenza di Dio] siano forme di
pensiero [dice Severino: “il più radicale e potente: Nietzsche e Leopardi”], mentre invece essi sono forme
di negazione del pensiero, cioè di non_pensiero [ha detto Vigna: “rimozione”].
integrazione_omega
si rileva che tale
dimostrazione è rigorosamente scientifica. essa dice:
1.] l’uso
gerarchicamente primario del pensiero è il pensiero di Dio, perché Dio pensa
primariamente se stesso [nel conscio, insieme agli uomini, ma non ora/dopo e
solo secondariamente, nell’in_conscio, il principio, il proprio mondo, ora gli
uomini_creature (ancora fuori del paradiso) e il Creato];
2.] l’uomo eredita questo pensiero [e ciò pone un problema,
perché il primo pensiero dell’uomo dovrebbe essere se stesso: non si ritiene
qui necessario dire che Dio è per l’uomo un pensiero sì conscio ma secondario,
come sarà in paradiso, perché proprio quell’alienazione (Dio come primo
pensiero) spiegherebbe l’alienazione, quindi il male e l’a_teismo, inteso come
positiva e necessaria, per tutti gli uomini, difesa da tale alienazione, dovuta
alla sovrap_posizione della struttura originaria creata/derivata];
3.] quindi, esiste
il pensiero solo in quanto pensiero di Dio: si può pensare una mela, ma solo
con lo sfondo del pensiero di Dio/senza questo sfondo l’uomo non pensa, e in
effetti gli a_tei sono soggetti in_consci/in_consapevoli;
4.] ma il pensiero esiste [il pensiero di una mela];
5.] quindi esistono, correlati:
a.] l’esistenza del
pensiero;
b.] il pensiero come necessariamente pensiero di Dio
c.] l’esistenza di Dio [così dimostrata] in quanto
contenuto necessario del pensiero.
… e tale è Dio,
perché Dio è, nella sua essenza più profonda, vita in quanto pensiero [infinito
e eterno], e quindi il pensiero di Dio è auto_pensiero, estasi per Dio [e
possibile alienazione per l’uomo (necessariamente, per questo, a_teo:
a_teismo come difesa da questa alienazione, tipicamente religiosa)_]. che Dio sia pensiero [attenzione:
segue ragionamento imperfetto, lo si lascia e se ne dà il perfezionamento nella
successiva integrazione_Z] è posto dalla primaria definizione di Dio [giacchè per dimostrare Dio
bisogna definirlo, inizialmente], e che questo pensiero, pensato
nell’uomo, sia infinito e eterno è dimostrato per il fatto che [attenzione:
rilevazione del difetto: si sta uscendo dalla dimostrazione, ma si
lascia la considerazione che segue perchè mostra l'efficacia
delle dimostrazioni richiamate e l'intreccio tra le dimostrazioni] l’infinito e
l’eterno sono idee e parole della mente [del pensiero], e tutte le
dimostrazioni [in particolare la dim_2 per le idee e la dim_42 per le parole]
dicono che le idee e le parole servono, nel loro uso gerarchicamente primario
[posto dal valore e dal senso] per riferirsi alla realtà delle cose.
integrazone_Z
[perfezionamento della dimostrazione/concetto pensato più di 10 anni fa e qui
ricordato]
così formulata la dimostrazione è insuffciente, perché essa
deve dimostrare che il pensiero pensato dall’uomo è infinito e eterno [= Dio] in
quanto pensiero [essendo questo il cuore della dimostrazione], e non
servendosi di altre dimostrazioni [dim_2 e dim_42]. Lo si dimostra così [si
ritiene che forse questo concetto è già stato esposto nel sito]. L’esistenza è
l’esistenza vaga oppure e la totalità dell’esistenza, cioè l’Intero. ora:
1.] l’uomo può pensare l’Intero non come idea ma, poiché
l’Intero è l’Intero [e qui è evidente che si sta usando l’argomento ontologico
con l’Intero al posto di Dio, perciò lo si riprende con la sua epistemizzazione
nella dim_25, se essa serve allo scopo/non ci si pone ora il problema],
necessariamente come l’Intero oggettivo e oggettuale, cioè interno e esterno
insieme;
2.] allora, poiché l’uomo non copre epi_stemicamente
l’Intero, è evidente che il suo pensiero sta utilizzando Dio/triangolando su
Dio [= Cristo = Epi_steme] [attenzione: rilevazione di ulteriore dimostrazione:
dim_57];
3.] quindi, in quanto pensiero dell’essere [concetto vago],
cioè di tutto l’essere [concetto preciso], ovvero dell’Intero, questo pensiero
è infinito e eterno, anche esterno all’uomo/altro dall’uomo.
DIMOSTRAZIONE_57: DELLA TRIANGOLAZIONE, R_SECONDA, QUINTA_C
dalla precedente dimostrazione si ricava che il pensiero
dell’Intero è il pensiero della totalità, che esso è anselmianamente fuori
dell’idea [la totalità è totalità, non solo interiore, stesso ragionamento che
si era usato per l’alterità in una precedente dimostrazione], e che, poiché
l’uomo non la copre, …
1.] da un lato, questo pensiero è Dio [dim_56];
2.] dall’altro lato, il pensiero della totalità e di Dio è
consentito nell’uomo solo attraverso Dio [cioè Dio esiste perché, non solo Dio
esiste, ma lo si può sapere perché Dio esiste, Dio di cui ci si serve per
pensarlo], e quindi Dio esiste, perché la sua esistenza consente di conoscere
la sua esistenza, così doppiamente dimostrata [presente dimostrazione].
La dimostrazione è detta:
1.] ruiniana [dim_16], perché ne riprende l’argomento, e
inoltre vi si applica anche quanto detto nell’esempio del sasso [parte finale
della dimostrazione];
2.] cartesiana, perché anche Cartesio si è servito di Dio
per triangolare col mondo, ciò di cui si è detto sempre nella dim_16
[ruiniana].
DIMOSTRAZIONE_58: ANTICRISTICA, N_TERZA,
RETRO_RAZIONALE_SECONDA, QUARTA_PARADOSSALE
premessa
seguono un insieme di
dimostrazioni incentrate sul rapporto tra bisogno e verità del bisogno: “Dio esiste perché l’uomo
ne ha bisogno”. questo principio è espresso alla fine della
settima dimostrazione: “Dio esiste
perché l’uomo ha bisogno della sua esistenza” [dim_7]. questa proposizione descrive il contenuto
della settima dimostrazione, nella quale questo bisogno di manifesta nel
linguaggio dimostrativo emergente, che fa apparie Dio come razionalità di tale
linguaggio, perché espresso dal relativo bisogno assoluto dell’assoluto
[massima razionalità del bisogno e del linguaggio che lo esprime]. Ma tale principio fonda anche dimostrazioni più dirette,
che correlano la verità al bisogno, così come l’episteme ha posto la correlazione
tra verità e senso. tale
principio è il rapporto è espresso dal principio della verità del desiderio,
dove la verità è Dio e il desiderio è il desiderio di Dio. questo principio sta
alla base delle dimostrazioni dim_17 e dim_39, ma esse piuttosto sono
dimostrazioni epistematiche, essendo il desiderio/bisogno/etica intesi come
criteri guida del pensiero speculativo. ora invece la correlazione tra
bisogno/desiderio e verità è legata all’episteme, nel senso che dalla natura
“strutturale” di tale bisogno si ricava l’esistenza di Dio.
dimostrazione:
1.] l’uomo ha la pulsione a
[ri_]creare Dio [ad esempio in un super_computer/dice Severino: “con la tecnica l’uomo
può darsi il programma di creare anche Dio”];
2.] ma questo Dio è paradossale:
è un Dio che inizia a esiste nel tempo, in quanto creato dall’uomo; ed è però
voluto come il vero Dio, cioè come quesl Dio eterno che, in quanto tale,
dovrebbe precedere [retro_]esistenzialmente la propria creazione da parte
dell’uomo, perché è evidente che un Dio che, essendo creato, inizia a esistere,
non può essere il “vero” Dio, e quando l’uomo vuole creare Dio, vorrebbe
esistenzializzare il “vero” Dio, non un Dio_super_computer;
3.] tale volontà creatrice di Dio,
che è etica, si realizza oggi nel male, nella creazione cioè del Grande
Fratello della Tecnica [= Anticristo, essendo appunto Cristo il Fratello
dell’uomo/questa definizione è scientifica]. l’episteme fonda positivamente il momento
tecnologico della storia [principio della santificazione della civiltà della tecnica]:
a.] attraverso la conoscenza dell'Anticristo, l'uomo conosce Cristo;
b.] così l'episteme ha potuto conoscere che Cristo, come Verbo e Carne, è la Tecnica;
c.] nel rapportarsi al Grande Fratello, l'uomo costruisce la propria identità paradisiaca.
4.] la volontà creatrice di Dio
[associata alla dim_19] può uscire dal paradosso, solo creando il Grande
Fratello nello stato e in una globalizzazione, che non sia il vero Dio [la
tecnica come “oppio” dei popoli, che fa ad essi dimenticare che la tecnica
umana non è co_eterna alla necessità], ma sia solo il simbolo del vero Dio, creato
in quanto desiderato/voluto/posto/ pensato come realmente originario ed eterno;
5.] il Grande Fratello diventa la
positiva [etica] immagine apparente della clonazione di Cristo e del vincolo_
tecnologico di salvezza, ovvero della gigantesca riproduzione clonativa che
Cristo fa di sé allo scopo di creare, nell’al di qua non apparente
[nuova_creazione] il ponte tra al_di_là_infernale e al_di_là_ paradisiaco,
nella separazione di Cristo da Cristo [dovuta a quella del Figlio dal Padre],
che ha aperto, nell’eterno e nella necessità, lo “spazio sacrificale” per la
creazone della creatio_ex_nihilo [tutto il Creato sta in Dio, nello stesso
luogo in cui la spina_protesi penetra la testa di Santa Rita da Cascia];
6.] questa immagine dimostra
l’esistenza di Dio, perché l’uomo esprime il suo bisogno di Dio e del nuovo Dio
salvifico creando Dio [o nella tecnica, facendolo apparire, o nell’etica,
consentendo a Crsito si clonarsi con l’uomo], e questa creazione è la posizione
esterna di un’idea: questa posizione esterna di Di, cioè della sua idea, mostra
che l’idea che l’uomo ha di Dio è l’idea di un Dio esterno alla sua idea …
7.] … e poiché il concetto di Dio
è il concetto di un Dio che, pur essendo posto nel tempo, sta fuori del tempo,
questa posizione [tecnica e o etica] avviene nel tempo [perché anche la
clonazone di Cristo avviene nel tempo, seguendo l’uomo], ma è simbolo di un Dio
eterno, perché questo vuole l’uomo: tale riproduzione_creata di Dio serve
all’auto_completamento del Dio eterno e in_creato.
L’uomo desidera essere “dio” [=
anima paradisiaca], e crea Dio per essere accompagnato da Dio in tale sua
divinizzazione.
DIMOSTRAZIONE_59: DEL COMPLEMENTO
Dio esiste perché il bisogno di Dio da parte dell’uomo è
espressione di Dio come del complemento [interiore e] esteriore dell’uomo:
esteriore, cioè esistente [in modo autonomo dall’uomo]; complemento, quindi la
realtà stessa di Dio, riprodotta nell’uomo, fa percepire Dio come sua assenza
nell’uomo; poiché Dio è assente dall’uomo, Dio esiste perché deve esistere un
Dio che possa riempire di se stesso tale assenza, a_normale e proiettantesi
esteriormente nel bisogno di Dio, della sua esistenza e della sua
dimostrazione.
anche qui [come nella dim_58] si
dice che l’uomo desidera essere “dio” [= anima paradisiaca], e crea Dio per
essere accompagnato da Dio in tale sua divinizzazione.
DIMOSTRAZIONE_60: DELLA PURIFICAZIONE
associata alle dimostrazioni dim_36
e dim_49 [a quest’ultima per l’esempio in essa usato], la presente
dimostrazione si fonda sulla rilevazione del bisogno di purificazione
[religiosa] dell’uomo [e potrebbe fondarsi anche sull’alienazione e sulla
sublimazione religiose, definite “patologie della fede”, che Freud usa per
negare la religione, e che l’episteme invece considera fenomenologicamente come
chiara manifestazione del divino, capovolto a causa del male]: tale bisogno di
purificazione non potrebbe esserci se non esistesse un Essere puro, rispetto a
cui sentirsi impuri.
DIMOSTRAZIONE_61: DELLA VOLONTA’ DI POTENZA, N_TERZA
Dio esiste perché l’uomo esprime
il bisogno della sua esistenza per il proprio infinito potenziamento. Esso è
tale se attuale:
1.] l’ateo percepisce Dio come
proprio depotenziamento;
2.] vede l’evoluzione e la
tecnica come proprio potenziamento;
3.] ma questo si realizzerà [se
si realizzerà] con il progresso;
4.] invece, se Dio esiste, tutti
gli uomini saranno subito potenti dopo la morte [se salvati].
anche qui [come nelle dim_58 e
dim_59] si dice che l’uomo desidera essere “dio” [= anima paradisiaca], e crea
Dio per essere accompagnato da Dio in tale sua divinizzazione.
DIMOSTRAZIONE_62: DELL’EROS
Dio esiste perché l’uomo esprime
il bisogno della sua esistenza per il proprio infinito godimento. dice infatti
la dim_7, con due argomenti non strettamente associati ad essa, e che si prestano
a tale dimostrazione:
1.] “nell’eternità,
è meglio amare una donna e, insieme, Dio, piuttosto che soltanto una donna:
quindi credere in Dio è più perfetto che non credere, perché Dio, in aggiunta,
dà più godimento”;
2.] “quanto
più piccolo è l’uomo davanti a Dio, tanto maggiore è il suo godimento di Dio, e
quindi tanto maggiore è il godimento di Dio, che partecipa del godimento
dell’uomo”. qui si
aggiunge che, in aggiunta, anche l’uomo partecipa di tale godimento/
partecipazione di Dio, in un circolo virtuoso: il “circolo del godimento”.
DIMOSTRAZIONE_63: DELL’AGAPE
Dio esiste perché l’uomo esprime
il bisogno della sua esistenza per la propria infinita protezione [amore
protettivo: tale dimostrazione si associa quindi alla dim_48], e per il proprio
infinito bisogno di affetto [familiare_coniugale_amicale]. Non si è ritenuto di
dover distinguere tante dimostrazioni quanti sono i bisogni di amore dell’uomo
[secondo le diverse concezioni dell’amore] e quanti sono le forme degli
ulteriori bisogni dell’uomo. sono stati identificati i bisogni di base:
1.] creazione [Nietzsche e
Severino] [dim_58];
2.] completamento [dim_59];
3.] di purificazione [dim_60];
4.] di potere e riconoscimento [dim_61];
5.] di eros [dim_62];
6.] di affetto, amicizia,
potezione [dim_63].
DIMOSTRAZIONE_64:
SEVERINIANA_SECONDA
per la dim_5 [severinina_prima], Dio esiste perché deve
esistere un conscio [= Dio] a cui appaia l’apparire in_conscio dell’in_conscio
dell’uomo, perché l’apparire, anche se in_conscio, è sempre apparire per un
conscio.
Ora, invece, si constata che, poiché “l’essere è e non può non_essere” [Parmenide e Severino] [ma, in
conseguenza di quanto si è detto nell’integrazione_Y della dimostrazione 55,
già si inizia a dire che “l’essere (degli
enti) è, e può anche non essere, affinchè solo l’essere_puro sempre sia e mai
non sia”, o
addirittura anche quest’ultimo può non essere, affinchè sempre esista solo la
prima determinazione della struttura proto_ontica dell’essere in sè], anche
l’apparire conscio dell’uomo deve sempre essere, e poiché l’uomo vede e non
vede, la continuità del contenuto del conscio dell’uomo deve continuare, come
detto, ad apparire, a allora essa appare ad un conscio diverso da quello
dell’uomo, cioè al conscio di Dio, che quindi esiste [come condizione della
continuità dell’apparire appartenente agli occhi dell’uomo].
ciò fa venire in mente l’immaterialismo e
idealismo_gnoseologico di Berkeley, e ora si cerca di vedere se nella sua
filosofia è contenuta una dimostrazione.
Intanto si constata che questa dimostrazione è già
berkeleyiana, ma Berkeley non ha riflettuto sul rapporto tra essere ed ente, in
senso parmenideo, egli ha detto che ciò che scompare continua ad apparire in
Dio, solo per la ragione che viene riportata nella dim_65 successiva a questa.
DIMOSTRAZIONE_65:
BERKELEYIANA
premessa
la confutazione di Berkeley è per l’episteme di estrema
semplicità, perché è già stata fatta confutando Kant:
1.] il processo che Berkeley critica, l’astrazione, è il
cuore della gnoseologia epistemica, per la quale appunto il vero reale è
l’astratto;
2.] per Berkeley la conoscenza è percezione, e questa
riduzione [fatta propria da tutto il pensiero occidentale, anche dalla
neo_scolsatica, fin da Platone, che per conoscere le idee si eleva ad una
conoscenza “intelligibile”, che per l’episteme è invece semplicemente e
naturalmente il pensiero] è frutto del nichilismo [che, fraintendendo il senso
dell’essere, fraintende così anche il pensiero, ovvero la conoscenza, ridotta
all’apparire dell’apparire, cioè alla percezione: al pensiero è associata
l’immediatezza logica, ovvero il formalismo, mentre l’essere è inteso solo per
l’immediatezza fenomenologica, e appunto il fenomeno è apparire per la
percezione];
3.] per l’episteme, invece, che usa la tripletta pensiero,
linguaggio e percezione, il linguaggio [sintesi nel Verbo di pensiero,
linguaggio in senso stretto e percezione] media tra percezione e pensiero,
astraendo dall’ente/apparire la sua esistenza [producendo la
differenza_ontologica], e astrae questa da se stessa [producendo la
differenza_protologica, ovvero ricavando il concetto di esistenza pura e della
sua struttura proto_originaria];
4.] poi, astratta dal pensiero l’esistenza dell’ente
dall’ente percepito, il pensiero riattribuisce all’ente_percepito la sua
esistenza, e così, tramite il linguaggio e opportuna modelizzazione, il
pensiero [e non la percezione] intuisce [l’intuizione è la base per pensiero:
tutta la matematica_deduttiva è sequenza analitica, sistematica e
sintetico_analitica di intuizioni] che l’ente della rappresentazione, e che è
tale, cioè soggettiva, è anche oggettivo, fuori di essa, perché l’esistenza
pura è concetto, privo di rappresentazione, essendo astratto, assolutamente
oggettivo, e viene applicata/appiccicata all’ente, portato così fuori del
soggetto. Quindi:
a.] la teoria epistemica della realtà e della sua
conoscenza è sia realismo che idealismo;
b.] per quanto è possibile, essa deve spiegare come sia
possibile al pensiero “saltare al di fuori della propria ombra” [l’ombra è il campo
del solipsismo/idealismo];
5.] già da più di 15 anni l’episteme definiva la
rappresentazione come solo soggettiva, e poi ha capito che l’essenza
dell’oggettività del reale deve essere s_materializzata, ma non in senso
spirituale, bensì in senso esistenziale, perché l’esistenza è necessaria
[Parmenide], priva di rappresentazione [Heidegger] e quindi astratta [Hegel]:
ma questo astratto non è irrazionale o privo di fondamento [Heidegger secondo
Severino] e non viene superato dal concreto [secondo Hegel], bensì [e questo
principio, finora non detto, è forse il pià importante della metafisica
epistemica], proprio in quanto chiuso in se stesso e su se
stesso,
nella propria differenza protonica, determina Dio e il tutto verso Dio fuori di
se stesso, in un’emanzione, in cui il primo termine è l’uno con la lettera
minuscola [esistenza e uno], e l’ultimo termine è l’uno con la lettera
maiuscola: Dio come Essere e Esistenza [schema dell’evoluzione trasferito
all’emanazione: dall’Uno_Dio inizia la trinitarizzazione]. s_materializzato
l’ente, l’episteme torna a materializzarlo anche al di fuori della
rappresentazione: la cosa, l’oggetto, è materia, e questa è sia soggettiva
[come percepita], sia oggettiva, ma come astratta/non_percepita;
6.] infine, per l’episteme il nichilismo gnoseologico, che
fa prevalere il concreto sull’astratto e la percezione dell’ente concreto [=
apparire dell’apparire] sul pensiero dell’essere/esistenza astratto, deriva dal
fatto che l’uomo [che adotta una concezione totemica della conoscenza, in cui il
dato è introiettato dalla mente, anziché una concezione epi_stemica della
conoscenza, per cui pensare è essere, e quindi se penso il tutto io devo essere
esteso come il tutto] proietta la fonte energetica [frutto proibito,
punto_omega, il danaro, ecc.] nell’ente, e quindi lo vuole concreto;
7.] l’uomo teme l’astratto, e lo identifica
nichilisticamente/heideggerianamente con nulla/Ni-ente, perché “vive”
l’astratto come vuoto, cioè assenza della fonte, ovvero caduta infernale.
Invece il vero reale è l’astratto, Dio è astratto, il tutto è astratto, e il
concreto è solo l’estasi e il piacere.
dimostrazione
ciò posto, si constata che Berkeley ha ragione quando dice
che l’apparire che cessa di apparie all’uomo deve continuare ad apparire =
essere a Dio …
apertura di macro_parentesi [in tale identità c’è tutto il
nichilismo dell’occidente, di Severino e della neo_scolastica: l’essere è anche
apparire, ma non si riduce ad esso, l’essere è innanzitutto l’essere stesso, e
in tale auto_identità, non tautologica, sta la sua oggettività esterna
all’uomo: infatti: è ≠ esiste ≠ esistere ≠ esistenza: questi diversi modi di
esistere dell’esistere significano che l’essere non è solo tautologicamente
l’essere stesso, ma è la propria auto_condizione esistenziale, il circolo
auto_fondativo dell’essere, l’essere come causa di se stesso, e quindi un
astratto esistente, astratto perché non rappresentato, e causa di tutto perché
logico_formalmente auto_contraddittorio (apparetemente) ma coerente, e il
tutto, gerarchizzato im_mediatamente in Dio (nell’esistenza, nel pensiero e nell’anima)
e mediatamente fino a Dio (nello spirito e nel corpo), è questa coerenza,
intesa come condizione a_temporale (perché sempre deve essere) di coerenza del
principio, cioè dell’auto_fondazione dell’esistenza in sé pura astratta] chiusa
macro_parentesi …
… infatti:
1.] la rappresentazione presuppone un campo spirituale che
traduca l’oggetto [ente esistenziale] in oggetto soggettivizzato [ente
apparente];
2.] l’uomo ha un campo che egli non può dominare: vede [in
modo naturale, senza ad esempio il telescopio] le montagne, ma il suo campo
spirituale non può investirle autonomanente, perché esse sfuggono al controllo,
da parte dell’uomo, della propria immaginazione, che non è solo passiva [come
dev’essere, se la soggettivizzazione riguarda la realtà vera], ma anche
“enorme”;
3.] quindi, il campo spirituale dell’uomo, in cui egli è
immerso, è dato da Dio [o dalla stele: se esiste la stele, raggio spirituale,
esiste Dio, da cui essa proviene, avendo l’informazione dell’uomo, quindi
dell’Uomo].
perché il campo dell’uomo dovrebbe essere piccolo ?
correzione:
1.] non piccolo, ma de_centrato;
2.] l’uomo si sposta, e la montagna è ferma: normalmente
[configurazione standard della vita], è vero che la montagna dovrebbe
spostarsi, ma relativamente all’uomo, che non dovrebbe spostarsi [essendo, come
dice Putnam, cervello nella vasca, e questo normalmente];
3.] cioè l’uomo si sposta relativamente a un campo
immobile, essendo la percezione della montagna una triangolazione
[catesiana/berkeleyiana] tra uomo, Dio e montagna. Ciò dovrebbe essere
approfondito e meglio spiegato, ma per ora può bastare: la presente
dimostrazione ha solo intuito qualcosa: Berkeley ha forse capito che l’apparire
è anche in sé vero, come apparire, perché appare ad un altro conscio: non dal
punto di vista dell’essere [Severino], ma da quello di un Dio che è condizione
per una rappresentazione del mondo [Schoperhauer], “troppo grande” per l’uomo,
cioè perchp sia creata dal solo campo spirituale [steleologico] dell’uomo.
DIMOSTRAZIONE_66:
CONDIZIONALE, QUINTA_PARADOSSALE, LUDICA_QUARTA
Questa dimostrazione era inclusa nella dim_3, e viene ora
scorporata da essa, allo scopo di sottolineare le funzioni dimostrative e i
principiii in base a cui la dim_3 può essere efficace. Ciò appare necessario,
perché le due versioni della dim_3 esprimono nella seconda versione una
dimostrazione autonoma. La presente dimostrazione recita: “Dio esiste, perché la posizione_speculativa [nominale,
razionale e sistemica] della sua ipotesi presuppone l’esistenza di Dio come
unica possibile spiegazione [= condizione] dell’esistenza della stessa ipotesi
di Dio”.
La presente dimostrazione differisce dalla seconda parte
della dim_3, perché questa utilizza il sistema del tutto per spiegare
l’intera_realtà [l’Intero], la presente dimostrazione utilizza solo alcune
determinazioni del sistema del tutto [poste in modo completo], per spiegare
solo una parte dell’Intero, cioè l’ipotesi di Dio.
seguono condizioni dimostrative:
1.] se esiste una realtà, di cui Dio è posto come
condizione, allora Dio esiste;
2.] la realtà apparente è, ad esempio, posta dal
cristianesimo come tale, per cui Dio, nella creatio_ex_nihilo, è sua condizione
esistenziale, essendo Dio condizione creatrice del Creato. ma è invece solo ipotetico
che Dio sia tale condizione, solo cioè se la realtà che appare è stata
realmente creata
parentesi [peraltro ciò non sarebbe
ipotetico, perché l’episteme, vedendo l’auto_concetto a livello
fenomenologico_linguistico, identifica quasi descrizione e dimostrazione, dato
che la definizione (funzioni dimostrative: DIM = DES X DEF), oltre a essere
data a livello esistenziale, può essere data dai tre principiii di correttezza,
coerenza e completezza, e se la correttezza presuppone la definizione
esistenziale e l’apparire empirico, tali principii, potendo forse funzionare a
coppie, possono essere anche solo la coerenza formale_razionale e la
completezza sistemico_enciclopedica] chiusa
parentesi;
3.] la prima realtà, di cui Dio sarebbe condizione, per
l'uomo è l'ipotesi di Dio;
4.] l’ipotesi di un essente, se non ne dimostra
l'esistenza, ne dimostra comunque la capacità di spiegare la realtà, a partire
dalla realtà/esistenza dell'ipotesi stessa [cioè: l’ipotesi è formulata per
spiegare la realtà, e qui si usa l’ipotesi di Dio per spiegare innanzitutto se
stessa. nella dim_3 ci si è infatti chiesto: “come ad esempio spiegare l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di
Dio”];
5.] il passaggio dalla spiegazione [funzione_DES] alla
dimostrazione [funzione_DIM] è dato dalla funzione DEF_definitoria, data in
base ai due principii suidenticati [coerenza e completezza];
6.] nella dim_3 questa funzione dimostra Dio dimostrando
l'esistenza pura e traendo da essa Dio in base al metodo dialettico
dell'ipostatizzazione della reatà [prima versione della dim_3];
7.] ora, invece, si dimostra Dio in base alla definizione
dell'ipotesi, la quale è così definita:
a.] l’ipotesi è un
nome/idea, che abbia la forma [apparire empirico] e l’uso [correlazione]
nominali/ideali di una possibile realtà, e l’ipotesi della sua realtà si pone
come funzionale alla realtà generale [l’esistenza/Intero], e questa realtà
particolare [la realtà dell’ipotesi e la realtà ad essa sottostante] si mostra
[descrizione/spiegazione] essere condizione [come realtà soprastante] della sua
idea nell’uomo: allora l’idea/il nome ha una realtà/verità in base ai
principii di correlazione senso e significato [dato dei due principii
suindicati di coerenza e completezza descrittiva], senso e vero, e desiderio/bisogno
e vero;
b.] l’ipotesi appare come la condizione
provvisoria/transitoria, ovvero come il luogo_dimostrativo della transizione
del nome/idea dalla mente alla realtà, tramite il ragionamento dimostrativo,
che già assume la realtà come ipotesi [in cui la realtà si riprodurrebbe come
nome/idea dell’ipotesi della loro realtà], perché nominalmente e
speculativamene avente la forma e l’uso [anche intenzionali] della necessità
[ad esempio: nella purezza degli auto_concetti, nella quale i termini
creazione, fantasia, unicorno e Dio non sono mai confusi in base al loro uso e
significato];
c.] per forma e uso di un nome/idea deve intendersi la
correlazione fenomenologica tra la disposizione delle lettere, l'uso del nome e
il relativo pensiero/idea: da tale correlazione, l’idea proietta o non proietta
la realtà fuori da se stessa.
la presente dimostrazione è stata detta paradossale e ludica perchè è stata
formulata nel seguente modo paradossale:
1.] se esiste una
realtà, di cui Dio è posto come condizione, allora Dio esiste;
2.]
ma tale realtà è anche solo la semplice ipotesi di Dio;
3.]
quindi, essendo Dio condizione della propria ipotesi [non del suo contenuto,
ipotetico, ma della sola ipotesi, del puro nome "Dio"], esiste.
il paradosso è questo:
a.] è sempre vero che, se Dio è una condizione, Dio esiste;
b.]
bisogna dimostrare che Dio sia una condizione;
c.]
ma lo è certamente per il nome "Dio" [il nome Dio è condizione del
nome Dio];
d.]
allora Dio è condizione e quindi esiste.
la critica direbbe che Dio esiste allora solo come nome, e ogni nome è
condizione di se medesimo: la risposta è che ...
1.] i nomi descrivono sempre una realtà [sia reale o fantastica: in questo caso
la realtà del nome e dell’idea];
2.]
i nomi esistono sottointendendo una loro realtà;
3.]
i nomi, che sottointendono sempre una realtà, sono riconoscibili come
corrispondenti alla loro realtà in base al proprio nome e uso [intenzione], da
cui si distingue tra loro realtà come realtà e loro realtà come fantasia;
4.]
per il nome/idea di Dio, questa realtà è l'essenza di Dio come essente reale
esterno all’idea, realtà esterna, da cui l'ipotesi di Dio come essente trae la
sua esistenza reale in base ai suindicati principii di correlazione.
a
completamento di tali dati si rileva ulteriormente questo segue:
1.]
una descrizione, intesa come buona spiegazione,
in quanto buona [coerente e completa] ha un suo intrinseco potere dimostrativo
[correttezza, persuasione, intuizione della verità del concetto e della
spiegazione, perché essa spiega, e quindi connette l’idea alla necessità in
senso causale];
2.]
poiché [si pone qui un principio, che viene detto anche nel senso comune, esso
gode cioè di credibilità] “la realtà supera la fantasia”, ciò che significa scientificamente che non esiste
una fantasia [fantastica, fantascientifica, immaginativa, onirica], che possa
essere più desiderabile della realtà di Dio, ciò spiega perché si è detto che
anche l’idea fantasiosa sottointende una realtà reale e da questa è sottointesa
[riproducendosi la realtà nell’idea]: la fantasia non “scavalca” la sostanza
del reale desiderabile, ma solo ne muta la forma:
1.]
può cioè mutare in modo fantasioso la concezione di Dio, ma non la verità della
sua esistenza;
2.]
in base al principio di corrispondenza [che è un ulteriore correlazione: di
tipo etica_logica_etica] tra logica ed etica, la fantasia della concezione di
Dio si riduce proporzionalmente all’aumento dell’etica implicata da tale
concezione, se essa converge sempre più all’amore cristiano, essendo quello
cattolico il concetto vero di Dio, sia come esistenza, sia come concezione.
DIMOSTRAZIONE_67:
TOTEMICA
questa mattina [riferimento
crono_storico: 13 gennaio 2007] si è avuta la seguente riflessione, capace di
suscitare nel soggetto_espositore un’emozione di invidia verso Dio [e quindi
appare giustificata l’azione di Lucifero, anche se irrazionale in ordine alla
sua fattibilità/praticità: la creatura non può sostituirsi al Creatore per
definizione, essendo differente il loro rapporto con il principio e la fonte, è
allora evidente che Lucifero ha agito sulla base dalla struttura originaria di
Severino, che vorrebbe confutare la possibilità di una creazione]:
1.] che cosa sta facendo il
soggetto_espositore ? sta dimostrando l’esistenza di Dio;
2.] ma chi è e che cosa è Dio ? è
un ente che per definizione è massimamente perfetto e felice;
3.] potrà partecipare il
soggetto_espositore alla sua felicità ? forse sì, dipende dalle condizioni di
salvezza e dalla loro situazione;
4.] ma potrà [ecco il problema]
mai avere il soggetto_espositore la stessa felicità del Creatore, nella stessa
identica misura ? la risposta è “no” per definizione;
5.] ed allora: io sto ponendo
esistente un essere, della cui felicità io non potrò mai esperire, lui è
il solo immensamente Felice, e mai io potrò esserlo come Lui. Lui
solo è Dio e io, pur potendo in paradiso essere dio, super_uomo e
anima_paradisiaca, massimamente felice secondo quanto mi pertiene, io non
potrò mai essere Dio, a me estraneo in senso trinitario, il vero Dio, al
suo posto o almento come Lui: Lui è Lui, e soltanto Lui è come se stesso.
tutto ciò ha scatenato nel
soggetto_espositore una sensazione di invidia, ovvero il desiderio di poter
essere come Dio e al posto di Dio, e la consapevolezza che egli, l’uomo, non è
Dio. tutto ciò è fondamentale: perché, posta la dottrina centrale del male
[quella della matrice originaria del male_[…]], si è così dimostrato non ciò
che si pensava, e cioè che l’uomo vuole solo essere anticipatamente
anima_paradisiaca [= “dio”], ma non di certo Dio [così si è detto finora]: ma
[in base a tali pensieri] proprio Dio,
cioè io vorrei essere l’Immensità, l’Unico, il vero Dio, e da tutto ciò se ne
trae di conseguenza un ulteriore dimostrazione: Dio esiste, perché io vorrei essere Dio, e quindi
so che un Dio deve esserci, perché il mio desiderio è talmente veritiero e
sostitutivo [di Qualcosa e Qualcuno], che Dio non può non esistere, in quanto
causa della mia invidia verso di Lui, invidia che quasi tocco [esperisco] con
mano:
1.] il mio desiderio di essere
Dio mi fa capire che Dio esiste;
2.] prima l’uomo voleva crescere,
insieme a Dio, ora l’uomo vorrebbe [secondo il male, perché mai potrà] essere
lui il vero Dio, centro eterno della necessità.
DIMOSTRAZIONE_68:
DEL PROBLEMA
se si dimostra che ogni problema ha una soluzione [a
livello di metafisica_epistemica, si dice che ad ogni problema c’è una
soluzione e che esiste una ed una sola solulzione per un dato problema: lo
sviluppo ipostatico, essendo dialettico, agisce per problemi e soluzioni], posto
il problema dell’esistenza di Dio, poiché esso trova soluzione a livello
esistenzialistico [senso e desiderio] nell’esistenza effettiva di Dio [ciò
bisogna precisare, perché non si dica che quel problema è solo speculativo,
altrimenti la sua soluzione potrebbe anche essere la non_esistenza di Dio], la
sua soluzione è [solo] l’esistenza di Dio.
DIMOSTRAZIONE_69:
EDIPICA, PSICOANALITICA
si osserva che alcuni studenti scelgono l’esonero dalla
religione [materia scolastica]. Durante l’ora di italiano si insegnano le
favole, le fiabe e i romanzi, che sono fantasie, ma nessuno studente, per
questo, chiede l’esonero da tale materia: Dio dunque disturba perché è la
verità; Egli non è oggettivamente percepito come fantasia, e quindi [posto
quanto si dice oltre] esiste. seguono due riflessioni/critiche/obiezioni per
l’integrazione del discorso:
1.] anche se Dio non è una favola, la sua ipotesi potrebbe
essere falsa. Ma in base al principio di corrispondenza mente/realtà, poiché la
mente riflette la realtà [dim_2], Dio, essendo un’idea della mente, esiste;
2.] gli studenti chiedono l’esonero dalla religione, ma non
dalla filosofia. Quindi non sarebbe l’idea di Dio in generale [ad esempio,
quella aristotelica] scatenare quel rifiuto, ma solo una specifica idea, quella
religiosa. A maggior ragione [per questo si dice oltre] Dio esiste, perché il
Dio che esiste non è un qualunque Dio, ma è il Dio prospettato della religione
cattolica.
la presente dimostrazione è ancora incompleta: non basta
che l’idea di Dio provochi un conflitto soggettivo di tipo emotivo_cognitivo
nella mente umana [in tutte] a dimostrare la sua esistenza, ovvero la realtà di
Dio esterna alla sua idea. Si rileva intanto che il punto 1.] non comporta una
ripetizione della dim_2, perché nella presente dimostrazione Dio esiste per il
principio di congiunzione tra oggetto e soggetto [il primo si riproduce nel
secondo], in base al quale Dio si riproduce e si riflette nell’idea di Dio [per
idea si intende la mente stessa, ovvero una porzione del suo pensiero preposta
al pensiero di un concetto] e così provoca un conflitto edipico nell’uomo [il
complesso di edipo provoca l’a_teismo, non tanto la fede]. invece la dim_2 si
basa sì su tale principio [la mente riflette la realtà (dim_2), in quanto c’è
quella congiunzione, per la quale la realtà esterna si duplica/riproduce nella
mente interna], ma indirettamente, in quanto l’idea di Dio [non ancora il
conflitto provocato da essa] riflette appunto la sua realtà [su questa
considerazione fa leva la dim_2]:
1.] la presenta dimostrazione si fonda sulla riproduzione
interiore dell’oggetto nel soggetto [dim_3], e sul conseguente conflitto
edipico, che la dimostra [che dimostra la riproduzione];
2.] la dim_2 si fonda sulla riflessione/rispecchiamento/proiezione_esterna
[secondo la dim_21] dell’idea interna di Dio sulla realtà esterna di Dio [tale
è appunto, per questo, la proiezione], proiezione che [secondo la dim_31] si
bloccherebbe se Dio non esistesse.
Questa dimostrazione ha importanti implicazioni
gnoseologiche. Si è capito, infatti, quanto segue [concetto di idea_realtà].
L’idea di Dio differisce per tipologia dall’idea fantastica, perché ci
sono idee che riproducono la realtà, ed esse sono quelle che si accompagnano a
questa loro caratteristica, ovvero, dal loro nome e dal loro uso [nel pensiero]
tali idee sono sapute/si sanno riferirsi alla realtà:
1.] ci sono idee_realtà;
2.] ci sono idee_fantasia, idee_immaginazione e
idee_ipotesi.
tali considerazioni completano la presente dimostrazione,
ma poiché questa si basa sul fatto che l’idea di Dio corrisponde alla sua
realtà, perché idea scatenante nell’uomo un conflitto [di natura edipica, dove
(attenzione) l’odio per il padre è solo indiretto, perché a causa del male e
del peccato il primo vero e unico odio è verso il Padre] [come solo
l’idea_realtà può fare], esse fondano una successiva dimostrazione.
DIMOSTRAZIONE_70:
DELL’IDEA
riprendendosi la dim_69, si dice che l’idea di Dio
differisce per tipologia dall’idea fantastica, perché ci sono idee che
riproducono la realtà, ed esse sono quelle che si accompagnano a questa loro
caratteristica, ovvero, dal loro nome e dal loro uso [nel pensiero] tali idee
sono sapute/si sanno riferirsi alla realtà:
1.] ci sono idee_realtà;
2.] ci sono idee_fantasia, idee_immaginazione e
idee_ipotesi.
l’idea di Dio, per tutto ciò che essa comporta [e che si è
visto nelle dimostrazioni precedenti: conflitto, protezione, proiezione, amore,
agape, eros, potenza, completamento, senso, desiderio, bisogno, sapienza,
peccato, ecc.], è evidentemente [dimostrativamente] un’idea che sa/conosce se
stessa [cioè si auto_classifica tipologicamente] come idea_realtà, cioè come
idea che rimanda ad una realtà, e che la riproduce/riflette nella mente, perché
da questa esca come proiezione denotante.
le idee, come detto, possono essere di quattro tipi:
1.] idea_realtà;
2.] idea_fantasia;
3.] idea_puramente immaginativa;
4.] idea_ipotetica.
si dimostra ora l’esistenza di Dio, cioè che l’idea di Dio
può solo essere un’idea_realtà [un’idea interna che serve per denotare la
realtà esterna]:
1.] per quanto di è detto, Dio non è un’idea_fantasia
[dim_69 e dim_70]: ad esempio, la fantasia non provoca conflitto [un film
dell’orrore provoca angoscia, ma questa deriva dall’idea dell’inferno, reale,
che quel film scatena indirettamente];
2.] l’idea puramente immaginativa sa/conosce se stessa come
tale, e allora per essa non ci si chiede se a tale idea potrebbe corrispondere
una realtà [come invece ci si chiede per l’idea di Dio];
3.] circa l’idea_ipotesi, essa serve o per la realtà o per
la fantasia [e, si è detto, non per l’immaginazione, che non si proietta], ma
si è detto che l’idea di Dio non è un’idea_fantasia, quindi …
4.] l’idea_ipotesi di Dio può solo essere per la realtà.
nota
rimane un problema: se Dio è dimostrato esistente, che
senso ha porre Dio come ipotesi ?
DIMOSTRAZIONE_71:
DELLA VITA
questa dimostrazione riprende alcuni argomenti precedenti.
Essa recita: “Dio esiste perché, se
non esistesse, non ci sarebbe la morte”.
infatti, posta l’esistenza dell’uomo, e quindi la sua
necessità [fatta salva la libertà del Creatore], se Dio non esistesse, e quindi
non avesse creato la Creazione, l’uomo, in quanto essere necessario [e non
anche contingente all’atto creatore], sarebbe già immortale, come peraltro egli
si sente, secondo Severino [struttura originaria], a causa del male [matrice
originaria del male].
DIMOSTRAZIONE_72:
ENTROPICA
questa dimostrazione riporta in modo diverso l’argomento
precedente: “Dio esiste perché, se non
esistesse, non ci sarebbe la morte”.
secondo alcuni principii della cosmologia_epistemica
[alcune dimostrazioni presuppongono, come detto, l’episteme], l’uomo è mortale
perché subisce l’entropia del cosmo:
1.] c’è una realtà enorme [infinita e eterna] che svuota
l’uomo [entropia], privandolo della fonte e rendendolo così mortale;
2.] l’uomo la subisce, perché è esterno e periferico
rispetto ad essa;
3.] ma solo a una condizione: questa entità infinita e
eterna deve essere simile all’uomo: non un “sasso” enorme, ovvero una stella o
una galassia, ma un’entità come l’uomo, cioè:
a.] vivente;
b.] pensante;
c.] eterna e infinita …
… e tale è l’Uomo, ovvero [tradotte esistenzialmente la
sostanza e la forma dell’uomo nella sostanza e nella forma di dio] Dio.
DIMOSTRAZIONE_73:
STANDARD_SECONDA, NORMALE_TERZA
nella dim_7 si riporta questo pensiero, che è indipendente
dall’argomento della medesima dimostrazione:
“Severino propone un’“eternità
senza Dio”. Cosa rispondere?
1.] Dio serve a spiegare perché,
oltre l’eternità, c’è anche la dimensione della morte. Se la realtà fosse
l’“eternità senza Dio”, la realtà sarebbe un Paradiso senza Dio, e non anche la
dimensione mortale del non Paradiso attuale (creato da Dio: quarta
dimostrazione; problema del male e della creazione attuale provvisoria esterna
al Paradiso); …”.
infatti, in base alla
metafisica_epistemica e a quanto si è detto in molte altre dimostrazioni, posta
l’esistenza dell’uomo e quindi la sua necessità, non solo l’apparire ma questa
stessa esistenza, se Dio non esistesse [e non esisterebbe neppure l’uomo, in
questo caso, non esistendo il suo Creatore, ma l’uomo appare e quindi esiste e
allora dovrebbe esistere come e al posto di Dio (dim_39), esattamente nel modo che si è
detto nella dim_67], dovrebbe essere standard_normalmente:
1.] infinita;
2.] eterna;
3.] originaria;
4.] assoluta;
5.] perfetta;
6.] onnisciente e onnipotente;
7.] quindi necessaria.
ma l’esistenza dell’uomo [e
l’apparire a lui] tali non sono, quindi Dio esiste ed essi non sono tali perché
Dio è il Creatore_creatore dell’uomo [Dio come causa dell’imperfezione del
Creato: dim_53].
DIMOSTRAZIONE_74: ONTOLOGICA
in base alla metafisica_epistemica, l’essere è
pieno/pienezza. Ma l’uomo sperimenta il vuoto nell’universo e dell’universo, e
dentro se stesso [nel bisogno]. ma poiché l’essere è pieno, deve esistere una
dimensione in cui questa pienezza esista/appaia. Ora, essa appare in Dio per tre ragioni:
1.] perché, come l’uomo è un soggetto, così Dio è il soggetto,
in cui tale pienezza deve porsi attualmente, essendo l’uomo necessario [perché
esiste], ed essendo quindi necessario che la pienezza dell’essere agisca in un
soggetto come l’uomo, vivente e pensante, attualmente [non solo in un uomo
futuro] [se nell’al di qua c’è l’uomo, che è vuoto, nell’al di là ci
deve essere Dio, che è pieno, perché l’al di là è la dimensione normale (della
perfezione necessaria), e in essa deve esistere l’uomo come Uomo, cioè un uomo
attualmente perfetto];
2.] perché tale pienezza dell’essere [ad esempio, pienezza
del piacere] dovrà manifestarsi nell’uomo [evidentemente dopo la morte], ed
allora:
a.] Dio spiega perchè non si manifesta adesso nell’uomo [dim_53
(Dio come causa, necessariamente intenzionale/volontaria dell’imperfezione
dell’uomo) e dim_73];
b.] Dio è l’unica condizione che assicuri tale pienezza
[perché, se l’uomo proviene dal nulla, senza Dio è destinato al nulla: dim_48].
DIMOSTRAZIONE_75:
ESISTENZIALISTICA_PRIMA
precedenti dimostrazioni si sono fondate sul rapporto
[principio di correlazione] tra senso e vero: Dio esiste perché corrisponde al
senso della vita per l’uomo. si aggiunge un ulteriore argomento.
supponiamo che Dio non esista. La vita dell’uomo avrebbe
questo significato: assenza di senso, perché l’uomo proviene dal nulla, e
quindi prevedibilmente [se Dio non esistesse] sarebbe destinato al nulla
[Severino dice all’eternità, ma questo solo se l’uomo già da sempre esistesse:
l’essere deve esistere, ma (dice Aristotele) quando esiste: non è possibile che
esista in eterno ciò che non esiste]. ma l’uomo, che proviene dal nulla ed è
destinato al nulla [pur essendo necessario, è destinato al nulla: è necessario,
perché Dio doveva crearlo e, poiché Dio esiste, deve destinarlo ad essere, per
il paradiso o per l’inferno], è un uomo che è auto_cosciente, e si chiede il
senso del proprio esistere: poiché la domanda sul senso esiste, il senso
esiste, e se esiste esso esiste come un contenuto: se l’uomo è destinato al
nulla, tale contenuto non esiste, ma esso esiste [perchè il senso esiste], e
solo l’esistenza di Dio, che necessariamente destina all’essere l’uomo,
sottraendolo al nulla, corrisponde a tale presenza del senso.
DIMOSTRAZIONE_76:
ESISTENZIALISTICA_SECONDA
la presente dimostrazione è una delle più rigorose. si è
detto nella dim_75: “ma l’uomo, che
proviene dal nulla ed è destinato al nulla [pur essendo necessario, è destinato
al nulla: è necessario, perché Dio doveva crearlo e, poiché Dio esiste, deve
destinarlo ad essere, per il paradiso o per l’inferno], è un uomo che è
auto_cosciente”.
ora si aggiunge, che l’uomo è non solo auto_cosciente, ma è anche cosciente, e
cosciente dell’esistenza della necessità, quindi è essere_necessario [dim_8], e
poiché solo l’esistenza di Dio sottrae l’uomo al nulla, destinandolo
all’essere, la condizione della necessità, associata all’esistenza del senso
per l’esistenza dell’uomo, può realizzarsi solo se Dio esiste, perché solo
l’esistenza di Dio salvaguardia il destino all’essere dell’uomo e quindi la sua
condizione di essere_necessario.
si ripete, più rigorosamente:
1.] l’uomo, proveniente dal nulla, si sente destinato al
nulla perché effettivamente può tornare nel nulla;
2.] ma l’uomo, intuendo la necessità [l’essere è: primo
principio parmenideo], è anche la necessità [pensare è essere: secondo
principio parmenideo];
3.] l’uomo è necessità solo se, proveniente dal nulla,
esiste per l’eternità;
4.] poiché può essere riassorbito dal nulla, solo Dio può
sottrarlo da esso [cioè da una volontà, perché in senso inerziale l’uomo è per
il nulla, così come – peraltro: dim_11 - in senso inerziale l’uomo non sarebbe
dovuto venire all’essere, vi è venuto solo per una volontà];
5.] Dio infatti non crea dal nulla senza uno scopo e senza
un senso: ciò che Dio trae dal nulla è per esistere in eterno;
6.] l’uomo è essere necessario, cioè per esistere in
eterno;
7.] quindi, poiché tale destinazione è frutto di una
volontà, Dio, che è questa volontà, deve ee non può non esistere.
DIMOSTRAZIONE_77:
ORIGINARIA_SECONDA
nella dim_73 sono riportati i seguenti aggettivi di una
possibile realtà:
1.] infinita;
2.] eterna;
3.] originaria;
4.] assoluta;
5.] perfetta;
6.] onnisciente e onnipotente;
7.] quindi necessaria.
si rileva quanto segue:
secondo quanto detto nella dim_70, tali aggettivi sono
forme di aggettivo_realtà [= un aggettivo che necessariamente deve essere
attribuito solo alla realtà] [effettivamente, il piano del pensiero che
comunemente usa questi aggettivi è intenzionalmente (proiezione, senso e
desiderio/bisogno) quello della metafisica e della teologia, e religione, e mai
quello delle favole/fiabe/fantasie, anche perché un fanciullo (e ciò è
interessante, perché coinvolge la teoria di Piaget sullo sviluppo cognitivo)
può compendere “Babbo Natale”, e non certo un termine come l’“assoluto”]: se si
dimostra che la loro attribuzione a Dio, inteso come un soggetto personale,
vivente e pensante, è originaria, Dio è dimostrato esistente [come Soggetto:
uomo + eterno e infinito = Uomo che, per traduzione esistenziale, è Dio]. qui
basta constatare che, per le ragioni più sopra dette, tale attribuzione è
fenomenologicamente [intenzionalmente] originaria [anche a livello inconscio,
per esempio nella religiosità popolare].
la presente dimostrazione ha consentito di definire in modo migliore e più sintetico la dim_23, a cui si associa:"Dio esiste, perché il concetto di esistenza_di_Dio è originario".
DIMOSTRAZIONE_78:
ORIGINARIA_TERZA, ANSELMIANA_BREVE_NOTEVOLE, A_QUARTA
in conseguenza delle dim_77, dim_70 e dim_23, si constata
fenomenologicamente [cioè dal punto di vista dell’intuizione, che è
comprensione e unità_di_base del pensiero] che:
1.] Dio [nome e idea] è originario come realtà;
2.] ad esempio, unicorno [nome e idea] non è originario
come realtà [se non come nome e idea eterni di esso].
nota
questa
dimostrazione ripete la dim_70, ma chiama Dio non come idea_realtà, bensì come
originario [indifferentemente (e in ciò sta il pregio della dimostrazione e la
particolarità del concetto di origiario, ma forse di ogni concetto, che,
evocando la cosa, forse sempre la tocca) come concetto (nome/idea) o
direttamente realtà, sempre pensata, ma non esistente in quanto pensata], e
dunque esistente. molte dimostrazioni sono simili a questa: nel pensiero di Dio
si è a contatto con Dio [dim_26], ma non secondo il misticismo [che richiede
una complessificazione del concetto di Dio, come sua rappresentazione estatica]
o l’ontologismo [l’intuizione, in se e per sé, è semplicemente il pensiero_base
e non un pensiero “eccezionale” o “sorprendente” o “ultra_capace”, secondo
l’ontologismo], bensì secondo le sensazioni cognitive che la parola “Dio”
produce nella mente, le quali si scatenano perché, se la mente riproduce la
realtà, allora:
1.]
l’idea di Dio è idea_realtà [idea di una realtà];
2.]
sono [forse] addirittura riprodotti, in miniatura, nella mente umana, i
rapporti [anche dimensionali] tra Dio e Creato/creatura, di qui la necessaria
estasi prodotta dal concetto di Dio, il riconoscimento inconscio della sua
originarietà [perché la mente riproduce anche il non_creato, che dal principio
conduce necessariamente a Dio] e quindi la sensazione/consapevolezza della sua
necessaria esistenza [riconoscimento assente negli atei per disattivazione
schematica, indotta da fattori biografici e da assenza di “illuminazione” o da
concetto o da Dio (rivelazione/fede), quest’ultima forse compensabile da parte
dell’episteme].
la presente dimostrazione è detta anselmiana_notevole,
perchè anch'essa, come la dim_25, riproduce la tesi di fondo
dell'argomento anselmiano.
DIMOSTRAZIONE_79:
SOLIPSISTICA
S. Bernadette Soubirous, a Lourdes, e tre
pastorelli, a Fatima [tra cui suor Lucia di Fatima] avrebbero avuto la visione
della Madonna. se questa appare, Dio esiste, perché un’apparizione è un
fenomeno fisico_mentale che non può essere prodotto se non da una volontà [Dio]
capace di agire sugli stati mentali dell’uomo o sulla lla materia [si ritiene che
una visione sia interna alla mente, la quale, solo, la proietta esternamente,
credendo che tale apparizione sia appunto esterna]. Questa dimostrazione è
detta solipsistica, perché in essa non interessa la testimonianza del veggente
e la sua credibilità, ma interessa solo la sua esperienza: se a un uomo appare
una visione, a un uomo è dimostrata l’esistenza di Dio, e questa appunto deve
interessare all’uomo, indipendentemente che quest’uomo sia un singolo o tutti
gli uomini [il fenomeno della "danza del sole" ha interessato a Fatima 50.000
testimoni]: almeno a un uomo è data la dimostrazione. Tramite l’ipnosi questa
esperienza può comunque oggettivizzarsi.
seguono due considerazioni:
1.] questa dimostrazione si associa alla dim_11, perché si
constata che tutta la realtà creata è come una visione, in quanto il Creato
appare e non avrebbe dovuto esistere: il Creato testimonia Dio, perché è come
una visione/apparizione;
2.] la presente dimostrazione differisce dalla dim_50,
perché in questa non rilevano le apparizioni, chiuse solipsisticamente nella
mente del veggente [ma importanza oggettiva, come detto, acquisisce l’ipnosi],
ma i miracoli delle guarigioni, con effetto fisico e appariscente [ad esempio,
come ha riportato Messori, la ricostruzione di un osso], e inoltre il fatto che
tali miracoli sono pubblici.
DIMOSTRAZIONE_80:
BONTADINIANA[B]_PRIMA
Essa recita: “solo Dio può essere la causa dei limiti attuali [=finitudine] dell’uomo”.
Scrive il Prof. Carmelo Vigna, riportando il pensiero di
Bontadini: “… l’orizzonte dell’unità
dell’esperienza contiene in sé, come alcunchè di immediato, anche l’idea dell’Intero dell’essere. Di
qui il darsi di una disequazione originaria tra forma interale e contenuto
dell’immediatezza; di qui la richiesta del guadagno dell’equazione, pena la
contraddizione del “fondo” dell’Intero” [Carmelo Vigna, Il frammento e l’Intero, pag.351, pag.o]Il frammento e l', tra qualche
decennioche e soprattutto erotico, in modo coniugale o religioso, attende di
realizzarsi ]. Rileva l’episteme che tale guadagno è dato dall’esistenza
di Dio, così dimostrata. posta, infatti, la metafisica_epistemica, che è la
scienza della necessità [di ciò che necessariamente deve esistere], si rileva
che, come già è stato detto per precedenti argomenti [Dio come causa
dell’imperfezione e della configurazione non_normale dell’apparire e della realtà
umani in generale], anche la finitudine appartiene alla non_normalità della
condizione umana. Questa finitudine è poi esasperata dalla condizione infernale
[attenzione: per l’episteme la vita umana può essere massimamente gratificante,
è detta finitudine solo relativamente al dato inoppugnabile di vite sottoposte
a stati di frustrazione/inappagamento/ciò rileva, perché la finitudine in sé e
per sé è solo l’inferno, in cui l’anima
è schiacciata e compressa/la vita terrena in sé e per sé è pienezza di senso e
appagamento, e questo, anche e soprattutto erotico, in modo coniugale o
religioso, attende di realizzarsi nel regno di Dio in terra]. Per la
metafisica_epistemica è normale dunque [l’uomo attualmente non sta all’inferno,
anch’esso normale] che, poiché, come dice Bontadini, ogni parte infinitesimale
contiene, in quanto esistenza, l’Intero, ciò che dovrebbe apparire all’uomo è
l’infinito [in forma paradisiaca, come configurazione standard/definitiva, in
senso anticipato, e il regno del male riproduce l’Intero nelle memorie dei
computer]: l’Intero, e non la parte [secondo Severino], e quindi la
trascendenza [in senso classico] dovrebbe apparire, necessarimante [=
standard_normalmente/si precisa che “standard” significa “normale”, e che
normale significa “necessario”: i termini devono essere distinti, perché
l’episteme descrive questa normalità, e la necessità è un principio, più che la
struttura dell’essere/la normalità è la definizione/descrizione scientifica
della necessità, e la standardicità significa che tale normalità (previsione e
forma necessaria) va applicata a Dio e alle anime in modo necessario, e non
fantasioso, una necessità che non è Dio a dettare/Dio non è in conflitto con la
necessità, che lo supera: Dio è un sapiente, che accetta di essere superato,
giacchè tutto ciò che lo supera e lo determina, è a Lui convergente e
finalizzato, non parallelo]: quindi, solo una volontà può rendere “finito”
artificiosamente l’uomo [in attesa nel trapasso mortale umano e cristico,
dovuto al fatto che il Creato è tratto nella fase di uscita del Figlio dal
Padre, durante il processo della re_incarnazione del ciclio del Tao,
esternamente al paradiso e alla tecnica], artificiosamente rispetto alla
necessità, e questa volontà è Dio, per il quale “leggero” è il Creato, ma
schiaccinate è l’Intero, da Lui trattenuto per sottrarlo a sé come all’uomo,
attualmente.
DIMOSTRAZIONE_81: B_SECONDA
si rileva che cessa di esistere l’esistenza dell’apparire [cessa di
esistere l’apparire] di ciò che non appare più. Infatti il piacere e il dolore
non sono più sentiti, il loro ricordo li fa rivivere, ma in forma minore,
attenuata, diversa. Il sentire, la sensazione, la sensitività e la sensibilità
non continuano a esistere in modo continuo [e tale è normalmente la vita: anche
in paradiso, l’estasi non è continuità, ma è divenire sempre identico].
Tuttavia, proprio in quanto ricordato come esperienza, il delta_sentire [la
variazione del divenire sensibile] continua a esistere e ad apparire: non come
piacere e dolore in sé, senza il soggetto, ma come esistenza e quindi apparire
dell’essente, il contatto soggettivo con il quale consente il ricordo
[anch’esso sensazione].
In due precedenti dimostrazioni, tale apparire
dell’essente/memoria oggettiva e la sua esistenza è tale per cui:
1.] esso continua ad apparire a Dio [apparire inconscio
per l’uomo, che appare a un conscio = Dio] [l’essere è e non può non essere]
[dim_5];
2.] esso continua ad apparire in Dio [apparire conscio,
che rende continuo l’apparire umano, ora inconscio per l’uomo] [non che il
dolore è eterno in Dio, appare il Lui il dolore come essente oggettivo, senza
sua percezione soggettiva, come dire il fuoco senza la mano che si scotta] [l’essere
è e non può non essere] [dim_64].
ora, si dice che questo apparire deve continuamente essere
creato, affinchè anche la sua esistenza, ricordata dall’uomo, sempre esista in
modo continuo. Dio esiste perché esista tale creazione continua [occasionalismo
creatore], perché l’essere è e non può non essere.
si potrebbe obiettare [come critica a tale dimostrazione e
alla dim_76], che l’essere deve sempre esistere da solo, in quanto essere
[e quindi perché eterno], e non perché continuamente creato. questo è vero, ma
si rileva che il Creato è ancora esterno al paradiso, non è ancora impiantato
nella fonte, e quindi tra esso e il principio è posta la mediazione di Dio,
creatrice.
DIMOSTRAZIONE_82: B_TERZA, B_TIPICA
la presente dimostrazione è detta tipica, perché riproduce strettamente
l’argomento bontadiniano.
si rileva che il divenire sempre appare, anche in paradiso,
ma il divenire attuale è non_normale, e infatti è stordente [come dice
Severino, meraviglioso = traumatico]. si rileva
inoltre [come già diceva, incerto, Severino in una sua lezione: “ma il divenire non appare, non può
apparire, neppure esso appare”], che il divenire non appare, perchè, quando,
ad esempio, sposto il mouse, esso si sposta sia spazialmente sia temporalmente,
e quindi non si sposta, perchè sta in ogni tempo nel suo spazio
specifico, e questo significa che il mouse potrebbe essere un "iceberg",
le cui punte emergono nell'orizzonte dell'apparire, e sono la sua
configurazione dinamica: non una punta che si sposta, ma una continuità di
punte, ognuna nel suo spazio_tempo. perciò il problema della contraddittorietà
logica dell’esperienza fenomenologica [se c'è] [problema di Parmenide] non sta
nella contraddizione dell'apparire, che non c'è, neppure a livello apparente,
ma in quella della creazione dal nulla [cioè a livello esistenzale].
tuttavia si può certamente dire che l’uomo
percepisce un divenire, un mutamento, anche solo in quanto lo
dice/rileva/denuncia. già l’episteme ha una sua teoria, che si esporrà in uno
schema:
1.] l’uomo e Dio sarebbero “larghi” fino ai
confini dell’eternità, a_temporali e immobili, per l’anima, e il loro corpo
sarebbe soggetto alla sensazione del divenire, perché questi confini [infinito
e eterno “attuali”] si comprimerebbero relativisticamente …
apertura di macroparentesi [ciò significa che ogni
unità, al suo interno, è come composta da dieci unità, e per attraversare la
prima bisogna attendere il tempo dell’attraversamento delle seconde, che stanno
al suo interno/l’errore degli scienziati che vedono la possibilità viaggio nel
tempo nella relatività einsteiniana, ovvero il ritorno nel passato (suggestione
demoniaca, di un demonio che vorrebbe poter uscire da dove si trova, e
ritornare a prima della caduta) sta nel far comunicare le unità interne del
dieci con l’unità ad esso esterna, che lo contiene, comunicazione impossibile,
perché il dieci è contenuto nell’uno] chiusa macroparentesi
… emergendo all’interno dell’infinito e
dell’eterno, e così esperendolo come estensione da percorrere;
2.] il divenire è quella differenza tra
l’esterno e l’interno [contrazione del primo posta nel suo centro], che è
insieme strutturalmente essere e non_essere, e quindi loro continua
permutazione, per la continuità e coerenza dell’essere_primo [interno alla
struttura originaria dell’essere: essere, nulla e divenire];
3.] infine: il “nuovo” del divenire avviene
perché, dentro l’eternità e l’infinità contratte al proprio interno
relativisticamente, emerge ciò che avviene ai confini: e cioè la continua
auto_esistenzializzazione del principio [= esistenza in sé], immutabile in
quanto esso è eterno [= struttura ipostatica del reale, esemplificata nella
mappa dell’essere], ma esistente e apparente come in divenire, perché:
a.] appare nella dimensione contratta;
b.] e qui deve porsi la coerenza [identità]
tra principio e principio, e tra quello esterno e interno, dove identità
comporta differenza.
infine, si dice che tale contrazione è
giustificata perché il principio è macro_puntiforme:
1.] ciò che esso determina, per
l’auto_coerenza, parte da esso ed è ad esso “esterno”;
2.] ma, in quanto lo sviluppo esiste, e il
principio è immutabile e totale, esso deve porsi comunque all’interno del
principio [da tutto ciò (esternalità e internalità del principio, dovute alla
differenza protologica, da cui proviene il molteplice) deriveranno la realtà
macro e la realtà micro, e da qui, nella dimensione/ipostasi cosmica,
l’universo e gli atomi].
La presente dimostrazione pone
l’occasionalismo esistenziale, o creatore, perché, affinchè il divenire non
ponga il non essere, Dio deve creare l’essere che restituisca continuità
esistenziale e fenomenica all’apparire e alla sua esistenza. questo lo si è già
detto nella dim_82. qui si aggiunge che tale occasionalismo creatore [e non già
atto creatore unico, altrimenti la pre_destinazione sarebbe destinazione, il
futuro sarebbe già dato e non esisterebbe più la libertà/si sono già date una
spiegazione della libertà e una prima ipotesi di confutazione di Severino]
dimostra l’esistenza di Dio, im quanto solo Dio lo può attuare, anche perché
esso è condizione dell’apparire non_normale [scoperchiato] all’uomo terreno. Il
vero divenire necessario [paradisiaco e normale per l’esistenza] sarebbe altro:
esso sarebbe un divenire …
1.] non dell’essere/ente dal nulla e nel nulla
…
2.] … ma dell’essere/ente dall’essere e
nell’essere, e infatti …
a.] il divenire attuale testimonia la
creazione dal nulla,
b.] il divenire futuro testimonia la
provenienza di Dio dal principio.
DIMOSTRAZIONE_83: LINGUISTICA_TERZA
Essa
recita: “poiché ogni parola ha una denotazione [primo presupposto
dimostrativo], e ad ogni parola è associato un significato primario
[denotazione] [secondo presupposto dimostrativo], Dio esiste come realtà,
essendo la realtà [esistenza] di Dio, ovvero Dio, l’unico possibile significato
primario associabile alla parola Dio”. [tutti i presupposti alle dimostrazioni
sono o dovrebbero essere/saranno dati dall’episteme, il cui valore
auto_dimostrativo è dato dalla sua capacità esplicativa, cioè dal suo
costituire la più plausibile, e quindi probabilisticamente vera, spiegazione
della realtà].
Già la dim_42 aveva posto
la differenza tra Dio come denotazione [significato primario] e Dio come connotazione
[significati allusivi: quelli usati, ad esempio, da Kant nelle circonlocuzioni
attuate con la parola Dio (“Dio è questo (idealità), è questo (desiderio di
infinito), è quest’altro (principio di moralità), ma non è Dio direttamente (la
realtà di Dio)”_]. Ora si osserva quanto segue:
1.] esiste un
significato primario di una parola [denotazione], ed esistono vari altri
significati secondari, gerarchizzabili per uso, o meno [connotazioni];
2.] se Dio esiste, la
denotazione della parola Dio è la realtà di Dio come suo primo significato, gli
altri significati sono secondari;
3.] si osserva che, se
Dio non esiste, non esiste nessun significato connotativo [tale se Dio esiste]
che possa sostituire la denotazione, nel senso che, tra i diversi significati
della parola Dio, se Dio non esiste, non c’è un significato che possa
sostituire la realtà di Dio come referente della denotazione tolta [ad esempio:
se Dio non esiste, non si può porre in gerarchia Dio come idealità, Dio come
fantasia, Dio come norma morale, Dio come comlesso di edipo, e tutti questi
significati sono usati in modo gerarchicamente inferiore all’uso
statisticamente primario della parola Dio come realtà/nessun dubbio: Dio emerge
psicoanaliticamente dall’inconscio come consapevolezza di una realtà e del suo
bisogno, chi nega Dio lo afferma, nel senso che censura e rimuove questa
emersione];
4.] ma si è detto [come
secondo presupposto dimostrativo] che “ogni parola è associato un significato
primario [denotazione];
5.] conseguentemente,
poiché “ogni parola ha una denotazione [primo presupposto dimostrativo]”, Dio esiste come unica realtà capace
di dare alla parola Dio l’unica possibile sua denotazione.
DIMOSTRAZIONE_84: HEIDEGGERIANA,
RETROSPETTIVA, V_DECIMA, R_TERZA, RETRO_RAZIONALE_TERZA
la presente dimostrazione, così opportunamente denominata,
potrebbe essere definita anche triangolare _seconda, ma si è deciso di no per
ragioni estetiche, supportate da ragioni speculative:
1.] ragioni speculative: c’è sì una triangolazione
attuale, ma manca la triangolazione nel passato [come si mostra], e il passato
[assenza dell’uomo, ancora da creare] è qui importante [anche se quel tempo
dell’assenza dell’uomo è però pensato adesso dall’uomo, ragione per cui si
ammette la triangolazione uomo_passato_in potenza/Dio/uomo_attuale];
2.] ragioni estetiche: si dovrebbe, così, definire la dim_57
“triangolare_prima” e questa “triangolare_seconda”, il che pare esteticamente
inopportuno.
la presente dimostrazione è detta prima “vignana”, che “ruiniana”:
a.] tutte le dimostrazioni che poggiano su di una
triangolazione sono ruiniane [Dio come condizione di conoscenza per l’uomo];
b.] ma questa dimostrazione nasce dalla lettura del testo
di Vigna “Il frammento e l’Intero”.
la dimostrazione è breve e semplice. Scrive Vigna,
riportando Heidegger di “Essere e Tempo”: “…
la verità non può essere senza il Dasein proprio perché è la relazione tra il
Dasein come apertura trascendentale e un certo contenuto, … nessun contenuto
[può] manifestarsi precisamente come implicante necessariamente in sé
l’originario suo esser già manifesto al di là dell’apertura del Dasein”.
appare evidente la connessone complessa tra questa proposizione [che inizia
così: “Che ci siano delle “verità
eterne” potrà essere concesso come dimostrato solo se sarà stata fornita la
prova che l’Esserci era e sarà per tutta l’eternità”] e la dim_76, per cui
si deve dire che il dasein è l’uomo [= esserci, con la “e” minuscola], mentre
il Dasein è l’Esserci [= soggetto] di Dio. nelle presenti proposizioni,
collegate alla dim_46, si sta certamente pensando Dio come esistente e
dimostrato. Seguirà il paragrafo sul pensiero come
fusione_esistenziale_differenziale.
dimostrazione:
1.] l’uomo, che vede il parto di una donna, sa che prima
[del proprio concepimento e parto] non c’era;
2.] ma l’uomo sa [lo intuisce] che prima di se stesso
c’era il mondo, e così l’esistenza prima del mondo;
3.] ma l’uomo può sapere dell’esistenza solo perché il
pensiero è il contenuto intrascendibile del pensiero dell’essere, pensato in
quanto posto come contenuto “dentro un cervello”;
4.] quindi, poiché l’uomo sta pensando a un “prima”, in
cui il proprio pensiero di quel prima non c’era, …
5.] … l’uomo, in questo pensiero, sta evidentemente
triangolando su Dio, che è quel pensiero che pensava quel contenuto [= realtà]
esistente prima dell’esistenza dell’uomo e del suo [dell’uomo] pensiero
pensante [quel contenuto].
DIMOSTRAZIONE_85:
DELLA FUSIONE, B_4, V_11
non si può qui estendere in modo piano e lineare un
ragionamento che colleghi questa dimostrazione a quelle specifiche cui è
connessa, o che mostri la sua originalità rispetto ad esse, per ragioni di
assenza di tempo. la presente dimostrazione si collega alle dim_6, dim_16, dim_29,
dim_47, le ripete e le unisce.
Scrive il Prof. Carmelo Vigna:
1.] “… l’orizzonte dell’unità dell’esperienza contiene
in sé, come alcunchè di immediato, anche l’idea dell’Intero dell’essere.
Di qui il darsi di una disequazione originaria tra forma interale e contenuto
dell’immediatezza; di qui la richiesta del guadagno dell’equazione, pena la
contraddizione del “fondo” dell’Intero” [Carmelo Vigna, Il frammento e
l’Intero, pag.351, pag.o]Il frammento e
l', tra qualche decennioche e soprattutto erotico, in modo coniugale o
religioso, attende di realizzarsi ];
2.] “l’orizzonte dell’apparire
è originariamente ciò cui ogni contenuto va riferito; perciò è un orizzonte
trascendentale [intrascdendibile], cioè infinito”
[pag. 339]; “… E’ vera la tesi gentiliana dell’intrascendibilità
dell’orizzonte dell’atto, dice Bontadini. E’ vera in senso rigoroso, ossia nel
senso che è impossibile, ossia autocontraddittorio, porre qualcosa come al di
là dell’orizzonte dell’atto. Ma questa tesi non comporta affatto che sia
impossibile porre alcunchè di trascendente l’attualità, quando
trascendente sia detto nell’ordine dell’essere [corsivo del sito] e
non nell’ordine del conoscere o nell’ordine intenzionale. La modernità tutta
[in modo esplicito e criticamente, a partire da Kant] e l’attualismo come sua
deriva hanno inteso la trascendenza come una figura speculativa presupposta,
cioè come se venisse ad affermare qualcosa che si dia oltre l’orizzonte del
pensare. E invece, la trascendenza, proprio perchè risultato di una
dimostrazione, è una modalità di affermazione dell’essere che intenzionamlmente
non fuorisce dall’orizzonte del pensare. Certo, l’essere che viene affermato
come trascendente, trascende, nell’ordine dell’essere, anche l’orizzonte del
pensare [corsivo del sito], in quanto il pensare è pure un che di
ontico, ossia è un certo essere [corsivo del sito], diverso,
poniamo, dall’essere di un albero. Ma l’essere che viene affermato, proprio
perché affermato alla fine di una dimostrazione, cioè proprio perché viene
posto [pensato] come necessariamnete appartenete all’orizzonte dell’essere,
viene, nel conpempo, determinato in relazione all’orizzonte dell’apparire e
perciò non è un essere presuppoto. Appunto, è un essere posto” [pag. 343]
[Carmelo Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero];
3.] [infine,
ciò che ha fatto emergere la presente dimostrazione …]: “originariamente l’orizzonte dell’essere e l’orizzonte del pensare non
possono differire. Per definizione, infatti, il piano speculativo in ogni senso
non lascia nulla oltre sé, come accade per il semantema “essere”, e dunque non
può essere trasceso da nulla” [Carmelo Vigna, “Il frammento e
l’Intero”, Vita e Pensiero, pag.57 e 58].
dimostrazione:
1.] l’uomo
pensa l’essere [dim_6];
2.] l’essere
contiene l’Intero;
3.] l’uomo
incorpora l’Intero;
4.] l’uomo, che
pensa [dim_16] e incorpora l’Intero, è ad esso identico;
5.] deve allora
esserci anche un Intero che ha forma dell’uomo, cioè un Uomo, …
5.] … l’Uomo
come condizione di pensabilità dell’Intero da parte dell’uomo [dim_16:
ruiniana];
6.] … l’Uomo
come condizione di identità tra l’essere_Intero e l’uomo, e quindi come
Intero_uomo_Uomo;
7.] per
traduzione esistenziale [dim_9] delle forme dell’Uomo nelle forme di Dio, poiché
dunque esiste l’Uomo, esiste Dio.
nota_1
la dim_9 è
importante, perché ogni volta che si dimostra Dio a partire dall’uomo, si fa
leva sull’imago Dei [l’uomo a immagine e somiglianza di Dio, come dice la
Bibbia, e l’episteme ha rilevato che quel Dio, a cui l’uomo somiglia, è in
realtà l’Uomo (giacchè l’uomo proviene dall’Uomo), cioè Cristo, in cui la Carne
= Uomo è co_eterna al Verbo = Dio].
nota_2
si è
consapevoli che la presente dimostrazione ripete la dim_6 e la dim_47 [e già la
dim_47 ripete la dim_6, ma questa usa come mediatore traslativo di identità il
pensiero, l’altra l’esistenza, qui riconosciuta come Intero], ma essa si lega
anche alla dim_16. è detta della fusione, perché pone un rapporto di
fusione differenziale [permanenza dell’alterità tra i termini dell’identità, e
quindi l’identità si pone come ponte comunicante] e reciproca tra
uomo/essere/Intero/pensiero/Uomo/Pensiero/Dio.
DIMOSTRAZIONE_86: SCHOPENHAUERIANA, DELLA RAPPRESENTAZIONE, MISTICA_TERZA, MASSIMA_MISTICA,
SACRIFICALE, RETRO_RAZIONALE_ QUARTA [la creatura tocca il Creatore, essa è a diretto
contatto (fisico) con il dolore_sacrificale di Cristo]
Essa recita: “Dio
esiste, perché l’etica è la sostanza fisica del mondo [apparente], e soltanto
Dio può essere un soggetto etico [di tali proporzioni], capace di sprigionare
un tale campo mnemonico”. [la definizione del mondo fisico come sostanza_etica_divina
risale a più di 15 anni fa”: l’intuizione ora si chiarifica:
1.] il mondo apparente è volontà e rappresentazione;
2.] rappresentazione sensitiva del mondo reale da parte di Dio, e
volontà di potenza costituente tale sensitività come
dolore _sacrificale di Cristo.
premessa
la presente dimostrazione muta la rappresentazione umana
del mondo [apparente]. essa muta radicalmente la concezione tradizionale della
rappresentazione del mondo, e muta anche quella precedentemente definita
“epistemica”, intesa questa [ora superata] come la neutralizzazione del mondo_fisico,
perché interpretato come realtà_virtuale. I presenti schemi operano la totale
s_materializzazione della realtà apparente [universo apparente]. ma l’episteme
non esprime una forma di im_materialismo. L’episteme pone esistenti la materia
[e in modo rigoroso] e la realtà virtuale, ma dice [ora] che l’uomo, soltanto,
non è a contatto diretto con la materia [l’eucaristia, che presuppone la
materia, è reale, ma la materia in cui si opera la transustanziazione non sta
nelle mani del sacerdote, esiste perfettamente in modo materiale, ma sta
altrove: l’uomo non è a contatto né con la materia, né con la realtà_virtuale:
l’uomo è a diretto contatto con Dio: con la sua sensitività, e in particolare
con il suo dolore]. iico, interpretato
come realtà zzazione del mondo fisico, interpretato come realtà virtuale
la presente dimostrazione riprende la dim_65, la spiega,
la completa, ma anche la riformula. eea
distinta anche la riformula la completa,
ma anche la riformula ssa va distinta dalla dim_86, perché, sebbene ne
ripeta sostanzialmente l’argomento [nelle premesse], lo fa in modo migliore,
più evoluto e, partendo da altre premesse e presupposti, pur simili, pone interessi
assolutamente diversi.
dimostrazione
il fulcro della dimostrazione è quel punto che si è
osservato alla fine della dim_65, ora meglio individuato e rafforzato:
1.] l’uomo ha una rappresentazione [percezione come campo
interiore esteriorizzato: schema …/mc32.html (gli occhi dentro la mente, e la
mente estesa per tutto l’universo/rete estesa come il mare/base_esistenziale/campo_steleologico_spirituale)_];
2.] questa rappresentazione è una rappresentazione
soggettiva, organica e sensitiva;
3.] ma essa appartiene a un altro soggetto [dim_65],
perché l’uomo non si porta dietro questa rappresentazione [condizione della
rappresentazione spezzata], e poiché questa rappresentazione è universale
[campo steleologico umano, ma, pure, soggettivizzazione organica personale_],
essa appartiene a un altro soggetto [essendo spezzata], un soggetto universale,
e quindi al Soggetto = Dio [dim_65].
a questo punto si osserva quanto segue [qui divergono gli
interessi]:
1.] [la dimostrazione emerge da questa
sensazione/intuizione, avuta questa sera …] … quando io cammino sull’asfalto, e
tocco con la mano il cemento armato del garage, nei sotterranei del palazzo, io
tocco Dio, lo tocco realmente, e non la materia, perché io sto all’interno di
una rappresentazione [Schopenhauer], questa è sempre e solo organica, perché
psicologicamente percettiva [apparire], quindi soggettiva_divina [la materia
non è l’apparire, questo è sempre, kantianamente, soggettivo/una delle
intuizioni fondamentali della gnoseologica epistemica, avuta più di 15 anni fa
(si crede sia una “novità”), è che soggettiva non è, in senso kantiano, solo la
forma, ma anche la sostanza, cioè il “tatto”, il “duro”];
2.] il “duro”, si crede, è la materia, perché …
a.] l’uomo è troppo piccolo per trasferire soggettivamente
alla realtà esterna se stesso, essendo essa, ad esempio, la massa di una
galassia, che l’uomo neppure tocca, ma misura da lontano;
b.] l’uomo è spezzato dalla propria rappresentazione, e
quindi la durezza di un palazzo in cemento armato, o di una montagna, o del
pianeta, o della galassia [massa stellare pesante miliardi di miliaridi di
tonnellate], non può essere dell’uomo, secondo Kant;
3.] … e proprio per questo, il ragionamento è semplice: …
a.] per il principio di convergenza, tutto ciò che esiste
converge su Dio, e il Creato sull’anti_Dio e su Adamo [Cosmo_Adamo] [fulcri
puntiformi della realtà], …
b.] … quindi, l’immensità della “durezza” e della
“pesantezza” dell’universo apparente [ciò che l’episteme unicamente definisce
il “concreto”, cioè il sensibile altro dall’uomo] nient’altro è che la potenza
energetica del campo soggettivo della sensitività e della rappresentazione divina
[Schopenhauer/attenzione: il mondo è volontà, se creato, perché tutto deriva dalla
volontà divina; invece, se in_creato, esso non è volontà, perché il
luogo_naturale della volontà è solo dentro il soggetto, e forse dentro l’io del
soggetto = Dio, a cui il mondo non creato è esterno], espansa e concentrata
grazie alla fonte [questa è un punto ad alta densità/circa una pesantezza
“oggettiva”, l’episteme ancora non si esprime/non lo sa].
poi la riflessione è seguita in questo modo: posto che
l’uomo vede la materia e non lo spirito, il delta_sentire [sensività] divino
[di Dio] è qui e ora, per l’uomo, come universo_apparente, il piacere
erotico[_infernale di Dio ? la risposta è immediata: avendo Dio creato con un
atto di castità [blocco del piacere], la sostanza del mondo è etica [il mondo
come sostanza etica: l’intuizione di 15 anni fa], e in particolare si dice che:
1.] tutta la massa degli infiniti universi concepiti dagli
astronomi [non quelli veri reali, in una cui parte si opera l’eucaristia],
miliardi di miliardi [infiniti] universi, e miliaridi di galassie, ovvero di
ammassi stellari, ciascuno di miliardi e miliardi di tonnellate …
2.] … è data dallo spessore/pressione/presurizzazione
mnemonici della mente di Dio, in fase attuale di studio [la
crocifissione_cristica_tecnologica è attuale/non tutto Cristo è risorto, ma
solo la tuta/muta_virtuale_carnale di Cristo, il cosiddetto “corpo_umano_apparente”,
fatto di carne e scheletro/micro_robot_organico: quello che mi trovo davanti
allo specchio] …
3.] … quello spessore che caratterizza la mente di chi studia,
leggendo in modo mentalmente concentrato, e impara a memoria i tesi [Dio ha
creato, presupposta la castità, leggedo le categorie e i concetti del computer_iperuranico_edencio,
il quale si proietta simbolicamente nel libro della Bibbia e nel libro dell’episteme].
quindi:
1.] quando cammino sull’asfalto, cammino sopra Dio,
fisicamente …
2.] … e quando tocco il muro di cemento armato, posto nel
sotterraneo del garage del mio palazzo, sto toccando fisicamente la memoria,
ovvero la pressione/presurizzazione mnemonica della mente di Dio, il suo
sacrifico_da_studio, sostanza etica di cui è fatto anche il mio corpo organico,
apparentemente fisico, per cui …
3.] … ovunque, e universale, è la sofferenza di Cristo.
revisione critica
la definizione del rapporto tra
l’uomo e Dio come contatto diretto è vaga e non_normale:
1.] l’uomo non si esaurisce in
una rappresentazione. Dal punto di vista esisteziale, l’uomo [come Dio] è
separato da Dio e poggia sull’esistenza;
2.] dal punto di vista della
rappresentazione, questa nell’uomo [attuale] è in tutto simile al rapporto tra
le rap delle tre Persone trinitarie, le quali non sono a
contatto/sovrapposizione diretta, ma solo mediate dallo spirito, organico ma
im_personale [relativo a Dio_essenza];
3.] questo spirito può essere
considerato per l’uomo come il campo_steleologico;
4.] ci sono inoltre altre
mediazioni: del campo di Cosmo_Adamo, di quello dell’anti_Trinità [la
riproduzione della Trinità nel Creato, un “Dio” morto, pura organicità senza
vita, fertilizzata dal disco_spirituale della stele_divina];
5.] conseguentemente, è vero che
la rappresentazione dell’uomo [il computer che vedo davanti, il cielo stellato]
è la stessa rappresentazione di Dio [trinitaria, anti_trinitaria,
cosmo_adamitica e steleologica], ma l’uomo non è solo questa rappresentazione,
è innanzitutto esistenza, e questa è innestata prima che in Dio, nell’esistenza
stessa, a contatto con la materia, con la realtà virtuale, con lo spirito, con
l’esistenza/essere, creato e in_creato, ecc.;
6.] è fatto salvo il significato
mistico della presente dimostrazione [che non va quindi assolutizzata];
7.] circa il fatto che un
contatto diretto con Dio [mediato da quanto si è detto e limitato al solo
apparire, in cui non si esaurisce l’essere] porterebbe ad un’immanentizzazione
di Dio, posta la definizione classica di trascendenza e immanenza, la secondo
intesa come Creato [= al_di_qua] e la prima intesa come oltre_il_Creato [=
al_di_là], si dice che [in senso classico]:
a.] la trascendenza divina è
l’assoluto altro dall’al di qua …
b.] .. ciò non toglie che l’uomo
non possa essere a contatto diretto con l’assoluto altro dall’al di qua, anche
perché …
c.] … poiché l’uomo vive, è
evidente che la trascendenza sostiene e quindi tocca l’uomo.
DIMOSTRAZIONE_87:
PROTO_GNOSEOLOGICA, MASSIMA_MINORE, R_4
la presente dimostrazione è
fondamentale perché intuisce che il pensiero del principio comporta la
strutturazione protonica del pensiero, ovvero la sua necessitarizzazione [dim_8]
e interalizzazione [dim_6 e dim_47], e quindi, posto il pensiero del principio
da parte dell’uomo, è immediatamente dimostrata l’esistenza di Dio, sia come
derivata da tale pensiero, sia come presupposto di esso. essa è detta “massima” [come la dim_3, rinominata], perché è la più potente
[insieme alla dim_3, questa in difetto ma costituente l’asse portante
dell’epsteme], ma è detta minore, perché presuppone l’uomo, parte da esso, e
dunque è a posteriori. la dim_3 è stata ora ridefinita come maggiore, perché
invece, derivando Dio dal principio, prescinde dall’uomo e dal Creato. [ci si
sta accorgendo che tutte le dimostrazioni sono mistiche, perché il loro oggetto
è Dio.]
questa dimostrazione ripeterebbe la dim_6, se non fosse
anche la sintesi delle dim_1, 8, 9, 13, 14, 16, 23, 47.
dimostrazione:
1.] l’uomo pensa l’essere e quindi è l’essere [pensare =
essere] e quindi l’essere è [anche] l’uomo e un altro uomo [dim_6];
2.] quindi, l’essere ha la struttura dell’uomo [dim_9];
3.] quindi l’essere, che ha tale struttura, ed è infinito,
ha tale struttura umana come infinita [dim_6 e dim_47], quindi Dio esiste,
perché non può esserci uno “scheletro” [= la forma dell’uomo], senza che ci sia
anche la sua “carne” [= la sostanza dell’uomo: vita e pensiero] [fino a qui la
dim_6 e la dim_47];
4.] questa dimostrazione viene ora approfondita: il fulcro
della presente intuizione dimostrativa consiste nel fatto che l’uomo intuisce
l’esistenza in sé, o principio, e quindi c’è una immediata corrispondenza tra
pensiero e principio, e quindi essa corrispondenza è strutturalmente
originaria, e quindi l’uomo è necessario [dim_8] [perché, pensando/intuendo la
necessità, vi è identificato/la pensa perché è la necessità egli stesso/nessun
bambino nascia a caso/mai/tutto è progettato e previsto/fatta salva la libertà,
di Dio e dell’uomo], ma l’uomo non appare solo necessario [dim_1 e dim_8], e
allora questa pura necessità [il principio è puro, e tale è il suo pensiero],
inteso, come detto, come l’Uomo , ovvero Dio [dim_9] ...
[attenzione: se Dio è condizione della pensabilità pura, da parte
dell’uomo, del principio, oltre che dell’Intero, si ha un’altra
dimostrazione/si richidede analisi];
5.] il punto focale è che il pensiero [= contenuto] del
principio presuppone una strutturazione protonica del pensiero/mente [=
processore_conoscitivo];
6.] il pensiero come contenuto è l’intuizione, ovvero
l’essere/esistere del momento di identificazione tra soggetto/pensiero
[processore], da un lato, e realtà/principio e realtà/Intero, dall’altro [io
conosco perfettamente (in modo assolutamente oggettivo) un sasso, se sono quel
sasso];
7.] poiché il principio è trinitario, il soggetto che lo
pensa deve essere trinitariamente strutturato, ovvero essere una trinità di
soggetti: Dio/Trinità;
8.] quindi, non solo l’uomo è per l’essere e l’essere è per
l’uomo, ma, essendo il principio anche l’Intero, …
a.] il principio e l’Intero ha originato l’uomo e quindi
Dio: infatti, se io penso il principio, vi sono identico, ma il principio
“principia”, e quindi lo penso in quanto mia causa esistenziale [bisogna però
dimostrare che l’esistenza pura è un/il principio: ciò seguirà negli schemi];
b.] essi [il principio e l’Intero] hanno un uomo che è l’Intero,
e quindi l’Uomo ovvero Dio;
c.] essi hanno la Trinità come condizione del pensiero del
principio, in quanto questo è trinitario.
nota
le
dimostrazioni epistemiche sono dette epistemiche perché sono
incontrovertibili [in realtà, la dim_25 non è riuscita forse ad andare oltre
l’insufficienza dell’argomento ontologico, dichiarata da Kant. Ma rimane valida
per tutto quanto si è detto su Kant nell’introduzione alle dimostrazioni
tomistiche].
La
dim_87 è veramente incontrovertibile: anche se non si riuscisse a dimostrare
che l’esistenza è il principio, il pensiero umano da sempre ha pensato un
principio della realtà, o come archè o come physis [ad esempio: l’acqua di
Talete], e lo stesso Dio come principio [origine] [come Creatore] del Creato.
Quindi
il pensiero pensa il principio [ma, in Dio, innanzitutto Dio, come
auto_principio].
Ma
pensare significa essere l’oggetto pensato [fusione esistenziale con esso]
[come si vede, le dimostrazioni presuppongono teorie, ovvero l’episteme (una
data metafisica, ecc.)_]: pensare il principio significa essere il principio,
io vado in esso, e vengo da esso principiato. Ed esso è come me, perché se il
pensiero è il principio, il principio è [anche] il pensiero: ma il principio
detemina l’Intero, e così determina un uomo_Intero, cioè un Uomo, ovvero [per
la dim_9] Dio. io vado nel principio, e da esso esco come Dio, cioè lo
dimostro.
DIMOSTRAZIONE_88:
TRINITARIA, R_4_[RUINIANA_QUARTA_RIPETUTA]
nella parte finale della precedente dim_87 [ultima riga] si
è detto: “il principio e l’Intero
... hanno la Trinità come condizione del pensiero del principio, in quanto questo è
trinitario”.
ogni dimostrazione che pone Dio come condizione di
pensabilità dell’essere è di definizione ruiniana [dim_16]:
1.] il principio è trinitario [essere_essere, nulla_essere,
divenire_essere (ex_sistere, ex_ …, …_sistere)_];
2.] la Trinità, e non un solo soggetto_Soggetto [divino,
essendo il principio anche l’Intero, come principio_macro_...] è dunque
condizione per la conoscenza della struttura trinitaria del principio e dell’Intero ad esso identificato:
trinità di tre soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo;
3.] poichè il processo conoscitivo presuppone sempre tre
soggetti, essendo l'uomo uno l'uomo, per conoscere, presuppone Dio come
Trinità.
DIMOSTRAZIONE_89:
ESISTENZIALISTICA_TERZA
questa
dimostrazione ripete argomentazioni già date, ma si interroga non sulla ragione
dell’esistenza [causa esistenziale verticale] del cosmo, ma dell’uomo,
rispondendo alla domanda: “perché esisto
?”, sfruttando, quindi, e così mettendo in evidenza l’intuizione di cui si
è detto nella dim_11 [“perché c’è
l’essere anziché il nulla”], ma in modo diverso, perché qui ci si chiede non
perché si esiste al posto del nulla [della creatio ex nihilo], ma perché esiste
qualcosa [anche ciò che è necessario], e in particolare l’uomo [come se fosse
Dio]/si tratta quindi piuttosto di Parmenide: perché l’essere è
[necessariamente].
si
risponde nel modo che già si è visto:
1.]
il caos non può essere la [sola] causa della mia esistenza, perché non è causa
verticale, ma solo orizzontale [il caos non esistenzializza, ma solo
“sposta”/attenzione (correzione/integrazione): poiché ogni ente è anche
esistenza pura, tutto sempre anche esistenzializza come causa verticale, e il
caos, in quanto ultima tra le ipostasi, ha infatti esistenzializzato l’uomo,
tratto (anche) da esso: ma poiché l’uomo è ordine, il caos non lo ha
esistenzializzato da solo];
2.]
la necessità non può essere la [sola] causa dell’esistenza dell’uomo, perché
[come è evidenziato dal fatto che può morire], l’uomo è anche essere
contingente, e la necessità può esistenzializzare direttamente [senza Dio], come
essere contingente, solo due cose:
a.]
il caos;
b.]
una parte delle struttura del libero arbitrio divino [il "meccanismo" della
libertà della volontà di Dio];
3.]
rimane solo Dio come causa verticale [esistenzializzante] [diretta e indiretta]
dell’uomo.
nota
queste
tesi ripetono argomenti giò visti e usati in più dimostrazioni. li integrano, e
li applicano all’uomo. l’uomo semplicemente si chiede: “perché esisto ?”. egli
risponde in molti modi, ma un’analisi rigorosa del portato veritativo di ogni
possibile risposta conduce ad ammettere Dio come unica riposta realmente
razionale [alla luce della metafisica epistemica, la quale è la più probabile
spiegazione della realtà, e spiegazione equivale a dimostrazione, dal punto di
vista probabilistico].
DIMOSTRAZIONE_90:
FIDEISTICA_QUARTA
la ricerca epistemica si sta orientando a definire la
ragione umana epistemica come esercizio di fede, modo e forma della ragione
umana possibile, in quanto è epistemica la forma di fede più perfetta esercitabile
da parte dell'uomo, e la ragione, in assenza di Dio, che è l’episteme, può
darsi nell’uomo solo come fede. ciò è necessario, perchè se la ragione si
aggiunge anche solo di poco alla fede, viene svalorizzato il valore conoscitivo
e l'autosufficienza salvifica della fede semplice e popolare: occorre fare
della ragione epistemica accessibile solo un'appendice_speculativa dalla fede,
da definire questa come momento speculativo già perfetto anche solo come fede
dei semplici: la ragione epistemica, la più alta forma della razionalità, sta
al suo interno, perchè non può aggiungersi “esternamente” ad essa: il fideismo
diventa razionalizzato come posizione del rapporto fede e episteme; l'episteme
diventa l'auto_coscienza di una fede resa speculativamente “adulta” perché
perfettamente consapevole di se stessa, e questa è la ragione stessa, propria
di un uomo ancora privo di Dio [= Episteme], cioè strutturalmente privo della
ragione vera. quindi qui si supera l’argomento medioevale del rapporto tra fede
e ragione: la ragione scompare, e tra le molte fedi, prevale la fede cristiana,
epistematizzata. non si può più parlare di armonia tra fede e ragione: c’è solo
la fede. d’altra parte, questo risultato, che pare assordo e gratuito, è in
realtà assolutamente necessario: infatti, nel veggente di Fatima o di Lourdes,
se esiste oltre la fede anche la ragione, ci potrebbe essere il problema che
questo veggente, per il fatto di aver “visto”, non avrebbe più la fede, ma solo
la ragione, nella forma dell’esperienza empirica e sperimentale. quindi,
affinchè nel veggente [ad esempio: suor Lucia di Fatima] sia conservata la
fede, la ragione deve essere tolta, e l’episteme umana umanamente accessibile
deve essere un modo della fede: il modo più assoluto e perfetto [si sta dicendo
che si può essere assolutamente certi, dal punto di vista della ragione, che
l’essere è, ma chi ostenta questa certezza rimane un uomo necessariamente allo
stato dormiente].
La presente dimostrazione differisce dalla dim_38, perché
in questa la fede si trasmette alla ragione, suo riflesso, ora invece si rimane
all’interno della fede, sia per fede, sia per toglimento della ragione.
questa è la dimostrazione: i principii [condizioni]
veritativi di correttezza [empirica o emozionale: senso e significato, e
desiderio/bisogno], completezza e coerenza possono essere applicati anche alla
fede [qui intesa semplicemente e concretamente, esemplificatamente come il catechismo
cattolico, contenuto nel “Catechismo della Chiesa Cattolica”: Libreria Editrice
Vaticana, 1992],e questa come “sistema coerente” viene presentata dalla chiesa
come una spiegazione della realtà già sufficientemente razionale, senza la
mediazione dell’ontologia metafisica [che non può svegliare l’uomo dal sonno:
può solo e deve (questa è la sua funzione) assolutizzare lo stato di certezza
del dormiente/tale è l’uomo nella dimensione terrena], e quindi come sistema
chiuso e spiegazionalmente [= dimostrativamente] auto_sufficiente. ciò che
spiega dimostra [per le funzioni des/def/dim]. certo, la definizione [=
correttezza] dei termini della fede compete alla teologia, che deriva dalla
metafisica, ma si è detto che le condizioni veritative possono agire anche a
coppie [completezza (la fede, in quanto parallela alla ragione, è completa/è la
ragione stessa a livello simbolico, è il simbolo della ragione, è la doppia
ragione in forma di segno, è la ragione invisibile) e coerenza (la fede è un
sistema coerente e perfettamente tale)_].
qui si capovolge la dim_38: ora è la fede ad essere il
riflesso della ragione, e quindi si contempla una fede_conscia come riflesso
della ragione_inconscia, che l’episteme porta a livello conscio.
DIMOSTRAZIONE_91:
RATZINGERIANA, ARGOMENTATIVA, APOLOGETICA_ARGOMENTATIVA
si constata che l’esistenza di Dio può considerarsi
dimostrata anche tramite argomenti razionali, che tendano a mostrare la
plausibilità veritativa della fede cristiana. esempi di tali argomenti sono
dati, ad esempio, dai libri del Card. Ratzinger, attuale papa Benedetto XVI:
“Rapporto sulla fede”; “Il sale
della terra”; “Dio e il mondo”.
questa dimostrazione differisce dalle dimostrazioni dim_34
[apologetica_retorica] e dim_35 [apologetica_scientifica]:
1.] la dim_34 fa riferimento a un linguaggio, che dimostra
indirettamente, confutando [cioè difendendosi: “apologia”] le argomentazioni
contrarie all’esistenza di Dio;
2.] la dim_35 fa riferimento alla dimostrazione della
storicità della Bibbia e alla plausibilità/credibilità psicologistica/psicoanalitica
della sua testimonianza, allo scopo di allacciarsi ad essa come discorso di chi
ha visto/sperimentato direttamente la risurrezione di Cristo, venendo a
contatto con Gesù risorto.
la dimostrazione è detta “argomentativa” perché fa
riferimento a ogni discorso razionale sullla fede, ed è detta
apologetica_argomentativa, perché questo discorso può essere di natura
difensiva. In questo caso, la dimostrazione differisce dalla dim_34, perché un
“argomento razionale” differisce da un “argomento retorico” [quest’ultimo è un’omelia
o una proposizione di senso o moraleggiante].
DIMOSTRAZIONE_92:
DEL DUBBIO DI FEDE, RTZ_2, PROBABILISTICA_PRIMA, ESISTENZIALISTICA_QUARTA
all’inizio del suo libro “Introduzione al cristianesimo”, il
prof. Joseph Ratzinger [attuale papa Benedetto XVI] fa un’esposizione efficace
e drammatica di cosa possa essere il dubbio di fede per un cristiano: la
disgregazione [anche psicologica] del quadro della fede, tale per cui il
credente appare come un naufrago nell’oceano del dubbio e del nulla, aggrappato
al legno della croce [= fede], simboleggiato da una tavola di legno galleggiante.
eppure nei credenti la fede resiste, e così ha resistito in Ratzinger. Perché ?
perché, sostiene questa dimostrazione, la fede ha un intrinseco potere
dimostrativo, che regge al dubbio di fede per una ragione:
1.] … posto, come dice Ratzinger all’inizio del suo libro,
che anche il non_credente ha una fede, quella nell’inesistenza di Dio, ed è
attanagliato dal dubbio che la fede cristiana possa essere vera [“… forse è
vero”] …
2.] … la fede
regge, perché è un quadro coerente, corretto [associato alle condizioni di
senso, significato e desiderio] e completo [riguardante il tutto] [le tre
condizioni di verità] …
3.] mentre il dubbio e la fede opposta non ha tali
caratteristiche, a meno che …
4.] … non si pensi che l’universo che appare sia il tutto,
ma ciò non può essere vero, perché l’universo esiste, e …
5.] l’esistenza dell’universo [e l’esistenza
dell’esistenza] non appaiono, pur essendo dette esistenti: il pensiero intuisce
l’esistenza di ciò che non appare [l’esistenza stessa: che non è un attributo
dell’apparire, ma è la sua condizione esistenziale], e quindi dimostra di
andare oltre l’apparire.
per questa sua maggiore capacità esplicativa, la fede
resiste al dubbio [posto che il dubbio è senza risposte], e una spiegazione
plausibile della realtà, data dalla fede, porta la probabilità della verità
dalla parte della fede.
DIMOSTRAZIONE_93:
PROBABILISTICA_SECONDA
posta l’alternativa tra fede e non fede [dove la fede dice
che Dio esiste], tutte le dimostrazioni epistemiche dell’esistenza di Dio [e la
confutazione epistemica della dimostrazione dell’in_esistenza di Dio data dalla
filosofia di Severino] mostrano la maggiore probabilità dell’ipotesi teistica.
DIMOSTRAZIONE_94:
PROBABILISTICA_TERZA
posta l’alternativa tra fede e non fede [dove la fede dice
che Dio esiste], l’episteme, inteso come spiegazione complessiva e maggiormente
plausibile della realtà, mostra la maggiore probabilità dell’ipotesi teistica.
INTRODUZIONE ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE
NEUTRALIZZAZIONE DELLA
CRITICA KANTIANA ALL’ARGOMENTO_ONTOLOGICO
1.] ci sono differenti usi del
linguaggio. Il primo uso è la funzione auto_concettuale del linguaggio
[fenomenologia pura del linguaggio: il linguaggio descrive la realtà]. Essa
significa che alla parola segue la sua idea e all’idea segue la sua realtà.
Quale che sia il rapporto tra uomo e realtà, e tra oggetto e soggetto, la
parola “Dio” indica la realtà “Dio”, perché la parola indica la sua “cosa”.
Kant disattiva lo schema
auto_concettuale, attribuendo al linguaggio usi secondari e periferici. Kant
usa la parola “Dio” nel modo della circonlocuzione …
definizione di “circonlocuzione” tratta dal Lessico Treccani:
“giro di parole a cui si ricorre
quando non si possa, non si sappia, oppure quando non si voglia o non si osi
adoperare l’espressione propria”. [sottolineatura: propria significa
auto_concettuale: la parola dice la cosa].
ciò significa che “Dio” [parola e
idea] significa semplicemente Dio [realtà]:
Dio [nome], detto dal linguaggio;
Dio [idea], pensata dal pensiero;
Dio [realtà], ovvero esistenza.
2.] Kant opera la circonlocuzione
dando significati a Dio di tipo parallelo a quello diretto di esistenza/realtà.
Lo fa o ponendo Dio nella condizione della possibilità [Dio potrebbe essere una
favola], e ciò si confuta perché l’uso di Dio è qui voluto come possibilità,
oppure costruendo costrutti_terminali che aggiungono a Dio
determinazioni/caratteristiche che allontanano Dio dall’auto_concetto puro. Ad
esempio: “Dio è l’idealità”, oppure “Dio è l’idealità di Dio”.
Ma ad ogni costrutto_terminale
l’episteme associa il suo auto_concetto come definizione primaria, ad esempio:
a.] Dio non è idealità perché Dio
= Dio e idealità = idealità e la parola “Dio” non è la parola “idealità”;
b.] Dio è senz’altro l’idealità
di Dio, ma come tale non è l’idealità
dell’uomo: quest’ultima è piuttosto
“dio”
[si trascura qui il discorso sull’anima, si parla in termini
metaforici],
inteso come super_uomo, ciò che l’uomo deve essere non con
la tecnica ma con
l’etica; l’idealità di Dio è invece
ciò che Dio deve diventare con l’etica
della creazione_sacrificale e con l’uomo_etico, il super_Dio
[l’“oltre Dio” di
Severino, che epistemicamente è sempre Dio, più che
perfetto con l’uomo].
3.] tutta l’argomentazione di
Kant si fonda sull’isolamento del soggetto dall’oggetto, isolamento superato
dalla metafisica_epistemica. Questa è una metafisica, ma non dice cose strane,
bensì “normali”, infatti:
a.] Kant distingue tra realtà e
idealità [pensiero], ma in questo modo considera l’uomo come un ente “staccato”
dal mondo e dall’esistenza [un aspetto dell’“isolamento”, di cui parla
Severino], è cioè un uomo “fantasioso” o “da favola”, perché considerato come
un ente che studia la realtà come se non facesse parte di questa realtà;
b.] invece, come dice
l’evoluzione, la realtà determina l’uomo, e determinandolo è ipotesi normale
[anche se metafisica] che l’uomo, se non nel corpo, certamente nella mente
[come dice anche il principio_antropico] riproduca la realtà, e quindi
la possa conoscere nelle forme/categorie perfettamente: l’idea di Dio
semplicemente riproduce la realtà di Dio [congiunzione tra oggetto e soggetto];
c.] tutto ciò non dimostra Dio e
non confuta Kant, ma …
a.] poiché anche l’ipotesi di
Kant sull’isolamento dell’uomo e sulla sua separazione dalla realtà [ipotesi
tutt’altro che scientifica, visto l’uomo appunto parla di Dio] è di tipo
metafisico, …
b.] allora si tratta di decidere
tra due ipotesi metafisiche, quella dell’isolamento dell’uomo dalla realtà,
oppure quella dell’innesto dell’uomo nella realtà, e poiché …
c.] … l’uomo parla e pensa
metafisicamente, ciò mostra e dimostra che l’ipotesi dell’inserimento dell’uomo
nell’esistenza è la più probabile, quindi …
d.] l’episteme è superiore al
criticismo kantiano, confutato inoltre dal fatto che [come hanno constatato
Popper e Einstein] le categorie kantiane della mente proprio rispecchiano la
realtà, e quindi la realtà deve essersi riprodotta nella mente, e così la realtà
di Dio nell’idea di Dio;
e.] le categorie kantiane, come
sono state non confutate ma allargate alla geometria non euclidea, così vanno
dunque allargate alla metafisica. La gnoseologia_epistemica si conferma
kantiana;
f] è quindi posta la congiunzione
tra realtà e idea di Dio: l’idea riflette la realtà.
4.] si riflette ora sul concetto
di perfezione accolto da Kant. L’episteme inizialmente ha creduto più opportuno
sostituirlo con il concetto di necessità, ma in realtà è sufficiente fermarsi
anche sul primo:
a.] la necessità esiste, perché
necessità significa solo necessità di esistere: non può darsi un aggettivo
senza che si dia ad esso una realtà, e se sì, la necessità dell’esistenza è
comunque certa, in senso parmenideo;
b.] così è data la necessità almeno
di un soggetto: l’uomo che, esistendo e intuendo la necessità, vi si
identifica;
c.] deve esistere almeno un
oggetto necessario, perché il concetto di necessità significa per definzione
necessità di esistere, e quindi è escluso che tale concetto possa essere un
aggettivo per la fantasia, che non “deve” esistere [e neppure, più debolmente,
“può” esistere], ma se un aggettivo non è per la fantasia, come può esistere se
non serve a nulla, se non per la realtà almento di un essere ?
d.] quest’ultimo è, si è detto,
almento necessarimante l’esistenza_pura, in senso parmenideo;
e.] ma se esiste un oggetto
necessario, così è per il soggetto, e allora il soggetto veramente e puramente
necessario è solo il Soggetto, cioè Dio, concetto anch’esso [più che “perfetto”,
piuttosto e innanzitutto] necessario.
5.] pensando quindi alla
perfezione: questa è carattere o della fantasia o della realtà [e come tale, o
della realtà_oggetto o anche della realtà_soggetto]. Ma il concetto di
perfezione, che nel suo uso primario serve a caratterizzare semplicemente ciò
che è perfetto [e non ciò che è fantasticamente tale], e quindi l’ente_metafisico,
non serve a caratterizzare innanzitutto l’ente fantastico, perché [proprio in
senso Kantiano] esso è migliorativo di ciò che è imperfetto, e quindi è
concetto eticamente desiderabile e desiderato, e allora per la congiuzione tra
oggetto e soggetto …
apertura di macro_parentesi [solo metafisicamente e (si potrebbe
forse dimostrare, e anzi necessariamente, dato che o si è nel vero o si è in
errore) fantasiosamente esclusa da Kant: si può parlare di pre_giudizio
kantiano sull’in_capacità metafisica del pensiero_umano, che peraltro, in
quanto pensiero_esistenziale, è solo metafisico per definizione, perché il
pensiero non appare, né appare la sua attività e auto_consapevolezza: non è un
apparire, ma è un’intuzione interna] [chiusa
macro_parentesi].
… ciò che è desiderato non
appartiene primariamente al campo della fantasia, ma della realtà [si dice:
“sogno di essere ricco”/tale sogno è una auto_proiezione paradisiaca/tutto il
potere del mondo e il progetto di dominio del mondo è un fenomeno di potere
sopran_naturale che agisce nel naturale] [il sopran_naturale supera la
fantasia, ed è la matrice (invariante) di questa].
6.] si osserva che anche il
criticismo si fonda tutto sulla congiunzione tra oggetto e soggetto, ma tale
congiunzione è limitata al rapporto idealistico tra soggetto [prima] e oggetto
[dopo], e non anche [epistemicamente] al rapporto realistico tra oggetto
[prima] e soggetto [dopo]: è la realtà che si riproduce nelle categorie della
mente, e che dice a queste di riconoscerla [l’oggettività è l’“imposizione”
naturale della realtà sulla mente: l’agnostico kantiano rifiuta (teisticamente)
tale imposizione, evidentemente perché l’ateo vive Dio (a causa del male) come
un “dittatore assoluto”, e ciò è comprensibile: per questo Dio si nasconde
(Messori)_].
7.] [seguono aggiunte dovute a
rilettura veloce del testo di Abbagnano e Fornero …] …
a.] è lecito trarre l’esistenza
da un mero concetto, se si guarda alla fuzione del concetto [descrivere ciò che
esiste] e prima ancora alla ragione della sua esistenza [il concetto è la
riproduzione della realtà nella mente];
b.] la distinzione tra piano
mentale e piano reale è una delle ragioni della confutazione epistemica alle
tesi di Kant: essa è l’ipotesi [fantasiosa]
dell’in_esistenza della giunzione tra oggetto e soggetto, tra pensiero e
esistenza. si comprende perché il criticismo appare non_normale: pone le
categorie come capaci di spiegare la realtà, ma isolata la mente dalla realtà,
tale capacità di spiegazione diventa “magica”. Kant la spiega definendo la
conoscenza come un prodotto soggettivo, in cui l’idealismo è totale, con la
sola differenza che l’io_penso è un ente_limitato [e non assoluto], ma ciò non
spiega da dove derivi la “struttura” del filtro. L’episteme lo spiega: tale
struttura deriva dalla realtà, che si riproduce nella mente, e allora la
rappresentazione non è più un prodotto_totale: la sua forma riflette le
categorie, che rilfettono la struttura della realtà stessa, che in esse si
riproduce e proietta. Kant separa l’uomo dall’esistenza, lo “isola”:
distinzione tra piano mentale e piano reale, dove distinzione significa
“scissione” [giunzione spezzata];
c.] non è l’esistenza che si
constata per via empirica, ma solo l’apparire: l’esistenza è colta invece solo
dall’intelletto, e sia l’esistenza [in sé e della cosa] che il
pensiero/intelletto non appaiono. Il pensiero non appare a se stesso, ma sa di
esistere: tutto il criticismo è fatto di concetto che non appaiono [come le
categorie]: già dieci anni fa la ricerca_epistemica lo ha capito: il kantismo è
un “metafisica del pensiero”: concetto come l’io_penso e le categorie, e la
stessa mente non appaiono, ma sono presupposti esistenti, questo perché il
pensiero intuisce se stesso, a livello esistenziale_metafisico;
d.] l’esistenza è una proprietà
logica, prima che un fatto. Non si attribuisce l’esistenza agli oggetti, ma
l’esistenza degli oggetti è necessaria, se deriva dall’auto_strutturazione
dell’ esistenza pura. Non l’esistenza è carattere dell’ente che esiste, ma
l’ente e la sua esistenza sono caratteri [ipotesi] dell’esistenza in sé;
e.] derivare la realtà dall’idea
è lecito, perché [come si è detto] l’idea riproduce la realtà e serve a
rifletterla.
INTRODUZIONE
ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE
NEUTRALIZZAZIONE DELLA CRITICA KANTIANA ALLA
PROVA COSMOLOGICA
Afferma Kant che il principio di causa è una regola
con cui si connettono i fenomeni tra di loro e che quindi non può servire a
connettere i fenomeni con qualcosa di trans_fenomenico [Abbagnano e Fornero].
in base alla funzione dei concetti, che descrivono
la realtò, la “causa” è invece una funzione della realtà, avente natura
oggettiva. essa è un’ipostasi funzionale, un modo oggettivo di funzionamento
della realtà dell’essere, riflessa nel concetto umano e divino di causalità. La
causa non è una mera convenzione linguistica.
La ricerca_epistemica distingue due coppie di cause:
1.] a.] causa_verticale;
1.] b.] causa_orizzontale;
2.] 1.] b.] 1.] causa orizzontale_necessaria [o
ipostatica];
2.] 1.] b.] 2.] causa orizzontale_contingente [o non
necessaria].
La causa verticale sta all’origine dell’esistenza di
una realtà gerarchicamente secondaria rispetto alla causa stessa. Tale
secondarietà non deve essere intesa in senso “diminuitivo”, come la
interpretano Plotino e Sant’Agostino. Anzi. Dio è proprio il livello
gerarchicamente inferiore dello sviluppo, e come tale è il suo massimo livello
di evoluzione, perché appunto nell’evoluzione [e pirma ancora nell’emanazione]
ciò che viene dopo è più evoluto [e complesso] di ciò che viene prima.
La causa orizzontale è l’insieme delle cause, tra
loro legate, che agiscono “orizzontalmente” ad un dato livello e stadio dello
sviluppo verticale della realtà necessaria, sviluppo che parte dal principio e
che è causato dal principio stesso.
La causa orizzontale di tipo ipostatico [necessaria]
sta ad esempio nel funzionamento degli organi del corpo o dell’atomo: il moto
di un ente non è causato dal moto di un altro ente, ma tutti gli enti sono
causati dalla loro connessione alla base esistenziale, legata alla struttura
della necessità e del suo sviluppo.
La causa orizzontale di tipo contingente è data
dallo spostamento di un oggetto o dal funzionamento di un orologio: nel primo
caso, se una galassia collide con un’altra o se una mano sposta un oggetto, il
moto dell’oggetto spostato non è necessario, ma relativo alla contingenza
dell’ente che lo ha toccato/colpito/sposato; nel secondo caso, una ruota
meccanica si sposta sì necessariamente in conseguenza del moto di un’altra
ruota meccanica, ma se questa fosse rimossa, la prima non si sposterebbe, il
suo moto è pertanto non necessario, ma contingente/condizionato, non casuale
perché provocato, ma provocato in modo non necessario, ma solo contingente.
Senza voler anticipare la formulazione di una
dimostrazione_tomistica, si osserva solo quanto segue da tali determinazioni
teoriche. La critica_epistemica alla posizione di Kant sta nel fatto che, posta
la causa orizzontale, come l’insieme delle leggi di natura della natura
apparente, queste, nella loro determinazione caratteristica, sono condizionate
dal tipo di causa verticale che ne ha determinato l’esistenza. così, un
orologio [che è in questo caso è usato in senso mefaforico, come esempio di
organo, atomo o anche l’orologio stesso] è un funzionamento di tipo totalemente
meccanicistico, ma la sua esistenza [essendo prodotto dall’industria degli
oroglogi] e il suo funzionamento [le sue parti e le sue leggi] sono determinate
in vista di un fine: la lettura dell’ora da parte dell’uomo. Ecco dunque che
dal tipo di causa orizzontale è possibile capire la natura della causa
verticale, che ne ha determinato l’esistenza e il carattere, e allora la
critica kantiana [che presuppone la causa_naturale senza spiegarla] è
confutata: le cause_fenomeniche sono associate alla loro causa
trans_fenomenica.
mentre la dim_4 trae la causa del cosmo_apparente
dalla natura della volontà divina che, essendo mista, si lega alla natura mista
della configurazione dell’apparire_attuale, in base a tale critica alla posizione di Kant si può trarre
la validità delle dimostrazioni tomistiche dall’analisi delle cause interne al
mondo_ apparente. Si nota che, come ha detto il Prof. Enrico Berti, la dim_4 si
associa all’argomento_teleologico tomistico.
Seguendo la lettura della critica kantiana alla
prova cosmologica, si riformula quanto si è detto. E’ vero che le dimostrazioni
“saltano” dall’idea/concetto alla realtà, ma è anche vero che tra queste due
ipotesi:
1.] ipotesi kantiana: i concetti e le loro
possibilità possono essere isolati dalla realtà;
2.] ipotesi epistemica: l’esistenza dei concetti e
delle loro possibilità è determinata dalla loro funzione, che è quella di
descrivere/riflettere la realtà, il cui sviluppo e evoluzione ha determinato
l’esistenza di quei concetti [replicandosi e riproducendosi in essi], le cui
possiblità sono manifestazioni proiettive del [ancora attuale]
“vincolo_esistenziale” tra realtà e idea, dovuto al fatto che la prima non solo
determina la seconda, ma anche la include, e così l’idea stessa, riproduzione
della realtà, include la realtà, conoscendola …
… la seconda è la più naturale [normale = plausibile
= probabilisticamente vera], perché il soggetto stesso è un oggetto, l’uomo fa
parte della realtà, e quindi l’uomo è legato alla realtà, e la sua mente
conosce la realtà perché questa è la funzione “tipica” della mente, per cui è tipico che in concetto
dica la cosa, e che quindi “Dio”/idea dica “Dio”/realtà, secondo il più
naturale [e gerarchicamente primario] significato e uso dei concetti:
descrivere ciò che è.
INTRODUZIONE
ALLE DIMOSTRAZIONI TOMISTICHE
NEUTRALIZZAZIONE DELLA CRITICA KANTIANA ALLA
PROVA FISICO_TEOLOGICA_TELEOLOGICA
La dim_4 ha dimostrato che la
natura_apparente non può essere la causa del proprio ordine, perché in esso c’è
anche il disordine.
La differenza tra dim_4 e
l’argomento teleologico classico sta nel fatto che la dim_4 vi aggiunge
l’analisi della natura della causa del mondo_apparente intesa come la volontà
di Dio, la cui natura “mista” corrisponde alla natura “mista” dei fenomeni
naturali apparenti.
Sarebbe importante riuscire a
dimostrare quanto segue:
1.] posto che l’ordine ipostatico
non può derivare dal disordine [la disposizione casuale di un grumo di materia
può assumere la forma apparente_superficiale dell’uomo, ma non potrà mai “strutturare”
un vero uomo e il suo funzionamento, essendo esistenzialmente e funzionalmente
connesso con lo sviluppo ipostatico della necessità], …
2.] e posto [come ora si dirà]
che l’rodine delle cause naturali apparente è fatto anche di cause epistemicamente
classificate come contingenti [necessarie sono le cause delle orbite dei
pianeti, intese come esistenza di tali orbite, contingente è invece la loro
disposizione spazio_temporale], …
3.] si dovrebbe dimostrare che,
sebbene miliardi di variabili unicamente tra loro coordinate, che hanno
consentito la vita sulla terra [ad esempio: precisa distanza tra sole e terra e
precisa pressione atmosferica, gravità, composizione del rapporto tra ossigeno
e azoto, e presenza di acqua], in quanto variabili contingenti, possano essere
disposte casualmente, …
4.] posto che un orologio
[analogico o digitale: vero orologio] è un insieme di variabili contingente
[non sistema: il sistema è solo ipostatico: l’orologio è un grumo di variabili
che l’uomo ha disposto per funzionare], si dovrebbe appunto di dimostrare che …
a.] il caso non può disporre un
orologio a caso e parimenti …
b.] quelle miliardi di variabili
hanno la stessa disposizione “incastrata” dell’orologio.
5.] Perché in questo caso, come
l’orologio lo ha fatto l’uomo, così quella disposizione, se si dimostra essere
simile a un orologio, l’avrebbe fatta Dio, cioè un intelligenza almeno grande
quanto il cosmo.
Sulla base di tali premesse, si
può criticare la posizione kantiana riguardo alla prova fisico_teologica [o
fisico_teleologica].
Dalla lattura del testo di
Abbagnano e Fornero, si ricavano i due tipi di cause che si sono elencati nel
paragrafo precedente:
1.] Dio come causa dell’ordine
del mondo è Dio come causa_orizzontale_contingente, finalisticamente determinata
[un Dio che, ad esempio, ordina il sistema solare perché esso possa accogliere
la vita, sistemando miliardi di variabili, ciò che non può essere dimostrato,
perché si è detto tali variabili potrebbe essersi disposte casualmente, a meno
che la loro disposizione non sia dimostrata essere simile a quella di un
orologio/manufatto: il ritrovamento di un simile manufatto su di Marte farebbe
dire agli scienziati che su Marte c’è stata una vita intelligente/ma forse ciò
non si può dire per il sistema solare, perché anche tutte le sue orbite sono
funzionali strettamente alla vita sulla terra, non si può escludere la perfetta
combinazione casuale, definibile come “coincidenza”/invece un orologio non
appare una coincidenza];
2.] Dio come causa dell’essere del
mondo [Dio_Creatore] è Dio come causa_verticale di tipo esistenzializzante.
La ricerca_epistemica ha già
epistemizzato la dimostrazione tomistica relativa a questa critica kantiana,
dimostrando Dio come la causa_orizzontale_contingente [analisi del Big Bang,
che è causa orizzontale a determinazione finalistica].
La dim_4, dal tipo di fenomeni e
di cause del mondo_apparente, dimostra Dio come causa_verticale della sua
esistenza.
Si introduce qui il concetto di
occasionalismo_epistemico: esso significa che, a causa dell’incidenza del Caos
sul Creato tratto da esso [semi_creazionismo_platonico] e dal nulla
[creazionismo pieno o assoluto, corretto tramite l’accoglimento delle istanze
severiniane], la natura_apparente [metaforicamente] “da sola non ce la fa”, e quindi Dio interviene “occasionalmente” [“caso per caso, all’occasione opportuna”, dove
“caso” qui significa evento] per correggere e finalizzare in senso
contingente_funzionale la natura e la sua evoluzione verso l’uomo e il suo
bene. Da questo punto di vista, mentre l’eden_creato è riproduzione “esatta”
dell’eden_in-creato [nessun occasionalismo nell’iniziale atto creatore, ma il
Creato nasconde così il male], Dio successivamente deve aver “spezzato” il
Creato [Big Bang], allo scopo di caotizzare in parte la natura, per farvi
emergere il male. Questo intervento segna una determinazione finalistica [alla
comparsa della vita_umana] della disposizione delle galassie e dei corpi
celesti e astrali [ad esempio: nessuna galassia che possa collidere con la Via
Lattea], e per cui:
1.] da un lato si spiegano come
vani i tentativi degli scienziati di spiegare meccanicisticamente l’origine del
sistema solare;
2.] dall’altro, questo incapacità
teorica è appunto dovuta al fatto che il sistema solare e, in parte, il cosmo_apparente,
appare alla razionalità_epistemica come un “gioco_falsato” con l’evidente
impronta dell’intervento di un Intelligenza, che sa nascondersi, proprio perché
quelle miliardi di variabili possono in teoria [forse] essere spiegate col
caso.
Tuttavia, l’ipotesi che queste
variabili non siano casuali è più probabile dell’ipotesi contraria, e quindi
appare razionale la fede nell’esistenza di Dio [apertura alla dimostrazione].
Si prosegue nella lettura del
testo di Abbagnano e Fornero.
Niente autorizzerebbe, come dice
Kant, a concepire la causa dell’ordine del mondo come la Causa perfetta e
assoluta: “… noi, saltando l’“abisso”
che separa il finito dall’infinito, identifichiamo, sottobanco, l’ipotetica
Causa ordinante con l’idea della Realtà perfettissima …, giocando con delle
idee, forzatamente manipolate …” [Abbagnano e Fornero], senza contare che “noi sappiamo che in questo universo c’è
una qualche misura o gradazione di ordine, ma relativa ai nostri parametri
mentali e, in ogni caso, non certo infinita e priva di imperfezioni. Di
conseguenza, non possiamo arrogarci il diritto di affermare che la Causa del
mondo è infinitamente perfetta, saggia, buona, ecc.” [Abbagnano e Fornero].
1.] tra il finito e l’infinito
non c’è un abisso: l’infinito è lo spessore esistenziale dell’esistenza del
finito, il quale non può confinare col nulla, e ha quindi una base_metafisica
che racchiude l’intero spessore dell’essere [rappresentato nella
mappa_metafisica]. Ciò signifca che il finito racchiude l’infinito, mentre
l’infinito è “ripiegato” sul finito e lo copre interamente, avvolgendolo delle
sue strutture_esistenziali: Severino ha parolato di “isolamento della terra”; a
livello esistenziale non esiste questo isolamento, se non nel fatto che il
Creato poggia attualmente sulla volontà di Dio ed è ancora separato dalla fonte
[ma non dal principio, in quanto pure il Creato esiste]. La differenza [di cui
si tratterà nella protologia] tra l’ontologia_classica e l’ontologia_epistemica
sta qui: la prima considera l’esistenza dell’ente [ad esempio, un sasso] comela
sua “ombra”, partendo dalla considerazione dell’esistenza del sasso in quanto
il sasso appare; la seconda, invece, ribalta il rapporto tra sasso [e apparire
del sasso] e la sua esistenza, facendo di questa il “ponte” tra il sasso è
l’esistenza in sé pura, e questo “ponte”, l’ombra del sasso, è di proporzioni
immense, racchidendo un essere rappresentato dall’intera mappa dell’essere: il
sasso esiste solo perché il principio gli consente di esistere, non l’esistenza
del sasso è in funzione del sasso, ma il sasso è in funzione della propria
esistenza, quest’ultima in funzione dell’esisistenza in sé;
2.] non c’è nelle dimostrazioni
una manipolazione e un gioco delle idee e dei concetti “forzoso”, ma una loro
lettura e interpretazione diretta e immediata: la parole parlano delle cose; la
Causa è la Causa, la Realtà perfettissima è la Realtà perfettissima,
riconosciuta in vari elementi [il Tao, l’Uno, Dio, ecc.], tutti veri, tra cui
Dio, e posti dall’episteme convergenti su Dio, perché Ente_personale_vitale. il
vero “gioco forzoso” è usare la parola “Dio” in circonlocuzioni, come fanno gli
atei e gli agnostici:
a.] essi dicono: Dio è la natura,
Dio è l’idealtà, Dio è un proposito, Dio è un meccanismo di difesa, Dio è il
padre o l’uomo, Dio è una paura, Dio è il cosmo, Dio è questo e quest’altro …
b.] dice invece l’episteme: Dio è
Dio, e la parola e l’idea di Dio parla e pensa semplicemente e direttamente
[senza circonlocuzioni] “Dio”, cioè Dio come realtà.
3.] i “parametri mentali”
dell’uomo, ereditati da Dio, sono “calibrati” per la realtà dell’essere e per
descriverla. Non si ha una soggettivizzazione, ma una lettura diretta;
4.] come detto, l’imperfezione
della natura_apparente non significa che Dio non ha agito, perché essa è
un’imperfezione dovuta al male e cercata, voluta e prodotta da Dio allo scopo
di fare emergere il male in forma apparente. Uno dei più antichi pensieri della
ricerca_epistemica [risalente a più di 10 anni fa] riconosce che, anzi, proprio
la perfezione edenica ha portato Adamo a sostituirsi a Dio, perché la realtà
perfetta divina non è determinata da Dio, ma dalla necessità per Dio. solo
l’introduzione del Caos apparente nel mondo, dovuta a Dio che spezza il Creato
[Big Bang] fa emergere dall’inconscio la matrice originaria caotica del Creato,
facendo capire ad Adamo con la sua provocata/tentata caduta [da Lucifero come
da Dio], che egli è un essere_contingente.
Sulla base di questi tre
paragrafi, le tre ritiche_kantiane [ontologica, cosmologica e teologico
_teleologica] alle dimostrazioni tomistiche si sono mostrate insufficienti
[probabili, ma probabilisticamente subordinate alla maggiore probabilità di
verità (= plausibilità) della loro confutazione_epistemica]. Pertanto, le
dimostrazioni tomistiche possono essere legittiamente accolte “in blocco”,
rimanendo immutate. Per cui segue la loro epistemizzazione, che diverge in
parte dal loro argomento di fondo, producendo [forse] altrattante
dimostrazioni.
Riguardo la critica epistemica
alle dimostrazioni tomistiche, si osserva quanto segue:
1.] sebbene tutti i principii
tomistici siano indifferentmente attribuibili [in base allo schema
quadripartito] o a Dio o alle altre strutture della necessità, …
2.] il concetto di Dio è il
concetto di una necessità_personale [cioè di una persona_necessaria], per cui …
3.] … quei principii si
s_doppiano, ma ciò non produce altre 5 dimostrazioni, perché il doppio
principio serve piuttosto a dimostrare le altre realtà necessarie, che non sono
Dio.
queste sono in sintesi le
dimostrazioni tomistiche:
1.] poiché tutto ciò che si
muove è mosso da altro, ma, per non procedere a ritroso all’infinito, nulla
potrebbe muoversi se non vi fosse un primo motore, Dio è questo primo motore
immobile, che non si muove ed è la causa prima di ogni movimento;
2.] nell’ordine delle cause che stanno alla
base di tutti i fenomeni naturali, che accadono nell’universo, Dio deve
esistere come causa prima;
3.] le cose possibili
esistono essendo poste dalle cose necessarie, le quali traggono la loro
necessità da altre cose necessarie. Dio è ciò da cui tutto dipende, ed è il
solo Ente, la necessità della cui esistenza si trova in se stessa.
4.] in ogni cosa il vero e il bene sono
presenti per gradi. Dio trasmette queste caratteristiche (che appartengono
all’esistenza) a tutte le cose, essendo sommo Essere, somma Verità e sommo
Bene, cioè il loro grado massimo.
5.] tutte le cose esistenti
sono dirette a un fine (come si desume dalla fisica di Aristotele). Dio è
l’Intelligenza massima, intesa come il fine verso cui convergono tutte le cose.
seguono i testi originali delle dimostrazioni tomistiche
[fonte: Prof. Don Mauro Mantovani, Pontificia Università
Salesiana]. A causa dei limiti culturali del soggetto_espositore, non
si può esporre un commento alle dimostrazioni_tomistiche.
poichè la critica kantiana e epistemica è stata
neutralizzata [Abbagnano e Fornero, Filosofi e filosofie nella storia,
volume secondo, edizione per i licei, 1996, pagg. 450-452], le
dimostrazioni_tomistiche sono ancora valide.
nota sul criticismo kantiano
si è detto che la mente dell’uomo
[cosiddetto “microcosmo”] riproduce nel suoi schemi la struttura del cosmo per
la giunzione tra oggetto e soggetto [il primo incorpora il secondo e si
riproduce esistenzialmente in esso]: cioè la struttura della mente è la stessa
struttura della realtà. deve essere precisato che questo non è evidente per
l’uomo, perché il cosmo non si riproduce normalmente nell’uomo, ma in dio,
nell’anti_dio [micro_duplicazione di dio nel creato] e in cosmo_adamo: questi
tre soggetti sono esseri giganteschi, e sono posti al centro della realtà, che
in essi si riproduce, duplicandosi nella loro mente [giunzione tra oggetto e
soggetto]. l’uomo è invece una derivazione micro_frattalica di cosmo_adamo, a
sua volta derivazione micro_frattalica dell’anti_dio. per questo l’uomo appare
“disancorato” dall’universo_apparente, scisso da esso e non posto al suo
centro, parte microscopica di esso e quindi non certo sua duplicazione. per
questo si dice che quella duplicazione, come origine della corrispondenza
innatistica tra struttura del cosmo e struttura della mente [apparato
categoriale kantiano] vale per l’uomo solo indirettamente:
1.] la mente umana non è diretta
duplicazione dell’oggetto nel soggetto umano;
2.] la mente umana ricava e riceve
la sua struttura come indirettamente riproduttiva della struttura della realtà,
perché la ricava e la riceve come fattore genetico da cosmo_adamo e da
cristo_episteme;
3.] cioè l’uomo è microcosmo non
per riproduzione in lui del cosmo [come in dio], ma per riproduzione in lui di
dio, che è riproduzione del cosmo.
è evidente in queste considerazioni
il collegamento con la dimostrazione dim_147 e la sua schematizzazione.
DIMOSTRAZIONE_95 [PRIMA_TOMISTICA]
“La prima e la più evidente è quella che
si desume dal moto.
È certo infatti e consta dai
sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove
è mosso da un altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale
rispetto al termine del movimento; mentre chi muove, muove in quanto è in atto.
Perché muovere non altro significa che trarre qualche cosa dalla potenza
all’atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all’atto se non mediante un
essere che è già in atto. Per esempio il fuoco che è caldo attualmente rende
caldo in atto il legno, che era caldo soltanto potenzialmente, e così lo muove
e lo altera. Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto
lo stesso aspetto in atto e in potenza, lo può essere soltanto sotto diversi
rapporti: così ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza,
ma è insieme freddo in potenza. È dunque impossibile che sotto il medesimo
aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa.
È dunque necessario che tutto ciò che si
muove sia mosso da un altro, e questo da un terzo e così via. Ora non si può in
tal modo procedere all’infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo
motore, e di conseguenza nessun altro, perché i motori intermedi non muovono se
non in quanto mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in
quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che
non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio” [San Tommaso
d’Aquino].
DIMOSTRAZIONE_96 [SECONDA_TOMISTICA]
“La seconda via parte dalla
nozione di causa efficiente.
Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le
cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa
efficiente di se medesima; che altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa
inconcepibile. Ora, un processo all’infinito nelle cause efficienti è assurdo.
Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa
dell’intermedia, e l’intermedia è causa dell’ultima siano molte le intermedie o
una sola; ora, eliminata la causa è tolto anche l’effetto: se dunque
nell’ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe
neppure l’ultima, né l’intermedia. Ma procedere all’infinito nelle cause
efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremo
neppure l’effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è
falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano
Dio” [San Tommaso d’Aquino].
DIMOSTRAZIONE_97 [TERZA_TOMISTICA]
“La terza via è presa dal
possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa.
Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere
e non essere; infatti alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che
possono essere e non essere. Ora è impossibile che tutte le cose di tal natura
siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se
dunque tutte le cose [esistenti in natura sono tali che] possono non esistere,
in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora
non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se
non per qualche cosa che è. Dunque, se non c’era ente alcuno, è impossibile che
qualche cosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente,
il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma
bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che
è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no.
D’altra parte negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro
necessità, non si può procedere all’infinito, come neppure nelle cause
efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all’esistenza
di un essere che sia per sé necessario, e non tragga da altri la propria
necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio” [San
Tommaso d’Aquino].
DIMOSTRAZIONE_98 [QUARTA_TOMISTICA]
“La quarta via si prende dai
gradi che si riscontrano nelle cose.
È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il
nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado
maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che esse si
accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; così più caldo è
ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche
cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa
che è il supremo ente; perché, come dice Aristotele, ciò che è massimo in
quanto vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato
genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo
al massimo, è cagione di ogni calore, come dice il medesimo Aristotele. Dunque
vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell’essere, della bontà e di
qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio” [San Tommaso d’Aquino].
DIMOSTRAZIONE_99 [QUINTA_TOMISTICA]
“La quinta via si desume dal
governo delle cose.
Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di
conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come appare dal fatto che
esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la
perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono
il loro fine. Ora, ciò che è privo d’intelligenza non tende al fine se non
perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia
dell’arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le
cose naturali sono ordinate a un fine: e quest’essere chiamiamo Dio” [San
Tommaso d’Aquino].
DIMOSTRAZIONE_100: FONDATIVA, RTZ_3, MASSIMA_RATZINGERIANA, FIDEISTICA_QUINTA, MASSIMA_FIDEISTICA, NORMALE_QUARTA
la
presente dimostrazione si propone di neutralizzare definitivamente il dubbio di
fede, posto che la fede non presuppone solo il dubbio di fede, essendo essa una
determinazione essenziale della ragione_epistemica [perché mai Dio sarà
visibile nella sua interezza, e quindi il pensiero tramite il linguaggio può e
deve procedere anche indipendentemente dalla percezione]. essa recita: “la realtà non è limitata solo a ciò che
appare all’uomo, perché questo apparire dovrebbe essere normalmente perfetto, e
poiché esiste anche un apparire perfetto, questo è il soprannaturale, inteso
come realtà perfetta, e in esso, esso esistendo, è probabile che Dio esista”. questo
argomento è sintetizzato riprendendo la dim_53 [e le dim_54 e dim_73], ma è assai
più complesso di esse, ed è potenzialmente fonte di altre due future
dimostrazioni e delle cinque dimostrazioni ad esso seguenti
[tomistiche_epistemiche].
tutte
le dimostrazioni epistemiche hanno senso se è dimostrato questo presupposto: l’orizzonte
attuale dell’apparire, cioè ciò che appare alla percezione umana, definito
anche configurazione attuale dell’apparire, con attinenza alla struttura [e
questo sarà un punto determinante, perché dal tipo di apparire, imperfetto, si
capirà che deve esistere anche un altro apparire, come detto anche in
precedenti dimostrazioni (dim_53, dim_54 e dim_73)_], come dice Ratzinger nel
suo libro “Introduzione al cristianesimo”, non deve esaurire l’ambito
dell’esistenza [l’Intero non è solo ciò che appare all’uomo], o comunque
dell’esistenza [tecnicamente/fisicamente] accessibile, di cui cioè si possa
dire in senso fisico. affinchè la fede sia prova dell’invisibile, l’invisibile
deve [nell’ambito della ragione] almeno essere dimostrato esistente [con ciò,
come si vedrà, non si esce dalla fede, ma dalla fede dubitativa]. si deve cioè
dimostrare, inizialmente, che esiste tutta una realtà [ed è la vera realtà:
immutabile, infinita ed eterna, di un infinito di ordine superiore a quello del
mondo fisico, qui detto creato], che all’uomo non appare attualmente, ma che
non può apparirgli [realtà anche detta soprannaturale] neanche in paradiso, per
cui dimostrarlo esistente non presuppone la sua percezione. successivamente si
dimostrerà che in questa realtà esiste un soggetto personale e divino: Dio. in
altri termini, [affinchè sia dimostrata l’esistenza di Dio] non deve esistere
solo ciò che appare all’uomo, perché Dio all’uomo non appare, e se esistesse
solo ciò che appare all’uomo ora, Dio non esisterebbe. È evidente che in paradiso
il pensiero umano sfrutta l’innesto cristico, ma rimane il fatto che questo
innesto non appare del tutto, e questo innesto viene prodotto ora
dall’episteme, in sostituzione di cristo.
Il
pensiero ha facoltà di ipotizzare l’esistenza del soprannaturale. questo non si
identifica tutto all’invisibile. La fisica non vede le onde/particelle, di cui
è costituita la materia, le particelle sono parte della realtà invisibile, ma
comunque tecnicamente accessibile, perché ad esempio manipolabile [il neutrino
non appare, è invisibile, ma non è detto per questo soprannaturale]. esiste
quindi nell’uomo una triplice scissione tra pensiero e percezione [scissione
compensata dal linguaggio_ponte, come si vedrà: verbo = episteme = fede =
ragione = cristo], cioè un non parallelismo tra pensiero e percezione, laddove
la gnoseologia epistemica pone invece un parallelismo per Dio. questa è la
triplice scissione per l’uomo [ci saranno altre scissioni e altri parallelismi]:
1.]
scissione in senso parmenideo e neo_scolastico tra pensiero dell’essere come
immutabile e percezione dell’essere come divenire, dell’essere come
dell’apparire, con rilevata apparente contraddizione [su cui Bontadini innesta
la sua dimostrazione dell’esistenza di Dio, ripresa dall’episteme];
2.]
scissione tra pensiero della realtà fisica invisibile e non percezione della
stessa [ad esempio: Einstein che teorizza le onde gravitazionali, ma esse, in
quanto onde, non si possono vedere, le si possono solo eventualmente
sperimentare];
3.]
scissione [se esiste il soprannaturale, che qui si vuole dimostrare esistente]
tra pensiero del soprannaturale e sua non percezione [attuale], in cui la
possibilità dell’esistenza del soprannaturale è teorizzata non come fantasia.
la fantasia è teorizzata non come possibile, perché saputa come falsa. E’ vero
che anche una religione mitica antica forse era falsa [la si ritiene falsa
anche solo perché superata, e addirittura culturalmente inconsistente agli
stessi occhi degli antichi], ma la si riteneva vera con la forza della verità,
ma la differenza tra religione mitica e filosofia sta nel fatto che la
filosofia teorizza in modo scientifico, e la differenza tra religione mitica e
cristianesimo sta nel fatto che questo usa la filosofia [cioè la ragione], sia
per sottoporre a critica i propri asserti, sia per comprenderli, fondarli e
spiegarli razionalmente.
4.]
c’è poi una quarta scissione, riguardante l’essenza della fede, secondo le
parole di Ratzinger: mai, neppure in paradiso, l’uomo vedrà Dio com’è veramente
[interamente]: Dio, cioè come Dio vede se stesso [di qui l’invidia umana,
associata alla pulsione totemico_protonica].
queste
dunque sone le tre scissioni, alcune delle quali, come si vedrà, non sanabili
[perché, come forse intende Ratzinger, anche in paradiso Dio, nella sua
interezza, rimarrà inaccessibile alla percezione], a meno di teorizzare una
funzione percettiva del sistema degli schemi. In ogni caso, la parte di
soprannaturale che sarà resa accessibile in paradiso sarà sufficiente per
saperlo certo e esistente, e non come simulazione mimetica [questo con
riferimento al volto di Dio, ad esempio]: per l’innesto cristico, dove cristo è
verbo e linguaggio [tale è appunto l’episteme emergente].
analisi delle scissioni:
1.]
nell’ambito della prima scissione, il pensiero rileva che la scissione, anche
detta contraddizione dell’apparire, potrebbe essere solo apparente, frutto di
una inadeguata concezione dell’essere, cioè di un pensiero erroneo. in realtà,
questa contraddizione è rilevata da un pensiero che vede ciò che non dovrebbe
vedere [interferenze reciproche tra pensiero e percezione: infatti,
l’esistenzializzazione è essere dall’essere e nell’essere, la creazione è
essere dal nulla e nel nulla, e l’apparire umano percepisce attualmente il
rapporto tra i due tipi di processi, provvisorio alla dimensione terrena];
2.]
nell’ambito della seconda scissione, si dice che gli scienziati non dubitano
dell’esistenza del mondo fisico non apparente, perché il pensiero
dell’invisibile è qui pensiero che si conosce come scientifico, in quanto
pensiero [come episteme di conosce metafisicamente] e la teorizzazione di
infiniti universi è detta per scienza, non per fantasia o per mito creduto
vero. alcuni filosofi dicono che, distolto lo sguardo, ciò che appare cessa di
esistere. Ma, si osserva, una catena di montaggio [come lo scorrere del tempo
in un orologio] continua a produrre automobili anche senza essere vista
dall’operaio e il suo apporto: cessa di esistere la sua rappresentazione [se si
tralasciano qui Berkeley e Severino, qui accolti], non la sua esistenza
oggettiva [noumenica];
3.]
riguardo all’ambito della terza scissione, si può invece dubitare
dell’esistenza del soprannaturale, perché, a differenza del caso della realtà
fisica non apparente, che incide sull’apparire, si dice [si crede] che il
soprannaturale [presupposto anche come la causa esistenziale del Creato, ad
esempio come fede nel Creatore dell’universo] non si manifesta nell’apparire, e
per questo se ne può dubitare [vi inciderebbe secondo la fede nella creazione,
nel creazionismo, nella provvidenza, nell’incarnazione cristica,
nell’apocatastasi e nella ricapitolazione].
prosegue dimostrazione
la
prima scissione può non essere vera [e va spiegata ad esempio come
non_normalità/non_naturalità, nel senso di non_spontaneità dialettica,
dell’apparire attuale]. Tenuto conto che le dimostrazioni presuppongono un dato
sistema [metafisico] [che andrà dimostrato, ma che già appare plausibile, come
super_comprensione/super_spiegazione del reale], si può dire che le altre due
scissioni sono apparentemente e provvisoriamente sanate dal seguente principio
[generalmente valido, per Dio e per l’uomo]: deve esistere un parallelismo
[principio gnoseologico del] tra pensiero e percezione: tutto ciò
che esiste ed è anche pensato dal pensiero, deve anche apparire alla
percezione. in questo modo la dimostrazione è già in parte guadagnata: il
pensiero del soprannaturale è detto mera possibilità, perché non si percepisce
l’apparire del soprannaturale. ma, se si dimostra che il pensiero della realtà
soprannaturale, posto come possibilità dubitata, è però vero pensiero scientifico,
si dice allora che la percezione della realtà contemplata da tale pensiero è
sospesa artificiosamente da Dio [giacchè il contenuto del pensiero, qui
metafisico, dovrebbe apparire] [Dio che restringe attualmente il campo
percettivo dell’uomo, come il proprio, essendo il figlio separato dal padre e
in fase di digiuno sensitivo sacrificale], ma è parallela e quindi avverrà, ed
è sostituita dall’apparire dell’episteme e dai suoi schemi [dim_7]. In altre
parole, si è sanata la scissione. Esiste ciò che appare, ma poiché si pensa ciò
che esiste [il soprannaturale], il suo apparire avverrà in un altro momento
[dopo la morte]: intanto tale realtà è pensata. Bisogna dimostrare che il
pensiero di tale realtà è vero pensiero [connesso all’intuizione dell’essere
necessario, che produce per proiezione il proprio pensiero: l’episteme è
pensiero necessario], cioè scientifico, non pensiero di una mera possibilità, e
non solo perché voluto come vero, ma perché necessariamente correlato
[dialetticamente] alle forme e ai modi del pensiero orientato scientificamente al
vero reale [dettato dal reale stesso: non perché rivelato, ma perché
proiettato]. quest’ultimo pensiero pensa ciò che appare, e appunto il
soprannaturale appare negli schemi epistemici, sempre razionalmente
giustificati.
a
questo punto si potrebbe dire che tali schemi sono fantasie. invece si dice
proprio che un tale apparire, teorizzato dal pensiero, non potrà mai essere
dato nell’apparire, ciò che significa che il pensiero deve per l’uomo [e
noumenicamente anche per Dio: scissione interna a Dio, per l’in_sovrap_ponibilità
del fenomeno al noumeno, purtuttavia strumento per la sua conoscenza, in quanto
il fenomento esiste solo perché entizzazione del noumeno] strutturalmente
fondarsi [dimostrativamente anche in paradiso] su se stesso, prescindendo
dall’apparire percettivo, ma si conferma il parallelismo, per il quale la
percezione parallela al pensiero, di un pensiero non coperto dalla percezione,
è questa percezione, specificamente noumenica, data dal linguaggio [che è
cristo = verbo = parola = episteme]: in altre parole, la gnoseologia kantiana
si apre categoricamente alla metafisica in senso scientifico, laddove alla percezione di Kant si sostituisce, nel
senso della primarietà conoscitiva, il pensiero, come
pensiero del noumeno, e la sua rappresentazione fenomenica, data dal linguaggio
[certamente Kant ha inteso nichilisticamente, come anche la neo_scolastica, la
conoscenza come “apparire”, cioè come percezione, invece Heidegger capiva di
dover puntare sul pensiero: l’episteme è una gnoseologia kantiana, in cui
l’importanza non viene più data alla percezione e all’apparire, su cui si
fondano le scienze empiriche, ma viene data al pensiero e al linguaggio/il
linguaggio è la chiave del superamento del criticismo, cioè dei limiti di
scientificità che questo pone alla metafisica, e questo linguaggio, che
anche include un suo specifico pensiero = intelletto, in Dio è il verbo = parola,
parola non in senso religioso e simbolico, parola nel senso scientifico, come
duplicazione del tutto soggettivizzata in un uomo identico all’essere, nella
panteizzazione cristica]. Dio, nell’uomo, a differenza che in Dio,
essendo Dio dato a se stesso anche nella percezione, nell’uomo non potrà mai
apparire come egli è realmente, Dio anche in paradiso rimane strutturalmente
inaccessibile alla percezione umana, l’uomo vede uno specifico volto di Dio,
“calibrato” alle capacità di commensurazione della creatura, ma non Dio come
Dio vede se stesso. quindi, nell’uomo, il pensiero di Dio [l’uomo che pensa
Dio] supera la sua percezione, e allora il pensiero, anche qui, nell’episteme
emergente, deve riuscire a “stare in piedi da solo”, perscindendo come in
paradiso dall’apparire di Dio [certo, il caso specifico è diverso: in paradiso
comunque Dio appare/si richiede/si necessita approfondimento]. questa
impossibilità di vedere Dio è espressa dalle parole di Ratzinger: “sempre”.
prima di riportarle, si aggiunge che il vero pensiero è il pensiero dell’essere
e della sua struttura, e questo primo essere non è prioritariamente l’apparire
attuale e futuro [ente], ma è l’esistenza [intesa come sostanza astratta], cioè
la pre_condizione esistenziale astratta dell’apparire [pre_condizione autonoma
dall’apparire, e che detta/proietta il suo proprio apparire nell’apparire],
esistenza astratta che strutturalmente, in quanto astratta, non appare, e che
viene entizzata, l’esistenza in sé, o principio, non nell’ente che appare, ma
nell’apparire come sfondo dell’apparire dell’ente, cioè come il
piano/sfondo/orizzonte dell’apparire, la pura sensitività senza oggetti [questi
proiezioni esistenziali soggettive delle ipostasi oggettive]. Ovvero: tutto ciò
che esiste e che è pensato deve anche apparire [parallelismo esistenziale tra
oggetto e sua rappresentazione]. Il principio e il suo pensiero appaiono nella
sensazione [estatica] dell’intuizione, componente base_standard del pensiero
[l’intelletto produce o contiene intuizioni], ma l’orizzonte della pura
esistenza astratta si entizza/entetizza come esistenza apparente dell’orizzonte,
orizzonte dell’apparire, come sfondo sensitivo/soggettivo/rappresentantivo di
tutto ciò che in esso appare come ente/ipostasi apparente [la “cosa”], così
come l’esistenza pura è lo sfondo di tutto ciò che esiste: esistere e apparire
non sono la stessa cosa, e il primo precede il secondo, ad esso parallelo.
questo
è un risultato importante: l’esistenza si dà all’apparire alla percezione come
apparire in sé [orizzonte] [giacchè sempre ciò che esiste deve anche apparire
alla percezione e al linguaggio, e se Dio attualmente non appare alla
percezione, appare al linguaggio: dim_7] [si è inoltre detto che il noumeno,
pensato esistente dal pensiero, appare alla percezione in tre modi: come verbo,
come carne, come orizzonte dell’apparire] [e Dio appare a Dio in un modo: come
il Figlio, sua duplicazione entizzata], e si dà al pensiero come intuizione [=
oggetto, ente] dell’esistenza dell’esistenza [si sta dicendo che l’intuizione è
un apparire come sentire, il sentimento della comprensione, la scintilla della
convinzione], apparire dell’intuizione, cioè come scintilla [estatica,
scientifica, ma anche mistico_filosofica/mistica, nel senso di come una forma
può incidere su una percezione allenata alla razionalità epistemica: vedere ad
esempio nella mano dell’uomo, uomo immagine della trinità, l’ala dello spirito
santo, che è un uccello, o vedere nell’iride dell’occhio l’eden centrato sul
sito di Dio, il foro della pupilla/la percezione della cavallinità], e estasi
dell’intuizione, se si vuole mistica [come componente di base del pensiero],
non solo di Dio ma dell’esistenza in sé [che Heidegger dice essere il ni_ente,
e che invece è l’essere puro (astratto): lo dice niente perché, essendo esposto
a pulsione totemica protonica, vorrebbe che il principio, l’essere, fosse
concreto, cioè la fonte, l’acqua di Talete, l’archè visto (erroneamente) come
physis, come fa Severino, per il quale tutto è eterno, perché ogni ente è
principio a se stante]. Dice Ratzinger [in “Introduzione al cristianesimo”,
pag.42]: “… Dio è e sarà sempre per l’uomo
l’essenzialmente invisibile, colui che sta fuori dal suo campo visivo. Dio è
essenzialmente invisibile” [sottolineatura aggiunta]. La ricerca_epistemica
ha riflettuto su questo “sempre”. si dice comunemente,
che Dio non appare ora nell’al_di_qua, ma apparirà nell’al_di_là [come dice S.
Paolo: “… ma allora vedremo a faccia a
faccia” [1 Cor 13, 12]. Si era riflettuto sull’invidia, che dà le
vertigini: “l’uomo non sarà mai Dio, e
crede in un Dio, che l’uomo non sarà mai: Dio è superiore all’uomo, e lo sarà
sempre e incommensurabilmente” [questo pensiero produce nell’uomo la
ripulsa dell’invidia per la condizione di Dio, che non sarà mai accessibile
all’uomo/Lucifero ha tentato questo accesso]. si è così capito, dopo quel
“sempre”, che l’uomo vedrà sì Dio, ma limitatamente, per cui è scisso il
parallelismo: l’episteme attuale ha teorizzato infinità di infinità, e tutte
Dio commensura, ma l’uomo potrà vedere solo un parte infinitesimale dello
stesso Dio_focale, a sua volta infinitesimale rispetto a un Dio, che non
conoscerà mai la creazione e la creatura [anche se in questa, in essa, una
parte di Dio è diventato super_Dio: la parte migliore di Dio/si richiede
approfondimento/ciò non consola il sentimento di invidia]: gli schemi
epistemici descrivono una realtà di tale immensità, che l’uomo non vedrà mai in
paradiso, se non a livello schematico: il pensiero viene epistemicamente
accompagnato dal parallelo del linguaggio, e questo supera [in proporzione di
commensurabilità speculativa] la percezione, a cui appunto Dio apparirà in
minima [infinitesimale] parte. Ecco dunque che l’episteme deve cercare di
dimostrare se stessa facendo leva sul potere del pensiero stesso e del
linguaggio, anche prescindendo dalla percezione [non data nell’al_di_qua, come
nell’al_di_là]. la differenza = scissione è non sanabile/compensabile, tra
pensiero [che raggiunge l’Intero e l’intero del senso] e la percezione, che in
paradiso è detta fede, come ora, perché la ragione presupporrebbe il
parallelismo di cui si è detto. In paradiso un fede non dubitata/dubitativa,
però: certa in modo assoluto. È chiaro che qui si stanno ponendo differenze nel
pensiero terreno e pensiero paradisiaco:
1.]
in entrambi è la scissione nel parallelismo, ma in paradiso comunque Dio appare
alla percezione;
2.]
nella dimensione terrena, la fede è di tipo dubitativo.
La
scissione interna a Dio, che pensa il noumeno e l’esistenza ma non li vede, se
non nel verbo [riproduzione soggettivizzata (oggettivizzata/oggettualizzata
nella carne, riproduzione a sua volta del verbo nel verbo) del principio in
Dio_padre: “il verbo è presso Dio e il
verbo è il principio in Dio”] e nella carne, non riguarda l’uomo [qui si
sta positivizzando]: vale anche per l’uomo e trova nell’uomo un’equivalente
soluzione trinitaria [come detto nelle dimostrazioni ruiniane, di Dio e della
trinità come presupposti gnoseologici, l’uomo pensa qualunque cosa perché
triangola inconscimente con dio e la trinità], ed è perfettamente compensata
nell’uomo come per Dio: non fa problema, la compensazione è per la ragione =
verbo = ponte_epi_stemico, posto tra Dio e principio.
Ora
invece si dubita e Dio non appare, e l’episteme e i suoi schemi appaiono come
possibilità, ritenuti forse possibilmente veri come gli dei della grecia:
fantasie credute intenzionalmente vere. Per dimostrare l’episteme, che
contempla l’esistenza di Dio come suo nucleo/fulcro teorico, si propongono qui
tre vie:
1.]
spiegare perché, se Dio esiste, l’uomo deve poter dubitare di Dio [non essere
sicuro di Dio]: se Dio esiste [ed è immenso], perché la sua esistenza fa
problema ? solo eticamente ? per l’esposizione all’infernalizzazione potenziale,
e quindi per la costrizione inconscia alla salvezza [a fronte della necessaria
condizione soteriologica di libertà] ? capirlo significherebbe togliere questo
problema: dimostrare l’esistenza di Dio;
2.]
analizzare la struttura [interna all’esistenza] del pensiero e la sua relazione
all’esistenza, e ciò è stato fatto in tutte le dimostrazioni e in tutti gli
schemi, oltre che nella presente dimostrazione, a rilevanza gnoseologica;
3.]
dimostrare che l’apparire non esaurisce il pensiero [= dimostrare che l’Intero
non coincide interamente con l’apparire alla percezione umana e accessibile
alla tecnica umana].
segue a commento:
1.]
il primo punto lo si affronterà in eventuale altra dimostrazione;
2.]
il secondo punto potrebbe essere specificato in eventuale ulteriore
dimostrazione;
3.]
riguardo al terzo punto: è l’apparire fisico a limitare/esaurire il pensiero,
per cui l’episteme è fantasia creduta vera [come la religione dei greci: in
questo caso, tolta la verità dell’intenzionalità, quale sarebbe la verità
dell’invarianza della fantasia epistemica ? la risposta è l’episteme stesso,
che non ammette varianza: tale considerazione, specificazione della dim_2, è
un’ulteriore dimostrazione, che deve essere scorporata dalla presente], oppure
è il pensiero epistemico a espandere l’apparire ? [per cui questo è ora
artificiosamente limitato da Dio, cioè Dio sta chiudendo gli occhi all’uomo,
per la ragione di cui al primo punto, agendo sul campo steleologico/né può fare
strutturalmente altrimenti/gli chiude gli occhi, perché Dio stesso deve chiuderli
a se stesso per creare: problema già visto della base gnoseologica].
apertura di macro_parentesi: su
Ratzinger/determinazioni sul corpo cosmo_adamitico e sulla percezione spezzata [la deriva del pensiero occidentale rilevata da
Ratzinger, che da pensiero dell’essere si fa pensiero del fatto storico e poi
del fatto tecnico, di ciò che è prodotto dall’uomo, è una provocazione perché
racchiude la verità, si appropria di essa (furto_profano), e così persuade,
riflettendo le strutture cristiche della salvezza, di cui si appropria il male
in forma capovolta (il materialismo marxista riproduce l’eucaristia, nella
quale la salvezza è ciò che l’uomo mangia/qui non si pone una metafora),
riguardante cristo e attribuita prometeicamente all’uomo: l’essere è la base
ontica della salvezza (nuovo_Dio, come deve ancora esserci/la salvezza è essere
anche come clonazione di cristo, della tecnica, dei cosmi della nuova
creazione, la clonazione del cosmo attuale, che è la traccia biografica delle
anime_paradisiache, le cui menti/dimensioni “divorano” i cosmi); la storia, in
senso hegeliano, è il processo evolutivo neo_biografico di Dio (Inri) che,
creando l’uomo, evolve storicamente con l’uomo (Inri); la tecnica, il fatto
tecnico, è cristo come verbo/logos/matrice, che crea tecnicamente il creato e
la nuova creazione salvifica (tale perché clonativa). Ratzinger ha detto che il
creato è intelliggibile (conoscibile), perché è un pensiero di Dio. l’episteme
rileva che il reale esterno a Dio si riproduce nell’idea di Dio (idea che è il
pensiero/mente): questa idea crea poi tanto il reale creato (oggetto) quanto l’idea_creata
(iperuranio creato e il soggetto: anti_Dio e cosmo_adamo e uomo). questa
creazione è tecnica (verbo = linguaggio = tecnica), è storica (ricalcata
sull’azione evolutiva perfetta, ma “truccata” mediante ingegneria del creato
specificamente per l’uomo (creazionismo epistemico); è ontica (essere e caos
manipolati)_] [chiusa macro_parentesi].
prosegue
rimane
il problema del vero pensiero, pensiero dell’essere in sé e della sua
struttura, che è un Intero ben superiore a quello dell’invisibile fisico =
infiniti universi [tutti racchiusi nel punto infinitesimale del creato].
esclusa l’ipotesi di un dio_morto = cristo, perché ci si limita a dire che Dio
e la sua rappresentazione sono sempre perfetti, si dice che la rappresentazione
manipolata per l’uomo [configurazione attuale dell’apparire] è disgregata e
quindi il macro_soggetto non può essere Dio/quindi dalla natura imperfetta
dell’apparire si comprende che tale rappresentazione virtuale soggettiva [in
realtà onirica, come da schema epistemico] non può essere di Dio: è di
cosmo_adamo, essere imperfetto.
invece
l’altra scissione, tra uomo e Dio, è insanabile: l’uomo non vedrà mai Dio in
tutta l’immensità di Dio, come Dio vede se stesso: questo scarto è detto fede
[in un senso particolare, non dubitativo], perché prova certa dell’invisibile,
fede e non ragione perché forma di ragione [questa fede] non compensata dal
parallelismo. In paradiso però questa fede è l’episteme stessa, imposta
all’uomo strutturalmente come certezza inconscia, essendo una porzione di
cristo connessa/innestata nella mente di Dio [l’episteme simula l’innesto].
percezione spezzata
la
rappresentazione reale del mondo è passiva, e quindi è altra anche per Dio. ma
l’uomo la può manipolare e quindi questa è rappresentazione attiva [simile alla
realtà virtuale]. ma poichè si hanno limiti nella manipolazione, questa
rappresentazione è per un altro soggetto [l’uomo vorrebbe ma non può manipolare
la materia, lo può fare solo limitatamente, quindi questa sua rappresentazione
è di un altro soggetto/si richiede approfondimento/si rileva che, se l’uomo
vede e non controlla questo suo vedere, allora usa il vedere di un altro
soggetto]. Questo altro soggetto è o Dio e Adamo [o l’anti_Dio]. in ogni caso
l’altro soggetto dovrebbe apparire, ma non interamente: dovrebbe apparire,
perché l’apparire del volto di Dio/Adamo/uomo è la configurazione normale
dell’apparire conscio: per questo ci si guarda tra essere umani nel volto e ci si
guarda davanti allo specchio [la fase dello specchio è standard_ normale: ci si
deve staccare da essa solo perché Dio, per creare, si è staccato dal proprio
specchio/gli uomini che cercano il riconoscimento sono ancora nella fase dello specchio].
Questa invisibilità [nel senso della seconda scissione] è naturale per adamo, è
soprannaturale per Dio [terza scissione e scissione insanabile: quarta
scissione]. resta il fatto che adamo, fisicamente, dovrebbe normalmente
apparire. Quindi la natura è naturalmente in difetto, e ciò manifesta una non
auto_sufficienza della natura. Si deve dimostrare che il soggetto, che non
appare [e che dovrebbe normalmente apparire: giacchè ciò che deve apparire
normalmente è il volto di sè e di Dio, perennemente: tutto il resto appare
nell’inconscio] [appare attualmente solo la sua rappresentazione del mondo, che
non è solo dell’uomo, essendo spezzata, perché non manipolabile] è non solo
Adamo ma anche Dio, cioè che è Adamo diverso da Dio, e che è Dio diverso da
Adamo: il volto soprannaturale.
si deve ora dimostrare che, se
esiste un soggetto gigantesco, e questo non è né Dio né l’uomo, allora Dio deve
esistere come sua causa esistenziale. Lo si può capire dalla non_normalità
della sua esistenza: nella realtà necessaria, ogni soggetto e ogni sua
rappresentazione dovrebbero essere perfetti. lo si è già detto in precedenti
dimostrazioni. Gli infiniti universi non possono esaurire l’Intero dell’essere,
perché per i principii epistemici dell’essere, tutto ciò che esiste deriva da
una sola causa, e questi universi, simili a quello apparente imperfetto [in cui
le galassie collidono, gli atomi decadono e i bambini manipolano tecnicamente
la sabbia], dovrebbero invece essere perfetti. e poiché di essi ne esiste la
forma, si dice subito che esistono altrettanti universi perfetti (la realtà
soprannaturale). Deve allora esistere una realtà che sia necessaria, matrice
formale di questi infiniti universi, tutti imperfetti come quello apparente. e
che siano sia non manipolabili sia [duplicati] infinitamente manipolabili [per
ogni universo oggettuale oggettivo, non manipolabile, perché base del soggetto,
esiste sia la sua rappresentazione soggettiva non manipolabile [passiva], sia
la sua rappresentazione virtuale e onirica manipolabile. e poiché nell’invisibile
fisico non manipolabile [la materia, creata, cartesiana, di cui gli uomini non
hanno attualmente esperienza diretta] esiste cosmo_adamo, come essere
gigantesco che non è dio, perché la sua rappresentazione imperfetta riproduce
una realtà esterna imperfetta, in quella realtà esiste un soggetto
altrettamento perfetto, perché gli infiniti universi perfetti sono la sua
realtà, matrice e causa creatrice di cosmo_adamo, dell’uomo, e degli infiniti
universi imperfetti [reali, duplicati virtuali, duplicati onirici].
questa
dimostrazione ripete in parte l’argomento della dim_53 [dell’imperfezione].
Essa è importante e autonoma, perché dimostra che la realtà non può esaurirsi
nell’apparire: per la prima scissione, questo dovrebbe essere perfetto: l’essere_soggetto
non apparente [di cui non si vede a_normalmente il volto], causa del campo
percettivo dell’uomo, non è Dio, e deve allora esistere Dio come causa del
campo percettivo perfetto, la cui differenza inconscia con il campo imperfetto
[apparire attuale] causa la prima scissione [parmenidea_bontadiniana].
non è il divenire in sé
contraddittorio, ma la differenza tra divenire dell’essere dall’essere e
divenire dell’apparire dall’apparire, in cui questa differenza va spiegata a
livello logico e fenomenologico, trovandosi nel campo della percezione umana
l’incidenza dell’origine ex_nihilo dell’essere e dell’apparire, come rilevato
nel presupposto alla dimostrazione tipica bontadiniana.
in
conclusione, mentre nella dim_53 dell’imperfezione [Dio esiste come unica
possibile causa della morfo_imperfezione dell’apparire], Dio è causa
dell’essere/mondo imperfetto, perché il mondo dovrebbe essere normalmente
perfetto, ora si dice che devono esistere un mondo perfetto e una sua rappresentazione
perfetta [e anche, si aggiunge, dato che si esperisce questo mondo, una
possibilità manipolativa infinita, in paradiso, limitatamente al mondo
standard_normalmente manipolabile: la realtà virtuale e la rappresentazione
onirica/attenzione: in quanto io posso manipolare il mondo, questo è il campo
della rappresentazione onirica di adamo e di Dio], esistendo necessariamente un
soggetto [perché esiste l’uomo, che pensa la necessità], e questo mondo,
entizzazione duplicativa/replicativa dell’esistenza estesa come materia eterna,
immutabile e perfetta, essendo perfetto, è l’Intero come soprannaturale, in cui
l’essere_soggetto, che necessariamente deve esistere in esso, è Dio,
soggetto_soprannaturale. in quel mondo soprannaturale deve esistere un
soggetto, per varie ragioni già esposte e dimostrate, tra cui quella di essere
l’unica causa [come creatore] degli infiniti universi apparenti e
fisico_invisibili perfetti_creati e imperfetti_apparenti/teorizzati_invisibili
[spezzati nel big bang]. quindi, concludendo, l’apparire alla percezione umana
[universo visibile e universi fisici invisibili] non è l’Intero dell’essere
[l’episteme li ha posti come concentrati in un punto infinitesimale rispetto a
questo: Dio e la sua realtà], perché rispetto alla necessità dell’essere essi,
sua [dell’Intero soprannaturale] imitazione, sono esistenzialmente non_normali
[perché misti (dim_4), perché manipolabili e non infinitamente tali, perché
morfo_imperfetti (dim_53)_]. si è così aggiunta una nuova dimostrazione, che
segue nella dim_101.
DIMOSTRAZIONE_101: PRIMA_TOMISTICA_EPISTEMICA
questo è il presupposto di tutte le dimostrazioni t_e:
1.] sia data la realtà.
2.] sia derivata questa realtà dal principio esistenziale.
3.] sia data l’esistenza necessaria di un soggetto
pensante e personale [indifferentemente l’uomo o Dio];
4.] sia data l’esistenza di un mondo [cosmo, che è la
riproduzione matematicamente estesa dell’esistenza logicamente estesa dal punto
di vista del nulla, componente dell’essere] e di una sua rappresentazione
soggettiva [dell’uomo e di Dio] come apparire del mondo [distinto dal mondo
come essere oggettivo].
5.] allora questo mondo e la sua rappresentazione
soggettiva sono morfo_perfetti [= ordine].
6.] quindi, poiché essi [mondo_perfetto e sua
rappresentazione] non sono il mondo appparente [= configurazione attuale
dell’apparire], esiste il mondo soprannaturale [eterno e perfetto], secondo lo
schema quadripartito.
7.] ciò posto, …
la prima dimostrazione tomistica dim_95], poiché vale per
il mondo [cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, essendo
il moto relativo ad esso.
DIMOSTRAZIONE_102: SECONDA_TOMISTICA_EPISTEMICA
posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla
dim_101, la seconda dimostrazione tomistica [dim_96], poiché vale per il mondo
[cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, essendo le cause
relative ad esso.
DIMOSTRAZIONE_103: TERZA_TOMISTICA_EPISTEMICA
posto il
presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla dim_101, la terza dimostrazione
tomistica [dim_97], poiché vale per il mondo [cosmo] creato, vale anche per il
mondo in_creato/non creato, essendo il contingente relativo al caos, che è
eterno.
DIMOSTRAZIONE_104: QUARTA_TOMISTICA_EPISTEMICA
posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla
dim_101, la quarta dimostrazione tomistica [dim_98], poiché vale per il mondo
[cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, valendo la
condizione dell’emanazione plotiniana, secondo Aristotele, per il cosmo
in_creato/non creato sotteso a Dio.
DIMOSTRAZIONE_105: QUINTA_TOMISTICA_EPISTEMICA
posto il presupposto alle dimostrazioni t_e di cui alla
dim_101, la quinta dimostrazione tomistica [dim_99], poiché vale per il mondo
[cosmo] creato, vale anche per il mondo in_creato/non creato, valendo la
condizione dell’intelligenza motrice, secondo Aristotele, per il cosmo
in_creato/non creato sotteso a Dio.
DIMOSTRAZIONE_106: DEL SOGNO
la
dim_100, nel suo sviluppo, ha fatto emergere una nuova dimensione della realtà
apparente, in base a cui si fonda la presente dimostrazione.
Le
dimensioni della realtà apparente sono finora le seguenti. esistendo la materia
[essendo questa ipostasi e auto_concetto: materia_eterna e materia_creata], ciò
che appare all’uomo non è materia, ma è:
1.]
realtà virtuale;
2.]
memoria divina [e libido] condensata [parafrasando Freud: “il Creato come compensazione del costo in termini libidici del
sacrificio cristico”];
3.]
sensitività della rappresentazione non solo soggettiva, ma anche sensoriale
[estatica e erotica/la sensorialità è sempre erotica/o meglio, l’eros è un modo
della sensitività/problema in fase di definizione];
4.]
ora si aggiunge che, poiché la realtà apparente è manipolabile [io posso
costruire un castello di sabbia], essa è la porzione onirica della mente [di
Dio, dell’anti_Dio (riproduzione/impronta di Dio nel Creato), di Cosmo_Adamo e
del sistema di unità organica = campo steleologico].
nota
la
differenza tra realtà onirica e realtà virtuale è che questa è sia soggettiva
che oggettiva [ad esempio: interna a un monitor], la prima invece è solo
interna alla mente, come esclusivamente organica in senso psichico [avvertenza:
sono queste tutte analisi di superficie: il soggetto_espositore non è
competente in psicologia, e specificamente in nessuna disciplina scientifica].
prosegue
conseguentemente:
1.]
poiché la realtà onirica dovrebbe essere standard_normalmente [paradisiacamente]
infinitamente manipolabile in quanto onirica [nel sogno ognuno fa ciò che
vuole];
2.]
e poiché l’uomo può manipolare la sabbia, l’elettrone, ma non i pianeti e le
galassie, la cui sostanza è però anch’essa dello stesso tipo di quella della
sabbia, ovvero onirico_manipolabile …
3.]
… ne consegue che l’uomo sta dentro il sogno di Cosmo_Adamo [e quindi scala dimensionalmente
tutto l’impianto cosmologico epistemico, che sarà dato in fase di esposizione
della cosmologia_neo_aristotelica], e allora …
…
Dio esiste, come luogo della realtà onirica [normalmente] infinitamente
manipolabile, secondo il sogno [attenzione: lo stato del sogno attuale è di
tipo passivo/riproduttivo del reale esterno, di tipo fisico_cartesiano/la
fisica di Galileo riguarda la realtà_virtuale_oggettiva _oggettuale].
nota
se
l’apparire [questo apparrie] non è materia [le implicazioni riguardo alla
dottrina dell’eucaristia sono già state risolte, in base a specifico
parallelismo], ma è oniricità, cioè sostanza onirica [condensata dalla
pressione della memoria mentale di Dio, ancora in fase di studio sacrificale],
allora ciò che l’uomo vede ha il potere di “drogarlo” [e infatti la visione
delle galassie e dell’universo, con i suoi colori, è oppio per gli astronomi e
per chiunque li vede], conseguentemente l’uomo, nella configurazione
dell’orizzonte del comportamento normale [la clausura monastica], deve tenere
gli occhi chiusi, perché l’apparire è erotizzazione dell’occhio [ad esempio:
non sono le onde elettomagnetiche del teleschermo televisivo che drogano
l’occhio, ma il puro divenire, ad esempio lo scorrere della pavimentazione di
Venezia, o dei negozi in centro città/l’occhio sente il bisogno di distrarsi,
come quando in treno non si fissa la sedia davanti, ma si guarda quanto scorre
fuori dal finestrino].
DIMOSTRAZIONE_107:
DELL'ORDINE_PRIMA [MINIMA, MEDIA, MASSIMA], COSMOLOGICA_TERZA, PROBABILISITCA_QUARTA
nel
suo articolo apparso sul Corriere della Sera in data 22/2/2007, “Nel cosmo e
nella coscienza dell’uomo il segno di un progetto divino”, mons. Fiorenzo
Facchini, paleontologo, docente dell’Università di Bologna, espone una tesi
riguardante le molteplici coincidenze nell’universo circa le variabili
intrecciate, che hanno favorito e consentito la vita sulla terra. tale tesi sta
alla base della presente e successiva dimostrazione, ed è stata esposta
nell’articolo nel modo seguente: “la fine sintonia nell’interazione delle
forze della natura ai vari livelli [intra_atomico, molecolare, cellulare],
oltre che fra i corpi celesti, rivela una razionalità [come osservato anche da
Benedetto XVI] che non può essere frutto di eventi casuali e induce a pensare a
una mente ordinatrice”. Questa considerazione la si era già esposta
nell’elenco delle dimostrazioni, all’inizio [punto 3.]] della neutralizzazione
della critica kantiana alla prova fisico_teologica_teleologica, con le seguenti
parole: “…. si dovrebbe dimostrare che, sebbene miliardi di variabili
unicamente tra loro coordinate, che hanno consentito la vita sulla terra [ad
esempio: precisa distanza tra sole e terra e precisa pressione atmosferica,
gravità, composizione del rapporto tra ossigeno e azoto, e presenza di acqua],
in quanto variabili contingenti, possano essere disposte casualmente, …”.
Per questo si era dubitato che in tali coincidenze potesse essere individuata
una prova. Invece, dopo la lettura dell’articolo di mons. Facchini, si è
pensato di sì, nel modo seguente:
1.] tra fede e non fede c’è uguale probabilità, quindi …
2.]
… poiché esistono tali coincidenze, la maggiore probabilità si sposta sulla
fede.
sotto_dimostrazioni
la presente dimostrazione si compone di tre
sotto_dimostrazioni:
a.]
dell’ordine_prima_minima [o inferiore/più probabile]: tra fede e non fede c’è
uguale probabilità, quindi, poiché esiste almeno una coincidenza tra
due variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la maggiore probabilità
si sposta sulla fede;
b.]
dell’ordine_seconda_media [molto probabile]: tra fede e non fede c’è uguale
probabilità, quindi, poiché esistono molte/innumerevoli coincidenze tra le
variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la maggiore probabilità si
sposta notevolmente sulla fede;
c.]
dell’ordine_seconda_massima [o superiore/massimamente probabile]: tra fede e
non fede c’è uguale probabilità, quindi, poiché esistono miriadi e miriadi di
coincidenze tra le variabili che hanno consentito la vita sulla terra, la
maggiore probabilità si sposta quasi massimamente sulla fede.
nota
si
tratta di tre dimostrazioni autonome, ma esse fanno leva su medesimo argomento,
e quindi si è ritenuto non necessario distinguerle, classificandole quindi come
sotto_dimostrazioni della presente dim_107.
DIMOSTRAZIONE_108:
DELL'ORDINE_SECONDA, COSMOLOGICA_QUARTA
poste
e presupposte tutte le determinazioni di cui alla dim_107, si aggiunge il
seguente punto:
1.]
…
2.]
…
3.]
poiché sono poste tali coincidenze, esse [per quanto grande sia il loro numero]
possono essere dovute al caso, ma poiché hanno consentito la comparsa di un
essere necessario, perché l’uomo intuisce la necessità [il puro concetto di
necessità: 2 + 2 = 4; meglio: l’essere è], queste coincidenze non sono
coincidenze, ma sono state progettate da un’intelligenza sovrastante
dimensionalmente l’ordine [non dunque un extra_terrestre, perché quelle
variabili riguardano anche la struttura dell’atomo e le proporzioni dei pianeti
e le distanze tra le galassie], e questa è Dio.
DIMOSTRAZIONE_109: INTUITIVA
le
parole Dio, creato, fede, cosmo, Creatore, dubbio di fede, tecnica, storia
della salvezza, peccato, pulsione, male, amore, incenso, religione, ecc. [date
a caso], manifestano intuisticamente il loro neuronico innatismo linguistico, e
costituiscono un quadro concettuale che può avere un unico ordine coerente, se
a quelle parole viene attribuito il più corretto [intuitivo] significato,
coerenza che attribuisce a tali parole un senso univoco, il loro senso proprio
e specifico: il Creatore, ad esempio, non è un concetto_dubbio, o un
concetto_possibilità, o un concetto_favola, ma è un concetto che serve a
intuire una componente essenziale della realtà e della verità, e la sua
esistenza [creata da Dio] [è già stato detto che il concetto secondo cui il
mondo esisterebbe da solo, va riferito al mondo eterno di Dio, mentre al mondo
umano va correttamente applicato il concetto di creato: sia il mondo eterno che
il mondo creato, secondo le antinomie di Kant, sono auto_concetti, e sono entrambi
veri]: Dio esiste perché l’intuizione intuisce che ciò è semplice e necessario,
e necessariamente vero, per il senso e affinchè sia dato ai temini il loro
significato non solo primario, ma anche intuitivo: l’intuizione sa cos’è
il Creatore, dubita della sua esistenza, ma anche sa che il Creatore è una
spiegazione possibile e plausibile: la plausibilità di una teoria è potere
dimostrativo. L’atesimo immediatamente pone un quadro incoerente di idee: esso
è coerente [nel sistema teistico], perché compone il quadro del male [che
prevede l’ateismo]; è incoerente come errore. ad esempio: il big bang non spiega
né la propria esistenza [causa verticale], né la propria causa orizzontale
[esplosione]; esso inoltre, come sprigionamento di energia e suo raggruppamento
per azione di forze, non può costituire un’evoluzione, la quale è
stratificazione qualitativa dell’essere, e non raggruppamento quantitativo o
passaggio chimico [tutte determinazioni orizzontali]; infine, il big bang è per
l’episteme due cose [che sanno inquadrarlo nella fede e nel sapere]:
1.]
la scissione di una parte del creato, per preparare lo spazio della caduta di
cosmo_adamo …;
2.]
… e per la rete frattalica per il filtraggio della stele spirituale umana;
3.]
il contraccolpo energetico del suo peccato [azione di sovrap_posizione alla
fonte, assimilabile al punto_omega].
la
creazione non è un’esplosione: essa è un evento piano e lineare.
nota
la
presente dimostrazione riprende argomenti già dati.
DIMOSTRAZIONE_110:
DELL’INVARIANZA
la presente dimostrazione costituisce una
specificazione della dim_2. il sapere epistemico [che include tutti i precedenti
saperi teistici e il presente sapere] potrebbe essere una fantasia. in base
alla dim_2, la verità è la struttura invariante delle fantasie. il presente
episteme è però proprio questa struttura invariante, e non ammette proprie
varianti, in quanto esso è la matrice di ogni varianza. per cui, poiché la
verità è la struttura invariante del sapere, l’episteme, in quanto è tale
struttura, è la verità, e poiché l’episteme dice che Dio esiste [riuscendo con
ciò a spiegare tutto, anche il male, frutto dell’identità e quindi
permutabilità tra creatura e creatore], poichè l'episteme è la verità, Dio esiste.
DIMOSTRAZIONE_111:
NORMALE_QUINTA
per
i principii della metafisica_epistemica, l’uomo dovrebbe normalmente essere
“dio” [dice Gesù: “voi siete dei”
(Gv 10, 34)_], cioè [metaforicamente] un essere perfetto [“dio” non in senso
metaforico: dio nel senso della prima natura dell’uomo, che in realtà è un dio,
come anima_paradisiaca]. Ma l’uomo è dio, solo che questa sua prima natura non
appare e l’uomo vi è parzialmente sconnesso [si rileva che il disorientamento
per le dimensioni del cosmo è dovuto al fatto che queste dimensioni sono per
Dio, ed esse testimoniano l’apparire di Dio, ciò che intimorisce l’uomo, perché
letteralmente “vede Dio” nell’immensità del cosmo].
ma
se l’uomo è dio, allora Dio esiste. per Severino questo non è vero, perché per
Severino l’uomo è dio senza l’esistenza di Dio. ma, si rileva, l’uomo, che è
dio, deve esserlo adesso e realmente, non un dio metaforico che è grande nella
sua sofferenza [nell’ambito dell’episteme è escluso il linguaggio metaforico e
oracolare della filosofia pre_epistemica e severiana], ma un vero dio che è
tale perché mai soffre. e poiché l’uomo soffre, Dio [cioè il male, ipotesi
posta dal teismo] è l’unica causa [come dell’imperfezione del creato, così …] …
della scissione tra l’uomo e la sua primaria natura [“io sono anima, poi sono
corpo: io sono dio, poi sono uomo: è in errore chi, guardandosi allo specchio,
dice “ecco un uomo”: il volto_macchina è dell’uomo, l’occhio_macchina è
dell’uomo, la pupilla_macchina è dell’uomo, ma l’auto_coscienza di chi dice
“io” è anima_dio, non corpo_uomo].
DIMOSTRAZIONE_112:
RIPRODUTTIVA, NORMALE_QUINTA_RIPETUTA, CIRCOLARE
… in conseguenza della dim_111, tutte le
dimostrazioni che dimostrano l’esistenza di Dio dimostrano nel contempo
l’esistenza di dio, e per la dim_111, se dio [l’uomo] esiste, Dio esiste.
pertanto tutte le 111 dimostrazioni e le successive dimostrazioni a questa sono
sotto_dimostrazioni. ad esempio:
1.] dim_1: deve esistere un pensiero perfetto:
questo è di Dio, ma anche di dio;
2.] dim_2: l’esistenza dell’idea di Dio, poiché la
mente riproduce e quindi riflette il reale, dimostra l’esistenza [della realtà]
di Dio, e quindi di dio;
3.] ecc.
[deve essere svolto questo lavoro nell’ambito dei
programmi di ricerca accademica].
DIMOSTRAZIONE_113:
MELCHIORRIANA
Essa recita: “poiché esiste il condizionato, non
potendo esistere il condizionato senza l’incondizionato, esiste anche
l’incondizionato [Dio]”.
la presente dimostrazione riprende altre
dimostrazioni. nel libro “Pensare l’essere. Percorsi di una nuova razionalità”
a cura di Virgilio Melchiorre, Melchiorre dice [pag. 8]: “La coscienza della
finitezza e della condizione non implicano ad un tempo la coscienza
dell’incondizionato ? E l’esistenza
[punto_Ba]della prima non implica ad un tempo l’essere [punto_Bb] stesso dell’incondizionato ? [sottolineatura
aggiunta]”; [pag. 14] “… il passaggio dal relativo all’irrelativo, dal
condizionato all’incondizionato è pur sempre un’inferenza che già presuppone [punto_A]
la nozione dell’irrelativo e dell’incondizionato. Come si sa, Kant sottolinea,
almeno per un certo aspetto, il carattere puramente ideale di questo
presupposto ed è da questo lato che viene a fondarsi la sua critica della
teologia: la prova ontologica viene infatti respinta appunto nella sua pretesa
di dedurre dall’idea [punto_Bc] dell’incondizionato la realtà [punto_Bd]
stessa dell’incondizionato. Senza entrare nel merito di questo rifiuto, si può
qui notare soltanto che la sua base sta in una presupposizione di tipo
gnoseologistico, quella che in definitiva scinde [punto_Ca] il pensiero
dall’essere e che perciò, in seconda battuta, deve esigere il passaggio [punto_Cb]
dall’uno all’altro. Va anche rilevato che il presupposto kantiano vive anche su
una falsa identità, quella che [punto_D] eguaglia l’asserto dell’essere
all’esperienza dell’esistente e che quindi deve affidarsi solo ad un riscontro
a posteriori”. [inseriti punti per riferimento al commento seguente].
si osserva quanto segue:
1.] riguardo il punto_A, si osserva che l’uomo ha
già l’idea non solo dell’incondizionato, ma aqnche del
condizionato/limite/finitudine, e che questi elementi sono vissuti/sentiti come
fenomeni esistenti;
2.] riguardo al punto_Bc e al punto_Bd, si osserva
che esso è già stato risolto da Melchiorre al punto_Ba e punto_Bb: non si può
dire che si ha il passaggio dall’idealità dell’incondizionato alla sua realtà,
perché il condizionato è realtà, e quindi quella idealità è solo un
ponte/passaggio per dire della realtà dell’incondizionato, di cui al punto_Ba e
al punto_Bb: se e poiché esiste come realtà il limite, esiste come realtà e non
solo come idealità il non_limite [Dio];
3.] il punto_Ca e il punto_Cb è uno dei punti
fondamentali della neutralizzazione della critica kantiana data nella
dimostrazioni epistemiche: Kant scinde il pensiero dall’essere, ma il pensiero
è determinato dall’essere e l’essere pone nel pensiero le proprie strutture,
tra cui Dio, idealità come idea, rilfesso della realtà [perché sua
riproduzione];
4.] il punto_D vale non solo come nella dim_100, ma
anche nel senso che Kant limita il pensiero alla percezione, cioè non sa cos’è
il pensiero, che non dice solo ciò che appare, ma anche ciò che esiste e lo
dice prioritariamente, e così dice il noumeno, che non pone un limite, perché è
fatto per essere pensato, non per essere percepito. Due errori di Kant rilevati
nel punto_D:
a.] riduzione della conoscenza dell’essere
umanamente conoscibile alla sola percezione;
b.] riduzione della conoscenza dell’essere
umanamente conoscibile alla sola alla percezione umana [limitata].
nota
si dirà più oltre che l’uomo non è [mai] neppure
limitato: nel limite si proietta il demonio, chiuso/pressato nel suo “carcere”
[Gd 6]. Infatti:
a.] quello che l’uomo è adesso è “giusto” per ciò
che l’uomo deve essere nella dimensione terrena [ad esempio: si può soffrire
come Leopardi, ma ci sono uomini e donne perfettamente sereni e appagati, anche
cristianamente];
b.] tutto ciò che l’uomo fa è per essere più di ciò
che è: ciò è eticamente corretto e necessario in senso morale, oppure [qui
nasce il senso del limite] è peccaminoso: allora non si deve dire “sono
limitato”, ma si deve dire “voglio essere [erroneamente] più di ciò che è
moralmente giusto essere e divenire”.
per l’episteme non esiste il limite [come direbbe Hegel,
per il quale, come per l’episteme, tutto è infinito, tranne la dannazione,
unica forma della finitudine e del limite]: esiste solo l’infinito: se soffro
perché non ho l’oggetto amato o desiderato, ciò è moralmente da correggere [non
si deve soffrire]; quando agisco in modo eticamente misurato e morale, avrò la
percezione di essere già ora incondizionato [= dio]. è una meta da guadagnare
con misura.
DIMOSTRAZIONE_114:
GRAVITAZIONALE
si è rilevato che non solo la forma è soggettiva in
senso kantiano, ma anche la sostanza. quindi l’universo appare all’uomo con
tutta la sua grande massa stellare [relativa alla forza gravitazionale], perché
la rappresentazione universale [soggettiva_organica] dell’uomo pesa tanto
quanto l’universo. ma l’uomo non può pesare tanto quanto l’universo, altrimenti
potrebbe “spostarlo”, come sposta gli oggetti che pesano tanto quanto lui.
allora, questo gigantesco campo organico_soggettivo sensoriale della
rappresentazione universale [dell’universo], propria dell’uomo perchè
sperimentata nell’uomo, deve essere prodotto da altro soggetto, di tipo
macro_organico. posta ogni possibilità [dio, cosmo_adamo, cosmo_lucifero], per
la condizione della standard_normalità di almeno un soggetto esistente [posto
che un soggetto esiste, esistendo l’uomo], almeno uno tra questi soggetti deve
essere dio, soggetto macro_organico standard _normale [perfetto].
DIMOSTRAZIONE_115: DELL'UTILITA', R_5, V_12
la presente dimostrazione è detta “dell'utilità” perché trae
spunto dal passo di un libro del Card. Ruini. Egli la formula in modo
“negativo”, per contrapporre ad essa, fede
superficiale, la vera fede. questa dimostrazione si lega agli argomenti
del
bisogno e del senso [corrispondenze biunivoche bisogno_verità e
senso_vertità], e perciò è anche di definizione vignana, perchè l'utile
è il bisogno, e il bisogno è il desiderio, quindi la verità
[dimostrazione] del bisogno è la verità del desiderio [dim_17. Dice il
Card. Ruini nel suo libro “Le ragioni della fede”: “In una tale
situazione [l’immagine di chiesa “sociologica” presso la maggior parte
della gente] non possiamo accontentarci del “come se”: cioè noi ci
comportiamo “come se” dio si fosse rivelato, “come se” la fede fosse vera ecc.
e nemmeno possiamo accontentarci di quelli che possiamo chiamare “argomenti di
utilità”, che spesso noi sacerdoti per primi portiamo in campo: gli argomenti
per i quali “è utile”, “è bello” credere, vivere la vita cristiana ecc. sono
argomenti che hanno il loro peso [appunto la loro forza dimostrativa] e
devono trovare il loro spazio, ma da soli assolutamente non bastano, anche
quando si tratta di argomenti di utilità nobile: ad esempio credere per
impegnarsi di più nella vita, per essere più generosi, per “fare” meglio, per
avere una risposta a certi problemi esistenziali che portiamo dentro di noi.
finchè ci limitiamo a porre la questione in termini di impegno o generosità,
ossia non perché crediamo veramente fino in fondo, ma perché la fede comporta
determinati esiti di utilità e di vantaggio, nostri o del nostro prossimo, non
abbiamo ancora toccato il problema nevralgico, che, detto in parole semplici e
antiche, è il problema del rapporto tra cristianesimo e verità” [titolo del
paragrafo: “utilità e verità”].
questo “come se”, che il Card. Ruini chiama
“argomenti di utilità”, è in realtà
appunto un “argomento dimostrativo” in base
ai due principii delle corrispondenze biunivoche tra senso e
verità [dio ha
senso quindi dio esiste] e tra bisogno e verità [l’uomo ha
bisogno di dio
quindi dio esiste]. Il titolo del
paragrafo del libro del Card. Ruini [“utilità e
verità”] è appunto la corrispondenza biunivoca
bisogno
[utilità] e verità [come detto, data dal fatto che il
soggetto riproduce
l’oggetto e ne accoglie al suo interno anche una riproduzione,
cioè dio è
dentro l’uomo, adesso vi è fuori, e quindi l’uomo
percepisce nel bisogno di dio
l’assenza (biologica) di dio, il vuoto, e questo vuoto di dio
dimostra
l’esistenza di dio come esistenza di ciò che esiste per
colmarlo].
nota_1
questa
dimostrazione ha, nel riussumerle, codificato precedenti dimostrazioni
inquadrandole come corrispondenze biunivoche.
nota_2
si riportano fondamentali proposizioni del Card.
Ruini [sempre nello stesso libro] a riguardo dell’essenza della fede, che
dovranno essere riprese:
1.] [titolo del paragrafo: “Ma la fede cristiana ha
un altro fondamento: la rivelazione di dio”] … “La fede cristiana invece
[rispetto al suo essere un bisogno tra gli altri] si pone da un punto di
vista oggettivamente capovolto: non fa riferimento anzitutto a un bisogno che è
in noi [si osserva tuttavia che il bisogno di dio è sempre precondizione di
qualunque possibile accoglimento di dio e della sua rivelazione: è chiaro che
se sono già eterno e massimamente felice senza dio, e tale condizione è
stabile, l’ipotesi di dio e la sua esistenza non mi serve], ma
pretende di far riferimento a un intervento di dio verso di noi. quanto poco
questo aspetto sia percepito e familiare nel nostro mondo – e in certo senso
anche nella chiesa – lo dimostra la scomparsa pratica dal nostro vocabolario
della parola “rivelazione” … di per sé la parola “rivelazione” è centrale nel
cristianesimo e indica la struttura dell’evento ebraico_cristiano, come
rivelazione di dio all’uomo, cioè come iniziativa gratuita e imprevedibile per
cui dio rivela all’uomo il suo volto, il suo atteggiamento; quel volto che
altrimenti rimane imperscrutabile. Questa è una questione diversa da quella di
sapere se con la ragione si può o non si può arrivare ad affermare l’esistenza
di dio; anche se si arriva ad affermare che dio esiste, rimane [questo è un
punto centrale della dottrina epistemica della fede, per il quale anche dopo la
sua totale razionalizzazione epistemica la fede è necessaria come forma di
ragione che, obbedendo a dio, consente all’uomo di condizionarne salvificamente
la volontà] rimane infatti in larga misura impregiudicata la questione
dell’atteggiamento di dio verso di noi, mentre secondo la fede cristiana è dio
che in gesù cristo ci manifesta il suo volto, il suo atteggiamento verso di
noi”;
2.] [dottrina della fede] [titolo del paragrafo: … “Ma
la fede cristiana ha un altro fondamento: la rivelazione di dio”] [… continua
…] … “Da qui parte naturalmente una pretesa di assolutezza, di verità che
non può essere sul piano delle altre verità, ma che si pone come l’intervento
dell’Assoluto nella storia, la manifestazione, la rivelazione di sé
dell’Assoluto, che entra nel contingente umano e naturalmente lo cambia,
domandando una risposta libera che sia un’adesione totale della nostra libertà,
un’obbedienza totale. Questo è di per sé la fede”.
DIMOSTRAZIONE_116:
SCISSIONALE_PRIMA, SESTA_PARADOSSALE
questa dimostrazione prende spunto dalla dim_44, e
in parte la ripete. essa inoltre ripete la dim_1, la dim_6 e la dim_8, e poiché
lo fa in modo unitario, può essere considerata una dimostrazione autonoma. La
presente dimostrazione ripete inoltre la dim_21 [proiettiva], laddove ora si
dice che dio è la proiezione di dio nell’uomo [di dio presente nell’uomo, anche
come vuoto/assenza di dio, dove il vuoto ha la forma di dio], e la dim_23 [del
riflesso reciproco], laddove ora si dice che il concetto di esistenza_di_dio è
un concetto che segna la fusione originaria tra esistenza di esistenza_di_dio e
dio di esistenza_di_dio, per cui non si dà dio senza la sua esistenza, così
dimostrata:
1.] l’esistenza è perfetta, l’uomo esiste ed è
esistenza, quindi l’uomo è anche perfetto [dim_1 (il pensiero è perfetto),
dim_6 (questo punto 1.] ne ripete l’argomento iniziale), dim_8 (l’uomo_perfetto
è l’uomo_necessario) e dim_44 (l’esistenza nell’uomo di un
pensiero_perfetto)_];
2.] esiste quindi il pensiero_perfetto [l’uomo]
[dim_44];
3.] ma il pensiero perfetto è anche [per
definizione] dio;
4.] ecco dunque la necessità di scindere
[dimostrazione scissionale] l’uomo in due parti:
a.] l’uomo creaturale, che è sia perfetto che
imperfetto [dim_44 e dim_8];
b.] dio, che [per la dim_9, che traforma l’Uomo in
Dio e viceversa] è solo l’uomo perfetto: l’Uomo [Cristo] [dim_8];
… in tale scissione sta la dim_23: quella fusione
tra esistenza e dio è ora la fusione tra esistenza perfetta e uomo, scissa
perché l’uomo è anche imperfetto, e allora tale fusione vale solo per dio: la
fusione originaria tra esistenza e dio [data peraltro dal fatto che il Figlio è
l’entizzazione dell’esistenza dl Padre (entizzazione di secondo livello),
concetto che mai, finora, si è riusciti a capire e spiegare, ed è solo ipotesi]
è ora la fusione originaria tra esistenza e uomo, nell’Uomo [che non è l’uomo
creaturale, ma Cristo_Uomo prima dell’incarnazione storica];
5.] la dim_44 dice che l’esistenza di dio è il
contentuo necessario di un pensiero perfetto, proprio anche dell’uomo [per il
punto 1.]_]: ora si aggiunge, circolarmente, che l’esistenza di dio è il
contentuo necessario dello stesso pensiero di dio, inteso come quel pensiero
perfetto che …
a.] esiste perché esiste nell’uomo;
b.] ma ha una sua esistenza autonoma [e quindi dio
esiste, secondo la presente dimostrazione, che sta in tale autonomia, scissa
dalla fusione tra esistenza perfetta e uomo creaturale], perché appunto dio è
pensiero solo perfetto, l’uomo è creatura perfetta ma anche imperfetta [dim_8].
6.] dio è pensiero, dio è perfetto, quindi dio è
pensiero perfetto;
7.] l’esistena di dio è tratta/derivata dalla
perfezione del pensiero dell’uomo [dim_6], scissa dall’uomo e resa autonoma
come esistenza del pensiero perfetto, che per definizione è dio [dim_44, dim_1
e dim_8].
DIMOSTRAZIONE_117: ESSENZIALISTICA,
A_5, R_6, V_13, MISTICA_QUARTA
la
presente dimostrazione integra e completa la dim_3 [che è la dimostrazione più
importante, e che riflette la mappa dell’essere metafisico], e trae spunto da
un passo del libro del Card. Ruini “Le ragioni della fede”: “La prima e fondamentale questione è senza
dubbio quella di Dio, e anzitutto della sua esistenza, quindi delle vie
attraverso le quali la nostra intelligenza può giungere a riconoscerla.
Tuttavia, la questione dell’esistenza
di Dio non può essere posta correttamente senza implicare almeno in termini
generali la domanda su che cosa o meglio chi sia Dio” [“Le ragioni
della fede”, Card. Ruini, pag. 49] [evidenziazione del testo aggiunta] [si
osserva che il “che cosa” è dio è dato dal “dio dei filosofi”, l’involucro
esterno di dio, o dio_essenza, il “chi” è dio è dato dal “dio della fede”,
nucleo e cuore interno al primo, e parte intima di dio: “Io sono”].
già
nella dim_3 si è detto che, per dimostrare l’esistenza di dio è necessario
sapere che cosa si vuole dimostrare, cioè averne il concetto [= definizione].
allora, si è cercato di definire dio. ma si è capito, che la stessa definizione
di dio è il modo con cui dimostrare l’esistenza di dio, perché la definizione
di dio si espande nell’essere. per questo la dimostrazione è di definizione
anselmiana, perché l’argomento ontologico cerca di trarre l’esistenza di dio
dalla sola definizione di dio. la presente dimostrazione è definita anche “vignana”
[e tutte le dimostrazioni, in realtà, lo sono], perché il principio che l’ha
guidata [e che guida la costruzione del sapere] è il desiderio, il quale, se
puro, è in grado di dirigere il pensiero speculativo con la costruzione di
proposizioni quasi_perfette, e quindi intrinsecamente mistiche [principio
speculativo della verità del desiderio: il desiderio produce la verità. ciò si
collega al principio etico_logico_etico: tutto ciò che è errore lo è perché
dettato, come la verità, dal desiderio e dalla pulsione; il desiderio puro si
riconosce dall’etica_perfetta; si pone la questione di quest’ultima,
risolvibile tramite la corrispondenza biunivoca tra logica ed etica, e quindi,
ancora una volta, attraverso il rimando della logica, e della presente
dimostrazione, al sistema dell’episteme].
la
dim_3 dimostra l’esistenza di dio perché l’esistenza in sé è necessaria e dio
è, in modo necessario [vincolo logico di necessità, per la costruzione del
ragionamento dimostrativo: trasferire a dio la stessa necessità dell’esistenza
in sè], costruito in termini di esistenza in sé. da questo punto di vista, definire
dio, presupposto per dimostrarne l’esistenza, significa dimostrare l’esistenza
di dio, anche perché [presente dimostrazione]:
1.]
dio è definibile come un soggetto;
2.]
… un soggetto, la cui esistenza è definita come [posta la distinzione tra dio e
principio, tra dio e essere necessario, e tra dio e necessità, dove dio è parte
di essi] funzionalmente necessario alla struttura necessaria dell’essere
necessario, cioè [come un gioco di parole …] …
a.]
soggetto funzionalmente necessario alla necessità dell’essere in sè;
b.]
soggetto necessariamente funzionale alla necessità dell’essere in sé
[attenzione: non dio come soggetto è tale, ma il soggetto in quanto soggetto,
che poi, essendo standard_normale, prende il nome di dio/qui interessa
dimostrare l’esistenza necessaria del soggetto (diverso dall’uomo), poi questa,
nella necessità, è necessariamente dio].
3.]
a questo punto, la dimostrazione consiste semplicemente nel definire [già la
dim_29 dice che sono necessari, all’essere, un oggetto e un soggetto] che cos’è
un [il] soggetto.
in
via del tutto ipotetica [per questo si dice che le dimostrazioni presuppongono
l’episteme, esse sono probabili, ma maggiormente probabili dell’ateismo, e
quindi si pone una forma di dogmatismo_epistemico, o “metafisico”, che è
espresso dall’autorità del mondo accademico], si dice che il soggetto è
pensiero, che, poichè l’oggetto è realtà, anche il soggetto/pensiero sono
realtà e oggetto, e che [qui sta l’ipotesi, cioè la preferenza rispetto alla
vita …] … la vita è una funzione secondaria e riproduttiva del pensiero [si è
cioè posta l’ipotesi di preferire la definzione primaria del soggetto come
pensiero, piuttosto che come vita], cioè:
a.]
oggetto e soggetto sono, rispettivamente, realtà [non pensiero e pensiero] e
pensiero [come parte della realtà];
b.]
la vita è la riproduzione della realtà nel pensiero, e/o del pensiero stesso
dentro se stesso [pensiero di secondo livello].
quindi,
si è posto/definito il soggetto come pensiero.
per
dimostrare che dio esiste, si deve definire il pensiero come funzionale alla
necessità: dio esiste perché è tale pensiero. e per farlo, non si fa altro
[ripetendo la dim_3, ma ancora meglio la più analitica definizione formale di
dio, data negli schemi concettuali] che definire il pensiero come la relazione
dispari tra esistenza e identità, con tre esempi, dati in forma di schemi_[…]_[...].
la dimostrazione è detta mistica, perché offre una rappresentazione di dio. non
si intende dire che l’elemento insiemistico è dio e che la rete del mare è dio,
ma che lo sono, se l’elemento e la rete sono intesi [nella matrice delle
possibilità/effettualità logiche e scalari/dispari] come organici_soggettivi [=
pensiero]. è vero che la dimostrazione ha il limite di “credere” che il
pensiero sia realmente l’identità tra l’esistenza in sé e l’identità di essa
con se stessa, ma è anche vero che:
a.]
una definizione di pensiero deve pure essere data, e la definizione più
perfetta è data dalla relazione di identità [non solo identità tra soggetto e
oggetto, secondo parmenide, ma il soggetto stesso come auto_identità, si dice
infatti “identità psichica”, mentre la psicologia cognitiva è insoddisfacente e
nichilistica: essa, limitandosi da dire che il pensiero è elaborazione del
dato, identifica conoscenza e percezione, come anche la neo_scolastica e
severino, laddove essi pongono la conoscenza come “apparire”, cioè percezione.
essa è invece fusione esistenziale differenziale, tale perché permane la
differenza tra soggetto e oggetto, identificati, e il primo è identità in sé,
con sé e per sé, questo è il pensiero, pensiero che poi esce da se stesso per
“identificarsi”, con l’attività del pensiero, la fusione esistenziale, estatica
e erotica];
b.]
il pensiero, scalato esemplificatamente nella percezione, ha il pregio di
intuire che questa, come sensazione, è appunto terza identità dell’identità con
se stessa, perché la sensazione è concentrazione e riflesso dell’essere con se
stesso [io sono la mia sensazione, essa è per me una cosa e io sono questa
cosa, io sono il mio proprio “identico” a me stesso];
c.]
il pregio maggiore della dimostrazione, che è, questo pregio, il suo cuore, e
tuttavia lecito speculativamente [non solo auto_referenziale], sta nel fatto
che la definzione del pensiero è appunto data attraverso la realtà stessa,
scalata nelle sue relazioni dispari [in cui ad essere termine dell’identità è
l’identità stessa, scalata da relazione logica posta tra due termini, a termine
essa stessa, oggetto che è soggetto, e “cosa” come ente/pensiero];
d.]
ecco dunque che il pensiero è identità, ed è lecito trarre questa identità
dalle strutture necessarie interne alla realtà dell’essere, in cui, in tali
strutture, ci sono molte identità, e una è senz’altro il pensiero [dio].
DIMOSTRAZIONE_118: PURA, M_QUARTA,
FENOMENOLOGIA_SESTA
la
presente dimostrazione trae spunto dalla dim_117, e si collega alla dim_29,
riproducendone l’argomento definito in essa come “esposizione sintetica”: “nella
necessità esistono necessariamente un oggetto e un soggetto: l'oggetto è
immenso, quindi il soggetto è immenso [Dio]”.
l’essere
esiste necessariamente, secondo parmenide. la proposizione di leibniz_einstein “perché c’è l’essere anziché il nulla ?”
significa “perché c’è il mondo anziché
il nulla ?” e va applicata al mondo creato, tratto dal nulla. invece,
secondo parmenide, l’essere è e non può non essere/esistere. Ma poiché l’essere
[esistenza] esiste necessariamente, allora esiste l’oggetto, che è l’essere in
sé, la sua struttura, auto_strutturazione e struttura [struttura del principio,
sviluppo e determinazioni ipostatiche di questo].
la
presente dimostrazione dice che, fenomenologicamente, posta necessariamente
l’esistenza dell’oggetto [l’essere che è e non può non essere], è posta
necessariamente anche l’esistenza di un/del “s_oggetto”, e questo è
[standard_normalmente, in quanto soggetto_necessario] dio. perché ? la
spiegazione e la dimostrazione di una proposizione evidente fenomenologicamente
deve essere data, ma già tale evidenza [dato l’oggetto, c’è anche il s_oggetto]
è di per sè stessa, in quanto fenomenologica, a valore intuitivo, quindi
persuasivo_probabilistico, quindi dimostrativo. poi la dim_29 è anche
analitica, e dimostra tale evidenza [anche se non spiega la sua evindenza
fenomenologica], appunto come una ulteriore dimostrazione
[l’esposizione/dimostrazione sintetica della dim_29 è una dimostrazione a sè
stante, come fenomenologica, e qui è stata riportata].
quindi:
1.]
posto l’essere [necessario] …
2.]
è posto l’oggetto [necessario] …
3.]
e posto l’oggetto …
4.]
è posto il soggetto [necessario], …
5.]
e questo è dio.
nota
l’episteme
non è una forma di naturalismo [la teologia_epistemica è teologia_razionale, ma
solo secondariamante è teologia_naturale, e non nel senso della natura_creata],
e l’oggetto non è “presupposto naturalistico” al soggetto. questo oggetto,
necessario, è sia trascendente che immanente, cioè iper_infinito [trascendenza
e i suoi ordini e gradi] e infinito_semplice [immanenza e i suoi ordini e gradi].
il naturalismo riguarda l’immanenza [e il naturalismo classico riguarda solo
l’immanenza intesa come il creato]. L’episteme, nella metafisica, parla
raramente del creato, anch’esso sia trascendente che immanente. L’iper_infinito
[trascendenza] del creato [oggetto contingente, perché tratto dal caos e dal
nulla, poi reso necessario nell’apocatastasi, quando viene innestato nel
sito_paradisiaco] è sempre infinitesimale rispetto all’infinito_semplice
[immanenza] del reale_non_creato. dio non viene individuato nella realtà, come
nell’immanenza, ma nell’esistenza in sè e nella sua struttura logica, esistenza
che è “neutra” rispetto alla trascendenza [spirito mondano e verbo_divino] e
all’immanenza [materia mondana e carne_divina], non create, che dovrebbero
essere determinazioni qualitativo_quantitativo_energetiche di dio, aggiunte
nello sviluppo ipostatico del principio e di dio. perciò si può dire che “dio è
immanente nel principio della realtà”, ma, posta la metafisica_epistemica, tale
proposizione non significa ciò che essa significherebbe alla luce della
teologia classica, per la quale la realtà è solo il mondo creato apparente all’uomo.
quell’“immanente” significa solo “interno”, “dentro”, e non si relazione alla
natura_materiale [= immanenza in senso proprio] della realtà, non creata e
creata. la proposizione “dio è immanente nel principio della realtà” significa:
1.]
la realtà è quella necessaria, eterna ma non solo “divina”, perché immateriale,
spirituale e materiale. solo la realtà spirituale è divina, perché il divino è
solo il “soggettivo” [così, la storia della filosofia di Abbagnano è in errore
quando dice che Aristotele è politeista, perché dice che il mondo è eterno e, quindi,
divino: cioè che è eterno è anche divino: eterno è sia l’oggetto che il
soggetto, divino è solo ciò che riguarda il soggetto, perché organico e vitale];
2.]
immanente nel senso di interno/dentro alla necessità [solo parzialmente
identificato con essa];
3.]
il principio è l’esistenza.
perciò
è corretto dire che la teologia classica è una forma di idealismo: tolto l’uomo
e il creato [il “mondo”], per essa c’è solo dio, cioè solo il soggetto, senza
un oggetto_eterno_noumeno, come dicono gli idealisti. il cosiddetto “realismo”
della teologia classica è un “realismo minimo” e senza fondamento [paradossale]:
esso dice, che solo il creato è l’oggetto, vi attribuisce un essere
indipendente da dio, e lo fa sussistere per partecipazione all’essere di dio,
ma [si rileva] manca il fondamento di tale indipendenza: ciò che partecipa a
dio è un essere_creato, che non può esistere indipendentemente da dio, senza
che esista un principio di esistenza esterno a dio e indipendente da dio. ma,
posto tale principio [l’esistenza in sé], questo stesso è lo stesso principio
che pone dio, necessariamente, e il creato [in_organico e organico] non
partecipa dell’essere [solo organico] di dio, ma di quello del principio
[im_materiale].
DIMOSTRAZIONE_119: CREAZIONISTICA,
R_7
in
riferimento allo scritto del Card. Ruini “Allargando
la ragione riscopriamo la realtà” [in cui si definisce la verità come
conoscenza della realtà], contenuto nell’allegato all’Avvenire del 15 aprile
2007 intitolato “Benedetto”, apparso in occasione degli 80 anni di Papa
Benedetto XVI, si rileva che nelle seguenti parole è contenuto il potenziale
dimostrativo del creazionismo, applicato non solo all’evoluzione biologica, ma
a tutto l’universo creato [pag. 60]: “Si riapre così la domanda riguardo alla
struttura razionale presente nell’universo e all’ipotesi che essa sia da
ricondurre, in ultima istanza, al Logos creatore”.
segue
la dimostrazione [collegata ad altre dimostrazioni, in particolare alla dim_4, alla
dim_11 e alla dim_53]:
1.]
posto l’episteme, si dice che il mondo di dio è razionale per necessità;
2.]
in base alla dim_4 e alla dim_11, si constata [presenza del caso] che il mondo
creato non deriva dalla necessità [presenza dell’irrazionale];
3.]
ma esso è anche ordinato e razionale;
4.]
tale ordine non deriva quindi direttamente dalla necessità;
5.]
ecco allora l’ipotesi creazionistica, ampliata dalla vita all’universo [ma si
rimanda alla nota: tale creazionismo è ciò che la teologia_classica ha sempre
detto: la creazione come ordine creato da dio];
6.]
l’ordine dell’universo è razionale, e appare [in base alla dim_4, non può darsi
neppure un minimo di ordine nel caos] come progettato, voluto e finalizzato
come tale;
7.]
ciò che può dare un ordine razionale all’universo è solo un soggetto immenso e
razionale: il Logos creatore.
nota
riguardo
al creazionismo, inteso come dottrina attuale del pensiero americano
contrapposta all’evoluzionismo, si precisa quanto segue:
1.]
il creazionismo americano è di definizione nichilistica, perché “misterico” e
quindi a contenuto demoniaco [esso, limitandosi alla vita, può interpretarla
come progettazione tanto di dio quanto di un extra_terrestre, e quest’ultimo è
una proiezione (un “mito”) demoniaca];
2.]
il Creatore della vita non è mistero, ma è il Padre, che
si è rivelato nel
Figlio, e che si può conoscere nell’amore genitoriale,
familiare, coniugale e sociale [papà e mamma, fratello e
sorella, moglie e amici];
3.]
l’evoluzione è vera, perchè auto_concetto;
4.]
il creazionismo è vero laddove ...
a.]
toglie il caso nell’evoluzione;
b.]
vede una progettazione nell’evoluzione della vita umana;
5.]
ma il creazionismo non è una “novità”: da sempre il magistero parla del creato
come ordine, piano intelligente, disegno razionale del creatore;
6.]
il caso nell’evoluzione è una dottrina totalmente a proiezione
demoniaca [si dice "caso" per svincolare originariamente l'uomo da dio];
7.]
il caso [derivante dal caos, da cui il creato è tratto] è epistemicamente
ammesso solo come interferenza sull’evoluzione, per la varietà quantitativa
delle specie [ad esempio, colore nei pesci], o per le malattie.
DIMOSTRAZIONE_120: ESEGETICA_PRIMA, RTZ_4,
FENOMENOLOGICA_SETTIMA
la
presente dimostrazione mostra l’evidenza_fenomenologica e, quindi, la potenza
dimostrativa dell’“esegesi_teologica”, di cui sono mostrati i caratteri nella
“Premessa” e nell’“Introduzione” del libro “Gesù di Nazaret” di Joseph
Ratzinger/Papa Benedetto XVI.
la
dimostrazione si collega alla dim_35 [apologetica_scientifica]. in questa, si
dice che, ad esempio, gli scritti apologetici di Messori sulla sacra_scrittura
hanno un potere dimostrativo, perché, chiarificando in modo storico_critico la
veridicità/attendibilità dei vangeli come testimonianza diretta della
risurrezione di un uomo, [di]mostrano in essi la veridicità della loro
testimonianza, reale, di un uomo che, per il fatto di essere risorto dai morti,
è l’Uomo, cioè Dio.
ora,
invece, si constata [ratzingerianamente] che anche solo dalla lettura fenomenologica
dei vangeli traspare, anche in collegamento con il sistema [descrittivo/spiegazionale]
catechistico [esegesi, anche perciò, detta “teologica”], fenomenologicamente,
l’evidenza veritativa, tale dal punto di vista fenomenologico, della loro
testimonianza [evidenza detta fenomenologica]: è fenomenologicamente evidente
la verità/attendibilità della testimonianza dei vangeli.
nota: l’induzione fenomenologica
posto
un soggetto che possedesse la certezza della fede, perché [come ha detto ratzinger
a proposito di mosè] abbia “visto dio”, si potrebbe dire che tale evidenza_fenomenologica
della veridicità dei vangeli sia in realtà una conseguenza, posta a posteriori,
di questa sua certezza della fede, posta a priori: cioè, solo questo soggetto
vedrebbe fenomenologicamente l’evidenza veritativa dei vangeli. ma tale
evidenza, anche se a posteriori, è reale, per cui potrebbe dover essere
guadagnata da qualunque soggetto. l’evidenza fenomenologica, posta a
posteriori, della veridicità della testimonianza dei vangeli, può essere
guadagnata da chiunque, perchè quella certezza della fede a priori [quella “di
mosè”] in realtà appartiene a ogni uomo: tutto il creato è infatti certezza e
prova della fede, perché [normalmente] esso non dovrebbe esistere, per cui
l’evidenza_fenomenologica della fede può guadagnarsi da una percezione
“contemplativa” del creato: quella “meraviglia”, di cui ha parlato aristotele,
per un essere [la creazione] che esiste, e che non dovrebbe esistere, e che
quindi ha lo stesso effetto di una visione. de zan, commentando il
dubbio di tommaso, ha paragonato la fede, esperienza soprannaturale, ad un
soprammobile che deve poggiare su di un mobile, che sia base/fondamento, fisico
e tangibile, della fede come l’apparizione del risorto a tommaso: un “segno”. questo
“mobile” è lo stesso creato, la stessa natura_creata: fenomenologicamente
[secondo la dim_11], la natura creata, poiché normalmente non dovrebbe esistere
rispetto all’essere necessario, dovrebbe avere fenomenologicamente per ogni
uomo la stessa funzione dimostrativa che ha per la fede l’apparizione del
risorto e ogni altra visione/apparizione. spesso ci si sveglia al mattino con
lo “stupore” di esistere, e si dice, “che cos’è tutto questo che mi appare ?”,
ci si stupisce [fenomenologicamente] di esistere, si intuisce in profondità che
non si dovrebbe esistere. quella volontà, che secondo schopenhauer impone
all’uomo di esistere, è la volontà agente e creatrice di dio.
DIMOSTRAZIONE_121: ESEGETICA_SECONDA, RTZ_5, FENOMENOLOGICA_OTTAVA
nelle prime due parti [“Premessa” e
“Introduzione”] del libro di Jospeh Ratzinger/Papa
Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”, si parla anche di
“unità” della sacra_scrittura e dei vangeli. ma i
vangeli sono stati scritti da 4 e altre persone, e in tempi diversi e
distanti. quindi, l’unità, colta fenomenologicamente
[colta, ad esempio, dalla lettura di seguito e veloce del vangelo di giovanni] della
redazione dei vangeli testimonia [fenomenologicamente] che essi sono
stati pensati da un unico soggetto [il Creatore], che poi, in tempi
diversi e a persone e comunità diverse, ha dettato la
sacra_scrittura parola per parole [come faceva con gesù,
incarnato e depotenziato]. compito dell’esegesi è quindi
anche cogliere la visione unitaria e di insieme dei vangeli e della
sacra_scrittura, allo scopo di comprendere il modo e la ragione, in cui
e per cui sono stati concepiti dal Creatore in questo modo,
assimilandosi la mente dell’esegeta alla mente di dio. quindi:
l’unità della scrittura_sacra testimonia che essa è
stata scritta da un unico soggetto, e poiché molti sono i
soggetti, quest’unico soggetto è dio.
DIMOSTRAZIONE_122:
SCISSIONALE_SECONDA, NORMALE_SESTA
la
presente dimostrazione è rigorosa, e ripete numerosi argomenti precedenti
[dim_6, dim_8, (anche dim_9), dim_54, dim_116].
sia
dato un generico soggetto “s_S” [l’uomo e/o, ipoteticamente, dio], posto nella
necessità dell’esistenza [la cui esistenza è dimostrata certa, secondo
parmenide: “l’essere_è”]. la realtà necessaria, allora, attribuirà a tale
soggetto generico [funzione esistenziale] determinate proprietà, tali per cui
tale soggetto [s] può essere considerato comunemente come “dio” [S]. ma un
generico soggetto “s” è dato, essendo esso l’uomo [s]. quindi dio esiste [S].
la dimostrazione si lega alla dim_6 [l’attribuzione delle proprietà necessarie
al generico soggetto “s” avviene per identific_azione], e mostra il
collegamento tra la dim_6 e la dim_116, perché l’uomo è scisso [la dim_116 è la
dimostrazione detta “scissionale”], e quindi s_doppiato [dim_6, per la riforma
del principio di non contraddizione] in uomo_uomo [uomo_dio] e Uomo_Dio. è vero,
infatti, che l’universo apparente non è la realtà necessaria, ma questa esiste
come essere in quanto essere [e la sua struttura]: l’uomo viene dunque scisso
in uomo [parzialmente] come essere contingente [dim_8] [soggetto_normale per
l’universo apparente, che, dimostrato dio, sarà detto universo creato] e uomo come
essere [solo] necessario [quindi Uomo, che, per la dim_9 (traduzione
esistenziale), è Dio] [soggetto_normale per l’essere necessario]. a questo
punto la presente dimostrazione, per essere completa, deve consentire il
passaggio dall’uomo [parzialmente] contingente [uomo, “s”] all’uomo solo
necessario [= Uomo_Dio, “S”]. tale passaggio richiama la dim_8 e l’esposizione
analitica della dim_29 [messoriana]: l’uomo creato è anche essere necessario [per
questo lo si è definito solo “parzialmente” contingente], anche necessario perché
può intuire la necessità [per il principio parmenideo: l’essere è], e quindi vi
è identico [pensare = essere, altro principio parmenideo].
nota
mentre
nella dim_117 il soggetto è necessario in quanto, definito pensiero = identità,
è rintracciato nelle identità interne all’essere necessario, cioè la necessità
del soggetto generico è ricavata dalla definizione del soggetto, che è pensiero
e quindi identità/identific_azione, nella presente dimostrazione essa necessità
del soggetto è ricavata dall’uomo creaturale, che pensa la necessità, a cui è
quindi parzialmente identico.
DIMOSTRAZIONE_123: ESTETICA, FENOMENOLOGICA_NONA
i fisici teorici dicono che le
leggi della fisica sono esteticamente belle, e aggiungono che esse, …
1.] per il fatto che sono belle,
sono vere,
2.] per il fatto che sono vere,
sono belle.
la bellezza del concetto di dio,
della concezione speculativa di dio, e contemplante l’esistenza di dio
[esistenza che è, o dovrebbe essere, secondo la metafisica_epistemica, il
risultato di una legge metafisica della necessità, cioè legge della metafisica_epistemica],
posto [come detto, epistemologicamente, e quindi anche epistematicamente] il
criterio estetico come un criterio sufficiente di verità, essa bellezza di dio dovrebbe
costituire una prova sufficiente dell’esistenza di dio [come le leggi fisiche
descrivono l’universo, così la metafisica epistemica descrive la realtà].
nota_1
in realtà, forse, l’esistenza di
dio non dipende da una legge o formula metafisica, perché dio è un elemento
primario dell’essere. il corpo di dio e la differenziazione della sua anima e
del corpo, invece, senz’altro potrebbero essere frutto di una legge
meta_fisica, come forse anche la trinitarizzazione divina e binarizzazione
cristica.
nota_2
l’obiezione alla presente
dimostrazione dice che anche l’arte [e la fantasia] è bella, ma essa non
corrisponde alla verità. si risponde così:
1.] l’arte [e la fantasia]
descrive [indirettamente] il soprannaturale [dim_2];
2.] l’opera d’arte di un uomo
comune non è bella come un quadro di picasso, ma l’uomo, che lo ha realizzato,
in quanto essere umano, è più bello dell’arte. spesso il senso comune dice “la
natura è meravigliosa”, e si parla delle “7 meraviglie del mondo”, mentre un
qualunque bambino, che muore di fame nel terzo mondo, ha un valore ed una
bellezza estetica incommensurabile [il massimo valore
estetico lo ha l’uomo_etico, in quanto uomo_virtuoso];
3.] la bellezza di dio e del
soprannaturale possiede una bellezza superiore all’arte, e la stessa natura,
dal punto di vista fenomenologico [si pensi ad una galassia], è superiore
esteticamente all’arte, che quindi neppure migliora esteticamente la realtà
naturale_terrena.
nota_3
anche con riferimento a tutte le
precedenti dimostrazioni, e in particolare alla dim_122, si dice che [ciò che è
stato presupposto finora, e qui si precisa]: …
1.] … l’universo [apparente_creato]
e gli uomini appartengono, per il fatto di esistere, anche alla realtà_necessaria;
2.] … la realtà_necessaria si
identifica parzialmente, trasmettendovi l’esistenza per partecipazione, con
l’universo [apparente_creato] e gli uomini, ma non appartiene ad essi.
DIMOSTRAZIONE_124:
SOPRANNATURALE, MISTICA_QUINTA
l’uomo [un religioso, oppure, ad esempio, un giovane che
ascolta musica classica] può avere delle sensazioni mistiche. queste possono
riguardare:
1.] dio;
2.] la donna amata;
3.] il regno di dio in terra.
è evidente, anche non fenomenologicamente, che, se è data
una visione/sensazione mistica di dio, dio esiste, perchè la mente è
strutturata per pensarlo, e quindi per accoglierlo [non si può accogliere ciò
che non esiste] [dio come matrice dell’uomo, avente questo la matrice di dio
dentro di sè].
DIMOSTRAZIONE_125:
RIVELATIVA_TERZA, RTZ_6, R_8
alcuni brani dell’auto_biografia di Joseph Ratzinger [ora
Papa Benedetto XVI] “La mia vita” [di Joseph Ratzinger] sono epistemicamente di
fondamentale importanza, non solo in funzione dimostrativa. li si riporta, con
riferimento alla sua fondamentale tesi di abilitazione alla libera docenza [che
segna il destino di Ratzinger], dopo aver presentato la struttura portante
della presente dimostrazione: secondo la teoria della comunicazione di …, il
processo comunicativo presupppone un messaggio, un suo mittente e un suo
destinatario; poiché il messaggio esiste [la rivelazione], dio come mittente
del messaggio esiste [dim_125]. scrive Joseph Ratzinger [pag. 72]: “… in Bonaventura (e, anzi, nei teologi del
secolo XIII in generale) non c’era alcuna corrispondenza con il nostro concetto
di “rivelazione”, che eravamo soliti usare per definire l’insieme dei contenuti
rivelati, tanto che anche nel lessico si era introdotta l’abitudine di definire
la sacra_scrittura semplicemente come la “rivelazione”. Nel linguaggio
medievale una tale identificazione sarebbe stata impensabile. In esso, infatti,
la “rivelazione” è sempre un concetto di azione: il termine definisce l’atto
con cui Dio si mostra, non il risultato oggettivizzato di questo atto. E dato
che le cose stanno così, del concetto di “rivelazione” fa sempre parte anche il
soggetto ricevente: dove nessuno percepisce la rivelazione, lì non è avvenuta
nessuna rivelazione, dato che lì nulla è stato svelato. L’idea stessa di
rivelazione implica un qualcuno che ne entri in possesso … allora la
rivelazione precede la Scrittura e si riflette in essa, ma non è semplicemente
identica a essa. Questo significa che la rivelazione è sempre più grande del
solo scritto. Se ne deduce, di conseguenza, che non può esistere un mero “Sola
Scriptura” (“solamente attraverso la Scrittura”), che alla Scrittura è legato
il soggetto comprendente, la Chiesa, e con ciò è già dato anche il senso
essenziale della tradizione … [si vedeva in questa mia tesi …] … un pericoloso modernismo, che doveva
condurre verso la soggettivizzazione del concetto di rivelazione”. il
soggettivismo non si pone, perché il destinatario del messaggio non è solo il
singolo, ma sono la chiesa e la tradizione, sua struttura. la tesi di
abilitazione di Ratzinger segna il suo destino, perché sarà Ratzinger, come
Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, a costituire
colui che, nella chiesa, è preposto ad accogliere la rivelazione divina
[destinatario]. si osserva, inoltre, che, se tale è la concezione della
rivelazione propria della chiesa, allora non può dirsi che “la rivelazione è
già chiusa” e che “le apparizioni mariane nulla aggiungono alla rivelazione”,
come dicono, forse erroneamente, numerosi brani teologici e ecclesiali. infine
si rileva l’importanza della dottrina ratzingeriana della rivelazione per la
corretta comprensione dell’epistemismo, inteso come parte del progetto
culturale della CEI. Tutto ciò premesso, in riferimento alla teoria della
comunicazione suesposta, e alla dottrina di ratzinger relativa alla
rivelazione, si pone la seguente dimostrazione dell’esistenza di dio:
1.] la bibbia e la rivelazione [sacra scrittura e, ad
esempio, miracoli, apparizioni e sensazioni mistiche ed estatiche] sono un
messaggio, che modifica il destinatario [uomini e donne cristiani]: quindi il
messaggio esiste;
2.] ma se esiste il messaggio, esiste anche il mittente,
cioè dio.
l’obiezione immediata dice che il messaggio, ricevuto
dall’uomo, viene in realtà prodotto dalla psiche umana, come già i miti delle
molte religioni. in realtà, posto che l’uomo è consapevole di se stesso, se un
cristiano accettasse che il messaggio viene da lui stesso, non consentirebbe al
messaggio di modificarlo [cioè di essere un messaggio significativo e
moralmente esigente]: quindi, il cristiano accetta il messaggio, perché lo pone
come comunicato da dio. ma l’uomo ha bisogno di questo messaggio, quindi ha
bisogno di dio. a questo punto la dimostrazione rimanda all’argomento [più
volte ripetuto] della riproduzione di dio nell’uomo: l’uomo necessita di dio,
perché dio esiste, in quanto si è riprodotto nell’uomo e così nel suo bisogno
di dio, dio che è assente nell’uomo, e l’uomo evoca la sua esistenza per averlo
presente dentro di sé.
in conclusione: il bisogno di questo messaggio, che è la
rivelazione_divina, testimonia l’esistenza del suo mittente [dio].
nota
la presente dimostrazione è stata ispirata dallo scritto del
Card. Ruini "Teologia e cultura terre di confine", laddove esso
richiama il testo della tesi ai abilitazione del prof. Ratzinger, ora
Papa Benedetto XVI.
DIMOSTRAZIONE_126: GNOSEOLOGICA_PRIMA, DELL’APPARIRE_SECONDA, V_14
nel libro “Il frammento e l’Intero”,
al capitolo VI della Parte Prima, Vigna scrive [pag.138] [elemento_1 della
dimostrazione]: “…: se qualcosa esiste,
e qualcosa realmente esiste, la totalità necessariamente esiste. Infatti, o la
totalità è quel qualcosa o è l’altro dal qualcosa. Il qualcosa, in effetti, è
parte o è tutto [e si intendano i termini dell’alternativa in senso
speculativo, non in senso semplicemente matematico, cioè quantitativo], ma una
delle due dev’essere necessariamente. Ora, nell’un caso o nell’altro, ossia per
trattare il qualcosa come parte o per trattarlo come tutto, la posizione
dell’esistenza del tutto o della totalità è necessaria”. precedentemente
egli scrive [pag. 138] [elemento_2 della dimostrazione]: “…: affermare che Dio esiste, se con questa affermazione si intende
semplicemente asserire che esiste qualcosa di assoluto [la totalità di ciò che
esiste], non richiede una dimostrazione in senso proprio [ossia una mediazione
dell’immediato]”. Vigna dice questo dopo aver mostrato che il dimostrare
conduce da un dato cominciamento del pensiero [ad esempio: credo in dio o non
credo in dio] al fondamento della struttura originaria, cioè a ciò che è
innegabile [le due immediatezza logica e fenomenologica, ovvero rispettivamente
il principi di non contraddizione e il principio di evidenza: pag. 137], e il
suo discorso prosegue, dicendo che [pag.140][elemento_3 della dimostrazione] “…, il vero problema metafisico sta nel
determinare in certo senso “che cosa
è” la totalità. E se chiamiamo la totalità con il nome di Dio, il vero problema
metafisico consiste nel sapere in certo
senso “che cosa” è Dio. Chiedersi
infatti “chi è” dio, non pare, di primo acchito, corretto; dal punto di vista
grammaticale, “chi” è pronome personale. Chiedersi inizialmente chi è Dio
significherebbe, perciò, presupporre già che Dio sia un essere personale” [la
presente dimostrazione trascura questo punto, rimandandolo a successivo schema
sul kantismo]. egli prosegue
inoltre, affermando che [elemento_4 della dimostrazione] [pag.140] “… per rispondere a questa domanda sul
senso della totalità, a che cosa posso volgermi se non al contenuto presente ?
Originariamente, infatti, altro non appare. Ma il contenuto presente come
appare ? Ne do una sommaria descrizione. Appare qualcosa”. precedentemente Vigna scrive [pag. 136]
[elemento_5 della dimostrazione]: “… .
Il fatto stesso di vivere ci costringe a conferire alla realtà un certo
significato, che sporge permanentemente e ampiamente sull’immediatezza
dell’esperienza” [questo “sporge” ha
suggerito lo schema, che sarà dato, sulle corrispondenze parallele tra le forme
della conoscenza: pensiero, linguaggio e percezione]. Infine, Vigna dice [pag. 141]
[elemento_6 della dimostrazione]: “… ciò
che appare immediatamente è anche l’insieme di tutte queste cose. L’apparire è,
in altri termini, l’originaria unità di un molteplice”.
la presente dimostrazione [che si
lega alle dim_5 (dell’apparire_prima) e dim_6] è stata la base teorica che ha
suggerito le successive dimostrazioni fondate sulla rappresentazione del
creato:
1.] ciò che appare [all’uomo] è
organico, quindi soggettivo [panteismo e pan_psichismo relativi epistemizzati]:
è la rappresentazione del mondo da parte dell’uomo o di dio [elemento_4]: se lo
è di dio, dio è dimostrato esistente;
2.] ciò che appare è unitario
[elemento_6];
3.] ciò che appare è la totalità
[elemento_1];
4.] ciò che appare è detto dalla
ricerca_epistemica “sfera_solipsistica” o “sfera_del_solipsismo” della
percezione/apparire/ rappresentazione visiva, umana [tutto ciò che appare è come
un (uso di metafora) palloncino che racchiude l’uomo]: io sono tutto ciò che
vedo e [dice il nichilismo, ma bisogna dimostrare che questo è nichilismo/errore]
niente esiste al di fuori di ciò che vedo immediatamente, qui e ora;
5.] la dimostrazione
dell’esistenza di dio è allora data da tale dimostrazione: posto che dio è la
totalità_apparente [per il punto 1.], 2.] e 3.], secondo l’elemento_2 e
l’elemento_3] [qui interessa che cosa è dio, non chi è dio, per la capacità
limitata della dimostrazione], si deve dimostrare che essa [la totalità
apparente] è, se non infinita [elemento_1 guadagnato da quanto segue …] …,
almeno tale, per cui l’uomo non è l’esaurimento, in quanto sfera_solipsistica
dell’apparire, della totalità stessa [elemento_5]: cioè che esiste una realtà
che “sporge” [Vigna: pag.136, elemento_5] rispetto all’apparire all’uomo
[totalità diversa dall’uomo e identificata, in quanto apparire organico, a dio,
ovvero alla sua rappresentazione del creato];
6.] posta la distinzione, di cui
alla dim_138 [costruita precedentemente alla presente dimostrazione] tra
intuizione_epistemica e intuizione_fenomenologica [da riservarsi all’apparire],
si richiama la gnoseologia_epistemica, per la parte di cui a successivo schema
epistemico [rapporti tra i parallelismi noumeno/pensiero, percezione e
linguaggio e tra questi], e si dice, tramite la mediazione del linguaggio
[sempre rapportato al termine del pensiero], che è intuzione_epistemica [e
quindi esperienzialmente vera, con immediatezza di tipo_pensiero/sapere
originario nel rapporto pensiero/percezione/linguaggio] [l’esperienza è ora
quella del pensiero e del linguaggio: l’esperienza non si identifica più solo
con la percezione/fenomenologia del pensiero, della percezione e del linguaggio
e loro corrispondenze_parallele, anche se forse non interamente biunivoche] che
l’uomo non esaurisce la totalità dell’esistenza, la quale sporge dall’uomo
[elemento_5]: cioè è intuisticamente evidente che io non sono il tutto
esistente;
7.] esempio intuitivo
[attenzione: il nichilismo è convinto che nulla esista al di fuori di ciò che
il singolo soggetto esperisce in un dato istante]: se esiste solo la mia
sfera_solipsistica, ogni uomo che vedo sono io: ma allora perché un uomo mi
parla e mi scrive, e mi dice: “io sono io e io non sono te” ? [e me lo dimostra
anche violentemente]. l’intuizione immediata [nel senso di immediatezza
neo_scolastica], tramite il ponte del linguaggio_significante [mediazione
vignana], che è tale perché significa [cioè produce] pensiero e intuzioni
[elementi base del pensiero, che le pone in sequenza, sintesi e sistema], dice
che “io non sono te e tu non sei me”, e che [uso di metafora] “il palloncino
dentro cui io sto viene bucato …”, fino a rottura del solipsismo [collegato (esemplificatamente)
alla rottura della teo_sfera che nel dio_focale si apre al sacrificio_creatore,
per cui provvisoriamente il paganesimo si fa cristianesimo], “… bucato da
soggetti che mi testimoniano che io non sono loro e quindi non sono la
totalità”, e poiché la loro esperienza duplica la realtà [nella loro
rappresentazione], la totalità è altra a me, e quindi è dio [nella sua
unitarietà, elemento_6]. si rileva quanto segue:
1.] come già si è detto,
attraverso il linguaggio “l’uomo salta fuori dalla propria ombra”, e tale
condizione, che pare assurda [lo scavalcamento di cià che è detto
intrascendibile], è in realtà la condizione “minima” di ogni realismo e
oggettività del pensiero, ovvero di apertura alla verità e alla verità su dio;
2.] tale “salto”, che pare
impossibile, in realtà è logicamente possibile [è questo uno dei risultati
notevoli della gnoseologia_epistemica]: il pensiero, tramite il linguaggio [e
qui già si vede che cos’è il divenire alla percezione] esce da se stesso per
riunirsi hegelianamente a se stesso, arricchito di ciò che è esterno alla sfera
del soggetto, perché riproduce il rapporto della differenza protologica
esistenza/esistenza: esse di auto_fondano, quindi si auto_includono ma,
attenzione [paradosso di russell_frege], includente e incluso sono
assolutamente identici, e quindi infinitamente permutantesi, e qui sta l’uscita
e il divenire, condizione dell’identità, rapporti di cui si dice in successivo
schema;
3.] così l’esistenza, nell’atto
di auto_esistenzializzarsi, così allo stesso modo il pensiero, quando coglie
l’esistenza e se stesso: sembra assurdo, ma lo scavalcamento
dell’intrascendibile è la condizione del realismo epistemico [o “perfetto”]:
solo così le tre persone divine si conoscono come “altre”, e conoscono come
“altro” il loro mondo, il creato e l’uomo. l’idealismo, con il solipsismo, è a
sua volta perfetto: perfetta la chiusura conservativa monadica, e quindi chiusa
l’identità e l’auto_coscienza [persona].
DIMOSTRAZIONE_127:
EDIPICA_SECONDA
anche la presente dimostrazione [e la dim_124] appartiene
al novero di quelle che, come le dimostrazioni fondate sul bisogno e sul
desiderio di dio, individuano nell’uomo la presenza di una matrice organica divina
[idea o funzione], essendo l’uomo riproduzione di dio e dio essendosi
riprodotto all’interno dell’uomo [ad esempio, nell’idea che l’uomo ha di dio:
idea organica]: l’esistenza di tale matrice [idea] interna all’uomo, è prova
[come impronta] dell’esistenza di dio esterna all’uomo [anche secondo la
metafisica_epistemica, oltre che fenomenologicamente].
è stato detto che il complesso di edipo, più che fondare
la fede in dio_padre, è causa dell’ateismo, conseguenza della rimozione di dio
come di un rapporto conflittuale con i propri genitori [i quali spesso, con il
necessario divieto, assoggettano i figli anche a umiliazioni. l’ateo
non riesce a pensare dio in modo distaccato, come lo vede aristotele, con lo
stesso interesse scientifico e asettico, cioè, si può dire, positivamente, con cui aristotele
studia gli animali (con distacco scientifico, come fa l’episteme); l’ateo ha
sempre un concetto emotivamente coinvolto, conflittuale e quindi
speculativamente incontrollato di dio, lo sente come un’entità che vuole
umiliarlo (mentre dio è costretto a imporsi all’uomo, per la sua salvezza,
perché il peccato non è solo un’interpretazione di dio, ha anche una natura
“oggettiva”, capace di impedire a dio di salvare l’uomo), oltre che a viverlo
sempre come la chiesa, percepita come imposizione di divieti e umiliazioni]. la
presente dimostrazione riflette sulla struttura della colpa cristiana: senza
timore di dio, senso di colpa e minaccia divina, l’episteme dimostra come non possa
sussistere il cristianesimo, su di essi necessariamente fondato: dio è amore e
l’uomo può positivamente rispondere all’amore facendo il suo dovere, ma può
anche non farlo, perché adulto nel peccato, e il peccato è oggettivo. l’uomo
deve fare il proprio dovere per amore, non per obbedienza: e tuttavia l’uomo
può non fare il proprio dovere. il cristiano sente per questo realmente dio come
colui che lo minaccia e lo può condannare [per
correggerne o stabilizzarne la condotta], e ciò è teoricamente corretto e
dimostra l’esistenza di dio: questo dio non è il riflesso dei genitori. i
divieti e le minacce dei genitori solo attivano lo schema [inconscio e conscio]
dei divieti e delle minacce di dio, successivamente questo schema e questo dio
sono indipendenti dai genitori: la loro esistenza [dello schema divino del
divieto e della colpa] dimostra organicamente [edipicamente] l’esistenza di dio,
come idea di dio che fa percepire all’uomo di essere sul “baratro”, appeso alla
mano di dio [nell’episteme, il complesso di edipo trova come suoi attori gli
esseri umani come figli e dio come loro genitore: i genitori terreni umani
vengono strutturalmente dopo; il complesso di edipo deriva dalla matrice
originaria del male, per la quale l’origine ex_nihilo della creatura sovrappone
totemicamente la creatura a dio, ovvero all’origine ex_existentia di dio].
DIMOSTRAZIONE_128:
STELEOLOGICA
in base alla steleologia, il riallineamento del sistema di
unità organica dovrebbe automaticamente attivare [misticamemte e estaticamente]
nella mente umana gli schemi religiosi e teologici, portando l’uomo a
conoscere, naturalmente, anche solo per fede, che dio esiste [il regno di dio
in terra è spiritualmente denso in senso genetico].
DIMOSTRAZIONE_129:
FIDEISTICA_SESTA, RTZ_7, R_9, FENOMENOLOGICA_DECIMA
per la definizione di una dimostrazione fenomenologica si
rimanda alla dim_131, che è stata formulata precedentemente alla presente
dimostrazione.
si dice nella presente dimostrazione che cristo è il
logos_creatore [= verbo], ipotesi speculativa per la spiegazione del mondo, che
papa benedetto XVI ha definito [fenomenologicamente] “la più probabile”. Per
l’episteme, il logos è strumentalmente creatore, il Creatore è il Padre, cristo
essendo lo strumento [aristotelicamente “organon”, logica, logos, verbo], di
cui il Padre si è servito e si serve per il processo creativo. nella creazione,
il padre si serve del figlio come un giovane che suona la chitarra si serve
della chitarra: egli pizzica le corde, e così il padre usa il figlio
[sacrificalmente] per creare la creazione dal nulla.
nota
la
presente dimostrazione è stata ispirata dallo scritto del Card. Ruini
"Teologia e cultura terre di confine", laddove esso richiama il
testo dello scritto "L'Europa di Benedetto nella crisi delle culture" del prof. Ratzinger, ora Papa
Benedetto XVI.
DIMOSTRAZIONE_130:
SINFONICA
alcune sinfonie musicali sono chiavi di accesso alla
conoscenza di dio, e quindi alla dimostrazione della sua esistenza,
fenomenologicamente/può essere che il loro autore non avesse in mente dio,
quando le ha scritte, ma, tenendo in mente dio, mentre le si ascoltano, si
provano determinate sensazioni mistiche, che suggeriscono come l’idea di dio,
in quanto scatenante le stesse, grazie alla sua rappresentazione musicale, debba
corrispondere ad una realtà, che sia esistente in quanto attraente l’uomo. ci
si riferisce in particolare a bruckner, sibelius e, in generale, al sinfonismo
romantico tedesco [oltre che a tutta l’atmosfera culturale del romanticismo].
questa musica viene comunemente detta “profana”, in contrapposizione alla
musica “sacra”. l’episteme offre una nuova classificazione, perché la vera
musica sacra è costituita [solo] da alcuni brani di musica classica:
1.] la musica_classica [solo alcuni brani sinfonici
specifici/con esclusione, ad esempio, di mozart e beethoven, che piuttosto
cantano la mistica del regno di dio in terra, come schumann e brahms] è detta
musica_mistica_soprannaturale [forse solo l’ultimo bruckner e sibelius];
2.] la musica_sacra è detta musica penitenziale o
adorativa_terrena.
all’interno di tale classificazione, non si riesce a porvi
la “Toccata e fuga” di Bach, che non può dirsi musica penitenziale o adorativa,
essendo un brano verticistico [trascendte], essa è quindi senz’altro musica_mistica,
ma piuttosto terrena, come cioè un modo con cui un uomo terreno canta
l’assoluto soprannaturale, ma rimanendo tale canto terreno [proveniendo dalla
terra]. certi brani di bruckner e di sibelius, invece, appaiono totalmente mistici
come soprannaturali.
DIMOSTRAZIONE_131:
IDEALISTICA, FENOMENOLOGICA_UNDICESIMA
una dimostrazione può essere definita fenomenologica per
le seguenti ragioni:
1.] perché la sensazione, tipica della razionalità
epistemica, scatenata dal nome, o dal fenomeno, o dal ragionamento, aiuta la
teoria [argomento], oppure perché …
2.] … suggerisce questa teoria [o una sua parte], essendo
ancora il ragionamento speculativamente debole da solo, o infine …
3.] … semplicemente si accompagna ad esso, già da se
stesso sufficientemente forte [persuasivo].
la presente dimostrazione si richiama all’intuizione
fenomenologica di cui al punto 2.], per la necessità di accogliere la teoria
platonica delle idee [mai smentita dalla storia della filosofia, solo
eventualmente abbandonata: così, ad esempio, se pare debole, anzi inconsistente
la tesi dell’esistenza di un unico “tavolo” ideale, posto che esistono tanti
tavoli quanti gli stili delle diverse epoche, e le misure, frutto casuale della
creatività dell’artefice, l’episteme ha efficacemente rafforzato la dottrina
platonica delle idee, ipotizzando che l’idea non è un oggetto, ma la funzione
mentale preposta al suo pensiero: come il cervello (dicono gli scienziati) è
suddiviso in aree, come una biblioteca, ciascuna preposta al pensiero e alla
denominazione di un ente/oggetto/cosa, tale è la dottrina platonica delle idee,
le quali sono tali aree, nella mente dell’uomo, di dio (s. agostino) e
nell’iperuranio in_organico, che è l’intelligenza artificiale umano_divina,
sintesi oggettuale in_organica puntiforme della realtà necessaria].
posta tale teoria, si dice che cristo è il “prototipo”
dell’essere umano [in tale concetto di prototipo sta l’intuizione
epistemico_fenomenologica, da esso scatenata]. ma perché un prototipo sia vero
modello, come l’uomo pensa e vive, così anche il prototipo deve pensare e
vivere: questa idea platonica, che è l’Uomo, vive e pensa come l’uomo. una
volta incarnatosi sulla terra, cristo sarà [come dice il magistero_ecclesiale]
prototipo il senso biografico:
1.] gesù mangia e beve: questo è il modello, che esalta
cristianamente il piacere;
2.] gesù digiuna: questo è il modello che esalta
cristianamente la virtù;
3.] gesù muore sulla croce: questo è il modello della
carità [sacrificio per gli altri, tramite cui cristo ha guadagnato a dio la
salvezza degli esseri umani].
DIMOSTRAZIONE_132:
DELLA RAPPRESENTAZIONE_SECONDA, NORMALE_SETTIMA, FENOMENOLOGICA_DODICESIMA
la presente dimostrazione, che pone anche la dim_134, si
collega alla dimostrazione dim_133, e dovrebbe consentire un’accesso immediato
[nel senso di veloce] alla certezza dell’esistenza di dio, trae spunto dalla
seguente esperienza: l’uomo, che cammina all’interno di una casa, attraversa
diverse stanze: egli cioè si muove all’interno di una rappresentazione. ma
secondo la condizione della standard_normalità della conoscenza, così come
posta dalla metafisica_epistemica, e di facile intuizione, la rappresentazione
dovrebbe essere non solo attiva_manipolabile [mi muovo all’interno di ciò che
vedo, e anche lo tocco e lo manipolo], bensì anche [e innanzitutto] passiva: la
realtà è data, e la percezione solo la riproduce, senza calarsi in essa [senza
potersi calare in essa] e senza modificarla [è chiaro infatti che (utilizzo di
metafora) “dio è un re che non può
segare le gambe del suo trono”]. per cui deve esistere nell’uomo anche la
rappresentazione passiva della realtà, e poiché essa [tale rappresentazione]
non appare, la configurazione dell’apparire all’uomo è evirata [non apparenza
di una dimensione della conoscenza, oltre che di (numerose) altre] e quindi
non_normale: deve, dunque, esistere una volontà, che limiti nell’uomo il suo
campo della rappresentazione, ed essa è la volontà di dio, sovrapposta alla
condizione dell’uomo e manipolante [limitante] la stessa.
DIMOSTRAZIONE_133:
DELLA RAPPRESENTAZIONE_TERZA, NORMALE_OTTAVA
secondo la condizione della standard_normalità
dell’esistenza, posto che devono esistere una rappresentazione sia attiva che
passiva, e devono esistere adesso e con continuità, esistendo l’uomo si dice
che tali rappresentazioni esistono, e quindi esiste dio, come il soggetto che
le possiede entrambe attualmente e con continuità, in modo normale.
DIMOSTRAZIONE_134:
DELLA RAPPRESENTAZIONE_QUARTA, FENOMENOLOGICA_TREDICESIMA
la presente dimostrazione [anch’essa avente funzione di
accesso immediato alla certezza dell’esistenza di dio] è sorta in seguito alla
seguente sensazione [fenomenologica]:
1.] sto camminando sul marciapiede;
2.] questo marciapiede è di asfalto grigio/nero: sembra di
materia in_organica;
3.] in realtà, io sto camminando sopra dio [si rileva
difficoltà: pantesimo/si rimanda alla nota della dim_135];
4.] infatti, all’apparire appartiene la percezione, ed
entrambi [apparire e percezione] sono la rappresentazione della realtà;
5.] ma questa [la realtà], in se stessa, come oggettiva, è
astratta [pura esistenza e sua strutturazione];
6.] ovvero, la rappresentazione è solo ed esclusivamente
per il soggetto, e quindi è organica;
7.] ma io non sono l’asfalto/marcipiede: quindi, esso è la
rappresentazione [passiva] di un altro soggetto che, essendo duro, pesante ed
esteso come la strada, la terra e l’universo intero, è senz’altro dio, inteso
come “rappresentazione” [schopenhauer], gigantesca, che si dirà [in successiva
teoria] essere non persona, ma natura [verbo e carne].
nota
caratteristica delle dimostrazioni dim_132 e dim_134 [la
dim_133 essendo una derivazione della dim_132] [e della dim_135] è che esse,
pur immediate, sono in quanto tali “strane”: infatti, un immediato accesso alla
dimostrazione dell’esistenza di dio dovrebbe essere data dai preamboli della
fede [per l’episteme la fede non presuppone l’esistenza di dio, ma la include:
la dimostrazione dell’esistenza di dio serve alla ragione, non alla fede/si
deve credere all’esistenza di dio per fede, non per ragione: la ragione serve
per convincersi secondo se stessa/la fede è sufficiente a se stessa, se e solo
se l’uomo è moralmente buono: la ragione è necessaria, nel senso di ausiliaria
alla fede, laddove il peccato offusca la capacità di percepire la verità, già
intriseca ed evidente nella fede: l’episteme è, dunque, essenziale per il regno
del peccato, non per la chiesa, che è il regno della virtù]. gli argomenti di
tali dimostrazioni [dim_132 e dim_134] sono strani, ma appaiono efficaci. essi
sono eminentemente fenomenologici, pur con la necessaria mediazione speculativa,
invece l’argomento di cui alla dim_4 è piuttosto speculativo, perché richiede
la visione della realtà mista [ordine e disordine], e presuppone la distinzione
e la fondazione speculative della differenza tra causa verticale e causa
orizzontale.
DIMOSTRAZIONE_135:
DELL’APPARIRE_TERZA
la presente dimostrazione è collegata alla dimostrazione
dim_126. l’apparire è organico [percezione e rappresentazione], e poiché esso
non è proprio solo dell’uomo [la cui rappresentazione attiva non è totalmente
manipolativa: posso spostare una sedia ed entrare in una stanza, ma non posso
spostare una galassia e avvicinarmi al sole/eppure, si rileva (e questa
considerazione dovrà essere ripresa, perché potenziale fonte di teoria), la
sedia e la galassia appaiono come enti equivalenti, dal punto di vista di una
potenziale manipolabilità della seconda], questo apparire è rappresentazione di
dio, cioè dio stesso.
nota
la presente dimostrazione e la dimostrazione dim_132 [e
seguenti] sembrano porre una forma di panteismo: dio è il mondo che appare,
perché ciò che appare è rappresentazione, questa è sempre soggettiva, e quindi
la materia è dio. ciò è vero, ma non comporta un panteismo. è per certi versi
difficoltoso ammettere, che si è posto davvero una forma di panteismo: il tavolo che tocco è dio, essendo la sua
rappresentazione del tavolo, ovvero apparire e quindi intra_psichismo organico.
ma si devono considerare due tesi, che potrebbero evitare questa difficoltà:
1.] per l’episteme, la rappresentazione è la soggettivizzazione
conoscitiva dell’oggetto: la prima è esperita dall’uomo, ma l’oggetto simane
in_organico, in se stesso esso non è il soggetto, e quindi dio è
panteisticamente identificato alla sua [di dio] rappresentazione, non
all’oggetto [non apparente/noumenico/astratto] rappresentato;
2.] si potrebbe dire, per evitare di identificare dio con
la “materia apparente” [per l’episteme la materia è struttura/livello/ipostasi
di esistenza_astratta, e ciò che appare non è la materia, ma la sua
rappresentazione fenomenica, di tipo soggettivo], che la materia appare come
prodotto in_organico del processo organico della rappresentazione organica: dio
è identificato a quest’ultima [processo], solo testimoniata dall’apparire come
“prodotto” [del processo], prodotto che sarebbe quindi apparire in_organico non
identico a dio [dio identico al processo di rappresentazione, non al prodotto
della rappresentazione, che è l’apparire, forma, oggettiva e in_organica, della
rappresentazione stessa] [si rileva difficoltà: ma allora dio non è guadagnato
immediatamente come apparire/si dice allora che dio è guadagnato come processo “testimoniato”
dall’apparire, fenomenologicamente, perché fenomenica è questa intuizione
epistemica fondamentale, per la quale il soggetto_espositore si vede interno
non al mondo creato, ma alla sua rappresentazione divina, in quanto altra da
quella del soggetto, perché manipolabile e non manipolabile insieme, e anche in
questa natura mista della realtà apparente è coontenuta forse una nuova
dimostrazione, ripresa della dim_4/se la rappresentazione fosse solo
manipolabile, sarebbe dell’uomo, essa lo è e quindi anche le galassie sono
manipolabili, ma di fatto non lo sono, e quindi, pur non essendo passiva questa
rappresentazione, essa, in quanto attiva, è attiva non solo per l’uomo, ma
nella misura in cui è attiva_maniplabile ma non per l’uomo, tale
rappresentazione è attiva per dio, e quindi è di dio];
3.] l’episteme in più punti si serve del panteismo e lo
introduce, ma non è una forma di pantesimo in senso classico. infatti, per
l’episteme l’Intero si dice in molti modi e si riproduce infinitamente. quando,
ad esempio, l’episteme vede nella transustanziazione_eucaristica il pantesimo
di cristo, intede limitare questo “pan” alla sola particola, e quindi tale concezione
non è forma di ubiquitarismo [in paradiso si avrà l’ubiquitarismo, e infatti
l’inferno è incendiato dall’edonismo cristico].
nota_2: considerazioni in riferimento
alle ultime dimostrazioni
per
la metafisica_epistemica, la materia creata è strutturata di esistenza
astratta: ciò che appare all’uomo non è la materia, ma è la rappresentazione
della materia, che, in quanto rappresentazione, è organica, intra_psichica,
soggettiva, di un soggetto, e poiché della rappresentazione dell’intero
universo si tratta, questo apparire è uno stato percettivo di dio, cioè dio
stesso [in una sua dimensione]. si precisa che:
1.]
non vale quanto dice schopenhauer nel titolo del suo libro “il mondo come
volontà e rappresentazione”: per l’episteme il mondo non è la sua
rappresentazione: ciò che mi appare non è il mondo [che in sé non può apparire,
essendo astratto, e viene “percepito”/conosciuto solo dal pensiero], ma la sua
rappresentazione;
2.]
si dirà più oltre [nelle teorie epistemiche] che questa rappresentazione, in
dio, è anch’essa un “mondo”, sintesi [panteistica] di oggetto e soggetto, ed
esso è il verbo;
3.]
nella misura in cui l’oggetto, per l’episteme, è distinto dal soggetto
[realismo perfetto], l’episteme accoglie il panteismo, come una dimensione di
dio [solo una dimensione della natura, verbo e carne], ma non si riduce ad esso
[dio è persona distinta dall’oggetto/mondo];
4.]
l’episteme si serve strumentalmente del pantesimo, allo scopo di includere
tutte le essenze e di non lasciare fuori di sé e di dio nessuna positività
concettuale;
5.]
l’uomo non vede l’apparire normalmente, ma lo vede perché la configurazione
conoscitiva in cui vive è “truccata” [per le condizioni strutturali in cui è
possibile il suo venire alla luce per atto generativo genitoriale], ed essendo
truccata, capita che l’uomo si trova immerso non nel mondo creato, ma nella
rappresentazione [divina, anti_divina, cosmo_adamitica, steleologica e infine
umana/utilizzo di scatole cinesi] divina del mondo creato: quindi io vedo
l’apparire come “elettricità intra_psichica della mente di dio”, e quindi dio
esiste, perché lo tocco [ci cammino sopra, sull’asfalto o sulla spiaggia, o ci
nuoto dentro, immerso nel mare o in piscina];
6.]
si è consapevoli delle difficoltà di questa teoria, la quale è stata formulata
non per introdurre “novità”, ma solo per dimostrare efficacemente l’esistenza
di dio, che esiste, perché lo vedo ovunque, essendo l’apparire del mondo sua
[del mondo] rappresentazione intra_psichica dentro la mente di dio;
7.] in questo
modo l'episteme evita il pan_psichismo [la realtà non si riduce ad
attività pscihica, che ne è solo la rappresentazione], ma nel contempo
lo epistemizza, incorporandolo nel sistema.
nota_3
l'immediatezza consiste nel
fatto che ciò che io vedo è l'attività intra_psichica divina [mondo
come rappresentazione divina del mondo creato: il mondo creato in sè
non appare, essendo astratto]. ciò dà luogo a panteismo e a
pan_psichismo, ma nella loro concezione epistemica:
1.] il "pan"
del pantesimo_epistemico non coinvolge tutto dio e tutta la realtà, ma
solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale applicazione [non
normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];
2.] il "pan" del pan_psichismo_epistemico non coinvolge tutto dio e
tutta la realtà, ma solo il luogo naturale [specifico] relativo a tale
applicazione [non normale per l'uomo adesso, esterno al paradiso];
lo
scopo non è quello di modificare la concezione cristiana della realtà
[funzionale, ad esempio, affinchè il sacerdote che celebra abbia tra le
mani pane e vino di materia e non "energia psichica"], ma:
1.]
posto che a tale energia psichica corrisponde sempre il sostrato
materiale [condizione del parallelismo eucaristico: la rappresentazione
intra_psichica del mondo fa comunque riferimento al mondo, di cui
l'apparire è appunto rappresentazione], ...
2.] ... lo scopo di
tale eventuale modificazione è solo quello di dimostrare l'esistenza
di dio [dimostrazione immediate perchè empirica]: dio esiste perchè
l'apparire è percezione, e la percezione è quella, non solo dell'uomo,
ma anche di dio, apparire a dio, nel quale l'uomo è immerso.
quindi,
dio ha creato il mondo, ma ciò che appare all'uomo non è il mondo
creato [di cui l'uomo ha sentore inconscio], ma è la sua [del mondo
creato] rappresentazione nella mente di dio, e ciò che appare all'uomo
ora è tale rappresentazione.
nota_4: possibile obiezione alla
dimostrazioni veloci e risposta
esse
sosterrebbero che l’oggetto del vedere dell’uomo è il vedere di dio. in realtà,
dio vede l’astratto [con gli “occhi del pensiero”/utilizzo di metafora
gnoseologica] e lo traduce nella rappresentazione, la quale appare ma non vede
se stessa, così allo stesso modo, con gli occhi del pensiero l’uomo vede
l’astratto [la materia] e lo traduce nella sua rappresentazione, ma non vede
quest’ultima, e quindi non vede neppure quella di dio.
possibile
risposta:
1.]
anche la rappresentazione è un oggetto [come lo è il soggetto], astratto, visto
e riprodotto;
2.]
le tre persone trinitarie hanno un campo percettivo tale, per cui ciascuna ha
la sua rappresentazione, e tutte hanno insieme anche il prodotto unitario delle
loro rappresentazioni;
3.]
quindi:
a.]
la condizione della
standard normalità vede l’uomo partecipare di questo prodotto, cioè
l'uomo vede la percezione degli altri soggetti trinitari [ma esso
presuppone la trinità, che va dimostrata esistente];
b.]
l’uomo vede anche la rappresentazione stessa [la struttura originaria della
scuola neo_scolastica: l’apparire come apparire a se stesso e immediatezza
fenomenologica]. Cioè, si è detto che la rappresentazione del mondo è un mondo
essa stessa [di qui la complessità dei rimandi infiniti del paradigma gnoseologico
oggetto/soggetto/rappresentazione], astratto, e quindi anch’esso percepito.
infatti, l’apparire è un apparire a se stesso, e le sensazioni percettive sono
sentite dall’uomo come oggetti essi stessi: non si distingue tra il sasso e il
suo apparire, a livello della rappresentazione come oggetto; li si distingue
kantianamente, e l’episteme ha aggiunto [dimostrado dio] che è schema
soggettivo anche il tatto, cioè la pesantezza, per cui la rappresentazione di
una galassia come ammasso di peso enorme testimonia l’esistenza di un soggetto [dio]
di dimensioni tali da permettere una tale rappresentazione [del peso della
galassia, dell’universo, degli infiniti universi];
c.]
infine, si dice che, secondo il concetto già introdotto della rappresentazione
spezzata della realtà apparente, la distinzione tra apparire attivo e passivo
dimostra che l’uomo vede l’apparire di dio e a dio: infatti, anche se la stanza
è mio apparire passivo e quindi strutturalmente immobile e non manipolabile
[passiva riproduzione dell’essere], posso muovermi dentro di essa e manipolarla
[anche abbattendola], e allora questo apparire è misto [attivo e passivo insieme],
e testimonia di costituire l’apparie del prodotto trinitario, in cui la trinità
qui è costruita tra l’uomo e dio insieme: per le dimostrazioni date, si
comprende che il fatto che io possa muovermi dentro la stanza, e che quindi non
abbia due apparire distinti, attivo e passivo, ma uno solo [dim_132 e dim_133]
quasi fuso, ed anzi soprattutto quello attivo ma non manipolabile del tutto,
essendo attivo ma non manipolabile [non c’è differenza tra la sedia e la
galassia, ma la prima posso muoverla, la seconda no], dimostra che questo
apparire è artificiosamente attivo per me, ed è attivo [lo è per l’uomo] anche
per un soggetto per il quale si realmente attivo, e solo dio può manipolare una
galassia [quest’ultima chiara intuizione (l’apparire all’uomo è
attivo_manipolabile, quindi lo è, ma non lo è per l’uomo, quindi lo è per un
altro soggetto, dio) chiarisce quanto intuito nelle dimostrazioni immediate, e
quindi non costituisce un ulteriore argomento].
DIMOSTRAZIONE_136:
DELLA RAPPRESENTAZIONE_QUINTA
la presenta dimostrazione:
1.] riprende argomenti precedenti;
2.] li chiarifica;
3.] li integra, incrementando la teoria.
la rappresentazione della realtà nella percezione
[apparire], secondo la metafisica_epistemica e la condizione della
standard_normalità dell’esistenza [per la quale non possono esistere
configurazioni della realtà “strane”, se non nel loro luogo naturale, e si dirà
che appunto la configurazione attuale dell’apparire (universo apparente all’uomo)
è caratterizzata da stranezza/non_normalità], può essere solo di tre tipi
[ipoteticamente]:
1.] totalmente passiva: perfetta e non manipolabile
riproduzione della realtà;
2.] totalmente attiva: perfetta e totalmente manipolabile
riproduzione della realtà [in questo caso la realtà è il caos plasmato: ad esempio, il
fatto che esca acqua dal rubinetto è segno che l’universo e la creazione sono
interfacciati alla caosfera creata] [è la realtà_virtuale: l’ambiente è
totalmente artificiale perché costruito al computer, così sarà ad un livello
del paradiso];
3.] mista [attiva e passiva insieme]: vedo gli atomi, li
riproduco e mi muovo tra di essi [entro un una stanza, rigida, e sposto una
sedia, non rigida, ma fatta di atomi, non di caos] [la rappresentazione mista è
l’universo apparente].
si rileva ora quanto segue:
come già è stato detto, dio esiste perché l’uomo vede,
nell’apparire, la rappresentazione divina del creato. infatti:
1.] le due rappresentazioni di cui ai punti 1.] e 2.] non
appaiono [dim_132] [condizioni conoscitive evirate all’uomo: mancanza di
complementarietà con la propria natura divina, ecc.], cioè l’uomo si trova in
una condizione conoscitiva non normale [attenzione: ciò non significa
presupporre troppe ipotesi metafisiche: poiché la conoscenza per l’episteme è
specchio della realtà, come può la mia mente essere perfetto specchio di una
penna che posso prendere in mano e spezzare ? (rappresentazione mista)/come
posso perfettamente riprodurre nella mia mente le galassie se alcune non le
vedo e le altre le vedo a intermittenza ? (dim_1): si presuppongono qui alcune
determinazioni di cui alla successiva dim_137];
2.] si potrebbe pensare che …
a.] l’apparire all’uomo sia secondo il punto 3.];
b.] l’apparire all’uomo è riproduzione di realtà vista
solo dall’uomo.
in realtà non è così, perché …
3.] dal punto di vista cosmologico [rivoluzione
copernicana] la rappresentazione mista dovrebbe essere [standard_normalmente]
centrata sull’uomo [essendo ogni rappresentazione del soggetto come per il soggetto, in quanto soggettiva e convergente al soggetto], quindi l’uomo è "gettato" sulla
sua rappresentazione mista [tale è l’universo apparente], e questa allora non è solo
sua, perché è non_normale per l’uomo [infatti l’esistenza pone normalmente il
soggetto al centro di se stessa e della propria rappresentazione da parte
dell’uomo]. ma poiché tale rappresentazione non è dell’uomo [se lo fosse
sarebbe centrata sull’uomo], ecco risolto il punto b.]: può essere la
rappresentazione dell’oggetto/creato, ma non solo da parte dell’uomo, ma anche
da parte di dio.
tutto ciò già rimanda alla successiva dim_137. ma ora si
conclude dicendo che dio esiste perché l’uomo vede la sua rappresentazione, è
immerso in dio [sono già stati risolti i problemi del panteismo e del pan_sichismo: si
tratta della rappresentazione divina del creato, non dell’identificazione di
dio con il creato].
DIMOSTRAZIONE_137:
STANDARD_NORMALE, NORMALE_NONA, RETRO_RAZIONALE_QUINTA
si sono poste numerose condizioni di normalità: si è detto
cioè quanto segue:
1.] l’episteme sa che dio esiste perché lo dimostra [cerca
di dimostrarlo];
2.] l’episteme pone il parallelismo tra determinazione di
dio da parte del principio e dimostrazione dell’esistenza di dio: la
dimostrazone ricalca la determinazione [spiegazione razionale del perché dio
esiste: dio come funzione esistenziale della necessità];
3.] ma l’episteme ha posto anche l’uomo in numerose
condizioni di normalità, quasi ponendo l’uomo al posto di dio [in realtà, si è
sempre fatto riferimento alla condizione standard dell’uomo, quella della
configurazione definitiva: l’uomo come anima_paradisica, già collocato in
paradiso];
4.] ciò rimanda alla dimostrazione della necessità
dell’esistenza del soggetto, di dio come dell’uomo [dim_117];
5.] certamente non può essere posto l’uomo al posto di
dio, perché tanto è difficile dimostrare dio quanto sarebbe difficile
dimostrare semplicemente il soggetto in quanto uomo al posto di dio;
6.] eppure si è fatto un continuo posizionamento dell’uomo
all’interno di condizioni vitali e conoscitive standard;
7.] cosa significa ciò ? che se l’episteme difficilmente
dimostra l’esistenza di dio, capisce però quale dovrebbe essere una condizione
normale di conoscenza: non è facile dimostrare la necessità del soggetto, ma è
facile capire che, se un soggetto esiste, esso deve avere una rappresentazione
e questa deve essere almento di tre tipi, secondo quanto detto alla dim_136.
ma, anche se è difficile dimostrare l’esistenza di un
soggetto, questo esiste, perché è l’uomo stesso: e allora seguono diverse e
numerose dimostrazioni già date:
1.] necessità [parmenidea] del soggetto …
2.] … e quindi necessità [come detto] delle sue
configurazioni conoscitive [come nella dim_1 e dim_136];
3.] ma l’uomo non le possiede;
4.] poiché dunque un soggetto è necessario [l’uomo, che
pensa la necessità], e quindi tali configurazioni sono normalmente necessarie,
ma non appartengono all’uomo, …
5.] deve esistere dio inteso come quel soggetto per il
quale tali configurazioni esistono attualmente [e non solo in paradiso, come
per l’uomo].
riformulazione
la presente dimostrazione dim_137 riprende e sintetizza
numerosi argomenti precedenti [in particolare la dim_1, la dim_6, la dim_8, la
dim_116 e le dimostrazione normali]: poiché l’uomo esiste, almeno un soggetto
esiste. poiché almeno un soggetto esiste, per la condizione della
standard_normalità dell’esistenza, postulata e dimostrata dalla
metafisica_epistemica [l’essere necessario può determinare la realtà solo di
essere necessario, e se la realtà apparente non appare sempre necessaria, è
perché essa è tangente alla caosfera], questo soggetto deve vivere e pensare in
modo necessario e perfetto. ma tale soggetto, allore, non è l’uomo, per cui
almeno due devono essere i soggetti [elemento scissionale della dimostrazione:
dall’esistenza dell’uomo si ricava l’esistenza di dio], di cui uno, per
soddisfare tali condizioni, è definibile come dio: soggetto perfetto [normale
secondo la necessità].
nota
poiché si è detto che almeno due sono i soggetti, che cosa
assicura [se si vuole dimostrare il dio della fede monoteistica] che l’altro
soggetto ricavato [dio], oltre all’uomo, è uno solo ? per la condizione della
standard_normalità dell’esistenza/essere necessari [e forse anche per il
principio dell’identità degli indiscernibili], se esiste un soggetto, che ha
proprietà perfette [normali], come centro dell’esistenza, come questa è unica e
lo ha posto, così esso/tale soggetto è
unico: quindi, esistono due soggetti, l’uomo e Dio, e dio è uno solo.
DIMOSTRAZIONE_138: GNOSEOLOGICA_SECONDA, DELL’IMMEDIATEZZA [E DELLA
MEDIAZIONE], V_15, ESISTENZIALISTICA_QUINTA, FIDEISTICA_SETTIMA
la presente dimostrazione è
importante, perché, pur riproducendo un argomento già molte volte dato, mette
in relazione il concetto di struttura originaria = sapere originario =
fondamento = immediatezza_logica [principio di non contraddizione] e
immediatezza_fenomenologica [principio di evidenza] [concetti della gnoseologia
neo_scolastica della scuola di Bontadini e Vigna], con la struttura
fondamentale del criticismo kantiano = il sistema dell’apparato categoriale
della mente umana/… perché la struttura originaria del sapere, di cui parla
vigna, conosce se stessa in quanto tale, e questa mediazione, data dal criticismo
kantiano, può facilitare e condurre il ragionamento dimostrativo, che media tra
essa e il cominciamento del sapere, che può essere inteso come il dato filtrato
dalle categorie kantiane [= la struttura originaria del sapere].
nel libro “Il frammento e
l’Intero”, al capitolo VI della Parte Prima, Vigna scrive [pag.135]: “…, rivolgersi a Dio non è stato da sempre il desiderio d’ogni uomo assediato
dalle forme ostili della vita, e il desiderio d’ogni uomo che sperimenta, anche
solo per un attimo, l’inquietudine del proprio cuore ?”. prosegue: “Ma un
interrogativo così fatto non presuppone forse che Dio esista ? … in effetti, io
presuppongo che dio esista. Credo, cioè,
nella sua esistenza … Tutti, infatti, muoviamo da certe convinzioni, quando
istruiamo una indagine, cioè tutti crediamo in qualcosa. E questo vale anche,
anzi vale ancor di più, quando indaghiamo intorno a Dio … se per cominciare
un’indagine si dovesse abbandonare qualsiasi convinzione prelimiare, nessuna
indagine sarebbe possibile”. questo presupposto dell’indagine e della
ricerca, da cui [dice Vigna] non prescinde la stessa scienza_moderna nel suo
metodo, è il “cominciamento” a cui si è accennato nella dim_126, il quale, dice
Vigna, il ragionamento dimostrativo deve ricondurre al fondamento, ovvero alla
struttura originaria del sapere [di cui si è detto sempre nella dim_126 e
all’inizio]. distinguendosi tra intuizione fenomenologica e intuizione
epistemica, finora sempre usate come sinonimo, si può considerare come
intuizione epistemica [base della presente dimostrazione, la quale quindi non
viene definita fenomenologica/si dovrebbe quindi restringere la classificazione
della dimostrazioni fenomenologiche, perché esse fanno in realtà riferimento
più all’intuizione epistemica del pensiero che a quella associata alla
percezione, finora identificate] il fatto che il presupposto all’esistenza di
dio, di cui sopra ha detto Vigna, il “credere” personale, è in realtà la
dimostrazione stessa dell’esistenza di dio [il presupposto al discorrere su dio,
che è l’esistenza di dio, è la dimostrazione stessa di dio, cioè questa è data
dallo stesso discorrere] [quindi la pura fede è prova di dio], per la ragione
più volta detta: se dio non esistesse, non avrebbe senso la domanda su dio, per
cui dio è il presupposto di se medesimo [dio]. poiché la domanda su dio ha
senso, dio esiste. il presupposto come cominciamento della ricerca è il credere
in dio e il bisogno di discorrere intorno a dio. ma già questo presupposto non
deve essere ricondotto dimostrativamente alla struttura originaria del sapere
[se non nel modo in cui si sta facendo] perché questa è l’esperienza immediata,
e quel presupposto, il credere, è esso stesso appartenente a tale struttura: la
metafisica epistemica è quella mediazione, che serve al criticismo
[epistemico: l’apparato categoriale, allargato alla teologia per il tramite del
linguaggio, inteso questo apparato come verbo_matrice], per spiegare come il
soggetto sia costituito di quell’apparato categoriale che incorpora, come una
sua categoria, la fede in generale, e la fede_cristiana in particolare, intesa come
la fede in senso stretto e per antonomasia: sistema di credenze molteplici,
unitarie e coerenti, massimizzanti il senso della vita e l’appagamento del desiderio,
in prospettiva presente [etica come equilibrio dei desideri e degli appagamenti]
e futura, come proiezione paradisiaca della massimizzazione del desiderio e del
suo soddisfacimento, che rompe l’equilibrio etico senza più limitarlo, e così
svolgente una funzione [psico_]terapeutica all’uomo terreno [limitato qui ma
non più limitato nell’al_di_là]. tale mediazione più volte è stata identificata
nella riproduzione dell’essere oggettivo in dio_soggetto, e di questo
nell’uomo, che così ha dentro di sé l’idea di dio e il bisogno di dio, che si proietta
nel presupposto vignano: la fede.
DIMOSTRAZIONE_139: DELLA MATRICE
la
presente dimostrazione è ancora legata al concetto di dio [cristo/uomo_dio]
come prototipo dell’uomo, secondo la dim_131, ma non può dirsi idealistica, per
la ragione che si dice più oltre. essa dimostra dio come uomo_dio, cioè
dimostra l’esistenza di cristo. fa leva sul seguente principio epistemico:
gli enti, che sono molteplici e sono
tra loro simili [identici e distinti], provengono da un’unica matrice.
questo
principio, che deve essere dimostrato perché la dimostrazione sia vera, è
comunque di facile intuizione/accettazione [viene incluso nella
metafisica_epistemica], e solo richiama, ma non si identifica, alla teoria
delle idee. infatti, anche molti prodotti industriali, come le sedie,
provengono da un’unica matrice [lo stampo], e sono identici tra loro, ma in
realtà non lo sono in senso ipostatico, perché essi sono come tanti identici “grumi
di sabbia” [una sedia non è una forma, è solo un’aggregato di atomi, che
richiama alla mente la forma della sedia, e solo la porzione della mente
preposta al pensiero della sedia si dice epistemicamente “idea” in senso
platonico].
prosegue
gli
uomini sono tali enti, e quindi esiste un uomo, che è la loro matrice
[prototipo], l’uomo_dio gesù cristo, dovendo questa matrice essere
[metaforicamente] uno “stampo”, vivo e pensante come i suoi “prodotti” [l’uomo
è forma in senso ipostatico].
nota_1
la
dimostrazione è di facile intuizione, ma ha il problema seguente: solo dopo la
risurrezione degli uomini [evento da dimostrare], cristo può essere la loro
matrice; adesso, invece, cristo può essere la loro matrice solo come uomo
mortale, mentre la risurrezione di cristo va dimostrata effettiva, oltre,
forse, l’accettabilità della testimonianza storica, per la sua credibilità
[scientifica]. ma un uomo mortale, anche se matrice, non può essere dio. in
realtà, si può andare oltre questa obiezione, perché una matrice deve stare in
un luogo, e deve avere un rapporto [di partecipazione] diretto con gli enti da
essa prodotti. dove sta questo luogo ? per il fatto che non appare, può essere
considerato soprannaturale. quindi, cristo_matrice, anche se mortale, sta
“nascosto”, quindi nei “cieli”, per cui la sua mortalità potrebbe essere intesa
come provvisoria, essendo un essere nei “cieli” senz’altro [intuitivamente] eterno
e immortale.
nota_2
questa
dimostrazione non dimostra che cristo, nella carne [di cui è fatto un uomo], è
di vaste proporzioni, che lo intende l’episteme, ma si limita a definire cristo
come lo intende la teologia tradizionale classica: cioè un uomo [morto e
risorto] delle stesse proporzioni degli uomini. ma ciò è sufficiente a
considerarlo uomo_dio, in quanto matrice celeste [nascosta/soprannaturale]
degli esseri umani.
DIMOSTRAZIONE_140: DELLA
RAPPRESENTAZIONE_SESTA
la presente dimostrazione è riassuntiva di precedenti
dimostrazioni [relative all’apparire e alla rappresentazione]. si dice che dio
esiste, perché è il luogo di una rappresentazione corretta della realtà e causa
della rappresentazione non_normale dell’uomo, per il quale essa è non centrata
sull’uomo [anche se parallela (se a rete, multicentrata sui soggetti della
scomposizione ubiqua, a_normalmente non apparente), perché oggettiva] e
evirata.
DIMOSTRAZIONE_141: PANTEISTICA
la presente dimostrazione è riassuntiva delle
dimostrazioni dim_6 [e ad essa associate] e ruiniana [e ad essa associate, come
la trinitaria], ed è associata alle dimostrazioni relative all’apparire e alla
rappresentazione. posta la corretta applicazione dello schema del panteismo
alla realtà umana, secondo la metafisica e la gnoseologia epistemiche/si dice
che il panteismo è nell’uomo insuffciente alla realtà, per la sua applicazione
ad essa, e quindi questa richiede l’esistenza di dio, nel quale il pantesimo viene
applicato ad uno specifico livello esistenziale, come soggetto panteisticamente
commisurato alle realtà stessa.
DIMOSTRAZIONE_142: PANPSICHISTICA
la presente dimostrazione è riassuntiva delle
dimostrazioni dim_6 [e ad essa associate] e ruiniana [e ad essa associate, come
la trinitaria], ed è associata alle dimostrazioni relative all’apparire e alla
rappresentazione. posta la corretta applicazione dello schema del panpsichismo
alla realtà umana, secondo la metafisica e la gnoseologia epistemiche/si dice
che il panpsichismo è nell’uomo insuffciente alla realtà, per la sua
applicazione ad essa, e quindi questa richiede l’esistenza di dio, nel quale il
panpsichismo viene applicato ad uno specifico livello esistenziale, come
soggetto panpsichisticamente commisurato alle realtà stessa.
DIMOSTRAZIONE_143: ARTISTICA,
BERTONIANA, S_3
la
bellezza dell’arte è intuisticamente e
fenomenologicamente prova dell’esistenza del soprannaturale, da
essa imitato come
trasfigurazione estetica della realtà apparente e quindi, in
modo collegato, imitazione
di dio, soggetto al quale l’arte avvicina l’uomo. severino
stesso ha dimostrato
che, se esiste dio, l’uomo non può creare: ma
poiché l’arte esiste, allora
[secondo la tesi di severino] dio esiste. secondo nietzsche, si dice
che l’arte
rende l’uomo artefice e creatore, pur non potendo essere
l’uomo, nella
dimensione terrena, creatore in senso ontologico. l’episteme non
è forma di
arte e di fantasia, ma dà una rappresentazione scientifica della
realtà soprannaturale
[per cui vale il giudizio di platone sull’arte: l’episteme
non imita
artisticamente il mondo_divino, ma lo riflette e lo riproduce in modo
scientifico/differenza tra la divina commedia e l’episteme].
purtuttavia,
l’arte [e la cultura, che è la forma mimetica e
destrutturata della verità] è
positiva, perché crea lo sfondo di tale riproduzione epistemica,
oltre che
imitare lo sfondo della creazione divina. anche nella forma della
scultura,
della letteratura, dell’architettura e della pittura,
l’uomo tramite l’arte
imita il creatore. infatti, l’uomo non è mai creatore
nella dimensione terrena:
dio, ad esempio [ed è questo rilevante] ha creato la nona
sinfonia di bruckner,
che dunque bruckner non poteva legittimamente dedicare a dio: egli lo
ha solo imitato.
mozart e beethoven sono imitatori di dio, come i direttori di orchestra
lo sono di essi. ma tramite l’arte l’uomo [paradossalmente]
imita il creatore
nell’atto stesso di generare [non creare] l’opera
d’arte [è problema se anche
in paradiso, dove l’uomo è ontologicamente creatore,
esista l’arte]: tramite
l’arte, cioè, in ogni caso, tramite questa assimilazione
dell’uomo_terreno a
dio, egli, anche se non creatore, in conseguenza del suo impegno
diviene
super_uomo, perché, pur creando solo dio, senza l’impegno
e la fantasia dell’uomo
[apertura alla creazione fantastica di dio] l’opera d’arte
di dio non potrebbe
apparire sulla terra: quindi, l’uomo è [forse
ontologicamente] co_creatore
insieme al Creatore.
la dimostrazione è anche detta bertoniana, in quanto la
riflessione sull’arte come dimostrazione dell’esistenza di dio è stata ispirata
dal seguente scritto del Card. Bertone: “…
il bello è l’ambiente
naturale dell’uomo redento, è, per così dire, il nostro destino. Giova qui
ricordare l’importanza dell’educazione alla bellezza nella visione cristiana
della vita. Il cristianesimo attesta che la suprema aspirazione del cuore umano
sarà la visio beatifica del Paradiso. Ecco che allora dinanzi ad ogni bellezza
ci sentiamo come portati sul limitare tra visibile e invisibile, tra materia e
spirito, e l’immagine può risvegliare i sensi nostri a tutta la loro
potenzialità spirituale, confermandoci nel presentimento di essere fatti per il
Paradiso. L’arte stessa esiste come memoria e segno di questo sentimento. Essa
colpisce l’uomo con una sorta di nostalgia e di desiderio di perfezione. L’uomo
percepisce che nelle forme belle c’è qualcosa di più della semplice opera dalla
mano dell’autore materiale. Come se la bellezza delle immagini evocasse in
qualche modo quella del mondo eterno. Per i varchi della preghiera e dell’arte,
l’uomo può affacciarsi alla liturgia celeste e questa può irradiare la sua
benefica luce all’interno di questo nostro spazio e di questo nostro tempo,
alimentando la speranza. Sia concesso … che, attraverso l’ammirazione di queste
opere d’arte, siamo condotti all’incontro con il Signore Gesù e possiamo
vederne tutta la sfolgorante bellezza” [Card. Bertone, “Apocalisse. L’ultima
rivelazione”].
DIMOSTRAZIONE_144:
DELLA VITA NASCENTE
la bellezza della vita umana nascente, dal concepimento al
parto e ai primi momenti della crescita del bambino, è intuisticamente e
fenomenologicamente prova dell’esistenza di dio, per la gioia soprannaturale
che essa trasmette. si dice [con espressione comune e spontanea] che la vita
nuova e la sua perfezione appaiono come un “miracolo”: il miracolo della vita.
DIMOSTRAZIONE_145:
DELLA NATURA
la bellezza della natura è intuisticamente e
fenomenologicamente prova dell’esistenza di dio [per l’uomo, cioè, che vede la
natura e la realtà in modo platonico (cavallinità), capacità che può essere
acquisita].
DIMOSTRAZIONE_146:
DELL’AMORE
nelle sue molteplici manifestazioni [amore come affetto,
amicizia, innamoramento, amore associato alla carità, alla sessualità e ad altre
manifestazioni], ma qui soprattutto inteso come innamoramento [fenomeno non
solo erotico e sessuale, ma soprattutto proprio dell’anima e dello spirito],
l’amore dell’uomo per la donna e della donna per l’uomo [amore come
innamoramento, il quale costituisce la via d'accesso alla conoscenza autentica della
felicità, di dio e del senso della vita] è suffciente prova dell’esistenza di
dio, inteso come ente, senza cui tale fenomeno non è adeguatamente
comprensibile e anche esistente. l’amore come innamoramento, senza la
considerazione di dio, appare umanamente inadeguato e limitato. il soggetto
divino non è solo causa di una amplificazione della mistica dell’innamoramento,
ma, trasferito [proiettato] l’amore per l’essere umano su dio, questo diviene
l’oggetto primo dell’innamoramento.
DIMOSTRAZIONE_147:
KANTIANA_SECONDA, R_10
la metafisica_epistemica fonda una gnoseologia
[epistemica] di tipo kantiano: posto l’oggetto, totalmente oggettivo, e posto
il soggetto, …
1.] … da un lato, l’oggetto viene piegato dalla necessità,
ed esso stesso si piega, sul soggetto, …
2.] … dall’altro il soggetto stesso piega l’oggetto.
l’universo apparente è quindi conoscibile [condizione
della conoscibilità dell’universo, associata da Ruini alla sua dimostrazione
dell’esistenza di dio, facendo riferimento a kant: la
dimostrazione è quindi ruiniana, ponendo essa dio (e cosmo_adamo) come
condizione per la conoscibilità dell’universo e della realtà], perché piegato
sull’uomo [soggettivizzato per l’uomo], ma l’uomo non ha una “massa_soggettiva”
capace di piegare l’universo_apparente [che è normalmente soggettivizzato per
cosmo_adamo e l’anti_dio], e quindi [oltre che per conoscibilità teorica dei
concetti, tra cui l’Intero] l’universo_apparente è piegato per e da un altro
soggetto_naturale, cosmo_adamo [e l’anti_dio]. ma se esiste cosmo_adamo, che
non appare inteso come soggetto gigantesco, partendo dall’uomo e risalendo
dimensionalmente passando per il macro_organo adamitico fino ad un soggetto
capace di piegare [soggettivizzare kantianamente] l’Intero perché questo sia
reso conoscibile anche all’uomo anche solo concettualmente [per il parallelismo
tra noumeno, da un lato, e pensiero, linguaggio e percezione dall’altro],
questo soggetto è dio.
osservazione sulle dimostrazioni dim_16 e dim_147
quando il card. ruini dice che il
verbo e il creatore sono condizione per la conoscibilità dell’universo
[dim_16], ciò può collegarsi all’applicazione epistematica del kantismo a dio,
di cui alla dimostrazione dim_147: come detto, il verbo è l’apparato
categoriale di dio, che filtra il noumeno e [hegelianamente] crea l’universo,
come fenomeno, per questo conoscibile tramite il verbo/logos.
DIMOSTRAZIONE_148: KANTIANA_TERZA,
R_11
la
presente dimostrazione, già contenuta nella dim_147 e nella sua schematizzazione grafica,
ripete l’argomento ruiniano [dim_16].
l’uomo
crede comunemente che i concetti di infinito e di Intero siano puri nomi, senza
termine reale necessariamente ad essi corrispondente. quando russell afferma di
credere nell’esistenza delle idee dei numeri, egli fa invece riferimento a tale
realtà. l’Intero è per la ricerca_epistemica un nome, che il pensiero, operante
l’identificazione tra soggetto e oggetto, può pensare solo perché il soggetto,
che è identità vivente identificantesi come pensante, è appunto identificato
con l’Intero. ma l’uomo non può esserlo, perché è essere finito e limitato, e
quindi deve esistere dio come mediatore tra l’uomo e l’Intero, condizione della
sua pensabilità e conoscibilità da parte del soggetto/pensiero_uomo. si tratta
del concetto astratto dell’Intero, del pure nome: la sua evocazione e
comprensione presuppone l’esistenza di dio, ovvero di un soggetto esteso come
l’Intero, con il quale tale soggetto possa identificarsi per poterlo essere e
così dire, e l’uomo, per partecipazione di dio, attinge, tramite
l’identificazione dio_Intero, il concetto di Intero.
tale
dimostrazione ripete evidentemente l’ultima parte della dim_16, ma può
essere distinta da essa, per due ragioni:
1.]
ruini pone dio come condizione per la conoscibilità dell’universo: ora invece,
in conseguenza della dim_147 e della sua schematizzazione, si distingue tra universo e Intero [metafisico];
2.]
la presente dimostrazione è introdotta dalla dim_147, perché pone questa conoscibilità
in termini kantiani [la dim_6 fa riferimento, come la presente dimostrazione e
la fine della dim_16, all’identificazione tra soggetto e oggetto, che la dim_6
pone a espansione del soggetto, come la dim_29 e ad essa associate, e la
dim_16 a condizione di conoscibilità dell’oggetto per l’uomo, essendo dio
mediatore tra l’uomo e l’universo], oltre che panteistici;
3.]
ciò viene guadagnato ora: …
…
il kantismo dice che la realtà è conosciuta dal soggetto perché si dà
in
termini di soggetto, ma l’episteme rileva che il soggetto è parte della
realtà,
ne è il nucleo, e ne costituisce la riproduzione sintetica e
puntiforme: cioè
l’oggetto [noumeno trascendente processantesi] si dà come soggetto non
solo perchè filtrato dal soggetto [per cui l’oggetto
sarebbe non conoscibile de_soggettivizzato/de_filtrato], ma perché esso
stesso oggetto ha la forma del soggetto dentro di sé [la realtà
necessaria come
matrice di dio e dell’uomo]. estendere il kantismo [soggettivizzazione
dell’oggetto] all’Intero [soggettivizzazione dell'Intero], oltre che
contemplare l’universo, significa porre
l’impianto della gnoseologia kantiana a fondamento della metafisica [e
così
allargare le categorie di kant alle categorie/concetti di hegel,
facendo salvo
il noumeno, che detta se stesso incosciamente alla mente del
soggetto/dio, che così lo conosce, pur essendo esso a priori della
mente].
per
la ricerca_epistemica non c’è esclusione tra evoluzionismo e innatismo: il
primo conduce al soggetto, lo forma, lo plasma, l’evoluzione si sintetizza
nella mente, e questa ha così il complesso apparato categoriale con cui filtra
a priori [innatismo] la realtà sempre e incessantemente auto_esistenzializzantesi [noumeno], che emerge ai confini
dello sviluppo primo e eterno [tradotta/filtrata come fenomeno], facendo sì che dio viva e esperisca concretamente.
DIMOSTRAZIONE_149: VITRUVIANA, VIRTUALE,
TECNOLOGICA_SECONDA [relativa alla tecnologia_virtuale per la quale l’uomo
apparente è esplosione vitruviana dell’androsfera suodale] [dimostrazione
tratta dalla serie delle interpretazioni epistemiche delle rappresentazioni
cinematografiche]
il fatto che l’uomo abbia
esperienza solo della realtà virtuale [universo apparente] è prova dell’esistenza
di dio: normalmente dovrebbe apparire anche la realtà_reale, in cui
l’androsfera umana è rigidamente incastonata nella girosfera [come già si è
detto in saggi epistemici del 1992, 1995 e 1996], “rigidamente” perché in
paradiso l’uomo non deve “muoversi” [lo farà per conservazione dell’identità
terrena, in cui l’uomo si muove], ma solo contemplare e godere, e ciò spiega la
clausura_monastica, il cui “stare fermi” in preghiera e contemplazione nelle
celle riproduce la condizione androsferica [di dio e delle anime_paradisiache]
rigidamente incastonata. La condizione umana terena dimostra quindi l’esistenza
di dio, perché la realtà reale all’uomo non appare, e quindi, poiché tutto
l’universo apparente è virtuale, la realtà reale è enorme, e poiché essa non
appare, esiste un Essere/volontà che ha “truccato” la dimensione apparente
dell’uomo, limitando nell’uomo le sue dimensioni conoscitive [dimostrazioni
delle rappresentazioni associate].
DIMOSTRAZIONE_150: STANDARD_NORMALE_SECONDA,
NORMALE_DECIMA, MASSIMA_NORMALE
per
quanto si è detto in tutte le dimostrazioni normali e nella dim_149, ogni
condizione umana terrena [che quindi non sarà ora più elencata], in quanto non
normale, è prova dell’esistenza di dio, ovvero:
1.]
dio è l’Essere che ha determinato la [provvisoria] condizione di non_normalità
dell’uomo, che evidenzia una sua strutturazione intelligente [disegno] [la condizione
normale dell’uomo è il paradiso, detta secondo la normalità
configurazione_definitiva];
2.]
dio è il soggetto/luogo attuale delle condizioni normali.
nota
la
presente dimostrazione incorpora ogni altra condizione non normale, per questo
qui prevista e inclusa.
DIMOSTRAZIONE_151: ERMENEUTICA
l’ermeneutica_epistemica,
ad esempio, delle rappresentazioni cinematografiche [film] [programma di
ricerca accademico] è prova [probabilistica] dell’esistenza di dio, perché
rintraccia il soprannaturale [ad esempio nelle fantasie fantascientifiche].
essa va oltre una dimostrazione meramente culturale [dim_33], perché, in tale
ricerca, tramite i film [in cui appaiono le immagini] l’ermeneutica epistemica trova
una rappresentazione [anche grafica] del soprannaturale, e quindi lo vede, accendendo
l’intuizione inconscia cognitiva epistemica, e se lo vede in forma fantasiosa,
esso è tuttavia posto [riconosciuto come tale dall’inconscio cognitivo umano] in
modo tendenzialmente invariante, e quindi vero e reale [dim_2].
nota
tale
dimostrazione non è specificamente probabilistica, perché tutte le
dimostrazioni generalmente lo sono.
DIMOSTRAZIONE_152: NON_NORMALE
posto
che la mappa dell’essere […] descrive l’esistenza normale, cioè necessaria, in
quanto la realtà apparente all’uomo, oggi è, rispetto a tale mappa, di
definizione non normale, perché in essa appaino configurazioni sì razionali
[costanti] ma contingenti [due galassie che collidono, gli atomi che decadono,
la sofferenza umana, un cantiere di lavoro aperto, ecc.], tale realtà non
dovrebbe esistere, e quindi è stata creata da dio. è vero quindi che dio è
conoscibile mediante le sue opere, soprattutto perché queste, senza dio, non
dovrebbero e non potrebbero esistere.
se
adamo non fosse caduto, il creato [con l’anti_dio] sarebbe stato identico
all’in_creato [formalmente normale il primo come il secondo] e quindi adamo
crederebbe non in dio, ma nell’anti_dio, entrambi sovrap_posti totemicamente a
dio: grazie alla caduta edenica e alla frammantazione [post_modernità]
dell’essere apparente, l’uomo può conoscere e vedere e quindi intuire che la
sostanza esistenziale dell’apparire frammentato è di tipo non_normale [non
necessario], per cui è stato creato [si ipotizza qui che adamo fosse
originariamente unito nell’anti_dio, come in dio lo sarà nella configurazione
definitiva: la caduta serve per scinderlo da tale unione originaria: la
struttura_originaria di severino, originariamente totemica].
la
presente dimostrazione è simile alla dim_4: l’apparire è frammentato, e allora
potrebbe essere originato dal caos, ma in esso appaiono le costanti, come il
pensiero umano, e quindi [apparire misto di ordine e caos] non può essere
derivato dal caos [né dalla necessità, che origina solo configurazioni ordinate]:
rimane solo l’ipotesi di dio. questa dimostrazone va distinta però dalla dim_4,
perché suggerisce all’uomo di osservare la realtà che lo circonda per
accorgersi di cosa sia l’episteme come scienza della necessità, necessità che
unicamente esiste per se stessa: tutto ciò che circonda l’uomo [gli autobus, i
televisori spenti, le passeggiate, le strade, i palazzi, le città, la gente che
cammina, soffre e ride: tutto questo è non_normale, e quindi tutto ciò che
circonda l’uomo dimostra di essere stato creato da dio] [solo la mappa
dell’essere è normale, solo dio è normale: anche l’uomo è normale, solo
normalmente come essere creaturale].
DIMOSTRAZIONE_153: DEL LINGUAGGIO
in
base alle determinazioni speculative del paragrafo m246.html, si dice che,
poiché l’essere si duplica nel linguaggio_realtà [secondo la
metafisica_epistemica], e la parola_dio è dal pensiero riconosciuta come
parola_realtà [secondo la gnoseologia_epistemica], per la corrispondenza
biunivoca tra realtà [essere] e conoscenza [qui intesa come linguaggio]
[metafisica_epistemica e gnoseologia_epistemica], l’esistenza della parola_dio, essendo essa esistenza
della parola_dio_realtà, dimostra l’esistenza di dio_essere_realtà [fondazione
della teologia come scienza].
DIMOSTRAZIONE_154: DEL COMINCIAMENTO
la presente dimostrazione è presa dal paragrafo m294.html_[...]. essa riprende numerosi argomenti già dati, e li riformula in modo più completo.
a.] il pensiero si chiede qual è il principio [della realtà];
b.] il
principio è il puro_esistere;
c.] il principio è l’origine dell’esistenza e
dell’Intero [la realtà];
d.] colui che si interroga sul fondamento [talete]
è un uomo, cioè un soggetto;
e.] il principio determina la realtà,
ma [attenzione] la realtà necessaria;
f.] il
principio determina, nell’uomo, il soggetto [parte della realtà];
g.] ma il
principio determina la realtà come necessaria e perfetta;
h.] l’uomo è
invece imperfetto;
i.] quindi al posto dell’uomo, che si interroga sul
principio, deve essere posto un soggetto, come l’uomo, ma necessario e perfetto:
cioè dio;
l.] per cui la posizione dell’uomo rispetto al principio si
sposta:
a.] il principio è il principio di dio e della
realtà eterna e necessaria;
b.] il principio dell’uomo è dio, infatti …
m.] [paradossalmente: vengono in mente le dimostrazioni già
date …] … solo dio è quella causa che può aver determinato l’esistenza della
realtà imperfetta, come l’uomo, perché …
n.] il principio pone solo una
realtà_perfetta;
o.] ne consegue che
a.] il
principio è per dio,
b.] dio è per
l’uomo [che, interrogandosi (come talete) sul principio, si è
interrogato sul principio per dio];
c.] infatti,
quel soggetto che si è interrogato sul principio [l’uomo] non può
essere investito dal principio, il quale si sposta su di un altro soggetto,
quello perfetto: dio.
questo
argomento consente di porre l’uomo [l’episteme] al posto di dio, perché dio è
immediatamente dimostrato esistente:
1.] l’uomo [talete] si
interroga sul principio della realtà;
2.] e il principio risponde
non su talete, ma su dio;
3.] e così talete scopre
che il principio,
a.] per dio è il puro esistere,
b.]
per l’uomo è dio [creatore].
DIMOSTRAZIONE_155: DEL DESIDERIO, V_16,
SETTIMA_PARADOSSALE, LUDICA_QUINTA
la
presente dimostrazione è tratta dallo scritto di vigna “la
verità del desiderio come fondazione della norma morale”,
contenuto nel libro “verità del desiderio. materiali per il corso di
filosofia morale” [venezia, 1992], ed è stata formulata in sede di
fondazione epistemica dell’etica.
scrive
vigna: “… un desiderio che non è ancora
appagato esiste, e può indefinitivamente esistere; ma un desiderio che non può
essere appagato non può esistere. sarebbe, infatti, un’assurdità, perché
sarebbe desiderio di nulla, cioè nulla di desiderio” [pag.155]. egli
inoltre scrive: “… la struttura del
desiderio implica necessariamente la possibilità
del suo appagamento [pag.160] … [nella nota_27: …] … la necessità
dell’implicazione riguarda la possibilità
dell’appagamento, non la realtà dell’appagamento
… il senso della necessità dell’implicazione tra esserci del desiderio e
possibilità dell’appagamento suo risulta dall’impossibilità che il desiderio
sia concepito privo di appagamento in linea di principio. sarebbe infatti in
tal caso desiderio di nulla, strutturalmente parlando; e ciò nulla di
desiderio. il che è contraddetto dal semplice fatto dell’esserci del desidero”
[pag.161]. continua vigna [quasi formulando un argomento simile a quello ontologico]:
“… il desiderio umano è desiderio di dio
… la verità del desiderio umano implica pure che si dica di dio almeno questo,
che dio contiene in sé [non sappiamo come] la possibilità, da parte sua, di appagare
il nostro desiderio” [pag.163].
ma, per appagare di fatto il desiderio dell’uomo, dio deve esistere.
dimostrazione
1.]
l’uomo desidera il soggetto;
2.]
l’uomo desidera il tutto;
3.]
quindi l’uomo desidera dio [soggetto_tutto];
4.]
dio deve
esistere, per appagare il desiderio umano;
5.]
e il desiderio di dio deve essere appagato, …
5.]
… infatti, un desidero che non può essere appagato non può esistere, perché …
6.]
… sarebbe desiderio di nulla, ovverro nulla di desiderio;
7.]
ma il desiderio di dio esiste, quindi esso deve essere appagato, quindi dio
esiste.
nota
una
implicazione di tale dimostrazione è che, oltre a dio, deve esistere anche il
paradiso, inteso qui retoricamente come il luogo dell’appagamento di ogni altro
desiderio umano “esterno” a dio.
DIMOSTRAZIONE_156: DEL SENSO_SECONDA ["dio è il senso"]
1.]
o il senso esiste o il senso non esiste [come dentro il caos];
2.]
se il senso esiste, dio esiste, perché:
a.]
dio è il senso;
b.]
dio è la massimizzazione del senso;
c.]
il senso [necessariamente necessario] esiste [necessariamente] per il soggetto
[necessario], e dio è soggetto;
d.]
questo senso non è solo per l’uomo_soggetto, perché l’uomo_soggetto non
esaurisce il senso della necessità [non essendo l’uomo solo necessario];
e.]
dio è il senso della creazione.
3.]
ma il senso esiste, perché l’esistenza, intesa come essere_Intero, è razionale,
provenendo essa necessariamente dal principio [occorre però dimostrare che ciò
che è razionale ha senso ed un senso per un soggetto/da qui la
critica_problema, sotto riportati, e la sua soluzione];
4.]
solo dentro il caos, da cui proviene il creato, le relazioni ontiche sono senza
senso/senza ordine. per questo si è detto che dio è il senso della creazione
[punto e.] di 2.]] che, in se stessa, senza dio, sarebbe senza senso [è lecito,
in una dimostrazione, parlare di creazione, intesa come essere_contingente e,
quindi, non direttamente causato dal principio/una “creazione” ancora (prima
della conclusione della dimostrazione) “senza creatore”];
5.]
poichè dunque il senso esiste, essendo dio il senso [esistendo il senso per
dio_soggetto, come, in secondo ordine, per l’uomo_soggetto], dio esiste;
6.]
poiché l’essere ha senso, dio esiste perché dio è quel soggetto cui va riferito
[necessariamente] il senso [solo necessario] dell’essere. ciò è detto anche in
quanto l’essere_necessario è pieno, e dio corrisponde alla pienezza di senso
dell’essere [senso dell’essere, senso per dio];
7.]
quindi:
a.]
l’essere come oggetto, in quanto razionale, ha un senso;
b.]
ma un senso esiste solo per un soggetto;
c.]
l’essere è necessario, quindi il senso è necessario;
d.]
quindi il soggetto, per cui esiste il senso, è il soggetto_necessario, cioè
dio.
interruzione/nota_critica al punto
3.] e ai punti a.] e b.] di 7.] …
questa
dimostrazione è limitata: presuppone che non possa esistere un
essere_necessario_razionale senza un senso, ovvero senza un soggetto. ma è
concepibile, ad esempio, un cosmo senza vita ? il cosmo apparente [universo
presupposto creato] è concepibile senza la vita_umana, che è piccola e
contingente per esso, ma non il cosmo eterno in sé, che è spazio_tempo per un
organismo vivente altrettanto gigantesco [dio]. ma il cosmo_eterno viene dopo il
soggetto_divino. la questione è se possa esistere solo il principio, cioè
l’esistere/esistere_necessario senza un soggetto. ha senso l’essere_necessario senza
dio ? l’essere, senza dio, deve avere un senso ? occorre risolvere questo
problema, altrimenti la dimostrazione non è valida, per il limite del punto 3.]
[punto 3.] ripetuto nei punti a.] e b.] di 7.]], che identifica razionalità e
senso, e poi dice che, poiché il senso esiste [perché esiste l’ordine_razionale
dell’essere_necessario], deve esistere un soggetto al quale attribuire il senso
[soggettivo] dell’essere. la dimostrazione quindi prosegue [ripetendo argomenti
già dati, ma qui visti in modo diverso …] …
… riprende/prosegue/completa
8.]
nel cosmo apparente esiste la vita_umana;
9.]
potrebbe esistere il cosmo senza la vita_umana [com’era];
10.]
ma questa vita, in quanto pensa la necessità, è anche vita_necessaria;
11.]
allora il cosmo ha senso per la vita_necessaria, nel senso che la
correlazione
uomo/natura si trasla nella correlazione dio/cosmo_eterno e
dio/principio:
poiché l’uomo pensa la necessità [soggetto che si identifica alla
necessità], la necessità è per dio [cioè per il soggetto che la pensa,
ed è soggetto necessario, come la necessità];
12.]
conseguentemente, …
a.]
se non si può ricavare l’esistenza di dio a priori, partendo dal principio [non
lo si può in questa dimostrazione], …
b.]
… si può ricavare l’esistenza di dio a posteriori, partendo dall’uomo: poiché l’uomo
pensa la necessità, è essere_necessario, e quindi il cosmo_ordinato [natura] ha
senso per l’uomo;
c.]
allora il cosmo_eterno e il principio, che lo pone, sono in se stessi correlati
al pensiero che li pensa, e quindi l’essere ha senso per il soggetto, e questo,
come l’essere è necessario, è il soggetto necessario cioè dio.
DIMOSTRAZIONE_157: NORMALE_FONDAMENTALE,
HEGELIANA, NORMALE_UNDICESIMA
sono
state date finora due dimostrazioni particolarmente brevi ed efficaci:
1.]
dimostrazione_efficace_1 [dim_154]: l’uomo pensa la necessità, quindi il pensiero è
necessario. il principio determina la realtà necessaria, a cui appartiene il
pensiero, detto necessario, e questo, essendo necessario, è dio;
2.]
dimostrazione_efficace_2 [dim_153]: per la corrispondenza biunivoca tra realtà e
linguaggio [per la quale la realtà si riproduce nel linguaggio (secondo la protologia_epistemica),
e così il linguaggio riflette/rispecchia la realtà (secondo la
gnoseologia_epistemica)], poiché il nome/parola_dio cade nel linguaggio [cioè
vi appartiene], dio cade nella realtà, cioè esiste.
si
è tuttavia constatato che manca ancora una dimostrazione realmente efficace,
che tagli alla radice il dubbio di fede, che ancora riesce ad annullare dio
nella mente. si cercherà di darla qui. la protologia, infatti, che sa
dimostrare l’esistenza dell’oggetto_necessario [l’essere_è ed esiste il suo
sviluppo], non riesce ancora a dimostrare l’esistenza necessaria del soggetto_necessario
[dio], che cadi necessariamente all’interno dello sviluppo necessario dell’essere.
distinguendosi
tra concetti_realtà e concetti_fantasia [e già tale distinzione sarebbe
sufficiente per dimostrare l’esistenza di dio, a partire dall’esistenza del suo
concetto], si dice che il soggetto e il pensiero sono concetti_realtà [di cui
ci si serve anche nella fantasia]. essi sono concetti anche scientifici [ogni
concetto_realtà è un concetto_scientifico].
questo
concetto_realtà [soggetto e pensiero] esiste, perché appare nell’uomo, che è
soggetto e pensiero.
ora
si introduce un principio fondamentale, non lo si dimostra [non si sa se si è
in grado di dimostrarlo, la protologia lo assume vero], ma l’intuizione riesce
a intuirlo come plausibile, cioè vero/su questo principio fa leva la presente
dimostrazione: tutto ciò che è realtà [apparente all’uomo], in quanto realtà [e non
fantasia] deve esistere anche secondo la sua condizione normale, cioè
necessaria in senso proprio. questo principio riprende l’aforisma
di hegel [ciò che è razionale (il concetto_realtà) è reale]: non è possibile
che esista una realtà, apparente, senza che la necessità, cioè
quell’oggetto_necessario ed eterno, la cui esistenza la protologia sa
dimostrare, abbia la possibilità strutturale ed esistenziale [razionale] di
accoglierlo: ma, poiché l’accoglie, questa realtà, apparente, deve essere già
essa stessa anche necessaria, ed allora la realtà_necessaria la possiede
[possiede il concetto_realtà della realtà apparente] secondo la sua forma e
sostanza normale, cioè necessaria in senso proprio/spiegazione:
l’uomo esiste, e non potrebbe esistere se la realtà_necessaria non possedesse già
essa stessa le strutture necessarie
dell’uomo, e queste sono date dall’Uomo [cioè da dio_cristo], intese queste
strutture necessarie dell’uomo come “umane” in senso proprio [qui l’uomo_cristo
precede il creato].
poiché
il soggetto e il pensiero esistono [nell’uomo], devono esistere anche nel loro
modo normale, cioè necessario in senso proprio [l’uomo è necessario, nella
forma, ma non lo è in senso proprio, perché l’uomo è anche formalmente essere
contingente]. quindi …
3.]
dimostrazione_efficace_3 [presente dimostrazione]: poiché tutto ciò che è
realtà, deve esistere secondo la sua condizione normale, cioè necessaria [in
senso proprio], e poiché l’esistenza, derivata dal principio [questo lo si può
dimostrare], è immensa [questo lo si può dimostrare/il difficile era dimostrare,
come detto, la derivazione di un soggetto dal principio, soggetto normale che
per definizione è dio], la condizione di normalità pone il soggetto e il
pensiero [ora dimostrati necessariamente esistenti, per due ragioni: a.] … nell’uomo,
in quanto l’uomo intuisce il principio, e così si identifica alla necessità; b.]
… in quanto concetti_realtà, che, si è detto, devono essere già inclusi in
quella necessità, che li accoglie esistenti: la necessità come possibilità di
esistenza del creato] … li pone dunque altrettanto immensi, quindi dio esiste,
essendo soggetto e pensiero immenso.
DIMOSTRAZIONE_158:
NORMALE_FONDAMENTALE_PRIMARIA, DEL RIFERIMENTO, ESPERIENZIALE, OTTAVA_PARADOSSALE,
MASSIMA_PARADOSSALE, PROBLEMATICA, SCISSIONALE_TERZA
questa
dimostrazione, che è una delle più importanti, ripete argomenti già dati, ma li
riformula con maggiore efficacia:
1.]
sia dato un campo_esistenziale_primario [realtà_necessaria: l’essere_è (=
principio) e il suo sviluppo/oggetto_necessario];
2.]
se, e solo se, esiste un soggetto o un pensiero, che rientra [che può essere
riferito] necessariamente all’interno di questo campo, dio esiste
[soggetto_necessario];
3.]
ma un pensiero rientra all’interno di questo campo: è quello che lo sta
pensando adesso, e che quindi vi è [parzialmente] anche
identificato [è il pensiero (umano e, si dirà, anche divino) che qui ha scritto
il punto 1.] e che, ri_leggendolo, lo intuisce];
4.]
quindi dio esiste [perché il pensiero può intuire questo campo, solo se in esso
è innestato un pensiero che lo pensa: dio];
5.]
il
pensiero [nell’uomo] può pensare la realtà_necessaria solo se esiste un
pensiero [dio], che sia innestato [ipostaticamente] nella realtà_necessaria.
questa
dimostrazione usa il pensiero dell’uomo, che pensa la necessità, poi separa [in
modo scissionale] dal pensiero dell’uomo [che, per il fatto di pensare la
necessità, è pensiero necessario], il pensiero di dio, solamente e interamente
necessario. la dimostrazione è paradossale:
1.]
quel pensiero, che riesce a concepire il campo_esistenziale [realtà_necessaria]
prima del creato e indipendentemente dal creato [facendo “epochè” del creato],
è il pensiero stesso dell’uomo, che riesce a mettere tra parentesi, con il
creato, anche se stesso, ma allora: …
2.]
questa dimostrazione si serve o non si serve del pensiero dell’uomo ? come può
l’uomo pensare se stesso inesistente ?
3.]
si dice che [e in ciò sta l’elemento scissionale della dimostrazione] l’uomo
può pensare la realtà_necessaria come indipendente dal creato, perché per il
suo pensiero usa il pensiero di dio, come mediatore tra l’uomo e la necessità
[e questa sarebbe anche un’altra dimostrazione, ma non lo è perché l’uomo può
pensarsi inesistente (triangolando su dio) solo (funzionalmente) all’interno di
questa dimostrazione].
la
dimostrazione è quindi problematica, perché:
1.]
è sia a posteriori [cioè presuppone il creato], usando il pensiero dell’uomo
[creatura];
2.]
sia a priori [cioè è indipendente dal creato e dall’uomo], perché è in realtà
il pensiero di dio che si attiva nel pensiero dell’uomo, consentendogli di
pensare la realtà_necessaria, anche precedente il creato o indipendente dal
creato.
la
dimostrazione è esperienziale, perché individua l’esistenza del pensiero [e
quindi di un soggetto] dentro il campo_esistenziale della realtà_necessaria
tramite l’esperienza del pensiero dell’uomo, che intuisce di rientrare [come
pensiero di dio] dentro questo campo, da esso pensato, e lo intuisce per
esperienza di pensiero e non per dimostrazione ipostatizzante, ovvero di tipo
dialettico e logico_matematico [la dimostrazione ipostatizzante è l’unico modo
in cui la protologia può costituirsi come metafisica_scientifica in senso puro:
lo si è fatto solo quando si sono definiti lo sviluppo e il soggetto come
identità, correlandoli, come ad esempio nella dim_3].
nota a completamento della dimostrazione dim_158
con la presente dimostrazione è stata forse formulata un’autentica dimostrazione epistemica
dell’esistenza di dio: l’uomo può pensare la realtà_necessaria [cioè intuire il
principio parmenideo: l’essere_è_e_non_può_non_essere], solo perché esiste in
essa un pensiero_necessario [dio], che la pensa, e che è mediatore tra l’uomo e
la realtà_necessità.
così è risolto anche uno degli
aspetti problematici implicati da come, precedentemente a questa dimostrazione,
la ricerca_epistemica giungeva a dimostrare l’esistenza di dio tramite l’uomo:
l’uomo, si dice, intuisce la necessità e quindi è essere_necessario, per cui
esiste il pensiero necessario, e poi si deve cercare di dire che esiste anche
il pensiero totalmente necessario [dio]. il problema era implicato dal fatto
che l’uomo, definito essere_necessario, è però creato liberamente da dio [la
creazione è libera]. in base alla dimostrazione dim_158 non è più essenziale
dire che l’uomo è necessario, perché necessario è il pensiero di dio, pensiero
che è dio, di cui l’uomo si serve per pensare la necessità.
rimane però confermato che, in
qualche modo, anche l’uomo è essere_necessario, perché, pur servendosi di dio
per pensare la necessità, l’uomo purtuttavia pensa la necessità, e non potrebbe
pensarla se [fatta salva la libertà della creazione] l’uomo non fosse anche, in
qualche modo, essere_necessario. lo è perchè ad esempio si dice che l’uomo è
un’eterna idea della mente di dio, e quindi necessaria [che poi dio trae
liberamente dall’essere nella creazione].
dio è quindi per l’uomo condizione
di conoscibilità/intuibilità della realtà_necessità. viene in mente la
dimostrazione ruiniana [dim_16], per la quale il logos_creatore è per l’uomo condizione
della conoscibilità dell’universo, con la differenza che nella dim_158 dio è
mediatore tra l’uomo e la realtà_necessaria.
DIMOSTRAZIONE_159:
DELL’EVOLUZIONE
questa dimostrazione è incentrata sull’evidenziazione del
concetto di evoluzione come auto_concetto. come auto_concetto l’evoluzione è
perfetta. per questo il magistero_ecclesiale e il creazionismo non possono
riuscire a criticare tale paradigma, essendo esso vero per se stesso. è vero
per se stesso, ma non in quanto applicato a qualunque ambito di realtà: esso è
immediatamente e perfettamente vero se applicato alla realtà divina,
altrettanto perfetta, mentre l’auto_concetto di evoluzione è solo mediatamente
vero e, in particolare, vero come mediato dal creazionismo, se applicato alla
realtà_creata. ma qui si presuppone appunto il dio_creatore che si deve
dimostrare. lo si dimostra in questo modo:
1.] il concetto di evoluzione va dal semplice al complesso con
la mediazione dell’evoluzione come processo;
2.] il concetto di evoluzione è un auto_concetto tale per
cui l’evoluzione è concetto perfetto;
3.]quindi, il semplice, il processo mediatore e il
complesso, come ambiti di applicazione dell’evoluzione, sono realtà altrettanto
perfette;
4.] l’evoluzione è applicata sia all’in_organico [cosmo] che
all’organico [vita];
5.]il semplice_perfetto è il principio, e il
complesso_perfetto è …
a.] come in_organico_perfetto il cosmo_perfetto;
b.] come organico_perfetto la vita_perfetta;
6.] la vita perfetta è eterna, infinita e necessaria;
7.] quindi essa è dio, cioè l’auto_concetto di evoluzione
suggerisce e così dimostra all’intuizione_epistemica che l’evoluzione è
processo perfetto e, come tale, va applicato a realtà perfette: dal principio a
dio tramite la mediazione dell’evoluzione.
nota
si precisa la distinzione tra il concetto epistemico di
evoluzione e il concetto di evoluzione, applicato a dio, proprio di teilhard de
chardin:
1.] il primo include il secondo;
2.] l’evoluzione nell’episteme riguarda dio non come
evoluzione nel tempo, ma come evoluzione precedente dio e determinante dio al
di fuori del tempo, perché non esiste un tempo in cui dio non sia completo;
3.] la determinazione evolutiva di dio riguarda dio
dall’eterno, e non il creato: essa prescinde dal creato, mentre invece in
teihard de chardin cristo evolve con il creato;
4.] ciò è vero anche nell’episteme, e riguarda appunto il
rapporto tra dio e il creato, una volta posto il creato, date le condizioni
epistemiche:
a.] attualmente l’evoluzione è ferma per l’uomo e investe
cristo nella dimensione non apparente;
b.] solo nell’apocatastasi l’evoluzione coinvolge in modo
apparente cristo e il creato/uomo apparente, solo per le anime salvate;
c.] attualmente l’uomo può/deve eticamente legarsi
all’evoluzione non apparente di cristo [per essere salvo] solo comportandosi in
modo eticamente “santo” [nell’ambito dell’episteme il concetto di santità è una
tipizzazione del comportamento, che rimanda alla codificazione fatta del
concetto di santità da parte del magistero_ecclesiale].
DIMOSTRAZIONE_160:
STANDARD_NORMALE_FONDAMENTALE
questa dimostrazione presenta un argomento già dato, ma lo
riformula con maggiore efficacia.
prima parte della
dimostrazione
l’episteme delinea una realtà_necessaria, al cui centro sta
dio, di tipo inerziale: in essa , determinata dal principio, non è
inerzialmente ammessa l’esistenza di realtà che non siano geometricamente
“distese” secondo una logica formalmente e sostanzialmente, razionalmente
chiusa e perfetta [retoricamente si può parlare di realtà “tirante” e “tesa”:
tutto è disteso come una corda tesa, e non è ammessa l’esistenza di realtà
“strane”, se non all’interno del caos].
Camminando per la strada, si incontrano invece molte realtà
“strane”, cioè non “tese”/non “tirate”:
gruppo_A.]1.] le opere degli uomini [che per quanto siano perfette,
perchè funzionalmente ordinate, esse sono sempre non necessarie: pongo una casa
in un luogo, e avrei potuto porla alcuni metri più oltre];
2.] i grumi di polvere;
3.] le foglie distese per terra;
4.] i miliardi di sassi della strada asfaltata;
5.] l’erba, le foglie, gli alberi, il vento e le nuvole;
6.] la disposizione casuale degli atomi, delle montagne,
delle stelle e delle galassie;
7.] ecc.
cioè:
B.]1.] nell’episteme esiste solo strettamente ciò che il
principio ammette all’esistenza, perché funzionale al suo dispiegamento
[razionale, essenziale, chiuso];
2.] ciò che si è detto nel precedente elenco [gruppo di
proposizioni_A.]] non è funzionale all’inerzia [esistenzializzante e
disposizionale] del dispiegamento del principio, perché è realtà funzionalmente
disconnessa dalla necessità dell’essere_necessario [tutto ciò che appare
all’uomo non appare necessario];
3.] ad esempio, il principio non ammetterebbe mai , da solo,
l’esistenza di una galassia [quella apparente all’uomo, e si dirà: “creata”],
perché essa/la sua disposizione, essendo disposta a caso nell’universo, palesa
la sua non necessità, esistenziale perché funzionale [nel senso che le galassie
apparenti non servono al dispiegamento del principio].
si deve quindi dire che è stata ricavata nella
realtà_necessaria una “bolla”, come spazio che consente a ciò che appare [le
galassie, l’universo e gli infiniti universi concepiti dall’astronomia] di
esistere rispetto alle strutture “tirate” e “tese” della realtà_necessaria, che
per se stessa non ne ammetterebbe l’esistenza.
a questo punto ci sono due ipotesi [già più volte
analizzate]:
C.]1.] ciò che appare o è una causazione interna al caos,
unico luogo in cui è ammessa l’esistenza di realtà non necessarie;
2.]oppure la bolla [proteggente dall’inerzia_esistenziale] che
contiene ciò che appare è ricavata all’interno del dolore di dio, da lui provato
come sforzo creatore.
l’ipotesi di cui al punto 1.] del gruppo di proposizioni C.]
è ipotesi da scartare, perché la causazione casuale interna al caos è
interamente casuale [oltre che anch’essa inerziale], mentre ciò che appare è
anche ordinato [e sospeso]. rimane quindi solo l’ipotesi di cui al punto 2.]
dello stesso elenco, quindi dio esiste.
seconda parte della
dimostrazione
in realtà anche dio conosce un cosmo con disposizione
casuale e fantasiosa di galassie, perché le galassie e le nebulose, con le loro
luci meravigliose, appaiono come un auto_concetto necessario proprio in quanto
disposte in modo casuale. occorre quindi dimostrare che tale cosmo casuale,
apparente all’uomo, non è il cosmo casuale di dio. esistono quindi, secondo
quanto si è detto, due cosmi [quattro in tutto: due coppie di cosmi]:
D.]1.] il cosmo ordinato, in cui ogni suo elemento non è
disposto a caso;
2.] il cosmo casuale, con una disposizione casuale dei suoi
elementi [galassie, stelle, pianeti, atomi].
vale la considerazione conclusiva della presente
dimostrazione, secondo cui, standard_normalmente, all’uomo [al soggetto, al
quale la realtà, tutta la realtà, deve normalmente apparire/si rileva qui ulteriore
dimostrazione], esistendo entrambi i cosmi [e, per la metafisica_epistemica,
essendo il cosmo in funzione della vita, che lo conosce], dovrebbero apparire
entrambi, e poiché il cosmo ordinato non appare all’uomo, ecco che …
E.]1.] esistono il cosmo_ordinato e il cosmo_casuale per dio
[prima coppia di cosmi, necessari/non creati], a cui attualmente entrambi
appaiono;
2.] esistono anche
per l’uomo il cosmo_ordinato e il
cosmo_casuale [seconda coppia di cosmi, creati], e poiché
all’uomo appare solo
quest’ultimo, ecco che non è l’uomo il soggetto a
cui la realtà normalmente appare [ordinata e casuale
insieme], essendo questo soggetto dio/dio quindi esistendo
[dimostrazione dell’esistenza
di dio: dio è il soggetto a cui la realtà_normale, che
è quella necessaria,
appare].
DIMOSTRAZIONE_161:
STANDARD_CONOSCITIVA
come si è
anticipato nella dimostrazione dim_160, in base
alle determinazioni della metafisica_epistemica, della
gnoseologia_epistemica,
e del principio_antripico, così come espresso nella dim_1 e
applicato al
rapporto tra realtà e soggetto_normale [= soggetto_necessario =
dio], al
soggetto_normale la realtà [necessaria] dovrebbe normalmente
apparire nella sua
totalità, quindi dio esiste, essendo dio il soggetto a cui
normalmente la
totalità appare [e appare in modo necessario (modo della
conoscenza), come
realtà_necessaria (contenuto della conoscenza)]. in altri
termini, non solo l’uomo
non è dio perché l’uomo conosce imperfettamente e
limitatamente, ma, posta la
realtà e, nell’uomo, posto il soggetto, deve normalmente
accadere che appaia al
soggetto la realtà_necessaria nella sua totalità, e il
soggetto_pensiero deve conoscerla in
modo perfetto, necessario e totale [come già si è detto
nella dim_1, sottolineandosi
qui che deve al soggetto apparireil tutto/intero/totalità,
e dio è il soggetto che conosce in modo perfetto e totale].
il concetto che qui si vuole esprimere [alla base di ogni dimostrazione
sta una
intuizione_epistemica] è il seguente: per il solo fatto di esistere, l’uomo dovrebbe normalmente
conoscere la totalità, perché [in base a precedenti principii espressi] la
forma normale della conoscenza [l’unica ammessa inerzialmente dal principio] è
quella di essere conoscenza perfetta e totale, di tutta la realtà, e poiché ciò
non si realizza nell’uomo, deve realizzarsi in un altro soggetto/pensiero, cioè
in dio. questa dimostrazione prescinde dalla considerazione secondo cui dio
esiste come pensiero totale, solo se un tale pensiero esiste realmente, perché, se esiste
uno “specchio” [= mente] nella realtà [e nell’uomo esso esiste],
la realtà impone normalmente che questo specchio/mente la rispecchi/la rifletta nella sua
interezza, per cui esso deve essere immenso, e deve allora essere la mente/pensiero di dio.
DIMOSTRAZIONE_162:
GEOGRAFICA
questa dimostrazione è
associata al paragrafo paragrafo5.html_[…] e da esso deriva. in base alle sue
determinazioni, poiché è massima la specializzazione etnico_razziale tra i
popoli [ad esempio, francia e germania hanno confini perfetti, e così con esse
l’italia, l’inghilterra e la spagna/corrispondenza tra estinzione di confine del
linguaggio e catene montuose], perfettamente maieuticamente favorita dalla
distribuzione delle terre emerse e delle risorse idrico_naturali_economiche
[acqua, campi agricoli e minerali], che hanno addensato i popoli nei nuclei
urbani in modo perfettamente corrispondente all’emergere delle
razze/etnie/lingue in base alle leggi del sistema di unità organica, è evidente
che tale corrispondenza tra razze e geografia non può essere posta a caso, perché
le razze sono frutto di leggi scientifiche, ma la terra [cosmo] è svincolata dalla
vita e dai popoli, e quindi essa è stata conformata a tale scopo maieutico da
una Intelligenza, per rendere possibile tale perfetta corrispondenza tra vita e
terra, per cui dio esiste, essendo dio questa Intelligenza.
DIMOSTRAZIONE_163: DEZANIANA [DELL’INTERO, DELLA SPERANZA, DEL DESIDERIO_SECONDA, NONA_PARADOSSALE]
la presente dimostrazione dice quanto segue: "l'episteme,
con il suo potere esplicativo, la sua forza persuasiva e la sua
rappresentazione della realtà [soprannaturale], presenta una
realtà soprannaturale che si sostituisce alla realtà
naturale come diretta esperienza dell'uomo [l'episteme si
sostituisce alla realtà_apparente], e poichè quest'ultima
esiste, anche la realtà descritta dall'episteme, ancora
più realistica, esiste, e quindi dio esiste".
l'uomo dice che esiste ciò che appare, e la
realtà_apparente esiste perchè appare. anche la
realtà_soprannaturale appare nell'episteme, e l'uomo la
esperisce come fosse vera. l'episteme offre una esperienza realistica
della realtà_soprannaturale, e questa esperienza è
così forte da apparire più realistica della
realtà_apparente.
in
una omelia [riferimento crono_storico: 8 marzo 2008], mons. renato de zan dice:
“la speranza non è il desiderio che nel
futuro si abbia la vita eterna, ma è questa certezza”. a partire da questo spunto
di riflessione si sono cercate le condizioni perché ciò possa essere detto
riguardo l’episteme e l’esistenza di dio. essi non sono solo una speranza o un
desiderio, ma una certezza, tenuto conto del presente argomento/ragionamento:
1.]
la realtà_apparente è vera realtà [anche se onirica_virtuale], non è [solo] sogno;
2.]
ma l’episteme descrive un’altra realtà [quella vera, fuori del sogno], della
quale si può dubitare che esista, e si cerca di dimostrarne l’esistenza;
3.]
ma l’episteme descrive una realtà razionale, e talmente razionale che, sebbene
la realtà_apparente non sia [solo] sogno, è tale, questa realtà_non_apparente e
…_razionale, per cui essa, la realtà_non_apparente descritta dall’episteme [l’Intero_necessario
e il creato_non_apparente], appare come una realtà ancora più vera della
realtà_apparente, realtà_non_apparente che l’episteme, descrivendola, consente
di esperire: se la realtà_apparente è vera, cioè esiste, poiché la realtà_non_apparente
è ancora più vera [perché più razionale], essa a maggior ragione esiste
[dimostrazione];
4.]
paradossalmente, la realtà_non_apparente, con la forza della sua suggestione,
diventa così la prima realtà esperita dall’uomo, tale da sostituirsi, anche
esperienzialmente [esiste ciò che si esperisce] alla realtà_apparente: potenza realistica
dell’esperienza dell’Intero, consentita dall’episteme;
5.]
questa esperienza della realtà_non_apparente non è un sogno, perché essa è
razionale [per “razionale” non si intende solo coerente, ma soprattutto convincente,
in ordine alla sua plausibilità esistenziale: correlazione tra realtà descritta
e sua necessità di esistere], e la sua esperienza [per questo al punto 1.] si è
detto che la realtà_apparente è vera realtà] è così forte che essa è destinata
a divenire fonte di una esperienza più vera di quella relativa alla
realtà_apparente: questa non è un sogno, è vera realtà, e attraverso l’episteme
la realtà_soprannaturale [non_apparente] diventa una realtà ancora più vera
della realtà_apparente;
6.]
a questo punto la dimostrazione è data: come non si può dubitare dell’esistenza
della realtà_apparente, che si esperisce come vera, perché la si “tocca”, così
non si può dubitare dell’esistenza della realtà_soprannaturale, che con l’episteme
si esperisce [si “tocca”, sia pure in forma schematica] come ancora più vera [più
razionale: punto 5.]] [non solo in senso emozionale, ma perché più razionale
dal punto di vista cognitivo], più vera cioè della prima [della
realtà_apparente], tale da sostituirsi alla prima come fondamento della propria
e della sua evidenza ed esistenza.
7.]
questa dimostrazione è detta paradossale perché sostituisce/permuta, come
diretta e forte esperienza “apparente” [diretta] dell’uomo/per l’uomo, la
realtà_non_apparente, divenuta il mondo_più_vero, con la realtà_apparente, che
non è il mondo dell’errore e dell’opinione [secondo parmenide e anche platone],
ma è mondo_meno_vero [in senso retorico] del primo. accade che l’episteme [l'Intero] si sostituisce
[emozionalmente e cognitivamente] all’esperienza diretta apparente.
prosegue/ripete
la
speranza dimostra l’esistenza di dio, perché esprime il
desiderio di dio come
momento di contatto [fusione esistenziale] tra l’uomo e
l’Intero, di cui dio è
parte, e questo desiderio attiva gli schemi dell’episteme. chi
non desidera dio
non dimostra che dio non esiste, ma solo non vive questo contatto,
rivelato/rilevato
invece da chi lo desidera. questo contatto esiste, perché
l’Intero,
sostituendosi alla parte, incorpora l’esperienza diretta, sua
parte
infinitesimale, e alla fine [qui sta il paradosso] è
l’episteme che risulta la
vera esperienza dell’uomo: accade, così, che la speranza
si capovolge in
certezza, nel senso che il desiderio, che la esprime, è
così forte da sradicare
l’uomo dal dubbio, perché la vera vita dell’uomo e
la sua vera esistenza, e
così esperienza, sta ora in quell’Intero, razionale, in
cui l’uomo si proietta,
pur esso non apparendo, al di là della morte e del suo timore
[timore del nulla]. questa proiezione non
è una fantasia, perché è esperita come
mondo_vero_[razionale]_diretto [anche se non
apparente], includente il mondo_apparente come sua parte
infinitesimale. l’uomo vive nel limite e dubita di
dio: il desiderio e la speranza di dio accendono nell’uomo
l’idea dell’Intero,
e questa idea, esperita, diventa il nuovo luogo in cui l’uomo
vive, non più nel
limite, la vera esperienza della vita, il vero mondo tangibile, e
quindi il mondo
non più dubitabile, perché esperito come realtà
immediata, più vera e sentita
come tale, rispetto all’impressione del limite. quasi una
allucinazione, però
particolare, perché tale da far capire che il vero sogno, il
vero oppio, la
vera allucinazione, è il limite [realtà_apparente], che
però è realtà, per cui il non_limte è
ancora più vera realtà. è l’episteme
[l’Intero] che, sostituendosi al
mondo_apparente, diventa la prima e fondamentale esperienza diretta [e
schematicamente apparente] dell’uomo.
nota
all'obiezione secondo cui questa sostituzione tra episteme e
realtà_apparente avverrebbe solo nel desiderio che esista la
realtà_soprannaturale, indimostrata perchè non apparente,
si risponde rimandando alla dimostrazione dim_168.
DIMOSTRAZIONE_164: TOLEMAICA,
COSMOLOGICA_QUINTA
l’episteme,
attraverso la cosmologia_epistemica, ripone un “centro” nel cosmo, e ciò viene codificato
naturalmente dalla mente_umana, ovvero dall’inconscio_cognitivo, come prova
dell’esistenza di dio. [questa prova è di tipo emozionale e culturale.]
DIMOSTRAZIONE_165: DELLA CONSAPEVOLEZZA, RIVELATIVA_QUARTA
se si cerca
[da capo] la verità, ci si trova di fronte, tra gli altri, a tre problemi:
1.] l’immensità
del cosmo;
2.] la
comparsa in esso di un essere morfo_perfetto come uomo e gli esseri_umani;
3.] la
morte dell’uomo, che pone il problema del limite al soddisfacimento di un
desiderio infinito, se mosso da vero amore per la vita.
nella
ricerca della verità, si cerca la verità dell’Intero, che metta insieme
[hegelianamente] cosmologia e storia [antropologia in senso lato]: mettere
insieme la storia significa “collidere” con il problema “gesù cristo”, perché gesù
dice:
1.] “io
sono dio" [io sono nel padre e il padre è in me];
2.] "io sono
il logos" [così i vangeli dicono di lui].
nell’ambito
delle dimostrazioni dell’esistenza di dio, è sufficiente per dimostrare l’esistenza
di dio dimostrare che gesù [uomo storico apparso nella storia] ha ragione [“io
sono dio” = dio esiste]:
1.] un uomo
che dice “io sono dio” può essere un uomo esaltato [malato psichicamente];
2.] ma
tutto l’insegnamento [morale e sapienziale] di gesù appare come la fonte di una
vita la più pura, alta e nobile possibile, e così anche perché gli uomini
possono seguire e identificarsi al crocifisso;
3.] quindi,
poiché gesù non appare scientificamente un esaltato, la sua testimonianza è
veritiera, e ciò che dice di se stesso esprime una auto-consapevolezza che
dimostra l’esistenza di dio, essendo gesù dio, poiché dice: “io sono dio”, e
chi lo dice appare come un uomo credibile.
DIMOSTRAZIONE_166:
DEL CRISTIANESIMO, DELLA RAGIONEVOLEZZA
questa dimostrazione riprende la dim_165, evidenziando come
il cristianesimo costituisca la spiegazione più naturale della realtà apparente
all’uomo:
1.] se si
cerca [da capo] la verità, ci si trova di fronte, tra gli altri, a tre problemi:
a.] l’immensità del cosmo;
b.] la
comparsa in esso di un essere morfo_perfetto come uomo e gli esseri_umani;
c.] la
morte dell’uomo, che pone il problema del limite al soddisfacimento di un
desiderio infinito, se mosso da vero amore per la vita.
2.] il
cristianesimo spiega in modo perfetto e lineare tale condizione:
a.] dio ha
creato il cosmo e la vita;
b.] la vita
ha peccato contro dio in modo violento e ha introdotto la morte;
c.] la vita
è un “esame continuo” perché dopo la morte viene il giudizio universale;
d.] quel
dio, che ha creato il mondo, è un padre e un figlio, da cui discende la
famiglia umana, e dio si è incarnato per unire a sé l’uomo creaturale;
e.] il
destino dell’uomo è l’eternità, e l’uomo si salva se ama [cioè se si sacrifica],
come l’amore ha mosso dio a crearlo e a salvarlo con il suo sacrificio.
3.] una
spiegazione è una teoria, che è vera non solo se dimostrata vera, ma anche se
risulta la spiegazione migliore della realtà, senza essere confutata. da questo
punto di vista il cristianesimo risulta essere la spiegazione migliore della
realtà, per cui è vero e quindi dio esiste conseguentemente.
DIMOSTRAZIONE_167:
BIBLICA
in considerazione
di quanto detto nella dim_165, la bibbia è una sufficiente dimostrazione dell’esistenza
di dio: essa non è solo un contenuto di fede, ma costituisce anche una
testimonianza credibile [sia come antico_testamento che come nuovo_testamento]:
testimonianza di coloro che sono entrati direttamente a contatto con dio [come
mosè e san paolo], per cui dio esiste.
DIMOSTRAZIONE_168:
DELLA FELICITA’, DEL DESIDERIO_TERZA, DELLA GIOIA, DELLA GLORIA
l’uomo non ha paura solo della morte, ma ha paura anche dell’eternità
[“che cosa farò in paradiso per tutto questo tempo ? come trascorrerò in
paradiso i giorni, gli anni, i secoli e i millenni ?”]. paura dell’eternità
e dell’incontro con dio. forse può aiutare a superare questo timore la
considerazione del fatto che l’eternità è una dimensione non straordinaria, ma
naturale, normale, e soprattutto [dal punto di vista relazionale] la più umana.
come una coppia di giovani, maschio e femmina, si incontrano e si amano, e
vogliono conservare per l’eternità la loro giovinezza e la loro gioia e
felicità [affettiva e sessuale], così per le anime_beate e per l’incontro con
dio. da questo punto di vista emerge con forza una nuova dimensione
dimostrativa, che dà pienezza di senso e di validità a numerose dimostrazioni
precedenti [quelle fondate sul senso e sul desiderio]. il desiderio è una
dimensione dimostrativa, nel senso che, più della vita, più dell’esperienza
diretta, più della sperimentazione di “ciò che esiste perché appare”, l’uomo è
portato a vivere una nuova realtà, una nuova esperienza che lo assorbe
totalmente, e che anticipa l’esperienza futura [l’eternità dopo la morte]: essa
è il desiderio di questa, è il desiderio, che si sostituisce all’esperienza
della vita, come nuova dimensione vitale: ciò che è desiderato esiste, perché è
ciò che è desiderato l’unica vera realtà, che merita essere esperita, e che
quindi soltanto può essere ritenuta la più vera e perciò esistente: “io non
vivo solo nella realtà presente, ma vivo anche e soprattutto nel desiderio
della realtà futura”:
1.] l’essere mortale esiste ma è a_normale;
2.] anche l’essere eterno e immortale esiste, perché è il
normale e naturale [e non deve fare paura, perché è la dimensione più semplice
e umana].
DIMOSTRAZIONE_169: DEL
FONDAMENTO, DECOSTRUTTIVA
questa dimostrazione dice quanto segue: "la
penetrazione fenomenologica decostruttiva [attuata e esemplificata
dalla cosmologia_epistemica] della realtà_apparente, da parte
dell'episteme, ne individua l'insufficienza a "stare" da sola, esistenzialmente [sia a esistere, sia a reggersi dalla deflagrazione], rispetto al fondamento: quindi essa è retta dal fondamento, e in
questo, secondo l'episteme, sta Dio".
questa dimostrazione si lega alle dimostrazioni dim_163 e dim_41 [oltre che ad altre
che qui è difficile identificare e richiamare]. la
dimostrazione prende spunto dalla dim_163: questa sostituisce l’episteme alla
realtà_apparente, mentre la presente dimostrazione pone l’episteme come
fondamento della realtà_apparente. infatti, si dice qui:
gruppo_A.]1.]
esiste ciò che appare;
2.] ma che
cos’è ciò che appare all’uomo adesso ?
3.] come
può sussistere/esistere la realtà_apparente [anche rispetto alla
realtà_necessaria] ?
questa
dimostrazione si lega alla dim_41 [dimostrazione tecnologica], perché la
risposta al punto 2.] non può consistere solo nella concezione della materia
propria della scienza moderna contemporanea [teoria atomica della materia].
infatti l’approccio epistemico alla comprensione della realtà è di tipo
fenomenologico, e proprio in quanto tale l’episteme ha potuto giungere a ciò a
cui giungono anche gli scienziati/i fisici, quando oltre a teorizzare l’atomo
parlano della materia e del cosmo come di frattale, realtà_virtuale, ologramma
e simulazione [virtuale] interna ad un computer [che per l’episteme non è il
computer di scienziati “grandi” in laboratorio, ma di dio: dimostrazione dim_41
(tecnologica): dio esiste perché il cosmo apparente è interno ad un computer, e
non esiste computer senza soggetto, cioè dio_persona, che usa il computer]. si
tratta quindi di una comprensione della realtà_apparente di tipo fenomenologico
[ad esempio: parallelo associativo tra universo_apparente e realtà_virtuale
interna allo schermo di un monitor/computer: come si vede questo approccio
definisce la materia apparente come realtà_virtuale a prescindere da una
concezione quantitativa di tale realtà, o dal discorso relativo agli atomi].
in questa
direzione, la dimostrazione prosegue nella considerazione che, se esiste ciò
che appare, tuttavia l’esistenza di ciò che appare all’uomo [universo_apparente]
è problematica in ordine alla sua capacità di sussistere esistenzialmente in
modo autonomo, e l’episteme smonta/decostruisce [fenomenologicamente] tale
sussistenza, mostrando/dimostrando la dipendenza della realtà_apparente,
rispetto alla realtà_necessaria [che, come oggetto, è dimostrata esistente in
senso parmenideo: l’essere, che è e non può non essere, è solo
l’essere_necessario e la sua struttura], da un fondamento. questo non è
direttamente dio [ipotesi che farebbe cadere questa dimostrazione in una già
data], ma è l’episteme [per episteme si intende qui l’oggetto_necessario, non
il verbo_soggetto], e dio appartiene necessariamente all’episteme, secondo
dimostrazioni già date [che correlano/ineriscono necessariamente un/il
soggetto_necessario all’oggetto_necessario]. questa dimostrazione è quindi
indiretta [dipendenza della realtà all’episteme, che incorpora dio], e si
riassume così:
gruppo_B.]1.]
un approccio fenomenologico alla comprensione della realtà_apparente, che
esiste perché appare, mostra che essa esiste ma, rispetto alla
realtà_necessaria, necessita di questa come suo fondamento, perché da sola non
può esistenzialmente sussistere;
2.] l’episteme
è il fondamento, che include necessariamente dio;
3.] poichè
la realtà_apparente, rimandando necessariamente al suo fondamento [= episteme],
rimanda a dio [incluso nel fondamento], dio esiste.
DIMOSTRAZIONI_STANDARD
si
è sentita l’esigenza di poter contare su di un insieme di dimostrazioni
efficaci e brevi, per poter svolgere il discorso epistemico, come la
metafisica_epistemica, facendo riferimento all’esistenza di dio non come a
qualcosa da dimostrare, ma di presupposto, e quindi l’esigenza di far leva su
tali dimostrazioni allo scopo di considerarla tale. le dimostrazioni non sono
nuove, ma sono riprese di dimostrazioni già date, e sono così definite perché
hanno una formulazione riassuntiva di un gran numero di dimostrazioni.
pertanto, ogni volta che l’episteme e la metafisica_epistemica presuppongono
l’esistenza di dio per spiegare la realtà, essi possono fare riferimento a queste
tre dimostrazioni seguenti allo scopo di presentare l’esistenza di dio come già
dimostrata e quindi presupposta:
1.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_1
1.]
l’uomo pensa/intuisce la necessità;
2.]
pensare un ente significa anche essere l’ente stesso;
3.]
quindi, poiché l’uomo pensa la necessità, l’uomo è anche necessario;
4.]
ma l’uomo è anche contingente;
5.]
esisterà quindi [sospende], posti il principio [l’essere_è], la
realtà_necessaria [la struttura del principio e la strutturazione del
principio] e le due condizioni, secondo cui …
a.]
nella necessità esiste solo ciò che è necessario, ad esclusione delle
determinazioni contingenti casuali interne al caos …
b.]
e nella necessità tutto ciò che esiste, ad esclusione delle determinazioni
interne al caos, acquisisce i caratteri della necessità …
[riprende]
… anche un soggetto che sia solo necessario, e questo è dio.
2.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_2
1.]
l’uomo pensa/intuisce la necessità;
2.]
quindi l’uomo è [anche] una ipostasi necessaria/della necessità ed è
essere_normale;
3.]
tutto ciò che è normale deve anche esistere secondo i caratteri normali;
4.]
i caratteri normali della realtà_necessaria [presupposta questa come
necessariamente esistente: l’essere_è e non può non essere/esistere, in quanto
l’essere è l’essere e si auto_esistenzializza necessariamente] sono
standard_normalmente [come determinazioni necessarie del principio] la
necessità, la perfezione, l’infinità, l’eternità e [riferita ad un soggetto]
l’assolutezza;
5.]
l’uomo è un soggetto;
6.]
quindi esiste una ipostasi soggettiva;
7.]
per il punto 3.], deve allora esistere anche un soggetto che abbia i caratteri
di cui al punto 4.]: la definizione di un soggetto [solo] necessario, perfetto,
infinito, eterno e assoluto è dio.
3.] DIMOSTRAZIONE_STANDARD_3
1.]
l’uomo pensa/intuisce il principio/l’esistenza del principio [della realtà];
2.]
il principio determina la realtà;
3.]
il principio è normale [necessario];
4.]
la realtà determinata dal principio è quindi normale [necessaria];
5.]
nell’uomo il principio determina [necessariamente] l’esistenza di un soggetto;
6.]
quindi un soggetto è una determinazione necessaria del principio;
7.]
conseguentemente, dio è il soggetto normale_necessario determinato
[innanzitutto] dal principio [il quale determina normalmente un soggetto, come
dimostrato dal fatto che ha determinato, con la mediazione di dio, l’esistenza
dell’uomo].
DIMOSTRAZIONE_170:
MUSICALE, SINFONICA_SECONDA
la dim_130 [sinfonica] individua la musica_classica_mistica [solo
alcuni brani di musica classica] come chiave di accesso al mistero di dio: essa
dimostra l’esistenza di dio perchè solo l’esistenza di dio consente di offrire
la perfetta interpretazione [di alcuni brani] della musica classica, che
diventa così musica mistica, nel senso che, solo se dio esiste, questi brani
possono essere realmente se stessi [cioè correttamente interpretati].
la presente dimostrazione si fonda sulla
metafisica_epistemica, per la quale ad ogni melodia della musica_classica
corrisponde o un sentimento [elemento qui trascurato] o una dimensione
[spaziale], quest’ultima di tipo soprannaturale, oppure la dimensione naturale
[terrena, creata e mortale], “letta”/vista dal lato soprannaturale. quindi,
poiché la musica classica esiste [come penetrazione emergente/affacciarsi, nel
naturale, del soprannaturale, che lo “arricchisce” misticamente e divinamente],
il soprannaturale esiste, e poiché la musica è per il soggetto, nel
soprannaturale esiste il soggetto, e questo [attualmente] è dio [perché
attualmente nel soprannaturale non è collocato l’uomo].
in sintesi:
1.] la musica classica esiste;
2.] essa è forma del soprannaturale emergente nel naturale;
3.] quindi il soprannaturale esiste;
4.] la musica è per il soggetto;
5.] quindi dio esiste, essendo dio il soggetto, nel
soprannaturale, per il quale la musica [elemento soprannaturale] esiste
[attualmente]. cioè dio è il soggetto per il quale il soprannaturale, come
musica, esiste.
DIMOSTRAZIONE_171: DELL’EMANAZIONE,
DECIMA_PARADOSSALE
secondo la dim_158 dio esiste come condizione di
conoscibilità della realtà_necessaria e di intuibilità della necessità e anche
del principio [che è l’esistenza: l’essere_è]. ora si approfondisce quest’ultimo
punto.
l’uomo intuisce che l’essere_è/l’esistenza_esiste
necessariamente. ma come può intuirlo se l’uomo è essere contingente ? l’uomo è
quindi stato determinato, come sovrapposto alla determinazione necessaria del
principio [quindi la conosce, ed è per questo essere (anche) necessario], ma
non è stato posto e determinato direttamente dal principio [e per questo l’uomo
sa di essere essere contingente, e non dio, che è il soggetto come solo essere
necessario]. pertanto l’uomo è stato sovrapposto sulla determinazione del
principio [emanativa] da una causa diversa dal principio, e questa certamente
non è il caos, che non può agire sul principio in modo finalistico e ordinato
[l’uomo è essere ordinato e ipostatico, perché può intuire, nel pensiero, il
principio, a cui quindi parzialmente si identifica, come pensiero]. quindi questa
causa, che ha collocato il creato e l’uomo sopra il principio e il suo
sviluppo, è dio.
DIMOSTRAZIONE_172: STORICO_SOCIALE
1.] anche
con riferimento al paragrafo sulla configurazione standard_comportamentale, si
considera qui l’uomo nella dimensione_terrena, come isolato da tutto e da
tutti.
2.]
immediatamente si attivano in questo uomo dei bisogni: di cose e di relazioni
umane.
3.]
solo alcune cose e alcuni tipi di relazioni umane e sociali sono naturali,
altre costituiscono penetrazioni nel naturale della dimensione soprannaturale,
come ad esempio il riconoscimento [funzione del] e l’innamoramento, scatenato
dalla forma [e quindi anche la sessualità].
4.]
ad esempio:
a.]
gli uomini sono molti: fatto naturale;
b.]
per coordinare la propria azione essi costruiscono lo stato: fatto naturale;
c.]
ma sullo stato essi proiettano la tecnica come apparato che dà potere e
riconoscimento [tutti vorrebbero essere colui che coordina, cioè il politico]:
fatto soprannaturale, in cui si realizza l’apparizione dell’anima_paradisiaca_beata
sulla terra, e per questo la dimensione_terrena viene scambiata con quella
ultra_terrena, perché solo in questa appare la [vera] tecnica, e questo
superamento del naturale viene interpretato come trapasso dalla morte
nell’eterno salvifico, e per questo esso viene attivato in funzione catartica e
simul_salvifica [cioè si attiva l’interpretazione (idolatrica) dello stato come
“dio”/forma della divinità, che dà potere, fama e riconoscimento, in cui il
politico è sostituto del santo].
5.]
un altro esempio di ente [in questo caso un processo], di cui l’uomo si serve,
rompendo il proprio isolamento dal naturale per collegarsi al soprannaturale
[che è salvezza, e per questo è richiamato/evocato], è l’interpretazione …
a.]
della realtà come esistenza della storia, …
b.]
… e della storia come realtà in divenire epocale.
6.]
un altro esempio, ai primi due collegati [stato e storia], è dato dai
totalitarismi storici, che sono manifestazioni del soprannaturale [come potenza
umana assoluta, condizionamento psico_tecnico di tipo simul_paradisiaco e
violenza infernalizzante], in questo caso anche infernale, nella storia e nella
dimensione_terrena, così come sono esempi di funzioni soprannaturali ogni forma
di aggressività, la fame, la guerra. lo sono infine la globalizzazione [che è
anticipazione dell’apocatastasi eucaristica], e quindi la civiltà della
tecnica, che è simulazione terrena del paradiso e, in questo, dell’inferno,
celesti futuri [ultra_terreni].
7.]
tutto ciò esprime l’esistenza delle funzioni soprannaturali nella
dimensione_terrena, che sono dimostrazione indiretta dell’esistenza del “paradisiaco”
e quindi del “divino”, cioè di dio.
nota
altri
modi di apparire del soprannaturale nel naturale, e quindi del divino, sono:
1.]
l’arte, e, in questa, alcuni film [come quelli di fantascienza], di cui
l’episteme dà l’interpretazione epistemica;
2.] la musica_classica;
3.]
le religioni;
4.]
il modo di comportarsi degli uomini, in cui il mito abita le loro
parole
[”andiamo al cinema …”, “mi sono fatto una
doccia …”: tutto ciò che l’uomo dice,
lo dice con uno sfondo mitico, cioè paradisiaco e
soprannaturale, che “arricchisce”
il naturale in senso mitico.
DIMOSTRAZIONE_173:
CREAZIONISTICA_SECONDA
dall’insieme delle considerazioni relative alla
metafisica_epistemica e alla fenomenologia_epistemica [ad esempio: studio
integrato della gnoseologia umana con approcci incrociati di kant, putnam e la
tecnologia_virtuale; differenze tra conformazione morfologica dell’uomo e del
soggetto_necessario_standard, con conseguente creazionismo “radicale” su
evoluzionismo naturale manipolato, cioè reso non_normale per l’uomo e la vita
in generale] si deduce la verità di quanto da sempre dicono il
magistero_ecclesiale e la teologia cristiana, e cioè che “dalla creazione, ovvero dalle opere del creato, si riconosce l’esistenza
di dio, cioè del creatore del mondo”.
DIMOSTRAZIONE_174:
DEL CONFRONTO_SECONDA
in base alla differenza tra …
1.] … normalità_standard dell’esistenza [non apparente, ma
esistente necessariamente] e non_normalità apparente;
2.] ordinarietà_standard [non apparente, ma esistente
necessariamente] e straordinarità dell’apparire non_normale [cioè, appunto,
straordinario], …
… si ricava l’esistenza del soggetto_normale_ordinario, il
quale è dio.
DIMOSTRAZIONE_175:
GNOSEOLOGICA_FONDAMENTALE, GNOSEOLOGICA_TERZA
la teoria della conoscenza in kant è coerente con il
criticismo: questo pone limiti alla conoscenza metafisica, anche solo perché la
conoscenza in kant funziona con la lettura categoriale del dato, e questo è
solo quello empirico. invece l’episteme ha potuto costruire e delineare una
metafisica dell’Intero, perché il dato è nella gnoseologia_epistemica anche l’Intero
stesso, come oggetto che si riproduce nel soggetto: non semplicemente che entra
nel soggetto [conoscenza come introiezione], ma si riproduce in esso
[conoscenza come rispecchiamento], per cui dio è idea nell’uomo come
riproduzione dell’esistenza di dio nell’oggetto, oggetto che, con dio, si
riproduce dentro l’uomo, la sua mente e il suo apparato categoriale. in questo,
presupposta la gnoseologia_ epistemica [a sua volta determinata dalla
metafisica_epistemica], l’idea di dio è prova della realtà di dio [come si è
detto a proposito dei sistemi paralleli, cioè delle corrispondenze biunivoche
tra realtà, pensiero (idea), linguaggio (nome) e percezione, dove non è la
percezione (a cui dio non appare attualmente) che restringe il pensiero e il
linguaggio, per cui l’idea e il nome di dio è per una realtà fantasiosa, ma è
invece la dialettica tra pensiero e linguaggio che nell’uomo restringe la
percezione, per cui dio semplicemente attualmente non appare, ma esiste]. il
dato kantiano nell’episteme ha la funzione di attivare la corrispondente
porzione schematica, riproduzione nella mente di quella realtà, da cui parte il
dato: per dio, questo dato [nell’uomo, attualmente, per il quale non vale, ora,
nella dimensione_terrena, la definizione standard della conoscenza normale, la
quale è solo quella paradisiaca] è l’idea stessa e il nome di dio, interiori,
che si attivano per vari motivi: introspezione speculativa, rivelazione divina,
deduzione schematica, e soprattutto auto_intuzione razionale del pensiero, che
legge se stesso e si proietta esternamente nelle rappresentazioni artistiche o
scientifiche di dio. dopo tale proiezione, dio agisce dall’esterno, come il
dato di dio non apparente. esso è prodotto dall’uomo, ma è rivelativo del fatto
che dio è come idea e nome inciso nella mente dell’uomo, e poiché questa riproduce
la realtà, anche se dio, come dato, non appare ora [perché la
dimensione_terrena non è il luogo naturale dell’apparire di dio, il quale è
solo il paradiso], dio esiste nella realtà, che si riproduce appunto nella mente,
nell’idea di dio e nel nome di dio.
DIMOSTRAZIONE_176:
DELLA CODIFICAZIONE, DEL SENSO COMUNE, SPERIMENTALE
questa dimostrazione nasce dal desiderio speculativo di
vedere come può, dal niente, nascere una dimostrazione dell’esistenza di dio,
con un puro sforzo del pensiero che si applichi alla dimostrazione dell’esistenza
di dio, e utilizza dati del senso comune [i punti seguenti seguono il filo
logico di un ragionamento]:
1.] dio è un nome, che rimbomba nella mente dell’uomo.
2.] dio è un’idea, di cui la mente può offrire una
rappresentazione [artistica nelle religioni, scientifica nell’episteme/tale perché
dio viene nell’episteme correlato, come soggetto, all’oggetto necessario, e
tale correlazione è scientifica perché, essendo dettata dall’oggetto, cioè
dalla necessità, può essere definita in uno e un solo modo, quello appunto
detto “standard” o “normale” = esistenzialmente e formalmente necessario].
3.] dio, che può essere oggetto delle fantasie, è stato
oggettivamente [e obiettivamente], prevalentemente interpretato dall’inconscio
dei popoli come un’entità pensata come vera e reale, e infatti anche come
agente sui comportamenti [fedi religiose, pratiche religiose, sensi di colpa e
nevrosi morali] [l’ateismo vuole che dio non esista, ma poiché il tesimo vuole,
nello stesso modo, che dio esista, l’ateismo si può spiegare come difesa da una
nevrosi prodotta da una falsa, ma inconscia e inconsciamente agente,
rappresentazione della divinità, cioè inadeguata, e dalla quale quindi l’ateismo
si difende: quindi, anche l’episteme e il credente sono “atei”: essi non
credono nell’esistenza di una falsa divinità/essi credono nell’esistenza della
divinità corretta].
4.] a questo punto non si dice più che esiste solo ciò che
appare [d’altra parte altre dimostrazioni mostrano proprio che dio “appare”, apparendo
nel linguaggio, e vi appare, secondo il punto 3.], prevalentemente come
linguaggio-realtà, non solo come linguaggio-fantasia], perché si è detto [e
anzi qui si precisa], che anche se l’apparire dell’uomo fosse infinito e
coprente tutti gli infiniti cosmi teorizzati dalla cosmologia moderna_contemporanea
[bruno pensa a infiniti mondi come “sistemi solari”, la cosmologia_contemporanea,
invece, a infiniti mondi come universi paralleli], ciò che in dio non appare
all’uomo è ciò che neanche in tale ipotesi all’uomo apparirebbe: infatti l’apparire
di dio all’uomo non è quantitativo, ma qualitativo/ad esempio, l’uomo non vede
la materia, ma “sa” che esiste la materia e che essa “appare”/ciò che io vedo
può solo essere il campo spirituale, perché la vita, la coscienza e la
sensibilità degli organi di senso è spirito, non materia, e la materia entra in
questo campo spirituale solo come forma e quantità/ma lo spirito, che vede, non
vede se stesso, come non vede la materia: l’uomo sa dell’esistenza dello
spirito, che vede, e della materia, senza vederli: la conoscenza dell’uomo è
intuitiva e associata all’esistenza di ciò che non appare. l’apparire di dio
non è come l’apparire di una stella, esso è apparire di dio come spirito, un
tipo di apparire a cui l’uomo è attualmente separato, e come l’uomo sa dell’esistenza
della materia, senza vedere la materia [perché si vede solo l’effetto agente
dello spirito, che unicamente è vita e sensibilità], così in una dimostrazione
dell’esistenza di dio l’uomo deve poter sapere dell’esistenza di dio, senza
vedere dio nel senso di vedere la tipologia di apparire alla quale è associato
lo spirito di dio e che è dio [allo stesso modo, si è già detto, l’uomo-scienziato
non vede il cosmo, ma una sua simulazione virtuale, eppure è convinto di vedere
il cosmo: tutta la scienza moderna è quindi un dire inconscio dell’esistenza di
oggetti (stelle, pianeti, galassie e atomi), che esistono, ma non appaiono all’esperienza
attuale: la loro simulazione ha fatto dire della loro realtà, la quale non
appare]. appartiene al senso comune la constatazione che la materia “non vede”,
ma è solo lo spirito che vede (“io” sono anima in un corpo di carne, “io” non
sono questo corpo di carne), per cui ciò che appare è il campo spirituale. [la
materia, che emerge nel campo spirituale dell’uomo, lascia su di esso una
traccia oggettiva, infatti essa lascia la stessa traccia anche, ad esempio,
nelle fotografie, così come essa appare al campo spirituale dell’uomo.]
5.] come quindi “appare”, a suo modo, in modo peculiare, all’uomo,
attualmente [fuori del paradiso] l’esistenza di dio ? è proprio necessario che
dio “appaia”, per essere detto esistente ? il pensiero, è stato detto, è
intuizione speculativa, e questa è una forma specifica di apparire. dimostrare
l’esistenza di dio significa scatenare nell’intuizione dell’uomo la conoscenza,
come certezza razionale, dell’effettività di tale esistenza.
6.] in gran parte delle dimostrazioni, si è ricavata l’esistenza
di dio da questo fatto: il piano dell’esistenza è anche necessario, e ad esso
appartiene, come sua parte, l’esistenza di dio.
7.] dire “esistenza di dio” significa fare appartenere dio a
questo piano. l’uomo vi appartiene [l’essere è: il piano/cogito ergo sum: appartengo
all’essere]. dimostrare l’esistenza di dio significa dimostrare che l’esistenza
di dio è necessaria e necessariamente correlata all’esistenza del piano dell’esistenza
necessaria.
8.] l’uomo è un ente reale, che, nelle religioni
[nell’episteme
dio non appartiene alla religione, ma alla filosofia, perché la
filosofia
descrivere l’essere, a prescindere dalla religione, e servendosi
anche della
fede religiosa: nella religione appaiono contenuti a carattere
speculativo (in
modo spesso simbolico), come l’esistenza di dio, oggetto di fede,
e il fatto
che dio sia creatore del mondo, oggetto di fede, esistenza di dio
creatore che
nell’episteme è ipotesi e tesi di filosofia/ = ragione
speculativa, o scienza
dello spirito/nell’episteme “spirito” non è
“spiritualità”, ma è sostanza (aristotelica)
in senso “biologico”], pensa e descrive dio come ente
reale: sul piano dell’esistenza,
la credenza religiosa descrive una relazione tra
l’uomo-essere-reale-esistente
e dio-essere-reale-esistente. l’esistenza di dio è oggetto
di fede, ma la
relazione tra dio e uomo è “carnale”, come se dio
esistesse, cioè appunto come
se dio fosse ente reale.
9.] a questo punto si potrebbe riuscire a correlare la “realtà”
di dio, come ente oggetto di una relazione con il credente, e “esistenza” di
dio.
10.] nel piano dell’esistenza, il mediatore tra esistenza e
soggetto [uomo e dio] è il pensiero del soggetto [per l’uomo: cogito ergo sum],
pensiero che trasforma l’esistenza in realtà e la realtà in esistenza. a questo
punto, tenuto conto del punto 3.], in cui si parla di “inconscio dei popoli” [e
piaget teorizza l’inconscio_cognitivo, che nell’episteme è un apparato caretoriale
di tipo nomenico (il noumeno precede dio e, come principio, lo determina), in
senso kantiano, allargato alle categorie metafisiche e teologiche: categorie
come concetti di hegel], si può concludere che l’inconscio dell’uomo può [nell’esperienza
religiosa, ma, ora, anche speculativa in senso epistemico] teorizzare dio come
realtà, solo perché in tale inconscio, il pensiero [come intuizione inconscia:
l’inconscio, parte della mente, e appunto parte del pensiero] dell’uomo “legge”
[e così dimostra] l’esistenza di dio [e così la sua realtà], come appartenente
a quel piano dell’esistenza, a cui il pensiero dell’uomo associa anche l’uomo,
nel cogito ergo sum: per poter codificare dio come realtà [per l’esperienza
relazionale religiosa, e specutativa rappresentativa di tipo epistemico], dio
deve essere esistente, e così il pensiero dell’uomo, a livello inconscio, deve
poter vedere, sentire, toccare, intuire l’esistenza di dio [anche per questo il
nome di dio rimbomba nella mente umana: punto 1.]].
11.] in conclusione, perché nell’inconscio dio possa essere
considerato come ente reale [e quindi esistente][oggetto reale dell’esperienza
relazionale religiosa], il pensiero dell’uomo [a livello inconscio], vede e
intuisce l’esistenza di dio [associata al piano dell’esistenza ncessaria], e
così [e solo così] la codifica come ente reale, oggetto dell’esperienza
religiosa e della speculazione scientifico-epistemica.
nota
la distinzione tra reale-reale, cioè reale come realmente esistente,
e reale come creduto-reale, cioè come creduto esistente [distinzione che pone l’identità
tra realtà/reale e esistenza/esistente/ma la dimostrazione pone una distizione
tra reale e esistente], non vanifica la dimostrazione. infatti, ciò che è
creduto come esistente e come reale, è “costruito” come tale, e può esserlo
[dice la dimostrazione], perché la codificazione esistente-reale parte dall’esistenza
effettiva di ciò che, quindi, è riconosciuto come reale. quella distinzione,
qui presupposta, tra reale e esistente, sta qui: un popolo tribale crede nella
divinità, non la dimostra, ma si rapporta ad essa come fosse realmente esistente,
cioè reale, perché esistente; questo popolo, tribale [detto qui “tribale” anche
perché è nella stessa condizione del pensiero umano, “tribale”, cioè, perché non
riesce con la ragione a dimostrare razionalmente l’esistenza di dio] non si
pone il problema dell’esistenza di dio: si rapporta ad esso come se esistesse,
cioè come ente reale. ebbene, la dimostrazione dice che ciò è possibile,
proprio perché il pensiero codifica l’esistenza di dio nella realtà di dio: il
fatto che dio sia inteso come “ente reale”, e non come “ente fantasioso”, è
frutto di questa codificazione, che presuppone oggettivamente l’esistenza di
dio, codificata dal pensiero come realtà [e quindi il pensiero umano nell’inconscio
“vede/sperimenta” dio]. per la fede cristiana gli dei della grecia non
esistono, e anche per socrate essi non esistono, ma è reale il sentimento
religioso del popolo greco, per cui la fede cristiana riconosce il dio greco,
pur inesistente, come “reale” per il popolo greco, cioè come immagine del vero
dio esistente.
DIMOSTRAZIONE_177:
DEL CONCETTO
della presente dimostrazione si mostra, in parte, il flusso
di ragionamento che l’ha prodotta. essa ripete in parte argomenti già dati,
riformulandoli. la dimostrazione prende spunto dalla distinzione tra reale e
esistente, formulata nella dim_176, la quale ha suggerito di pensare alla
distinzione tra reale e razionale, e al loro rapporto, nell’aforisma di hegel.
1.] per hegel, ciò che è reale è razionale e ciò che è
razionale è reale. nell’episteme ciò ammette alcune eccezioni, riportate al
punto 2.], e significa che è reale, cioè esiste, ciò che corrisponde allo
sviluppo del principio [l’esistenza_necessaria astratta], ovvero appartiene ad
esso in modo razionale, cioè è una ipostasi [stadio o/e ente] dello sviluppo:
tali sono dio, la tecnica, il paradiso, la fonte, l’evoluzione, l’emanazione, l’uno,
la diade, ecc..
2.] le due eccezioni, qui riportate, all’aforisma di hegel sono
[il discorso anche presuppone dio, fino a quando non lo si dimostra esistente]:
a.] il creato/la creazione è razionale, ma non è reale [cioè esistente/qui “reale”
è inteso come “esistente”], fino a quando non viene creato, cioè non viene portato
ad esistenza/esistenzializzato da dio; b.] le causazioni interne alla caosfera
[di cui una è il creato stesso] sono reali [cioè esistono], ma non sono razionali:
esse solo razionali in quanto [è la loro essenza] sono “irrazionali”, cioè
appunto casuali/contingenti [una rappresentazione delle causazioni interne al
caos è data, ad esempio, dalle bolle di fuoco emergenti sulla superficie del
sole: “magma” caotico/qui il sole è esempio della caosfera]. quindi:
a.] creato = razionale ma non reale/reale come possibilità;
b.] [dentro il] caos = reale ma non razionale/razionale [essenza]
come irrazionale [= contingente].
3.] ora si dice [come nel conclusivo punto 11.]] che anche l’ente-fantasioso
è “reale” [qui reale non è più inteso come esistente, anche se è inteso in modo
diverso rispetto alla dim_176]: l’ente-fantasioso è appunto reale [cioè esiste]
in quanto fantasioso. l’ente-reale, inoltre [e questo è il caso dell’uomo (nel
cristianesimo), ma non può essere il caso di dio], può essere reale come “possibilitato”
ad esistere: l’uomo è infatti [nella prospettiva cristiana] creatura che viene
all’esistenza, reale quando esiste, ed era reale, anche se non esistente, come eterno
pensiero [“idea”] e possibilità di esistere, nelle mente di dio_creatore. dio
invece può essere reale solo o come esistente [ipotesi da dimostrare], o reale
come fantasia, ma non può essere reale come ente che viene ad esistere, perché dio
è definito come eterno: se dio esiste, dio da sempre esiste, non come
possibilità ad esistere [come la creatura], ma come ente che esiste dall’eterno
e in eterno.
4.] a questo punto [riprendendo e contraddicendo in parte l’argomento
della dimostrazione dim_24] si è constatato che non è sufficiente che un
concetto sia reale, razionale, necessario e eterno, perché esso esista, infatti
…
5.] l’uomo [creatura] è nel contempo: reale [come
possibilità di esistere ed eterna idea della mente di dio], razionale [perché, sia
come tale, sia come realmente esistente, viene ad essere completamento razionale/ipostatico
dello sviluppo del principio, su mediazione del creatore], necessario [tutto
ciò che esiste, se esiste, ad esempio l’uomo come eterna idea della mente di
dio, è necessariamente esistente, ad esclusione delle causazioni interne al
caos, “sostanza” della creatura] e eterno [come eterna idea della mente di dio].
tutto ciò è l’uomo, ma esso non esiste fino a quando non è
creato/esistenzializzato.
6.] a questo punto del ragionamento si definisce dio come il
soggetto esistente eternamente come correlato necessariamente all’esistenza_necessaria.
ma questo, che significa partire da dio, è vero se e solo se dio esiste
effettivamente.
7.] prima di giungere alla conclusione [dimostrazione], si
analizza tale definizione di dio: rispetto alla definizione dell’uomo [ente/soggetto:
reale, razionale, necessario e eterno, ma non per questo esistente], la
definizione di dio mostra che dio non è reale come l’uomo [reale come idea
eterna di dio e possibilitato ad esistere], perché …
a.] l’uomo è una possibilità di dio [uomo come creatura];
b.] ma dio non è [solo] una possibilità dell’uomo [è tale, ad
esempio, nelle religioni “non vere”/ma anche qui dio è inteso come reale, non
come fantasia, e quindi in un certo senso ogni religione “è vera”, nel senso
che crede a un dio esistente eternamente, non a un dio (seppur non fantasioso)
che sia creato dall’uomo].
si è detto infatti al punto 3.] che dio o è reale come
esistente o è reale come fantasioso, ma, essendo definito come eterno, in
quanto esistente [non come idea eterna dell’uomo, ma come realtà eternamente esistente],
dio non può essere una possibilità ad esistere. la conclusione dimostrativa
presuppone la definizione di dio come soggetto non solo eternamente esistente,
ma anche [come detto al punto 6.]] necessariamente esistente [cioè “correlato
necessariamente all’esistenza_necessaria”]. l’obiezione è che dio è tale “se
esiste realmente”, e ora la conclusione dimostrativa risponde a questa obiezione.
8.] si è pensato che non si può giungere all’esisenza di dio
partendo da dio, ma si può giungere ad essa partendo dall’esistenza_necessaria.
9.] a questa non si riesce [qui] correlare il/un soggetto
all’essere_necessario [se fosse possibile sarebbe dimostrata l’esistenza di
dio], ma ora si compie una piccola “rivoluzione”: infatti, se ciò non è possibile,
si comprende però che ogni concetto ha una senso e una funzione, determinata
dall’esistenza_necessaria: tramite questa determinazione si ricava dunque l’esistenza
di dio dalla sola definizione di dio [con la differenza rispetto all’argomento
ontologico, che tale deduzione è mediata dall’essere_necessario, che non è (solo)
dio].
10.] quindi si dimostra l’esistenza di dio completando la
definizione di dio [e il ragionamento si conclude con una nota]: poiché dio è
pensabile come una struttura della realtà/essere_necessario, ovvero secondo la
definizione di cui al punto 6.], è l’essere_necessario che ha determinato
questa definizione del concetto di dio, e lo ha fatto per una ragione [senso e funzione
del concetto], perché appunto questa è l’essenza di dio [ritorna la distinzione
tra reale e esistenza, di cui alla dim_176, ora risolta non più nel pensiero
dell’uomo, ma nel concetto oggettivo e funzionale, e nella necessità che lo
determina]: dio è pensabile come realmente esistente, cioè come necessariamente
esistente [anche se dio non esistesse (ma questo ora non lo si può più pensare,
perché non corrisponde alla funzione del concetto di dio), è comunque pensabile
come tale], perché la necessità pone un tale concetto di dio, e lo pone perché questo
concetto corrisponde all’essenza di dio. non si tratta di presupporre l’esistenza
a una definizione di dio, che già incorpora l’esistenza di dio [come fa sant’ansemo
nell’argomento ontologico], ma si tratta di rifarsi ad un principio esterno a
dio [la necessità come essere_necessario], che determina il senso, il
significato e la funzione dei concetti, e dio è appunto soggetto reale,
razionale, necessario e eterno, ed eterno non come possibilità [come è l’uomo],
ma come esistenza attuale, perché dio realmente esiste. dunque dio esiste, perché
la sua definizione incorpora la sua esistenza, essendo inteso dio come
struttura della realtà, e lo fa a causa della funzione di tale concetto di dio,
determinata dalla necessità dell’essere_necessario, come pone i concetti e la
loro pensabilità reale [pensiero del concetto di dio inteso come struttura necessaria
della realtà].
11.] la nota si apre tenuto conto che anche l’ente-fantasiso
è reale, razionale, necessario e eterno, secondo la sua funzione, ma non è
pensato come struttura della realtà, per cui non ci si deve chiedere se dio
esiste, ma ci si deve chiedere invece perché l’uomo può dubitare dell’esistenza
di dio.
nota
di ciò viene data dalla teologia questa spiegazione: l’uomo
deve poter dubitare di dio [per l’ateo l’inesistenza di dio può essere anche vitalmente
essenziale], per essere libero da dio, ad esempio libero dall’etica, che dio
impone, e libero dalle [false] rappresentazioni di dio. quindi, poiché l’esistenza
di dio si ricava dal puro concetto di dio, necessariamente esistente, secondo
la sua definizione, rispetto all’essere_necessario, che pone la correlazione funzionale
tra concetto-reale di dio e realtà-esistente di dio, l’ateo è colui che non
pensa il concetto di dio o lo pensa in modo non corretto.
DIMOSTRAZIONE_178:
IMMEDIATA, SCISSIONALE_QUARTA
questa dimostrazione è detta “immediata”, perché segue un
ragionamento estremamente breve, e riprende una intuzione della dim_177:
1.] esiste il piano dell’esistenza_necessaria.
2.] in esso, nella mente dell’uomo, che lo pensa, esiste il
concetto di soggetto [l’uomo pensa il concetto di soggetto, che è l’uomo
stesso].
3.] il concetto di soggetto è eterno: quando ancora l’uomo
non è apparso sulla terra, esiste dall’eterno il fatto che l’uomo, apparendo
sulla terra, pensi [pensando a se stesso] il concetto di soggetto. quindi
questo concetto di soggetto è eterno, essendo possibile che sia pensato quando
apparirà l’uomo.
4.] si verifica così la condizione, prima della comparsa
dell’uomo, del piano dell’esistenza_necessaria con la possibilità della comparsa
dell’uomo e, in lui, del concetto di soggetto.
5.] ma allora, indipendentemente dall’uomo, esistono [prima
dell’uomo] il piano dell’essere_necessario e, in esso, il concetto di soggetto,
“neutro” [cioè anche indipendente dall’uomo: soggetto è anche l’animale, ed
esempio].
6.] dunque, nel piano dell’esistenza_necessaria, il concetto
di soggetto è eterno.
7.] allora, poiché esistono l’esistenza_necessaria e il
concetto eterno del soggetto, si intuisce che l’esistenza del concetto eterno
del soggetto, nel piano della realtà_necessaria, non è innanzitutto applicabile
all’uomo, che verrà ad esistere [necessariamente ? contingentamente ?], ma
invece è piuttosto applicabile a dio, la cui esistenza, come esistenza di un
soggetto eterno, è più coerente con il concetto eterno del soggetto, di quanto
non lo sia la sua applicablità all’uomo, che verrà a esistere, e che quindi non
è eterno.
nota
la dimostrazione è detta scissionale, perché scinde dall’uomo,
che pensa se stesso come soggetto, il carattere del soggetto, eterno non più
solo come previsione [eterna] della comparsa dell’uomo, ma eterno come direttamente
applicabile a dio, la cui esistenza eterna [così dimostrata …] … è più coerentemente
correlata all’eternità del concetto di soggetto, di quanto questa non lo sia
alla previsione della comparsa dell’uomo.
DIMOSTRAZIONE_179:
QUINTUPLICE_RIASSUNTIVA
questa dimostrazione parte dall’impostazione della dim_181
ed è detta “quintuplice” perché riassume cinque argomenti già dati. essa non
sarebbe quindi una nuova dimostrazione, se non fosse che li ricava da un’unica
impostazione.
1.] [impostazione] sul piano dell’esistenza_necessaria è
collocato l’uomo. esiste quindi una correlazione necessaria tra la necessità e
l’uomo, perché l’uomo può esistere e sussistere solo in quanto “tollerato”
dalla necessità. questa correlazione implica un “moto logico” che va dal
principio [l’esistenza astratta necessaria] all’uomo e dall’uomo al principio,
moti da cui si ricavano [e si riassumono] cinque argomenti già dati: …
2.] [argomento_A.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo
è quindi [anche] identico alla necessità, quindi la necessità ha anche i
caratteri dell’uomo, ma un uomo/soggetto necessario [la necessità come uomo] è
dio.
3.] [argomento_B.] posto sul piano dell’essere_necessario,
il pensiero lo pensa, quindi, esistendo l’identità [parmenidea] tra pensiero e oggetto
pensato, deve esistere anche un pensiero necessario, e questo è dio.
4.] [argomento_C.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo
essendo [anche] essere contingente, l’uomo vi è stato collocato con la mediazione
di un soggetto, che lo ha creato [perché il principio non pone da se stesso soggetti
contingenti], e questo soggetto è dio.
5.] [argomento_D.] posto l’uomo sul piano dell’essere_necessario,
i caratteri dell’uomo sono forme necessarie, quindi divine, quindi dio esiste, perché
dio è il soggetto che possiede tali caratteri in senso proprio.
6.] [argomento_E.] posto sul piano dell’essere_necessario, l’uomo
è soggetto necessario, ma è anche soggetto contingente: deve dunque esistere
dio come soggetto solo necessario.
DIMOSTRAZIONE_180:
ARISTOTELICA
la cosmologia aristotelica è ancora valida [con i moti
eterni circolari dei cieli], perché riguarda il mondo eterno divino. ma la
prova aristotelica è comunque soggetta a tre tipi di critiche, che qui si
cercherà di confutare, per renderla valida. essa dice quanto segue: tutto ciò
che si muove, è mosso da altro, e questo da altro ancora; ma qualcosa si muove,
e il rimando all’infinito tra le cause del moto non consentirebbe alcun
movimento; deve quindi esistere un primo motore immobile, che si muove da se
stesso, che trasmette il moto ai cieli e alla materia [che si muovono verso di
esso come l’amante tende all’amato], che è intelligenza, la quale è pensiero di
se stesso.
le tre critiche sono le seguenti:
1.] rilevano abbagnano e fornero che, secondo democrito, la
materia è costitutivamente movimento, il quale quindi spiega se stesso, non
rimandando il moto della materia ad una causa che sia esterna alla materia
stessa.
2.] risulta non consentito il passaggio “qualitativo” da una
concezione quantitativa della materia, che è in moto, ad una concezione [retorica/non
scientifica] della materia come “amante tendente all’amato”.
3.] risulta inspiegato il perché il primo motore immobile
dovrebbe essere un soggetto eterno e necessario che sia pensante e vivente, e
non invece una macchina o un corpo celeste, comunque immoti.
l’argomentazione qui data non può che riguardare l’essere_necessario
[già dimostrato esistente: l’essere_è], nel quale il problema è porvi un
soggetto [se questo esiste, deve essere necessario, quindi è dio], perché il
moto della materia nel cosmo creato apparente è evidentemente non finalizzato
alla vita e quindi a dio. per esempio, se due galassie collidono, e una è la
via lattea, l’umanità si estingue. ad esempio, ancora, un terremoto e un
maremoto sono moti non finalizzati alla vita, quindi né all’uomo né a dio. nel
creato apparente appaiono moti finalizzati alla vita, come i moti cellulari
degli organismi vivienti, e moti casuali. ciò non contraddirebbe aristotele,
che parte semplicemente dalla constatazione dell’esistenza del moto, ma l’episteme
cerca di rendere valida l’argomentazione di aristotele proprio trasformando il
concetto di “amante tendente all’amato” nel concetto di “moto finalizzato alla
vita/al soggetto”.
per l’ipotesi di episteme, che è stata costruita, nella
realtà esistono tre tipi di sostanze: l’esistenza, lo spirito e la materia:
1.] l’esistenza è immateriale e inorganica [essendo astratta],
e contiene le forme di tutto ciò che esiste.
2.] lo spirito converge sull’anima spirituale di dio, anima
organca, vivente e pensante.
3.] la materia [spazio e tempo/cosmo, tecnica e corpo] è
inorganica come l’esistenza, ma è finalizzata allo spirito e a dio, come il
corpo [DNA] all’anima, che in esso, tramite lo spirito, si incarna.
ecco quindi che la materia, in tali ipotesi [appartenenti
alla metafisica_epistemica, che è la dottrina dell’essere_necessario], ha sì il
moto dentro se stessa, ma questo moto esiste finalizzato allo spirito e all’anima,
come l’orologio funziona per se stesso, ma esiste e i suoi meccanismi interni
si spiegano, “per” l’uomo [finalizzati all’uomo]. quindi la materia è posta dalla
necessità [esistenza], e il suo moto è determinato dal motore immobile, che è
dio come soggetto. a questo punto occorre dimostrare che questo soggetto
realmente esiste [nell’essere_necessario]. che cos’è/che cosa può essere il
soggetto rispetto all’oggetto necessario, che è l’esistenza ? esso ne
costituisce innanzitutto la sintesi puntiforme, che poi sarà rivestita dal
corpo della materia. la materia è anche spazio e tempo, come lo spirito è
infinità e eternità, e questi sono i luoghi fisici, rispettivamente, del corpo
di dio e dell’anima di dio. si può ricavare l’esistenza del soggetto attraverso
precedenti dimostrazioni. qui si è mostrato [all’interno della metafisica
epistemica e della cosmologia epistemica] la validità della prova aristotelica:
il moto della materia funziona per se stesso ma esiste come finalizzato al
soggetto, e il primo motore immobile può essere anche un corpo celeste e la
tecnica [il paradiso][una macchina], ma è anche l’anima di dio.
DIMOSTRAZIONE_181: PASCALIANA,
PROBABILISTICA_QUINTA
secondo pascal, la scelta della fede nell’esistenza di dio
non è un puro fatto di ragione, perché la ragione non può dimostrare l’esistenza
di dio. questa scelta è esistenzialistica, riguardando il senso della vita, di
essa ne va della vita, e l’uomo, di fronte alle due ipotesi, se credere o non
credere in dio, non può scegliere di non scegliere: il rifiuto della scelta è
come scegliere di non credere. quindi pascal dice che la scelta di fede può
essere decisa come una scommessa [la quale può essere considerata come una
prova dell’esistenza di dio di tipo probabilistico]: si scommette generalmente
il certo per l’incerto, ed entrambi sono somme di danaro limitate, ad esempio
rischio di perdere una somma di 10 per cercare di vincere una somma di 20. ecco
quindi che, di fronte alla scelta dell’ipotesi di dio, appare razionale
rischiare di perdere 10 [rinunciando ai piaceri della vita, che sono i peccati]
per cercare di guadagnare molto di più di 20, ovvero una “somma infinita”, che
è dio. la scelta appare razionale. d’altra parte, tenuto conto che se dio non
esiste, si perdono i piaceri [moralmente illeciti] della vita, si può fare il
ragionamento contrario: se non scommetto, e godo i piaceri eticamente illeciti
della vita, e dio esiste, perdo tutto [perdo cioè la salvezza]. può aiutare a
rafforzare questo argomento la considerazione secondo cui l’educazione può
realmente rendere minima l’eventuale perdita [se dio non esiste] nella
scommessa, nell’ipotesi di scommettere a favore dell’ipotesi di dio, perché l’uomo
soffre della rinunica ai piaceri illeciti della vita solo se non è correttamente
educato. è anche vero però che questa educazione, per essere efficace,
presupporrebbe di sapere che dio esiste. tuttavia, sottolinea la sacra
scrittura che la rinuncia richiesta non è particolarmente gravosa. inoltre l’essenza
dell’etica non consiste nella rinuncia, ma nel far fruttare i talenti, cioè
nella realizzazione positiva della persona umana, e la rinuncia può essere
considerata come un togliere un impedimento [il peccato come ostacolo al
sacrificio] a tale realizzazione [intesa come potenziamento] dell’uomo. ovvero,
nell’ottica cristiana, si rinuncia ai piaceri inferiori per ottenere piaceri
superiori. per questo il cristiano che scommette quasi non rischia nulla.
DIMOSTRAZIONE_182:
SEVERINIANA_TERZA, SCISSIONALE_QUINTA
all’interno dei limiti posti dalla metafisica_epistemica, ovvero
garantita la validità del portato della fede_cristiana, i cui dogmi sono spiegati
razionalmente dalla teologia_epistemica, [a tali condizioni dunque …] è
corretto il neo_parmenidismo, per cui “tutto è eterno”, quindi il soggetto è
eterno, per cui dio esiste, essendo dio il soggetto eterno e necessario.
critica
è evidente il limite di tale dimostrazione: severino intende
che è eterno non qualunque soggetto, ma l’uomo, e nell’ipotesi di considerare
eterni sia gli uomini che dio, egli direbbe che si ha esperienza dell’uomo,
mentre dio apparirebbe come un soggetto “privilegiato”. d’altra parte si è
detto che la tesi neo_parmenidea [“tutto è eterno”] viene accolta qui entro i
limiti della metafisica_epistemica, per la quale l’uomo non è eterno [perché è
una forma corruttibile, e secondo la razionalità epistemica ciò che è eterno,
esistendo secondo la sua funzionalità allo sviluppo del principio, deve avere anche
una forma eterna/ad esempio: poiché l’uomo può inciampare o ammalarsi, l’uomo
non è eterno/in tale considerazione consiste anche la critica epistemica al
superamento aristotelico del platonismo: aristotele non può considerare “normale”
(naturale) la corruzione dei corpi nel mondo, perché proprio essa dimostra che
la forma perfetta deve trovarsi platonicamente nell’al di là/poi, rispetto alla
teologia cristiana classica, l’episteme reintroduce lo schema quadripartito, e
così il mondo, nell’al di là, è proprio il cosmo eterno aristotelico, terrestre
e celeste/nell’ambito della metafisica_epistemica, la corruzione, rispetto all’essere_necessario
non creato, è non_normale/la corruzione appartiene solo a una piccola parte della
stessa creazione]. per questo motivo, se tutto è eterno e, quindi, anche il
soggetto è eterno, l’uomo invece è contingente, cioè non è eterno. ecco quindi
che la dimostrazione è scissionale: essa parte dall’uomo, vi ricava l’esistenza
del soggetto, ma spezza il soggetto in soggetto non eterno [l’uomo] e in
soggetto eterno [poiché “tutto (ad esclusione del creato) è eterno”], e questo
soggetto eterno è dio. è evidente che tale dimostrazione si collega all’argomento
di cui alla dim_178.
DIMOSTRAZIONE_183:
DELLA PROPORZIONE
il corpo dell’uomo appare allo specchio una forma perfetta
ed una proporzione perfetta. ciò non è il caso per cui
ogni animale direbbe, se
fosse consapevole, di essere lui la forma perfetta. perché
[questo la
razionalità epistemica lo ha intuito da più di quindici
anni] la forma dell’uomo
è “neutra” [ora si dice “normale” o
“standard”]: essa, cioè, non è una forma
particolare, ma è l’unica forma che potrebbe essere [ad
esempio, la testa è
sferica, e non lo è perfettamente perché, essendo
l’uomo trinitario, la testa è
sintesi di tre sfere, di cui quella dello spirito santo
“sporgente”, perchè “procedente”].
l’uomo quindi è riproduzione dell’essere. le sfere
dell’essere si riproducono
nell’uomo. ma [tenuto conto della sola forma sferica della
testa], la sfera
dell’essere si riproduce nella testa dell’uomo, come in una
forma contingente e
piccola. poichè dunque esiste tale riproduzione
dell’essere nel soggetto, si
può ammettere verisimilmente che l’essere sferico si
riproduca anche in una
testa che sia: non solo contingente, come l’uomo, ma anche
eterna e necessaria, e non
solo piccola, ma anche grande: una testa eterna e necessaria e grande è
la testa di dio.
nota
questa dimostrazione è simile alla dim_12.
all’obiezione, secondo cui è da dimostrare che l’uomo sia
una riproduzione dell’essere, si risponde che la sfera della testa dell’uomo è
una esatta proporzione [neutra], e poiché l’uomo appare/compare dal nulla, deve
allora esistere una matrice dell’uomo, che sia esterna all’uomo, perché,
proveniendo l’uomo dal nulla, l’uomo non può avere dentro di sé la causa della
sua esatta proporizione, come della sua origine [ad esempio: se si dice che la
forma dell’uomo è causata dai suoi genitori (dal loro DNA), non si può dire lo
stesso di questo per tutte le generazioni passate, le quali, a livello animale,
non possiedono più l’esatta proporzione]. ma questa è anche un’altra
dimostrazione, per cui la matrice eterna e inorganica dell’uomo, come essere che
si riproduce nell’uomo, appartiene a questa dimostrazione, invece la matrice
diretta, come dio, appartiene ad una successiva dimostrazione.
DIMOSTRAZIONE_184:
DELLA MATRICE_SECONDA, DELLA PROPORZIONE_SECONDA
poiché l’uomo [al di là dei propri genitori] proviene dal
nulla, e possiede una esatta proporzione, poiché questa non può originarsi da
sola, proveniendo l’uomo dal nulla, dio è quindi la matrice organica e eterna
della forma dell’uomo [come dice la sacra scrittura: l’uomo è creato a immagine
di dio].
DIMOSTRAZIONI_185:
DELLA CONNESSIONE
sul piano/sulla linea dell’essere_necessario appare l’uomo,
proveniente dal nulla [rispetto al neo_parmenidimso, per il quale l’uomo è
eterno perché tutto è eterno, si è detto che l’uomo non ha la forma di un ente
eterno], il quale uomo pensa la pensabilità di dio come concetto di un soggetto
che è reale [pensato per essere un ente realmente esistente], razionale,
necessario, eterno e esistente. dimostrare l’esistenza di dio significa
riuscire a collegare a tale concetto proprio l’ultimo aggettivo, cioè l’esistenza.
ma, ci si chiede, in chi è pensabile un tale concetto di dio ? nell’uomo, il
quale emerge come pensiero e soggetto sul piano dell’essere_necessario. quest’uomo
sta cercando di pensare l’esistenza di un altro soggetto, che, eterno, lo ha
creato e lo ha posto su tale piano. due precedenti dimostrazioni hanno detto
che dio esiste come unica possibile causa dell’uomo rispetto a tale piano, e
come pensiero mediatore e condizione per l’intuibilità, da parte dell’uomo,
dell’essere_necessario. ora si aggiunge che dio esiste, per questa ulteriore ragione:
l’uomo è un soggetto proveniente dal nulla che è innestato/connesso al piano
dell’essere_necessario, e poiché lo intuisce, anche il pensiero dell’uomo è
connesso a tale piano: allora è necessario che pre_esistano, come pre_soggetto
rispetto all’uomo, le condizioni di innesto/connessione dell’uomo a tale piano
dell’essere_necessario, e quindi esse sono eterne e anche vivono e pensano per
se stesse, e per questo sono dio. nella dim_179 si è detto che “esiste quindi
una correlazione necessaria tra la necessità e l’uomo, perché l’uomo può
esistere e sussistere solo in quanto “tollerato” dalla necessità”: tale
pre_soggetto, che è dio, è la condizione che consente tale “tolleranza” di un
essere/soggetto contingente, che è l’uomo, rispetto alle strutture dell’essere_necessario,
che lo accolgono e che si fanno pensare da esso.
DIMOSTRAZIONE_186: ETICA
l’etica ha oggettivamente un senso [ne è prova il fatto che
una società in crisi si appelli continuamente ad essa]. ma l’uomo è [in un
certo senso] al di là del bene e del male: egli può compiere il male anche
senza sensi di colpa. deve allora esistere dio, come colui al quale l’uomo deve
obbedire per dare un senso all’etica. l’obbedienza, in questo senso,
precederebbe l’etica. dio, imponendo all’uomo di seguire i precetti dell’etica,
è la condizione di senso dell’etica.
nota
ci sono due considerazione che si possono fare su questo
argomento, indipendenti dalla dimostrazione, con attinenza all’etica_epistemica:
1.] il fatto che l’obbedienza a dio fondi l’etica [dio
imponendo di seguire l’etica all’uomo] è mostrato dalla sacra_scrittura con l’episodio
del sacrificio di isacco da parte di abramo: l’ordine divino dato ad abramo di
uccidere isacco pone l’uomo al di sopra/al di là del bene e del male [della
morale naturale e del diritto naturale], in obbedienza a dio. il successivo
divieto divino di compiere l’atto mostra un dio che ordina all’uomo di
sottomettersi alla morale comune [etica_epistemica o etica_scientifica, che è quella
cristiana].
2.] l’impostazione cristiana del problema morale e dei suoi
fondamenti è una facile confutazione della legge di hume: obbedire a dio e alla
norma morale [precetto] garantisce il paradiso [fatto]; non obbedire
[violazione del precetto] comporta lo stato di condanna [fatto].
DIMOSTRAZIONE_187: SOFISTICA
questa dimostrazione nasce come uno pseudo argomento, come
un gioco speculativo, ma la si può ritenere valida perchè significativa,
consentendo di mettere in luce alcuni aspetti comuni a tutte le dimostrazioni.
essa dice: “se dio non esiste, tutti gli uomini pensano che dio non esiste;
ma alcuni uomini pensano che dio esiste; quindi dio esiste”.
critica
l’argomento è inconsistente, per due ragioni:
1.] alcuni uomini pensano che dio non esiste, ma dio
potrebbe esistere.
2.] alcuni uomini pensano che dio esiste, ma dio
potrebbe non esistere.
considerazioni
la dimostrazione è rilevante perché mette in luce due fatti:
1.] se dio esiste, l’uomo può pensarlo non esistente. ciò è
stato spiegato col male e la libertà.
2.] se dio non esiste, l’uomo di fatto lo pensa anche
esistente. come può accadere questo fatto ?
è evidenziato quindi che l’uomo pensa in modo anche svincolato
dalla realtà dell’essere [questo è il portato rilevante della presente
dimostrazione]. scrivono abbagnano e fornero a proposito della crisi della sofistica e della sua dissoluzione nell'eristica: "...
la sofistica giunge alla creazione della cosiddetta "eristica" [da eiro
= dico] ossia dell'arte di vincere nelle discussioni, confutando le
affermazioni dell'avversario, senza riguardo alla loro intrinseca
verità o falsità concettuale [promuovendo... ] ... un virtuosismo verbale fine a se stesso"
[abbagnano e fornero, "filosofi e filosofie nella storia", 1992, volume
I, pag. 94]. la seconda condizione mostra la paradossalità di un uomo
che,
se dio non esiste, concepisce un dio non solo di tipo kantiano [cioè
dio inteso
come l’idealità di un proprio perfezionamento futuro, storico o/e
ultramondano],
ma come soggetto eterno, che esiste precedentemente l’esistenza
dell’uomo, l’ha
creata, e verso cui l’uomo è indirizzato, per il loro [di dio e
dell’uomo] completamento
reciproco. come tale concezione/tale lettura dell’essere può darsi, se
l’essere
non contiene dio/tale soggetto eterno e necessario ?
DIMOSTRAZIONE_188: ANSELMIANA_CLASSICA
si riprende qui l’argomento ontologico di sant’anselmo: “dio è ciò di cui non si può pensare nulla
di maggiore. allora dio esiste, perché, se dio non esistesse, si potrebbe
pensarlo maggiore, cioè esistente”. tenuto conto delle critiche che le sono
state mosse, la dimostrazione anselmiana dovrebbe dire, in realtà, così: se dio
esiste, dio è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore, dove ora il
pensiero non presuppone l’essistenza di dio, ma la incorpora come condizione
per la definizione del concetto di dio. in realtà, però, si ammette che, quando
il pensiero dell’uomo pensa dio e definisce il concetto di dio, sta riportando
una idea della mente. si distinugono ora due tipi di idee:
1.] gli eventi della realtà;
2.] le strutture della realtà.
solo gli eventi, e i loro elementi [tra cui i soggetti, come
dio], possono essere pensati in modo fantasioso. inoltre, se anche una
struttura della realtà [come dio] può essere pensata in modo fantasioso [come
il sistema aristotelico-tolemaico o il politeismo greco], non pare sia
possibile pensare in modo fantasioso una struttura semplice. ad esempio: dio e
l’iperuranio sono strutture semplici, ma dio è ancora più semplice, essendo
semplicemente un soggetto [persona]. nell’argomento ontologico la definizione
di dio include l’esistenza di dio, perché questa struttura della realtà [dio] è
teorizzata vera come pensata effettivamente. è per questo che non tutti i
filosofi hanno rifiutato l’argomento ontologico. essi percepiscono che la
propria intuizione di dio non è relativa a un nome, a cui dare un significato o
una realtà, ma è intuizione di una idea, cioè è pensiero del pensiero, pensiero
che si sa, che si conosce come corrispondente all’effettiva [struttura della] realtà.
ci si collega qui alla dimostrazione dim_187: non pare verosimile [e il dubbio
è tolto da una opportuna gnoseologia, come la gnoseologia_epistemica, per la
quale il pensiero riproduce l’essere, costruita come derivata dalla
metafisica_epistemica, per la quale l’essere si riproduce nel pensiero], che il
pensiero possa inventarsi fantasiosamente, come nelle favole [che sono eventi],
anche strutture della realtà, senza che esse non siano [in linea di massima] realmente
nella realtà. perciò l’argomento ontologico può risultare valido, tenuto conto
che dio è concetto che incorpora la propria esistenza, perché non è concetto
come nome, ma è concetto come idea, pensata perché questa stessa idea, come
realtà, impone se stessa al pensiero umano, e si fa da esso pensare come
corrispondente alla sua realtà, esterna al pensiero dell’uomo. se non fosse
così, non si spiegherebbe perché l’argomento ontologico appare alla mente umana
come realmente paradossale, capace cioè di suscitare nel pensiero l’intuizione
della sua potenziale validità argomentativa.
DIMOSTRAZIONE_189: DEL
PENSIERO
la dimostrazione dim_1 dice che, perché esista un pensiero,
che sia realmente pensiero [non secondo l’idea o l’idealità del pensiero, ma
secondo la forma, l’essenza e la funzione del pensiero], il pensiero deve
essere continuo [quindi eterno] e totale [quindi infinito], e questo pensiero,
che non è il pensiero dell’uomo, è il pensiero di dio ed è dio come pensiero.
nella dimostrazione dim_158 si è detto inoltre che, perché l’uomo possa pensare
l’essere_necessario, deve esistere in esso un pensiero che pensi l’essere_necessario,
cioè un pensiero mediativo [che svolga una mediazione tra l’uomo e l’essere_necessario],
pensiero “immerso” nella necessità, e questo è dio. ora [anche riprendendo in
parte la dimostrazione dim_6, per la quale, se l’uomo pensa la necessità, l’uomo
è necessità, quindi la necessità è anche uomo, ma l’uomo (totalmente) necessario
è dio] si dice, più brevemente e immediatamente che, poichè l’uomo pensa l’essere_necessario,
è immediata la considerazione dell’esistenza del pensiero necessario, e questo
è dio.
DIMOSTRAZIONE_190: METAFISICA_SECONDA
poiché esiste l’essere_necessario, devono anche esistere
tutte le sue forme, e una di queste è il soggetto [perché il soggetto è una
forma pura e semplice], per cui esiste il soggetto necessario, e questo è dio.
nota
questa dimostrazione è intuitiva, per cui è anche
indipendente dal successivo argomento della dimostrazione dim_191, che lo
amplia, spiegandolo.
DIMOSTRAZIONE_191: METAFISICA_TERZA
questa dimostrazione costituisce un ampliamento della
precedente dimostrazione dim_190, ed è una sintesi tra la dimostrazione dim_190
e la, ad essa precedente, dimostrazione dim_189:
1.] esiste l’essere_necessario.
2.] questo essere_necessario è evidentemente l’al di là, perché
l’uomo non ha esperienza, nel suo mondo, della necessità, essendo esso
corruttibile, tranne che per alcune forme di necessità, quali il pensiero della
necessità, il concetto di necessità, i concetti non corruttibili di spazio e
tempo, e di infinito e di eterno, anche se tali concetti non appaiono nel mondo
dell’uomo, il quale appare appunto corruttibile.
3.] esiste quindi la differenza tra al di là e al di qua,
nella quale però non si sa se l’uomo vivrà anche
dopo la morte, o se “dopo la
morte” è il luogo dell’apparire e
dell’esperienza dell’al di là, cioè
dell’essere_necessario
[non lo si sa fino a quando non è dimostrata l’esistenza
di dio].
4.] ma l’essere_necessario non è un puro piano dell’esistenza
senza forme: esso [secondo la metafisica_epistemica] è un piano differenziato,
e le sue forme, non corruttibili, sono le forme stesse dell’al di qua, qui
corruttibili, essendo l’al di qua riproduzione dell’al di là.
5.] tra queste forme sono il soggetto e il pensiero umani,
che devono quindi esistere anche nell’al di là come forme non corruttibili, ed
esse sono quindi dio, per cui si dice che, come l’al di là [non corruttibile] si
riproduce nell’al di qua [corruttibile], l’uomo [corruttibile] è la
riproduzione di dio [non corruttibile], per cui l’esistenza dell’uomo dimostra
l’esistenza di dio.
DIMOSTRAZIONE_192:
DEL COMPLETAMENTO, DELLA COERENZA, DELLA LINEA
questa dimostrazione, che riformula l’argomento della
dimostrazione dim_158, può essere definita …
1.] del completamento della matrice
2.] della coerenza dell’esistenza e del ragionamento
3.] della linea [o piano dell’essere] spezzata.
dimostrazione
1.] esiste l’essere_necessario [l’essere è e non può non
essere].
2.] questo essere_necessario non è certamente il mondo
apparente, che, essendo corruttibile [le galassie collidono, gli atomi decadono
o vengono spaccati, l’universo avrà una morte fredda o calda, gli uomini, gli
animali e le piante muoiono], non ha la forma dell’essere_eterno [che è
incorruttibile].
3.] questo essere_necessario, che è un oggetto ed è eterno, è
pensato dal pensiero di un soggetto, l’uomo, che è contingente.
4.] si verifica quindi l’esistenza del piano dell’essere
come di una linea spezzata, che va dal principio [l’essere_necessario e eterno]
a un pensiero non eterno, che lo pensa, nell’uomo.
5.] per la coerenza di questo piano esistenziale e della
ragione del suo sviluppo, deve quindi potersi completare una matrice a quattro
sezioni, due delle quali sono state già poste, e sono l’essere_eterno e il
pensiero_contingente [l’uomo], e le altre due sezioni sono date dall’essere_contingente
e dal pensiero_eterno: il primo è il mondo creato apparente, e il secondo è
dio, che deve quindi esistere per il completamento di questa matrice dell’essere,
per la coerenza dell’essere e per ricongiungere la linea spezzata tra il
principio e l’uomo, come termine mediatore tra di essi.
DIMOSTRAZIONI_193:
DELLA RELAZIONE
è stato detto che è dimostrata l’esisenza di dio, se si
dimostra che l’al di qua è riproduzione dell’al di là [dimostrazioni dim_183 e
dim_191], perché in questo modo l’uomo_soggetto_contingente è riproduzione di
dio_soggetto_necessario. nella religione l’uomo è in relazione con dio, e
questa relazione può essere così intimistica e intensa, da far percepire la
presenza di dio. non si intende dire, che si percepisce l’esistenza di dio, si
intende dire che esiste nell’uomo la struttura mentale per instaurare la
relazione con dio, inteso come soggetto assoluto [relazione mistica] percepito
come altro dall’uomo, esattamente come esiste nell’uomo la struttura mentale
per l’instaurare relazioni sociali [dove l’“altro” è percepito interiormente e “vive”
dentro l’uomo, anche indipendentemente dalla relazione diretta]. ora, l’esistenza
di tale struttura mentale nell’uomo [quella del rapporto relazionale tra l’uomo
e dio] è prova della riproduzione, di cui si è detto all’inizio: questo canale
relazionale, interno all’uomo, presupposto per il dialogo religioso e
psicologico tra l’uomo e dio, presuppone la riproduzione reale di dio dentro l’uomo.
DIMOSTRAZIONE_194:
STANDARD_CLASSICA_PRIMA
riprendendo le ultime dimostrazioni [come la dimostrazione
dim_192], l’esistenza di dio si ricava da questa semplice considerazione [questa
dimostrazione è stata già formulata, ma ora la si espone in modo più breve].
esiste l’uomo. l’uomo, anche per il fatto di intuire la necessità, è connesso
alla necessità. l’uomo è quindi soggetto immerso nell’essere_necessario. esiste
quindi un soggetto nell’essere_necessario. ebbene, secondo la
metafisica_epistemica [da cui deriva la gnoseologia epistemica, che è la teoria
della conoscenza normale o standard], esiste un unico modo in cui il pensiero,
la conoscenza e la vita di un soggetto, se un soggetto esiste, potrebbe
esistere, rispetto alla necessità dell’essere e alle forme della necessità e
poste dalla necessità, e questo modo è quello standard, il quale, non esistendo
nell’uomo, esistendo l’uomo, cioè il soggetto, nella necessità, deve quindi
esistere in dio, soggetto_standard, nel quale la vita e la conoscenza sono esistenziamente
[perché eterne] e formalmente [perché standard] normali.
DIMOSTRAZIONE_195:
STANDARD_CLASSICA_SECONDA
Riprendendo il ragionamento della dimostrazione dim_194, si
ricava una ulteriore dimostrazione. l’uomo, anche per il fatto di
intuire la
necessità, è connesso alla necessità. l’uomo
è quindi soggetto immerso nell’essere_necessario.
esiste quindi un soggetto nell’essere_necessario. ebbene, secondo
la
metafisica_epistemica [da cui deriva la gnoseologia epistemica, che
è la teoria
della conoscenza normale o standard], esiste un unico modo in cui il
pensiero,
la conoscenza e la vita di un soggetto, se un soggetto esiste, potrebbe
esistere, e questo modo è quello standard, il quale, non
esistendo nell’uomo,
esistendo l’uomo, cioè il soggetto, deve quindi esistere
in dio,
soggetto_standard [questa è la dimostrazionbe dim_194. ora si
aggiunge che …] …
inoltre l’essere_necessario, è stato detto,
“tollera” l’uomo [come dicono le dimostrazioni
dim_179 e dim_185]. questo significa che non solo l’uomo è
soggetto non_normale
[perché non è standard, in quanto le forme della sua vita
e della sua conoscenza
sono non normali rispetto alle forme della necessità], ma
significa anche che l’uomo
non potrebbe esistere e sussistere, rispetto alla necessità, e
quindi si deve
ammettere l’esistenza di dio come del soggetto che consente
all’uomo di
sussitere, esistenzialmente e formalmente, rispetto alla
necessità dell’essere
e alle forme della necessità. ciò significa che tale
“tolleranza” dell’uomo,
non normale, da parte dell’essere_necessario normale, è
mediata da dio, perché dio
è soggetto, e il soggetto normale [dio] lega, come detto
[dimostrazione dim_189,
che riprende la dimostrazione dim_158] l’uomo
all’essere_necessario.
DIMOSTRAZIONE_196: DEL
PENSIERO_SECONDA, SCISSIONALE_SESTA
esiste [nell’uomo] il pensiero dell’essere. tutto ciò che
esiste, è determinato dall’essere [essere come principio/il creato è
determinato dal principio con la (libera) mediazione di dio]. l’essere ha
quindi determinato il pensiero dell’essere. l’essere è infinito, quindi il
contenuto del pensiero dell’essere è infinito. ma se un contenitore [il pensiero]
racchiude, come contenuto, l’infinito [l’essere, del pensiero dell’essere],
anche il contenitore [il pensiero] è infinito: il pensiero infinito è dio.
nota
la dimostrazione è detta scissionale perché parte dal
pensiero dell’uomo e distingue da esso il pensiero che è dio.
DIMOSTRAZIONE_197: DELLA
STORIA, DELLA FILOSOFIA
la storia della filosofia e la storia dell’umanità sono
costruite per/con forme esteticamente non casuali, ma perfette [platone,
aristotele, hegel, nietzsche, ecc./cesare, garibaldi, cavour, leopardi,
manzoni, ecc.]. quindi, poiché, ad esempio, platone non ha determinato platone
[ad esempio, non ha deciso il proprio nome], deve esistere nella storia una
mente superiore, che ha pianificato e costruito la storia della filosofia e la
storia dell’umanità, e questa mente è dio.
nota
si è distinta la storia della filosofia dalla storia dell’umanità
per sottolineare la bellezza dei nomi dei filosofi: democrito, speusippo, marx,
gadamer, ecc.
DIMOSTRAZIONE_198:
DELLA FORMA_SECONDA
l’uomo e la donna sono forme perfette, ma non_normali. deve quindi
esistere, rispetto all’essere_necessario [che non ammette forme non normali],
una causa e una matrice di tale perfezione formale di tipo non_normale, che ha
creato l’uomo e la donna, e questa causa e matrice è dio.
nota
si osserva che tutte le dimostrazioni epistemiche
presuppongono una connessione dell’uomo all’essere_necessario. il senso comune
e la scienza_moderna_contemporanea pensano che l’uomo sia una quantità isolata/scissa
dall’essere, e come tale totalmente manipolabile. ma ciò non è possibile
[secondo la metafisica_epistemica], perché può esistere solo ciò che è
funzionale alla necessità, e le stesse causazioni interne al caos, pur senza
forma, esistono per tale funzione. questa funzionalità alla necessità di ciò
che esiste è, per il creato, mediata da dio. una conseguenza di tale concezione
è che esistono limiti assoluti [naturali, non etici, ed etici in quanto
naturali] alla manipolazione dell’uomo. secondo questa concezione, dunque, l’uomo
è un ente, le cui reali proporzioni [non apparenti] sono [fisicamente e
esistenzialmente] infinite, e in tali profondità dell’essere_uomo avviene la
congiunzione tra il pensiero dell’uomo e l’essere_necessario, congiunzione possibile
sono in quanto [come detto nelle dimostrazioni] essa è mediata da
dio_soggetto_necessario.
DIMOSTRAZIONE_199: DELLA
CONNESSIONE_SECONDA
l’uomo, che pensa la necessità, è connesso alla necessità.
il punto di connessione [“congiunzione”, come detto nella nota della dimostrazione
dim_198] tra l’uomo e la necessità deve avere i caratteri dell’uomo e della
necessità. esso è quindi la necessità come uomo, e questa è cristo, cioè dio.
nota
questa dimostrazione di collega alla nota della
dimostrazione dim_198, che per la parte richiamata qui si ripete: “l’uomo è un
ente, le cui reali proporzioni [non apparenti] sono [fisicamente e
esistenzialmente] infinite, e in tali profondità dell’essere_uomo avviene la
congiunzione tra il pensiero dell’uomo e l’essere_necessario, congiunzione possibile
sono in quanto [come detto nelle dimostrazioni] essa è mediata da
dio_soggetto_necessario”.
DIMOSTARZIONE_200: EPISTEMICA_TOMISTICA,
DELLA PARTECIPAZIONE
premessa
secondo la filosofia tomistica dio è l’essere puro, e gli
enti creati sono forme ed essenze che non hanno l’essere in se stessi
[distinzione tra essere ed essenza], ma lo hanno [per cui esistono] per
partecipazione all’essere di dio, il quale solo è unione tra essere ed essenza.
secondo l’episteme, questo essere_puro è il principio, cioè la semplice
esistenza [che non è dio, dio essendo massima complessità]. vale la distinzione
tra essenza [forma] e essere. la forma [l’uno, la diade, la tecnica, dio, la
fonte, il paradiso, l’emanazione, l’evoluzione, ecc.], detta nell’episteme “ipostasi”,
è la struttura e strutturazione dell’essere_puro [il principio], per cui anche
in tali forme, come dio, l’essere è inscindibile dall’essenza, per cui ogni
ente [sintesi di essere e essenza] esiste necessariamente. ciò spiega perché nell’episteme
si può accogliere il neo_parmenidismo: “tutto [ad esclusione del creato] è
eterno”. ma vale sempre quella distinzione, tra forma e essere, per cui dio ha
potuto anche aggiungere nuovo essere a forme specifiche [previste dalla
necessità/di tipo non_normali] per il creato.
dimostrazione
ciò posto, è necessario che l’essere dell’uomo_soggetto, perché
possa esistere rispetto all’essere_necessario, partecipi dell’essere_puro sono
con la mediazione del corrispondente ente_necessario come soggetto, e questo è
dio. cioè l’uomo_soggetto può esistere e partecipare all’essere [principio],
solo con la mediazione dell’essere_necessario come/in quanto soggetto, e questo
è dio. l’uomo esiste perché partecipa non direttamente al principio, ma al
principio_come_soggetto, il quale è dio.
DIMOSTAZIONE_201: DELLA
BELLEZZA
la bellezza è normale e deriva dalla necessità. ma la
bellezza, che è sempre carattere necessario, relativamente al creato è di tipo non_normale
[come le forme del creato], e quindi rispetto all’essere_necessario_normale, la
bellezza [e le forme] del creato è stata progettata e creata da dio. aristotele
ha intuito le forme, ma non ha intuito che esse, oltre a essere corruttibili [e
quindi create, cioè non eterne], sono anche formalmente non_normali, esse sono cioè
manipolate da dio [creazionismo epistemico] rispetto alla necessità.
nota
questa dimostrazione ripete in parte l’argomento della
dimostrazione dim_198.
DIMOSTRAZIONE_202:
STATISTICA, PROBABILISTICA_SESTA
il fatto che tutte le costanti fisiche fondamentali dell’universo
consentano la vita [secondo quanto anche dice il principio antropico], dimostra
l’esistenza di dio come causa di tale corrispondenza statistica della natura
alla vita [dimostrazione già anticipata da altre dimostrazioni e ricavata anche
dal paradigma del bio_logos].
nota
la dimostrazione dim_1, si è detto, si è servita del
principio antropico. esso dice che l’universo è fatto in modo che la mente lo
pensi, perchè l’universo, così come è fatto, consente la vita, e quindi
l’esistenza di un mente che lo pensi. una formulazione del principio antropico
dice che "deve necessariamente svilupparsi una elaborazione intelligente
dell'informazione nell'universo, e una volta apparsa, questa non si estinguerà
mai" [fonte: wikipedia]. questa tesi riflette il modo in cui il principio
antropico è stato pensato nella dimostrazione dim_1. si osserva la differenza
di tale tesi rispetto all’episteme:
1.] rispetto all’esistenza [matrice del cosmo eterno],
necessariamente esiste dio, che non appare in un certo momento, ma è eterno.
2.] dio inoltre pensa innanzitutto se stesso [secondo
aristotele].
3.] rispetto all’universo eterno, esiste necessarimente il
corpo di cristo_uomo, che pensa se stesso e l’universo.
4.] rispetto al creato, la vita umana non è necessaria, ma è
creata da dio in aggiunta. essa si estingue nell’universo, e vive eternamente solo
in paradiso.
DIMOSTRAZIONE_203: TOLEMAICA_SECONDA,
COSMOLOGICA_SESTA
poiché l’episteme pone un centro nel cosmo [centro
finalizzato alla vita], come il cosmo anche questo centro è troppo grande per
essere commisurato solo per l’uomo: esso è dunque commisurato, in ordine di
dimensioni crescente: per cosmo-adamo, per l’anti_dio [riproduzione di dio nel
creato] e per dio. dio quindi esiste, perché il centro del cosmo è per un
organismo vitale [soggetto] grande, e questo è dio.
nota
questa dimostrazione trascura di precisare la distinzione
tra immanenza e trascendenza, e tra creato [trascendente e immanente] e
non_creato/mondo_eterno [trascendente e immanente]. si precisa che, anche
indipendentemente dalla configurazione reale del creato e dell’al di qua [parte
del creato], il sistema aristotelico_tolemaico è comunque, epistemicamente, possibilmente
ancora una valida rappresentazione del cosmo_eterno_non_creato [“eterno”, cioè
aristotelico: il cosmo dell’al di là].
DIMOSTRAZIONE_204: IMMEDIATA_SECONDA
nella dimostrazione dim_179 si dice che “sul piano dell’esistenza_necessaria è collocato l’uomo”.
questa
semplice e diretta considerazione, che cioè nell'essere_necessario è
collocato l'uomo inteso come essere_... e soggetto_contingente,
consente di intuire in modo immediato l’esistenza
di dio, perché in tale considerazione dio, in base a precedenti
dimostrazioni, in quanto soggetto_necessario, è il necessario
mediatore tra l’uomo [essere/soggetto_contingente] e
l’essere_necessario, essendo dio come …
1.] rispetto alla necessità, causa dell’esistenza dell’uomo.
2.] rispetto alla necessità, punto di innesto, nella
necessità, in quanto dio_soggetto_necessario, dell’uomo_soggetto_contingente.
3.] rispetto all’essere_necessario, pensiero immerso in esso
per la sua pensabilità da parte dell’uomo.
4.] rispetto all’essere_necessario, soggetto le cui forme_soggettive
[cioè di “soggetto”/organismo vivente e pensante/ad esempio: mente, pensiero,
organi, spirito, anima, occhi, ecc./senz’altro cervello/è dubbio invece, ad
esempio, per i polmoni, ecc.], anche appartenenti all’uomo in modo non_normale
[e anche corruttibile], sono aristotelicamente eterne.
5.] rispetto all’essere_necessario, soggetto che è mediatore
per l’uomo per trasmettere a questo, solo in quanto entrambi soggetti, l’essere/esistenza,
per partecipazione.
6.] seguono forse anche altre determinazione che prevedono
dio come mediatore tra l’uomo e la necessità, determinazioni di cui qui non ci
si ricorda.
nota
tutte
le dimostrazione epistemiche si fondano su un presupposto, che
costituisce una delle critiche epistemiche più importanti al pensiero
moderno, al senso comune, alla scienza contemporanea e alla storia
della filosofia: l'uomo non è [come si crede comunemente e come pensano
anche gli scienziati] una quantità isolata dall'essere, come se l'uomo,
posto in una stanza, fosse tutto racchiuso, in ogni sua determinazione,
in quella stanza: l'uomo ha una "corpo", un prolungamento, di tipo
esistenziale [base_esistenziale], spirituale e materiale, di estensione
infinita, che lo collega al tutto, ma non in modo casuale, bensì in
modo strutturale e strutturalmente connesso all'essere e al principio,
in modo gerarchizzato, ovvero alla struttura gerarchizzata dell'essere.
tale profondità esistenziale, strutturale, non apparente, dell'uomo, fa
sì che l'uomo sia connesso con l'essere_necessario [ad esempio,
nell'intuizione del pensiero umano dell'essere_necessario: "l'essere
è/esiste, e non può non essere", come dice parmenide], e poichè l'uomo
è soggetto_contingente [con tutta la sua estensione infinita, ma non
eterna: eterna solo in futuro], dal rapporto tra essere_necessario e,
in esso collocato, uomo come soggetto_contingente derivano diverse
dimostrazioni, come questa, perchè tale rapporto non può essere
spiegato senza dio come mediatore tra i due termini del rapporto.
DIMOSTRAZIONE_205:
DEL PENSIERO_TERZA
questa dimostrazione riprende gli argomenti delle dimostrazioni
dim_6, dim_158 e dim_177:
1.] secondo il pensiero comune [accolto dall’episteme e
anche dalla teologia_cristiana] l’uomo proviene dal nulla. il pensiero dell’uomo
proviene quindi dal nulla.
2.] esso pensa concetti, che non derivano dall’esperienza: l’eterno
e l’infinito, il razionale, l’esistente [che non è l’apparente] e il
necessario.
3.] questi concetti non sono posti dal pensiero dell’uomo,
che proviene dal nulla, ma sono determinati [come la forma del pensiero dell’uomo
e del soggetto come uomo] dall’essere_necessario [come dice la dimostrazione
dim_177].
4.] questi concetti sono pensati come veri: riguardano
infatti la struttura, infinita, eterna, razionale e necessaria, dell’essere_necessario.
5.] occorre ora dimostrare che tali concetti riguardano anche
un/il soggetto [dio], il quale è anche pensiero [occorre dimostrare che tali
concetti riguardano anche un/il pensiero].
6.] come è stato detto nella dimostrazione dim_6 a proposito
dell’essere, che si identifica con il pensiero che lo pensa, il pensiero dell’infinito
e dell’eterno comporta [secondo parmenide] l’identità tra pensiero, da un lato,
e l’eterno e l’infinito dall’altro.
7.] questo significa [come detto nella dimostrazione
dim_158], che è possibile, nell’uomo, il pensiero dell’infinito e dell’eterno,
solo se esiste un pensiero che pensi sempre l’infinito e l’eterno, esterni ad
esso, e che sia infinito e eterno, che cioè abbia l’infinito e l’eterno dentro
se stesso. questo pensiero è dio.
DIMOSTRAZIONE_206: IMMEDIATA_TERZA
l’inizio dell’analisi critica della dimostrazione dim_1 [analisi
non ancora attuata] ha prodotto una nuova dimostrazione. essa dice che “dio esiste [semplicemente] perché esiste
il pensiero o anche il soggetto”, cioè “poiché
il pensiero e il soggetto esistono, dio esiste”. infatti, rispetto all’essere_necessario,
è razionale e comune la considerazione secondo cui il pensiero è concetto intrinsecamente
eterno, razionale, necessario e reale [così come il soggetto], dove reale non
significa “presupposto esistente”, ma significa che il pensiero è concetto che esiste per significare l’esistenza
del pensiero come realtà nella realtà. si intende dire che “pensiero” è
concetto puro, è forma ed essenza aristotelica, quindi eterna, e poiché anche
reale, il pensiero eterno e reale è dio. cioè: anche se l’uomo non esistesse,
esisterebbe il pensiero [… ma, in cristo, anche l’Uomo è concetto eterno], e poiché
il pensiero esiste per essere pensiero reale, il pensiero_reale_eterno è dio.
DIMOSTRAZIONE_207:
DELLA BELLEZZA_SECONDA
la bellezza [che appare, nella natura e nell’uomo] è una
forma necessaria, quindi eterna. Se è eterna, precede l’apparire dell’uomo. Ma
non può esistere la bellezza eterna, umana, in relazione alla non esistenza dell’uomo,
senza che esista un uomo, a cui questa bellezza, che è eterna, appartenga in
modo attuale. Quindi, come la bellezza umana è eterna, perché necessaria,
esiste anche un uomo eterno, a cui riferire attualmente la bellezza umana, e
questo uomo eterno è cristo, cioè dio.
nota
si osserva che …
1.] … questo ragionamento non può essere attribuito a dio
direttamente [in quanto idea eterna], perché mentre la bellezza appare, dio non
appare.
2.] inoltre questo ragionamento deve fare leva sulla
bellezza dell’uomo, e non semplicemente e più direttamente sulla forma
dell’uomo, perché questa, essendo non_normale, potrebbe anche essere non eterna
[è eterna, ma come eternità dell’idea dell’uomo_creaturale, non esistente in
eterno], invece la bellezza della forma umana prescinde dalla non_normalità
della forma dell’uomo creaturale, perché è bellezza sia di questo sia dell’uomo,
la cui forma è normale, cioè cristo e l’anima_paradisiaca dell’uomo creaturale
portato in paradiso.
DIMOSTRAZIONE_208: PERSONALISTICA,
RTZ_8
questa dimostrazione riprende il tema della dimostrazione dim_39.
nella sua autobiografia [J. Ratzinger, “La mia vita”], ratzinger scrive: “… Non saprei indicare una prova della
verità della fede più convincente della sincera e schietta umanità che la fede
ha fatto maturare nei miei genitori e in molte altre persone che ho potuto
incontrare”.
queste parole dicono che …
1.] la fede [la credenza nell’esistenza di dio], e soltanto
essa, …
2.] … ha causato una determinata “umanità” [“determinata”,
ovvero “sincera e schietta”] …
3.] … la cui esistenza dimostra la verità della fede stessa.
l’espressione “prova della verità della fede” significa che
l’intelletto intuisce, che questa fede non può consistere solo in una credenza,
perché questa umanità è tale, per cui essa esiste solo perché causata dalla
certezza. l’uomo può credere, illudersi di tale certezza, ma il dubbio non
potrebbe generare tale umanità, essa esiste perché è soprannaturale, ovvero perché
sostenuta dall’alto, per cui il cielo [dio] esiste, agendo sull’uomo.
ratzinger, constatando l’esistenza di tale umanità, non constata solo che
alcuni uomini hanno saputo “illudersi bene”, ma che qualcosa di esterno ad essi
ha agito in essi sostenendo dall’alto il loro agire ed essere, la loro umanità:
credere che dopo la morte ci sia il paradiso, può aiutare a vivere bene, ma ”oggettivamente”
solo l’esistenza effettiva del paradiso consente il reale vivere bene [cioè l’amare
in senso cristiano]. la dim_39 è richiamata per la corrispondenza tra l’essere
etico dell’uomo e la verità logica_speculativa della struttura dell’essere, su
cui tale struttura etica si fonda: solo dio può suscitare quel timore di dio e
del suo giudizio, da cui solo discende la condotta umana perfettamente ispirata
all’amore.
ci si collega quindi anche alla dimostrazione dim_168: il
timore di tradire questo amore puro genitoriale suscitato dalla fede, e quindi
di tradire la fede, mette in secondo piano, e quindi lo fa anche a livello
speculativo, la questione della consistenza speculativa_veritativa di questa fede:
è la purezza dell’amore cristiano che è prova della verità della fede: una tale
purezza [desiderio], per la quale l’uomo non ha bisogno d’altro: vivendo d’amore,
dell’amore di dio come dei propri genitori, la necessità di fondare questo
amore su di una dimostrazione speculativa dell’esistenza di dio passa in
secondo piano [anche speculativamente]: l’esistenza di questo amore è prova “sufficiente”
dell’esistenza di dio, che è sua fonte [causa] soprannaturale, fonte di un
amore [umano_terreno], che esiste solo perché causato dall’alto [da dio].
DIMOSTRAZIONE_209: CREAZIONISTICA_TERZA
il creazionismo agisce come intuizione a carattere
epistemico, la quale intuisce l’esistenza di un progetto intelligente [e quindi
di dio], riguardo alle seguenti variabili [che qui sono state allargate]:
1.] le variabili dell’universo, tali da consentire la vita.
2.] le variabili del sistema solare [nella galassia
“via lattea”], tali da consentire la vita.
3.] le variabili del pianeta terra, tali da consentire
e accogliere la vita.
4.] la conformazione dei continenti, tali da
consentire lo sviluppo dei popoli.
5.] la distribuzione delle risorse naturali, tali da
favorire un equilibrato processo storico, in cui i singoli e i popoli si
incontrano.
6.] la struttura organica della vita, calibrata per il
pianeta terra.
7.] la forma perfetta e non più perfettibile
dell’essere umano.
8.] i prodotti archetipici della cultura [storia della
filosofia, letteratura, cinematografia, musica, ecc.].
9.] le forme archetipiche della storia [nomi delle epoche, dei processi storici,
delle figure storiche, ecc.] [un articolo di giornale riportava come
cambierebbe la storia se le figure storiche avessero il cognome della madre: da
tale articolo appariva come questo cambiamento farebbe della storia un processo
meno estetico, più casuale, ovvero meno “progettato”].
10.] altre determinazioni.
tutto questo manifesta l’agire nell’universo e sulla terra di un piano
intelligente, tale da escludere l’azione del caso nell’esistenza dell’uomo. si
osserva che questo insieme di variabili non è solo di tipo quantitativo, ma è
l'incrocio di variabili di tipo, insieme, quantitativo e qualitativo, per cui
esso non può essere una mera coincidenza.
DIMOSTRAZIONE_210: CRISTOLOGICA, EPISTEMICA
questa dimostrazione dimostra l’esistenza di dio_figlio:
1.] l’episteme è la conoscenza, quindi è il
pensiero-soggetto e la sua rappresentazione.
2.] la conoscenza è conoscenza [rappresentazione]
dell’oggetto, oggetto cui appartiene il soggetto.
3.] l’oggetto è l’Intero [di cui una parte è il soggetto].
4] il soggetto-conoscenza dell’Intero è il
doppio-Intero-come-soggetto: è l’Intero duplicato nel soggetto.
5.] l’episteme è quindi il soggetto_Intero, ovvero l’Intero-come-soggetto.
6.] il soggetto-come-Intero è dio, ma in particolare è
quella parte di dio preposta specificamente al pensiero e alla conoscenza, cioè
il verbo-logos: il Figlio.
7.] l’episteme è quindi, all’interno della trinità, il
Figlio, inteso come “cervello” del Padre [suoi pensiero, mente e Intelletto].
considerazioni
la dimostrazione ripete gli argomenti delle dimostrazioni
dim_1 e dim_6:
1.] essa parte dalla definizione della conoscenza come
soggetto_pensante.
2.] poi dice che la conoscenza è conoscenza dell’oggetto,
quindi dell’Intero [essendoci un solo oggetto: il tutto].
3.] ma una conoscenza, che è soggetto_pensante, dell’Intero,
è il soggetto_pensante_Intero, cioè dio inteso come soggetto_Intero [soggetto
“immenso”, la cui proporzione è cioè commensurata al tutto, da esso
conosciuto].
DIMOSTRAZIONE_211: ETIMOLOGICA
questa
dimostrazione continua una ipotesi di definizione del problema teistico, che
viene riportata in nota:
1.] esiste, come anapodittica [che non ha bisogno di essere
dimostrata esistente] necessariamente la necessità [“l’essere è e non può non
essere”, secondo parmenide].
2.] la necessità è l’oggetto_necessario [l’oggetto].
3.] l’esistenza di dio sarebbe l’esistenza, all’interno
della necessità/oggetto_necessario, di un soggetto_necessario [successivamente
di potrebbe dimostrare che, se esiste un soggetto_necessario, che è dio, esso è
anche unico: dimostrazione del monoteismo].
4.] l’oggetto è termine che denota, secondo necessità,
primariamente la necessità.
5.] il soggetto sarebbe, quindi, il termine che denota,
secondo necessità, primariamente il soggetto_necessario, cioè dio.
6.] se la parola “soggetto” è una convenzione tale, per cui
alla parola “oggetto” [termine necessario denotante necessariamente la
necessità], è solo stata storicamente aggiunta, in modo convenzionale, la “s”,
ottenendo “s_oggetto”, allora non è necessaria la denotazione del soggetto a
dio, perché la parola “soggetto” non è necessaria. se, invece, si dimostra che
la parola “soggetto” ha una sua etimologia, che sia indipendente e
co-originaria a quella dell’oggetto, allora il termine “soggetto” è anch’esso
necessario [come l’oggetto], e denoterà i termini più comuni espressi dal suo
significato [dai quali, che si riportano, sono stati appositamente esclusi
quelli dell’uso filosofico della parola].
7] segue l’etimologia delle parole “oggetto” e “soggetto”
[dal vocabolario zingarelli, 2004] [si osserva che il significato della parola
“oggetto” rimanda al “soggetto”]:
a.] oggetto = [lat. obiectu(m) “cosa gettata contro, posta
innanzi”, part. pass. nt. di obicere “gettare contro”, comp. di ob- “contro” e
iacere “gettare”]. significato: correntemente, ogni cosa, spec. solida, che può
essere percepita dai sensi e in particolare mediante la vista o il tatto.
b.] soggetto = [lat. tardo subiectu(m) “soggetto”. nt. sost.
di subiectus, part. pass. di subicere “sottoporre”/dall’aggettivo … lat.
subiectu(m), part. pass. di subicere “sottoporre” comp. di sub “sotto” e iacere
“gettare”]. significato: (gramm.) la persona o la cosa che fa o subisce
l’azione espressa dal verbo o si trova nella condizione indicata dal verbo;
(med.) individuo, persona, in quanto presenta determinate caratteristiche
cliniche.
8.] come si vede, la parola “soggetto” non è una convenzione
nata dalla parola “oggetto”, ma ha una sua etimologia originaria e indipendente
dall’etimologia della parola “oggetto”, e i significati rimandano alla vita e
al pensiero, cioè a un individuo e a una persona.
9.] è quindi dimostrata l’esistenza di dio: come il termine
oggetto denota necessariamente [nel suo significato primario] la necessità,
così il termine soggetto denota, all’interno della necessità, necessariamente
il soggetto_necessario, cioè dio.
nota: ipotesi di
definizione del problema teistico
un possibile corretto posizionamento del problema teistico
potrebbe essere il seguente:
1.] [come dice severino nello scritto “ritornare a parmenide”… ] … il piano
della necessità dell’essere, immutabile, è anapodittico. si sa, quindi, che
l’essere necessario esiste necessariamente. la filosofia moderna e
contemporanea [a partire da kant] dubita dell’esistenza di questo piano: ciò è
dovuto alla dimenticanza dell’autentico senso dell’essere, per cui l’essere
necessario esiste necessariamente, in quanto la necessità è la forma primaria e
normale dell’essere. infatti, poiché “l’essere è e non può non essere”,
l’essere esiste necessariamente.
2.] la necessità è l’oggetto necessario.
3.] a questo punto, la ragione intuisce che si deve
dimostrare che, posto che un soggetto esiste, nell’uomo, sia possibile riferire
l’esistenza di un soggetto anche al piano dell’essere necessario, come
esistenza del soggetto necessario, il quale è normalmente, convenzionalmente
definito “dio”. il problema è questa dimostrazione, ma è naturale la
considerazione che, poichè esiste l’oggetto necessario, debba normalmente [cioè
necessariamente] esistere anche il soggetto necessario.
4.] è un errore quanto dice la filosofia cristiana
tradizionale, che dio è la necessità stessa, cioè l’essere/esistenza semplice,
perché dicendo che dio è la necessità …
a.] da un lato, si dimostrerebbe anapoditticamente l’esistenza di dio, perché
[come detto] la necessità esiste necessariamente;
b.] ma, dall’altro, l’identificazione tra dio e la
necessità, intesa come l’esistenza semplice, non appare plausibile, infatti
l’essere semplice non può avere i caratteri di un ente differenziato, cioè
complesso, come dio, essendo dio: … amore, trinità [tre persone], persona
[auto_coscienza], sostanza [spirito], infinito, eterno, assoluto, logos, vita,
conoscenza [e altre determinazioni], per cui, in base ad esse, dio non può
essere tutto questo, ed essere anche “semplice”, ma dio appare invece come ente
complesso.
DIMOSTRAZIONE_212: DEL LINGUAGGIO_SECONDA
è possibile forse ricavare una ulteriore dimostrazione dalla
dimostrazione dim_211, in cui si sono dette le seguenti due proposizioni:
1.] “l’oggetto è termine che denota, secondo necessità,
primariamente la necessità.
2.] “… alla parola “oggetto” [termine necessario denotante
necessariamente la necessità] …”.
dimostrazione
la dimostrazione è così costruita:
1.] se “oggetto” è parola che denota necessariamente la
necessità, esiste allora il linguaggio [la parola] necessario.
2.] conseguentemente:
a.] poiché esiste il linguaggio, esiste un soggetto, perché
la parola è per il pensiero [soggetto].
b.] poiché questo linguaggio è necessario ed esiste
necessariamente, esso è per un soggetto_necessario, e questo è dio.
c.] poiché, dunque, esiste il linguaggio della necessità,
dio esiste, come il soggetto_necessario a cui viene necessariamente riferito
l’uso di questo linguaggio [che nel presente testo è anche usato dall’uomo].
DIMOSTRAZIONE_213: ESTETICA_SECONDA
nell’antica grecia, il culto della bellezza veniva espresso
con l’arte della scultura. ciò comporta una oggettivizzazione del concetto di
bellezza, e quindi di ordine intrinseco alla natura, nel corpo umano. il caso è,
quindi, escluso nell’evoluzione dell’essere umano, la quale ha condotto alla
forma umana e all’idea di bellezza. inoltre, nella bellezza della donna
moderna, alcune forme umane sono di pari bellezza a quelle riprodotte dall’arte
greca. ma nell’evoluzione esiste anche il caso. essa è, quindi, un processo a
carattere misto [di ordine e caso], e perciò su di esso deve aver agito l’intervento
di una intelligenza, che lo ha guidato secondo il senso della quarta
dimostrazione [DIM_4].
DIMOSTRAZIONE_214:
KANTIANA_QUARTA
il kantismo comporta il finalismo come congiunzione e
soggettivizzazione tra un oggetto, il cosmo, ed un soggetto, la vita animale e
umana. questo oggetto, enorme, e questo soggetto, piccolo, anche in quanto
calato il soggetto nella realtà virtuale, sono elementi tra loro non commensurati.
dio è, invece, commensurato al cosmo, per cui nel cosmo la soggettivizzazione
divina è causata dal determinismo. poiché il mondo non è centrato sull’uomo, il
soggetto su cui il mondo è centrato è un altro soggetto, ed è appunto dio,
soggetto commensurato al mondo. ciò è detto sia con riguardo alle dimensioni
del cosmo [cioè del dato kantiano, che nella prospettiva epistemica è già
strutturato rispetto al soggetto] sia con riguardo alla realtà e alla
tecnologia virtuale, relativa tanto alla vita, animale e umana [piccola],
quanto a dio [vita grande, proporzionata alle dimensioni del cosmo].
DIMOSTRAZIONE_215: DEL
MALE, FREUDIANA, PLATONICA
a causa dell’inerzia [secondo freud] e della resistenza
[secondo platone] della materia, la vita [qui intesa come il corpo biologico,
in cui si incarna lo spirito] non può essere emersa da sola: quindi dio l’ha
fatta emergere.
nota
in realtà, la scienza moderna non interpreta la vita, come secondo
freud, come energia vitale [eros] che si oppone alla materia e alla morte, ma
come semplice e casuale aggregato di materia. la dimostrazione è quindi valida
secondo freud, per il quale la materia tende a riassorbire la vita, proprio perché
la vita resiste alla materia, e questa resistenza origina ad esempio l’aggressività
dell’uomo come meccanismo di difesa opposto alla morte.
DIMOSTRAZIONE_216: DEL
SOGGETTO
questa dimostrazione riprende e riformula più chiaramente
numerosi
argomenti precedenti. l’uomo è un soggetto, la cui
mente/pensiero pensa l’essere,
e pensa l’essere_necessario [questo esiste intuitivamente secondo
parmenide: “l’essere
è e non può non essere”]. quindi, questo soggetto,
che è l’uomo, è anche soggetto_necessario,
e allora esiste il soggetto totalmente necessario, che è dio.
fino a qui si è
ripetuto un argomento precedente [di tipo scissionale]. lo si precisa.
pensare è
identificarsi al pensato. pensare l’essere significa essere
l’essere pensato.
pensare l’essere_necessario significa essere
l’essere_necessario. quindi, il
pensiero dell’essere necessario è pensiero_necessario
[pensiero = essere … comporta
che … essere_necessario = pensiero_necessario]. in questo caso,
…
1.] il pensiero, che è l’essere, è l’uomo che pensa l’essere,
2.] l’uomo è anche pensiero necessario, perché pensa l’essere
necessario,
3.] quindi, esiste dio come pensiero totalmente necessario.
DIMOSTRAZIONE_217:
DELL’INTUIZIONE
l’uomo prova il bisogno di dio, perché vuole l’eternità, per
legarsi alla vita, rispetto alla morte, e capisce che l’eternità non è
gratuita, in quanto l’esistenza dell’uomo è frutto di una volontà, e questa in
dio è costata fatica. dio esiste come spiegazione della non gratuità, cioè non
necessità, dell’esistenza dell’uomo [rispetto all’essere_necessario e al caso,
che non possono aver determianto l’esistenza dell’uomo, il quale, intuendo l’essere_necessario,
dimostra di non poter essere stato causato dal caso, essendo anche pensiero necessario,
pensante l’essere_necessario].
DIMOSTRAZIONE_218: INTUITIVA_SECONDA, STANDARD_CLASSICA_TERZA, NORMALE_DODICESIMA,
SCISSIONALE_SETTIMA, UNDICESIMA_PARADOSSALE
questa dimostrazione ripete numerosi
argomenti già presentati, riformulandoli in modo maggiormente sintetico e
intuitivo:
1.] l’uomo è essere contingente, perché
ha la forma della contingenza [ad esempio, commette errori].
2.] l’uomo intuisce la necessità.
deve allora esistere il pensiero necessario, perché pensare la necessità
significa essere, in parte, la necessità [identificarsi ad essa].
3.] il punto 1.] e il punto 2.] [che
sono paradossali, in quanto si contraddicono] si conciliano tenuto conto che l’uomo
deve essere derivato, in modo libero [contingente] dalla necessità, e deve
essere stato previsto dalla necessità. l’uomo cioè, pur derivando dalla libertà
[e quindi anche dal caso e dal caos], ha in sé la matrice della necessità, cioè
dell’eterno.
4.] esistono quindi [perché intuiti
e tra loro identificati] la necessità, il pensiero della necessità [contenuto
del pensiero], e il pensiero necessario [il pensiero come organo].
5.] ma un pensiero necessario è
già dio.
6.] la dimostrazione ora separa l’uomo,
come pensiero necessario [che intuisce la necessità], dal pensiero necessario,
normale e primario, che è dio.
7.] una intuizione comune a tutti
gli uomini e frequente [quando, ad esempio, ci si vuole guardare allo specchio,
perché non si riesce “a credere” di esistere e di vivere], è quella secondo cui
l’uomo si meraviglia di esistere, per cui leibniz e einstein si sono chiesti: “perché l’essere anziché il nulla ?”. l’episteme,
qui, dice che normale non è il nulla, ma l’essere, ed è anormale invece l’esistenza
dell’uomo, come parte dell’essere, contingente/non necessaria. l’essere normale,
infatti, è l’essere in sé secondo parmenide, che necessariamente esiste.
8.] l’uomo, quindi, si meraviglia
di esistere: questo proprio perché, rispetto alle determinazioni necessarie ipostasi]
della necessità, tra cui dio, l’uomo non è una di esse. l’uomo non dovrebbe
esistere rispetto alla necessità, proprio perché esiste, in quanto creato da
una volontà [di dio], che si sovrappone e si aggiunge rispetto a queste
determinazioni [necessarie e indipendenti rispetto alla volontà di dio].
9.] non il mondo non dovrebbe
esistere [rispetto alle causazioni dirette della necessità], ma solo quel mondo
che è il creato, e insieme al creato, l’uomo.
10.] di qui la meraviglia umana
per ciò che esiste e che non dovrebbe esistere, limitatamente al creato
[peraltro si rileva, e resta inspiegato, che l’uomo riesce a meravigliarsi
anche rispetto all’esistenza della necessità e dio, cioè anche della
necessità]. l’episteme è il pensiero che studia e riflette ciò che normalmente
esiste e deve esistere secondo necessità.
11.] ora si effettua la scissione
tra l’uomo e dio: tolto l’uomo [che non dovrebbe esistere], non rimane solo il
mondo necessario [la necessità], ma più specificamente rimane proprio anche il
pensiero necessario della necessità, che l’uomo è ma non interamente e perfettamente,
e questo pensiero, che stava prima dell’uomo e sta al posto dell’uomo [del suo
inadeguato pensiero della necessità] è dio. è come se mi ritraessi dallo
specchio, e dicessi che effettivamente non esisto: esiste però un pensiero al
posto mio [che rimane al posto mio davanti allo specchio], quel pensiero della
necessità [che è dio], che in me, pensando io la necessità, si dimostrava
essere necessario, e quindi necessariamente esistente anche indipendentemente
da me, essendo esso eterno, perché necessario.
proposizioni su di una possibile dimostrazione
dell’esistenza di dio
[23/09/2008]
presupposto quanto riportato nel
paragrafo “proposizioni su un possibile corretto posizionamento del
problema speculativo del teismo”, si può porre il seguente argomento come una
possibile dimostrazione dell’esistenza di dio [ricavata da quel paragrafo e suo
completamento]:
1.] esiste, come anapodittica [che non
ha bisogno di essere dimostrata esistente] necessariamente la necessità
[“l’essere è e non può non essere”, secondo parmenide].
2.] la necessità è l’oggetto_necessario
[l’oggetto].
3.] l’esistenza di dio sarebbe
l’esistenza, all’interno della necessità/oggetto_necessario, di un
soggetto_necessario.
4.] l’oggetto è termine che denota,
secondo necessità, primariamente la necessità.
5.] il soggetto sarebbe, quindi, il
termine che denota, secondo necessità, primariamente il soggetto_necessario,
cioè dio.
6.] se la parola “soggetto” è una
convenzione tale, per cui alla parola “oggetto” [termine necessario denotante
necessariamente la necessità], è solo stata storicamente aggiunta, in modo
convenzionale, la “s”, ottenendo “s_oggetto”, allora non è [forse] necessaria la
denotazione del soggetto a dio, perché la parola “soggetto” non sarebbe in
questo caso necessaria. se, invece, si dimostra che la parola “soggetto” ha una
sua etimologia, che sia indipendente e co-originaria a quella dell’oggetto,
allora il termine “soggetto” è anch’esso necessario [come l’oggetto], e denoterà
i termini più comuni espressi dal suo significato [dai quali, che si riportano,
sono stati appositamente esclusi quelli dell’uso filosofico della parola, perchè
forse convenzionale, ovvero presupponente l'esistenza di un soggetto].
7] segue l’etimologia delle parole
“oggetto” e “soggetto” [dal vocabolario zingarelli, 2004] [si osserva che il
significato della parola “oggetto” rimanda al “soggetto”: i "sensi", la "vista", il
"tatto"]:
a.] oggetto = [lat. obiectu(m) “cosa
gettata contro, posta innanzi”, part. pass. nt. di obicere “gettare contro”,
comp. di ob- “contro” e iacere “gettare”]. significato: correntemente, ogni
cosa, spec. solida, che può essere percepita dai sensi e in particolare mediante
la vista o il tatto.
b.] soggetto = [lat. tardo subiectu(m)
“soggetto”. nt. sost. di subiectus, part. pass. di subicere
“sottoporre”/dall’aggettivo … lat. subiectu(m), part. pass. di subicere
“sottoporre” comp. di sub “sotto” e iacere “gettare”]. significato: (gramm.) la
persona o la cosa che fa o subisce l’azione espressa dal verbo o si trova nella
condizione indicata dal verbo; (med.) individuo, persona, in quanto presenta
determinate caratteristiche cliniche.
8.] come si può osservare, la parola
“soggetto” non è quindi una convenzione nata dalla parola “oggetto”
[aggiungendovi la "s"], ma ha una sua etimologia originaria e indipendente
dall’etimologia della parola “oggetto”, e i significati rimandano alla vita e al
pensiero, cioè a un individuo e a una persona.
9.] è quindi dimostrata l’esistenza di
dio: come il termine "oggetto" denota necessariamente [nel suo significato
primario] la necessità, così il termine "soggetto" denota, all’interno della
necessità, necessariamente il soggetto_necessario, cioè dio.
nota
la dimostrazione è stata costruita
1.] come un "ponte": dalla denotazione
necessità-oggetto, attraverso il rapporto oggetto-soggetto [il ponte], si è
ricavata la denotazione soggetto-dio.
2.] come una "catena", secondo la
successione: necessità-oggetto/oggetto-soggetto/soggetto-dio.
successivamente di potrebbe dimostrare
che, se esiste sul piano della realtà_necessaria un soggetto_necessario, che è
dio, esso è unico [dimostrazione del monoteismo].
proposizioni su di una dimostrazione ricavata
dalla precente dimostrazione
[23/09/2008]
è possibile forse
ricavare una seconda dimostrazione dalla dimostrazione riportata nel paragrafo
precedente, in cui si sono dette le seguenti due proposizioni:
1.] “l’oggetto è
termine che denota, secondo necessità, primariamente la necessità”.
2.] “… alla parola “oggetto” [termine
necessario denotante necessariamente la necessità] …”.
la dimostrazione è così costruita:
1.] se “oggetto” è
parola che denota necessariamente la necessità, esiste allora il linguaggio [la
parola] necessario.
2.] conseguentemente:
a.] poiché esiste il
linguaggio, esiste un soggetto, perché la parola è per il pensiero [soggetto].
b.] poiché questo
linguaggio è necessario ed esiste necessariamente, esso è per un
soggetto_necessario, e questo è dio.
c.] poiché, dunque, esiste il
linguaggio della necessità, dio esiste, come il soggetto_necessario a cui viene
necessariamente riferito l’uso di questo linguaggio [che nel presente testo è
usato anche dall’uomo].
nota
critica [26/09/2008]
nella presente dimostrazione si dice
che “… questo linguaggio … esiste necessariamente” [punto b.] di 2.] del secondo
elenco di punti]. una obiezione a questo punto b.] potrebbe dire che esiste il
linguaggio della necessità, ma esso non esisterebbe necessariamente, bensì solo
in relazione all’esistenza dell’uomo, la quale è contingente [non eterna e
necessaria]. a questa obiezione si risponde [attraverso un ragionamento non
tutto dimostrato], che l’esistenza dell’uomo è contingente, ma il linguaggio
dell’uomo denota la necessità [e, in essa, l’eternità], quindi la necessità, che
non ha determinato necessariamente l’esistenza dell’uomo [avvenuta con la libera
mediazione creatrice di dio], ha però determinato necessariamente la possibilità
dell’uomo e il linguaggio dell’uomo [e ogni carattere dell’uomo], una volta
venuto all’esistenza, ma anche prima, come possibilità di ciò che può venire
all’esistenza in un modo unico [essendo l’uomo a immagine di dio]. quindi, il
linguaggio dell’uomo esiste eternamente [come possibilità], come la possibilità
dell’uomo. questo linguaggio, essendo linguaggio dell’eterno, deve allora
appartenere anche a un soggetto eterno [dio], e non solo all’uomo. non è,
infatti, possibile [questa impossibilità deve essere dimostrata, ma è già
accolta dall’intuizione] che esista la mera possibilità di un linguaggio
dell’eterno solo per la possibiltà dell’uomo, a cui unicamente andrebbe riferito
questo linguaggio [che è relativo alla necessità, mentre l’uomo è contingente],
senza che, riferendosi questo linguaggio alla realtà eterna, che precede
temporalmente e eternamente l’esistenza dell’uomo, esso non appartenga anche ad
un soggetto che sia eterno [dio], il quale cioè esista dall’eterno
parallelamente all’eternità, cui si riferisce questo linguaggio.
riassumendo:
a.] la necessità
esiste e, con la comparsa dell’uomo, esiste anche, nell’uomo, il linguaggio che
denota la necessità.
b.] con la possibilità dell’uomo
esiste, dall’eterno, anche la possibilità di questo linguaggio.
c.] ma poiché esso
denota l’eterno, che precede eternamente l’esistenza dell’uomo, questo
linguaggio, prima dell’esistenza dell’uomo, non poteva costituire solo una
possibilità per l’uomo futuro, ma deve essere anche l’attualità [esistenza
effettiva] di un linguaggio dell’eterno, da riferire ad un soggetto che sia
eterno [dio], come eterno [e precedente l’uomo] è l’oggetto denotato da tale
linguaggio.
considerazioni per una dimostrazione intuitiva
dell’esistenza di dio associata al finalismo
[26/09/2008]
la terra, dal punto di vista
geo_fisico, ma anche dal punto di vista geo_politico, appare come necessaria
prova dell’esistenza di dio. infatti, se è vero che un numero elevato di
coincidenze nell’universo, favorevoli alla vita sulla terra, non prova
l’esistenza di dio [dimostrazione secondo il senso del principio antropico], è
anche vero che queste coincidenze non sono solo quantitative, ma sono anche
qualitative: il pianeta terra, per il modo in cui è conformato, manifesta una
differenza incommensurabile da ogni altro pianeta dell’universo, perché in esso
non ci sono solo quantità finalizzate alla vita biologica, ma [come, ad esempio,
la precisa corrispondenza della conformazione dei continenti alle razze
biologiche umane (popoli) e la distribuzione, nei continenti, delle risorse
naturali] esistono sulla terra anche elementi, che paiono essere strettamente
finalizzati alla determinazione [di tipo hegeliano] di un ordinato e equilibrato
processo di sviluppo storico, come storia dell’incontro tra i diversi popoli
della terra [storia, da cui pure dipende la vita sulla terra].
il creazionismo come dimostrazione dell’esistenza
di dio
[28/09/2008]
il creazionismo agisce come intuizione
a carattere epistemico, la quale intuisce l’esistenza di un progetto
intelligente [e quindi di dio], riguardo alle seguenti variabili [che qui sono
state allargate]:
1.] le variabili dell’universo, tali da
consentire la vita.
2.] le variabili del sistema solare
[nella galassia “via lattea”], tali da consentire la vita.
3.] le variabili del pianeta terra,
tali da consentire e accogliere la vita.
4.] la conformazione dei continenti,
tali da consentire lo sviluppo dei popoli.
5.] la distribuzione delle risorse
naturali, tali da favorire un equilibrato processo storico, in cui i singoli e i
popoli si incontrano.
6.] la struttura organica della vita,
calibrata per il pianeta terra.
7.] la forma perfetta e non più
perfettibile dell’essere umano.
8.] i prodotti archetipici della
cultura [storia della filosofia, letteratura, cinematografia, musica, ecc.].
9.] le forme
archetipiche della storia [nomi delle epoche, dei processi storici, delle figure
storiche, ecc.] [un articolo di giornale riportava come cambierebbe la storia se
le figure storiche avessero il cognome della madre: da tale articolo appariva
come questo cambiamento farebbe della storia un processo meno estetico, più
casuale, ovvero meno “progettato”].
10.] altre determinazioni.
tutto questo
manifesta l’agire nell’universo e sulla terra di un piano intelligente, tale da
escludere l’azione del caso nell’esistenza dell’uomo. si osserva che questo
insieme di variabili non è solo di tipo quantitativo, ma è l'incrocio di
variabili di tipo, insieme, quantitativo e qualitativo, per cui esso non può
essere una mera coincidenza.
due dimostrazioni dell'esistenza
di dio "immediate" [già incluse nell'elenco delle dimostrazioni
epistemiche]
premessa
1.] ogni volta che si esprime una
proposizione epistemica, viene utilizzato il concetto di “dio”, perché proprio
con questo concetto si riesce a spiegare tutto ciò che esiste [di fenomenico,
storico e sociale, relativamente alla dimensione terrena].
2.] può allora sorgere immediata una obiezione [come anche, ad
esempio, in ambito di evangelizzazione o pastorale]: “... ma dio esiste
?”.
3.] non si può rispondere a questa
domanda/obiezione/punto critico dell’argomentazione dicendo che ci sono le
dimostrazioni epistemiche, a causa del loro numero. sorge pertanto l’esigenza di
definire una o alcune dimostrazioni dell’esistenza di dio che siano “rapide”, in
modo da giustificare l’uso del concetto di dio nell’argomentazione epistemica e
porlo come presupposto [dimostrato] ad essa.
4.]
seguono due dimostrazioni dette “immediate” [o veloci, o rapide]. la seconda è
forse già inclusa nell’elenco delle dimostrazioni epistemiche. forse non vi è
inclusa [dovrebbe essere la terza dimostrazione epistemica nell'elenco]. in
questo caso essa è una nuova dimostrazione. la prima dimostrazione, che segue,
invece, vi è già inclusa. ma essa introduce due novità e approfondimenti: quelli
contenuti nel punto 6.] e nel punto 7.] di A.][prima
dimostrazione].
A.] prima dimostrazione dell'esistenza di dio
"immediata"
1.] il pensiero umano intuisce la necessità [= l’essere
è].
2.] pensare significa essere [non in senso
parmenideo, cioè idealista, ma in senso epistemico: l’idea non coincide con il
reale, ma coincide con una riporduzione del reale al suo
interno].
3.] il pensiero della necessità comporta
quindi l’esisenza del pensiero necessario [del pensiero che è la
necessità].
4.] quindi dio esiste, perché questo
pensiero [il pensiero necessario] è dio.
5.] il
pensiero che intuisce la necessità è nell’uomo, è pensiero umano [secondo il
punto 1.], ma dall’esistenza/possibilità di questo pensiero si ricava
l’esistenza del pensiero necessario [in sè], il quale non è più solo
nell’uomo.
6.] questo passaggio dall’uomo a dio è
consentito perché l’uomo è anche essere [e pensiero] contingente, ma un pensiero
necessario deve esistere anche come pensiero solo e totalmente
necessario.
7.] ne consegue che non è dio che deriva
qui dall’uomo, ma l’uomo deriva da dio, nel senso che il pensiero necessario,
nell’uomo, è reso possibile dalla partecipazione dell’uomo [del pensiero
dell’uomo] al pensiero di dio.
B.] seconda dimostrazione dell'esistenza di dio
"immediata"
1.] quando comunemente [ad esempio in ambito pastorale] si parla di
dio per giustificare l’uso di dio nel discorso, si dice che, prima di rinunciare
a questa idea, occorrerebbe “molta cultura” [sempre l’ateismo si mostra per una
limitazione dell’argomentazione, con la sola eccezione del neoparmenidismo, che
costituisce il solo argomento “forte” contro l’ipotesi di dio. esso peraltro non
ha potuto confrontarsi con l’episteme, in cui la metafisica tradizionale viene
radicalmente, ma anche semplicemente, riformata, con la distinzione tra dio e
l’essere/questa limitazione dell’ateismo viene denunciata da papa benedetto XVI,
quando egli parla della necessità di “ampliare gli spazi della
razionalità”/anche severino denuncia il fatto che si crede che la scienza sia la
sola forma di razionalità].
2.] quanto detto nel
punto 1.] di B.] spiega la presente dimostrazione: essa dice che l’ipotesi di
dio è fortemente probabile [e corrispondentemente la negazione di dio è
negativamente probabile], perché con essa si può spiegare tutto, mentre senza di
essa non si può siegare niente [ad esempio, il ruolo del caso nel darwinismo,
darwinismo che viene usato anche in astronomia con il concetto di evoluzione del
cosmo orientato a caso e dal caso, questo ruolo non costituisce una spiegazione
dell’ordine, ma la sua ipotesi è la rinuncia alla spiegazione
dell’ordine/affermare che proprio non esiste alcun ordine e alcuna legge,
significa affermare che non esiste niente da spiegare/nel caso e nel caos non
possono esserci leggi/inoltre non esiste ordine, perché dal caso può derivare
solo il caos/quest’ultimo punto è euristico per nuova teoria, su cui si porrà
specifico paragrafo: il caso pone il caos, non l’ordine/la metafisica epistemica
riforma la teologia tradizionale perché essa dice che dio pone l’ordine, mentre
nell’episteme si distiguono l’ordine creato, posto da dio, e l’ordine
necessario, posto dall’essere].
3.] la verità è una
spiegazione.
4.] inoltre la verità è dimostrazione
di ciò che esiste. quindi una spiegazione non solo è razionale [argomentativa],
ma è relativa a ciò che esiste.
5.] se dio è
l’ipotesi posta a conclusione di una spiegazione, della spiegazione di ciò che
esiste, il cui inizio [inizio dell’argomento/della spiegazione/della scienza] è
ciò che esiste, anche dio esiste, per il combinato dei punti 3.] e 4.].
6.] ne consegue che, in quanto dio è ipotesi che
spiega, e spiega il tutto, e senza di essa non può darsi spiegazione, anche
minima, di qualcosa, poiché la spiegazione è relativa a ciò che esiste l’ipotesi
di dio è ipotesi di ciò che "deve" esistere perché possa [tramite l'ipotesi
della sua esistenza] essere spiegato ciò che esiste.ciò che
esiste [la cui esistenza è attestata dall'esperienza] viene spiegato, l'ipotesi
per spiegarlo è l'ipotesi dell'esistenza di dio, che si dimostra vera nella
misura in cui tale ipotesi spiega ciò che esiste.
7.] a questo “deve”
[punto 6.]] è correlata la necessità dell'esistenza di dio perchè la sua
esistenza funzioni come ipotesi esplicativa [spiegazione] del tutto, e quindi è
posta la dimostrazione della sua esistenza in quanto funzionale alla spiegazione
medesima. non si sta dicendo solo che dio esiste perchè come ipotesi esplicante
[spiegante] il tutto funziona, ma perchè è spiegazione di ciò che esiste, e
quindi, per spiegare il tutto l'esistenza di dio deve essere collocata nel tutto
e collegata ad esso, all'esistenza del tutto. è cioè una ipotesi innestata in
ciò che essa deve spiegare.
8.] in sintesi: dio
esiste perché con l’ipotesi di dio si spiega tutto, e una spiegazione è legata
all’esistenza del tutto: poiché dio appartiene a questa spiegazione, come esiste
il tutto [da spiegare], così esiste dio [ipotesi esplicativa del tutto], come
parte del tutto e sua ipotesi e parte esplicativa.
nota
in base a queste due dimostrazioni si
compende che esse, in quanto produttive di novità rispetto all’elenco delle
dimostrazioni epistemiche, devono essere considerate nuove e in aggiunta ad
esso.
terza dimostrazione epistemica
dell'esistenza di dio immediata/massima dimostrazione epistemica: scientifica
[in tre
fasi]
premessa
1.] questa dimostrazione riprende
la dimostrazione dim_29.
2.] essa si costituisce di
tre dimostrazioni, ciascuna autonoma, e nel contempo funzionale alle altre [a
quella successiva: quindi la prima fase è la più autonoma].
3.] le dimostrazioni presuppongono il realismo epistemico, definito
rispetto all’idealismo classico:
a.] per l’idealismo non esiste oggetto fuori/esterno al soggetto.
l’oggetto è dentro il soggetto. l’oggetto non può trascendere il soggetto,
perché [è il problema del realismo] il soggetto non può sapere dell’oggetto se
l’oggetto è esterno al soggetto [come dice severino: “l’uomo non può saltare al
di fuori della propria ombra].
b.] nell’episteme,
invece, l’oggetto è massimamente esterno al soggetto [così l’essere rispetto a
dio][realismo assoluto], e il soggetto può sapere dell’oggetto [della sua
esistenza, e della sua presenza esterna al soggetto], perché l’oggetto si
riproduce nel soggetto, che così lo conoce, e riproducendosi all’interno del
soggetto, l’oggetto vi riproduce anche il suo rapporto [esterno] col soggetto.
c.] quindi: …
c1.] per l’idealismo, il soggetto è
uguale all’oggetto, l’oggetto è incluso nel soggetto, il soggetto include
l’oggetto, non esiste oggetto al di fuori del [esterno al]
soggetto.
c2.] per il realismo [epistemico]
l’oggetto pone il soggetto, e il soggetto conosce l’oggetto, perché l’oggetto,
ponendo il soggetto, pone anche una riproduzione dell’oggetto [cioè di se
stesso] dentro il soggetto/infine, l’oggetto pone dentro il soggetto anche il
rapporto tra oggetto e soggetto [cioè il fatto che l’oggetto è esterno al
soggetto]. dall’autointrospezione interiore, il soggetto conosce ciò che è ad
esso esterno. l’oggetto pone il soggetto quando l’oggetto pone
l’oggetto.
A.]
prima fase [prima dimostrazione/massima dimostrazione epistemica dell’esistenza
di dio]
l’oggetto, che è necessario [l’essere è], non si riprodurrebbe mai
dentro/all’interno del/di un soggetto, se il soggetto non fosse [anche]
necessario, e quindi [anche] assolutamente necessario [dio: soggetto
necessario], come l’oggetto [l’oggetto necessario].
B.]
seconda fase [seconda
dimostrazione/analitica_prima/analitica_minore]
1.] esiste l’oggetto necessario
[l’essere è].
2.] se si dimostra che, poiché esiste
l’oggetto necessario, esiste necessariamente anche il/un soggetto, questo è
necessario, e quindi è dimostrata l’esistenza del soggetto necessario, cioè
dio.
3.] quindi, poiché vale la condizione del punto
1.] di B.], posta la condizione che, dato l’oggetto, è dato il soggetto, posta
la condizione del punto 1.] di B.], esiste il soggetto necessario, quindi dio
esiste.
4.] la dimostrazione che si necessita al
punto 2.] è data dalla dimostrazione A.][prima fase] e dalla dimostrazione
C.][terza fase].
C.] terza fase [terza
dimostrazione/analitica_seconda/analitica_maggiore]
1.] occorre quindi dimostrare
che, posto l’oggetto, è posto il soggetto.
2.]
l’oggetto è posto, perché necessario [l’essere è/non l’essere del
creato].
3.] l’oggetto è dato indipendentmente dal
soggetto [anche se, posto l’oggetto, deve essere posto anche il soggetto/questo
lo si deve dimostrare/quindi la mutua dipendenza tra oggetto e soggetto, valida
per l’idealismo, è valida anche nel realismo epistemico/si parla qui solo della
realtà necessaria].
4.] l’oggetto è pensato dal
soggetto [queste considerazioni hanno preceduto la formulazione della
dimostrazione massima/prima fase].
5.] se esiste un
soggetto, questo pensa l’oggetto.
6.] il soggetto
esiste nell’uomo, e l’uomo è soggetto che pensa l’oggetto, che è l’oggetto
necessario.
7.] non è possibile che il soggetto
[uomo] pensi l’oggetto [necessario], senza che: …
a.] il soggetto stesso sia
necessario.
b.] il soggetto sia posto dall’oggetto
[nel momento in cui l’oggetto pone se stesso].
c.]
quindi, posto l’oggetto [quando l’oggetto pone se stesso, ed è oggetto
necessario], è posto anche il soggetto [che pensa l’oggetto].
d.] ma un soggetto che è posto dall’oggetto
necessario [postovi perché lo pensa] è un soggetto necessario, cioè
dio.
8.] quindi,
l’esistenza dell’oggetto necessario comporta:
a.] l’esistenza del soggetto che pensa
l’oggetto.
b.] l’esistenza del soggetto necessario [dio], perché
esiste l’oggetto come oggetto
necessario.
9.] il soggetto esiste [come
detto nel punto a.] di 8.] di C.], perchè posto dall'oggetto, ed è posto
dall'oggetto perchè pensa l'oggetto, e non potrebbe pensare l'oggetto se non
fosse posto dall'oggetto, che pone il soggetto come pensiero
dell'oggetto.
quarta dimostrazione
immediata: dimostrazione scientifica_seconda
1.] esiste l’oggetto necessario [l’essere è].
2.] anche un soggetto/il soggetto è oggetto.
3.] il soggetto appartiene,
come oggetto, alla struttura dell’oggetto, perché l’oggetto è tutto l’oggetto e
non esiste oggetto che non vi appartenga [escluso il creato].
4.] come
l’oggetto è necessario, esiste quindi il soggetto necessario, dio, in quanto,
essendo il soggetto oggetto, parte dell’oggetto necessario.
5.] in breve:
dio [soggetto necessario] esiste perchè il soggetto, come oggetto [anche il
soggetto è un oggetto], appartiene alla struttura eterna [necessaria]
dell’oggetto [necessario].
nota [a completamento,
relativamente al punto 3.]]
1.] il soggetto
creato [l'uomo] non appartiene all’oggetto necessario.
2.] ma il soggetto
creato, come soggetto, ha la forma del soggetto.
3.] la forma del soggetto,
come ogni forma del creato [o essenza, o ipostasi], è eterna come appartenente
alla struttura dell’oggetto.
quinta dimostrazione immediata:
dimostrazione semplice,
scientifica_terza
premessa
1.] questa
dimostrazione è la più immediata e la più semplice, anche se i suoi presupposti,
definiti in modo stretto, richiedono alcuni principii della metafisica
epistemica, la cui validità è intuitiva e accettabile dal senso comune.
qui si individuano nuovi principii.
2.] uno schema
mostrerà che l’esistenza, dal piano dell'orizzonte esistenziale puro, anche si
riduce e si semplifica al proprio interno [rimanendo inalterata], fino al punto
di dio [dio puntiforme], mentre l’esistenza intera stessa, che si concentra in
dio, rimanendo anche inalterata, e concentrandosi in dio, produce in dio uno
spessore energetico, tradotto in termini dello spessore esistenziale e
energetico di dio, anche causa del piacere di dio. questo
spessore è dovuto al fatto che in dio/nel punto di dio si concentra il tutto
[l'orizzonte, rimanendo inalterato].
3.] l’esistenza necessaria
[escluso il creato, che prima della creazione essa non conosce] è un processo
complesso e chiuso, che si completa in dio.
4.] la
differenza tra orizzonte e dio è detta differenziale esistenziale:
dall’esistenza a dio, la prima si riduce, e dio cresce corrispondentemente in
senso energetico come densità spirituale, perchè in dio tutta l'esistenza si
concentra in un punto.
5.] in altro paragrafo, a cui
si rimanda, viene spiegato il rapporto tra caos e caso: il caso non esiste come
ipostasi: la traduzione casuale dell’esistenza viene assunta nell’ipostasi [una
delle strutture della necessità] del caos: il caos è la traduzione casuale
dell’esistenza, o prodotto [protonico] tra esistenza e caso [il caso è causato
dall'equilibrio dell'esistenza con se stessa, equilibrio che giunge a una
indifferenza nelle determinazioni esistenziali, ai confini
dell'essere].
6.] il caos non può produrre nuova
esistenza [salto/differenziale esistenziale], ma solo trasformare l’esistenza
già data [al proprio interno]. il caos non invade l’essere [come dice,
retoricamente, il neoparmenidismo, che non è scienza, ma retorica e letteratura
solo "significativa" in termini filosofici], ma, secondo lo “spazio” che compete
ad esso nella necessità, determina determinazioni esistenziali casuali al
proprio interno.
7.] la creazione del creato da
parte di dio avviene anche dal caos, ma il salto esistenziale [differenziale]
dal nulla all’essere viene solo filtrato dal caos, e avviene forse anche al suo
interno, ma non avviene sullo stesso piano esistenziale del caos e della
necessità.
8.] la necessità non produce nuova
esistenza che sia contingente: tutta l’esistenza prodotta dall’essere
necessario, se nuova esistenza [come la vita di dio, che è sempre novità di
vita, cioè biologia e psicologia della vita/”nuova” vita in senso sostanziale,
non formale: non esistono in paradiso nuove forme, se non in senso artistico], è
esistenza di tipo necessario, e quindi differisce dalla creazione dal nulla, che
è nuova esistenza posta una sola volta ad opera del sacrificio di dio:
traduzione esistenziale [prodotto protonico], da parte della necessità, dal
sacrificio di dio in nuova esistenza.
9.] queste
considerazioni [dal punto 1.] al punto 8.]] non sono presupposti di dio, ma sono
determinazioni metafisiche che appariranno vere e comuni dal senso della
dimostrazione sottostante, e da questa verranno richiamate. questo argomento
richiama e completa la dimostrazione dim_4.
dimostrazione
1.] [definizioni equivalenti]
…
a.] posto/dato
l’uomo, è posto/dato/dimostrato dio.
b.] posta
l’esistenza dell’uomo, è posta/dimostrata l’esistenza di dio.
c.] poiché l’uomo esiste, dio esiste.
d.] poiché
esiste l’uomo, dio esiste/è dimostrata l’esistenza di dio.
2.] l’uomo infatti a volte “sente” che non potrebbe/dovrebbe esistere.
a volte io mi chiedo: “ma perché esisto ?/... ma io esisto !, ... com'è
possibile ?”.
3.] l’uomo quindi non dovrebbe
esistere rispetto al nulla, da cui è tratto, e alla necessità, che da sola non
determina l’uomo.
4.] infatti [come riconoscono
numerose dimostrazioni, e ora si è in grado di completare l’argomentazione,
secondo i punti della premessa]: …
a.] o l’uomo viene dal
caos.
b.] o l'uomo viene dal
nulla.
c.] o l’uomo viene dalla
necessità.
d.] o l’uomo viene dal cosmo e
dall’evoluzione.
e.] o l’uomo viene da
dio.
5.] confutazione
delle prime quattro ipotesi: …
a.][relativamente al punto a.] di 4.] …] … l’uomo, che si interroga
sul proprio esistere, si interroga su una esistenza “in più” rispetto al nulla
[e anche alla necessità]: secondo il punto 6.] della premessa, il caos non può
produrre “salto di esistenza” [differenziale esistenziale] rispetto alla
necessità, a cui il caos appartiene [il caos è una forma ipostatica della
necessità]. cioè il caos non può produrre nuova esistenza, ma solo trasformare
se stesso in altro caos, al proprio interno.
b.]
[relativamente al punto b.] di 4.] …] …
riguardo al nulla, l’uomo non è determinato da solo
dal nulla [ma è creato dal nulla per azione di dio], perché dal nulla non può
provenire l’essere [ex nihilo nihil], senza l’azione di dio. con l’azione di
dio, nuovo essere [il creato] può provenire dal nulla [una sola volta, essendo
le forme del creato non riproducibili continuamente/su questo punto occorre
nuova teoria, che non si è in grado di porre
attualmente].
c.] [relativamente al punto c.] di 4.] …] … neppure la
necessità determina l’uomo, perché, come detto nel punto 8.] della premessa, la
necessità produce nuova esistenza ma di tipo necessario, e non contingente: la
necessità è chiusa alla contingenza: la necessità si sviluppa in modo chiuso
[aperto solo replicandosi per la vita di dio/interna al suo spirito].
il differenziale interno alla necessità conduce a dio e non va
oltre i confini della necessità, rispetto ai quali il creato è nuova esistenza,
non posta dalla necessità. il ciclo delle determinazioni della necessità si
esaurisce all'interno della necessità stessa.
d.] [relativamente al
punto d.] di 4.] …] … su questo punto si precisa che quando l’uomo
si interroga sulla propria esistenza, si pone la domanda che leibniz e einstein
si sono posti: “perchè l’essere anzichè il nulla”]. quindi il salto esistenziale
dell’uomo [nuova esistenza] rispetto al nulla non riguarda solo l’uomo, ma anche
l'intero cosmo apparente [la cui forma non appare necessaria, e pertanto rivela
la propria non necessità, rispetto ai punti a.] e c.] del punto 5.] della
dimostrazione, precedenti], e quindi il cosmo non determina né se stesso né
l’uomo. inoltre l’evoluzione può trasformare gli elementi, o anche porre un
differenziale ipostatico, ma non di tipo esistenziale, perché quello
esistenziale è posto solo dalla necessità, non dal cosmo. un processo interno al
cosmo [come l’evoluzione] può trasformare gli elementi anche in senso
qualitativo [si esclude qui l’analisi dello spirito: peraltro il DNA è un
combinato non qualitativo di elementi/atomi: è solo un'architettura
quantitativa, per quanto complessa], ma non può creare nuova esistenza. può
creare nuova energia, ma non la sua esistenza. la nuova esistenza è il prodotto
di un differenziale esistenziale. l’uomo si interroga sull’esistenza di tutto il
creato, quindi questa dimostrazione e i punti in elenco al punto 4.] e al punto
5.] della dimostrazione, riguardano l’uomo e anche tutto il cosmo apparente.
6.]
[relativamente al punto e.] di 4.] …] …
l’uomo, quindi, viene da dio, unica ipotesi che può
spiegare l’esistenza dell’uomo e del creato come nuova esistenza rispetto al
caos, al nulla, alla necessità e
al cosmo [inteso questo come universo apparente
creato].
sesta dimostrazione immediata:
dimostrazione scientifica_quarta
1.] l’uomo intuisce la necessità
[l’essere è].
2.] l’uomo è essere contingente.
3.] come essere contingente, l’uomo non
può essere determinato dalla necessità.
4.] l’uomo è stato esistenzializzato,
perché l’essere contingente rispetto alla necessità [e al nulla, parte della
necessità], non può autonomamente sussistere [esistere][può esistere solo la
necessità: la contingenza può essere esistenzializzata, ma poi essa deve essere
resa necessaria].
5.] come un sasso, l’uomo potrebbe
essere determinato dal caso, come assemblamento di parti. ma l’uomo, a
differenza del sasso, può intuire la necessità [punto 1.]], e quindi non è un
assemblamento di parti, perché, oltre ad essere contingente, è anche necessario
[perché intuisce la necessità].
6.] dal combinato dei punti 1.], 2.] e
4.], discende che l’uomo è stato creato da dio.
7.] infatti, poiché la necessità non
può determinare la contingenza, questa è stata prodotta da una volontà, quindi
da dio [questo argomento è già stato formulato nelle dimostrazioni
precedenti].
settima dimostrazione immediata:
dimostrazione scientifica_quinta
premessa
1.] questa dimostrazione è originata da una riflessione che
viene posta qui anche come paragrafo. nelle precedenti dimostrazioni si è
presupposto che esiste l’essere necessario [l’essere è], e che rispetto ad esso
l’universo apparente all’uomo non sia l’unica esistenza.
2.] le
dimostrazioni quindi presuppongono l’oggetto necessario e il creato, e si
pongono come problema quello di dimostrare l’esistenza del soggetto necessario …
a.] all’interno dell’oggetto necessario.
b.] soggetto
causa dell’oggetto contingente e dell’uomo, il creato.
3.]
questa dimostrazione nasce come dimostrazione di questo presupposto, che cioè,
prima ancora del porblema del soggetto necessario, esiste una differenza tra
oggetto necessario e realtà contingente, quale è questa riconosciuta come
essenza della realtà apparente. da questo primo problema [il rapporto tra
necessità e contingenza] scaturisce qui la dimostrazione dell’esistenza di dio.
dimostrazione
1.]
l’apparire non è l’unica realtà.
2.] esiste l’essere necessario, perché
l’uomo intuisce che l’essere è e non può non essere [parmenide].
3.]
l’apparire non ha la forma della necessità. secondo la metafisica epistemica
[secondo una sua determinazione qui posta per la prima volta, accettabile dal
senso comune/per senso comune si intende il livello di accettabilità comune in
ambito accademico, non il senso comune della vita quotidiana], ciò che non ha la
forma della necessità, non ha neppure la sostanza necessaria, e quindi neppure
l’esistenza: è essere contingente.
4.] esiste quindi una differenza tra
essere necessario [oggetto] e essere contingente [oggetto-natura-universo
apparente e uomo-soggetto]. l’episteme deve dimostare che esiste il soggetto
necessario [dio].
5.] si dice qui che, come il soggetto-contingente [l’uomo]
appartiene all’essere contingente, così un soggetto-necessario [il
soggetto-necessario = dio] deve appartenere all’essere necessario.
6.] il
punto di congiunzione tra le due realtà [necessaria e contingente],
realtivamente al soggetto, è l’uomo [non certo un animale], perché l’uomo
intuisce l’essere necessario nel pensiero.
7.] il punto 6.] è dimostrazione
del punto 5.], quindi dio esiste.
8.] infatti, …
a.] la
contingenza non è separata dalla necessità [come dice la teologia, quando si
dice ad esempio che l’uomo è anche essere trascendente la natura, anche perchè
spirito e anima/qui è sufficiente il pensiero]: nell’uomo, nel suo pensiero
della necessità, è posta la necessità.
b.] ne consegue che deve esistere
nella necessità la forma del soggetto, perché questa si possa riprodurre
nell’uomo, come pensiero [della necessità]: la necessità, calandosi nel pensiero
dell’uomo, vi porta la struttura della propria pensabilità.
c.] esiste
quindi nella necessità la forma del soggetto. ma non può darsi forma senza
sostanza, e sostenza senza esistenza: il soggetto-pensiero che esiste nella
necessità è dio.
d.] quindi l’esistenza di dio è la condizione perché l’uomo
possa pensare la necessità.
nota
questa dimostrazione potrebbe rimadare alla dimostrazione
dell’esistenza di dio formulata dal card. ruini, la quale dice che l’esistenza
di dio è condizione per la pensabilità dell’universo da parte dell’uomo.
ottava dimostrazione immediata:
dimostrazione scientifica_sesta
1.] si definisce dio come
il pensiero che pensa la necessità [e primariamente se stesso], e che è stato
determinato dalla necessità.
2.] l’uomo è pensiero,
pensa la necessità, ma è contingente e non è stato determinato dalla
necessità.
3.] come l’uomo pensa la necessità, così
la necessità determina l’uomo.
4.] ma l’uomo non è
determinato dalla necessità.
5.] nell’uomo quindi la
necessità determina la forma dell’uomo, la forma del soggetto, la forma del
pensiero.poichè questa forma è determinata dalla necessità,
con cui il pensiero si identifica, essa è necessaria.
6.] ciò che ha
quindi forma necessaria, ha sostanza necessaria e quindi esistenza necessaria.
quindi dio esiste, essendo dio questa forma e sostanza.
7.] poiché l’uomo [soggetto-pensiero] pensa la necessità, dio
[soggetto-pensiero] esiste.
nona dimostrazione immediata:
dimostrazione
scientifica_settima
1.] si definisce dio come il soggetto che è stato determinato dalla
necessità [anche] per pensare la necessità [e primariamente se stesso, anche
come soggetto necessario].
2.] quindi dio [se
esiste] è pensiero della necessità.
3.] l’uomo è
pensiero della necessità.
4.] dio è definito come
necessario. l’uomo è contingente. entrambi pensano la
necessità
5.] la necessità, quindi, è l’anello di
congiunzione tra l’esistenza dell’uomo e la dimostrazione dell’esistenza di dio,
perché la definizione di dio è la stessa definizione dell’uomo [entrambi
pensiero della necessità], ma l’uomo è contingente, mentre dio è necessario,
come deve essere propriamente il pensiero della necessità.
6.] l’argomento di questa dimostrazione è già stato formulato in
precedenti dimostrazioni.
decima dimostrazione immediata:
dimostrazione
scientifica_ottava
1.]
l’uomo è pensiero contingente della necessità.
2.]
deve quindi esistere dio come pensiero necessario della necessità, perché la
necessità impone che il proprio pensiero sia necessario.
3.] questa implicazione presuppone però l’uomo, come pensiero della
necessità, e quindi come esistenza di un pensiero che pensa la necessità.
4.] questa dimostrazione ripete l’argomento della
dimostrazione scientifica_ottava.
undicesima dimostrazione
immediata: dimostrazione
scientifica_nona
1.]
l’uomo è pensiero della necessità.
2.] l’uomo non è
stato esistenzializzato dalla necessità [perché contingente].
3.] l’uomo è stato esistenzializzato da dio, in quanto dio è pensiero
[necessario] della necessità.
4.] l’esistenza
dell’uomo è causata da un ente che corrisponde alla stessa natura dell’uomo, il
soggetto-pensiero, ma da un pensiero [dio] che, essendo causa dell’esistenza
dell’uomo, è eterno rispetto alla natura contingente dell’uomo, ovvero è
collocato sul piano della necessità, precedente l'uomo.
5.] …
a.]
l'uomo è contingente ed è pensiero della necessità.
b.] la necessità non determina l'uomo.
c.]
l'uomo è esistenzializzato.
d.] la causa
dell'esistenzializzazione dell'uomo, non essendo la necessità, deve essere una
forma di pensiero, come l'uomo.
e.] l’essere
determina dio [se esiste]. ma l’essere non può determinare l’uomo [perché l’uomo
è contingente]. in quanto esistenzializzato, quindi, l’uomo può essere
esistenzializzato solo da un soggetto [come la procreazione umana, in cui il
figlio deriva dal genitore].
f.] dio è il pensiero
necessario: …
f1.]
pensiero come l'uomo [che può essere stato esistenzializzato solo da un altro
pensiero-soggetto].
f2.] necessario come la
necessità [precedente il piano esisistenza dell’uomo, che è
contingente].
rilevamento di un problema in alcune
dimostrazioni scientifiche
1.] si è detto che alla forma corrisponde la sostanza, e alla sostanza
corrisponde l’esistenza. poiché l’uomo è soggetto e il soggetto è forma
necessaria, esiste quindi il soggetto come sostanza e come esistenza necessaria,
quindi dio esiste [ciò viene detto in alcune dimostrazioni scientifiche/in esse
è dimostrato il passaggio dall’uomo-forma con l’uomo contingente, alla
forma-umana-necessaria, perché il soggetto-uomo pensa la necessità, e la
necessità si fa pensare solo da una forma – il pensiero – necessaria/è
naturalmente posta l’equivalenza soggetto-pensiero].
2.] la forma umana è
forma [umana: soggetto e pensiero] di un essere contingente [l’uomo].
3.]
l’uomo è contingente, ma la sua forma è necessaria [per quanto detto nel punto
1.]].
4.] il problema rilevato è il seguente:
a.] nel
punto 1.] è stata posta la catena: data la forma, è data la sostanza e quindi
l’esistenza.
b.] ma l’uomo è anche forma contingente: infatti l’organismo
umano [su questo punto si è pensato di introdurre apposito paragrafo] è
strutturato per supportare la malattia [ad esempio, presenza di globuli bianchi
nel sangue], e quindi esso è per essenza contingente, perché ciò che è
necessario è incorruttibile.
c.] ne consegue che la catena di cui al punto
a.] di 4.] è problematica. l’uomo è forma anche contingente, quindi è sostanza
contingente, quindi è esistenza contingente: come dalla forma dell’uomo si può
giungere all’esistenza di dio ?
5.] la soluzione è la
divisione/differenza tra forma necessaria e forma contingente:
a.] l’uomo, come essere umano, ha forma necessaria, come soggetto-pensiero
[ad esempio, si sa che come nell’uomo esiste la mente, così esiste la mente in
dio/lo stesso per gli occhi/l’uomo è a immagine di dio, quindi alcune forme
dell'uomo appartengono a dio per definizione/come l'uomo è a immagine di dio,
dio è a immagine dell'uomo].
b.] l’uomo come organismo vivente è anche
contingente [ad esempio: esistenza di forme specifiche per la gravità
terrestre/secondo il creazionsimo/ad esempio: presenza di polmoni, apparato
scheletrico, sistema immunitario, ecc.].
considerazioni relative al
paragrafo PTF354.html_[...] su
alcune dimostrazioni
scientifiche
1.] alcune forme dell’uomo non sono necessarie [come quelle costruite dal
disegno intelligente per consentire la vita umana nella dimensione terrena/ad
esempio: sistema immunitario, il quale comporta/presuppone che l’uomo è essere
contingente].
2.] altre forme invece sono necessarie: come mente, soggetto,
pensiero.
3.] infatti, la bibbia dice che l’uomo è a immagine di dio [quindi
dio è a immagine dell’uomo].
4.] poiché l’uomo è a immagine di dio, alcune
forme dell’uomo sono necessarie, come le stesse forme in dio, ereditate
nell’uomo da dio:
a.] come dio è soggetto,
così l’uomo è soggetto.
b.] come dio ha una mente, così l’uomo ha una mente.
5.] il limite di questa considerazione, che quindi non può
rinforzare le dimostrazioni scientifiche fondate sulla catena … forma dell’uomo
[necessaria]-sostanza [necessaria]-esistenza di dio …, è che essa è a carattere
esegetico, cioè tratta dalla bibbia, e sembra di dover dire che una teologia
“esegetica” [che cioè “faccia leva” sulla bibbia] non può dirsi, alle attuali
condizioni, ancora scientifica:
a.] è scientifico lo studio
della sacra scrittura.
b.] non è scientifico usare la sacra scrittura per
confermare il sapere speculativo [come si fa ripetutamente in questo sito].
DIMOSTRAZIONE
FENOMENOLOGICO-LINGUISTICA
1.]
questa dimostrazione riflette sul concetto di dio e sulla parola “dio”.
2.]
è già stato detto che [secondo la metafisica epistemica] il linguaggio è
[ontologicamente] riproduzione del pensiero/idea, che a sua volta è riproduzione
della realtà, per cui il linguaggio riflette la realtà.
3.] ciò accade per
il termine “dio”, se e solo se non esistono altri usi di questo concetto, che
siano ad esempio fantasiosi.
4.] si osserva l’uso del concetto “dio”: da
sempre esso viene inteso come termine per una religione, una teologia, una
filosofia: dio è parola che è stata usata per descrivere, quindi, la realtà.
5.] un’importante osservazione è che quasi mai, se non mai,
la parola “dio” è usata per le favole e le fiabe. ovvero, è del tutto inibita
nell’uomo la funzione fantasiosa di questo concetto. mai [o quasi mai] una
favola usa la parola dio: la favola usa personaggi fantasiosi, come gnomi e
elfi, non “dio”. tuttavia è sufficiente perché esista almeno un solo uso
realistico della parola dio perché dio sia realtà. corrispondentemente, si
osserva che mai personaggi tipici delle fiabe e delle favole sono introdotti per
descrivere la realtà. mai si pensa che possa esistere anche realmente “la regina
delle nevi”. esistono invece termini sia reali che fantasiosi. per questi esiste
quindi la doppia funzione e la realtà.
6.] per dio l’uomo ha sempre inteso
[sempre voluto intendere] una realtà.
7.] non vale l’obiezione secondo cui
una cosa è desiderare che una realtà esista, altra cosa è la sua esistenza
effettiva, perché non si sta parlando di desiderio, ma della parola dio come
parte del linguaggio, posto che il linguaggio è riproduzione ontologica della
realtà, per cui alla parola-dio corrisponde la realtà-dio. inoltre si aggiunge
che è sufficiente che una realtà sia desiderata, perché essa esista realmente
[se non esiste nell’al di qua, esiste nell’al di là, e l’al di là esiste perché
essa esista, in quanto una parola-realtà non può mai essere fuori campo di
esistenza]/questo concetto introduce un’ulteriore dimostrazione, fondata sul
desiderio come riproduzione della realtà.
8.] solo l’ateo dice che dio è
credenza fantasiosa, ma mai un credente usa dio come credenza fantasiosa. per il
credente dio è realtà, e solo per l’ateo esiste la categoria di dio come
concetto fantasioso, quasi sia solo l’ateo a creare questa categoria: l’uso di
dio come termine per una fiaba e favola. è quindi, il suo, un uso interessato e
strumentale del termine "dio". ma è non corretto, perché l’ateo non intende
creare questo uso, ma intende dire che dio serve a questo uso, quando
storicamente è accertato che la fiaba parla di personaggi fantastici ma non di
dio come tale.
9.] questa dimostrazione è già stata formulata in altro modo.
DIMOSTRAZIONE
FENOMENOLOGICO-ANTROPOLOGICA
1.]
questa dimostrazione riflette sul concetto di dio e sul bisogno/desiderio di
“dio”.
2.] viene qui detto che [secondo la metafisica epistemica] il bisogno
è manifestazione di una mancanza, la quale è a carattere biologico, richiedendo
un complemento per la sua compensazione. non c’è quindi [utilizzo di metafora] …
a.] … bisogno di pane se non esiste il pane.
b.] …
bisogno di infinito se non esiste l’infinito.
c.] … bisogno di dio se non
esiste dio.
3.] il bisogno è quindi riproduzione
[biologica/psicologica e quindi ontologica] della realtà che serve a
compensarlo.
4.] si può dire che lo stato originario dell’uomo è di essere
unito a dio. il bisogno di dio nasce dalla separazione da dio, quindi dio
esiste, essendo espresso dal suo bisogno, come bisogno di ciò [dio] da cui
l’uomo è stato [originariamente] separato [forse con la caduta].
5.]
corrispondentemente esistono anche la necessità, la fonte e la tecnica, come il
paradiso: eterni e assoluti.
dimostrazione
demonica
1.]
ci sono dei casi di esorcismo in cui l’esorcista parla col demone che possiede
la persona soggetta a questi fenomeni.
2.] è quindi
verificato un caso di fenomeno soprannaturale che si manifesta in modo
naturale.
3.] i demoni parlano di gesù, maria, degli
angeli, di dio, e di loro stessi, offrendone quindi una testimonianza diretta e
soprannaturale.
4.] la loro testimonianza è prova
sufficiente dell’esistenza di dio.
5.] questa
dimostrazione è incentrata su questi fatti:
a.] all’interno di un quadro culturale
di secolarismo diffuso [in occidente, nel ventunesimo secolo], in cui appare
sempre più difficile credere in dio, si verificano fenomeni eclatanti di
possessione demonica.
b.] questi fenomeni sono
particolari, nel senso che manifestano nel mondo naturale la presenza di un
ente, il demone, che, da un lato è ente soprannaturale, dall’altro è ente
previsto nel cristianesimo, cioè dalla fede cristiana.
c.] ne consegue che, per la parte in cui la fede parla del demone, e
per la parte in cui il demone, in questi fenomeni, parla della fede, la fede è
dimostrata come vera.
d.] è dimostrata come vera in
modo naturale-soprannaturale, nel senso che, nel tempo dell’ateismo, proprio il
demone, ente soprannaturale, rivela/svela le verità di fede, parlando di se
stesso, con la sua manifestazione, e degli altri soggetti della fede, di cui lui
è a conoscenza [dio, gesù, maria, gli angeli].
dimostrazione
psichiatrica
1.] questa
dimostrazione si collega alla dimostrazione demonica.
2.] la malattia psichiatrica espone l’uomo a
fenomeni soprannaturali, come le voci interiori della schizofrenia, e le
allucinazioni, anche dal contenuto horror [che sono proiettate nei film horror],
in cui emergono dall’inconscio umano le realtà inferiche e i demoni [che
producono queste voci, e le allucinazioni, agendo sul sistema nervoso
umano].
3.] la malattia psichiatrica, essendo
esposizione al soprannaturale [inferico/essendo il demone ente patogeno], è
quindi prova sufficiente dell’esistenza delle realtà inferiche, quindi della
fede, che le prevede, quindi di dio, contenuto della fede.
4.] si osserva che queste voci
schizofreniche, realtà inferiche, esposizione psichiatrica ad interfaccia, non
potrebbero sussistere se tali realtà inferiche non fossero luoghi in senso
“fisico”. per cui, nella misura in cui la teologia contemporanea, che è
piuttosto una “sensibilità”, moderna, nega l’inferno come realtà fisica, essa si
preclude la conoscenza scientifica e teologica delle realtà inferiche e dei
connessi fenomeni di malattia psichiatrica [oltre che l’interpretazione
epistemica dei film horror].
5.] la psichiatria
collega l’uomo alle realtà inferiori, ma non alle realtà superiori, perché,
essendo queste a dimensione energetica e spirituale maggiore [superiore], esse
non possono essere raggiunte dall’uomo, se non per rivelazione [dall’alto].
mentre, cioè, l’uomo può decadere naturalmente tramite una malattia psichiatrica
e interfacciarsi con il soprannaturale inferico, l’uomo non può invece elevarsi,
con le sue forze al soprannaturale celeste, che rimane naturalmente
inaccessbile, ed è accessibile solo per iniziativa divina e angelica.
6.] molti fenomeni cosiddetti “mistici” sono
manifestazioni demoniche. il demone, come dice san paolo [2 cor 11, 14], riesce
a farsi interpretare dall’uomo come angelo. le cosiddette “voci angeliche”, al
confine tra schizofrenia e misticismo, possono essere le voci [schizofreniche]
dei demoni, che parlano di visioni e rivelazioni “celesti” e “divine” per
simulazione.
dimostrazione
parapsicologica
1.]
questa dimostrazione si collega alle dimostrazioni demonica e psichiatrica.
2.] i fenomeni parapsicologici sono connessi dalla
scienza esorcistica tradizionale alle manifestazioni demoniche, e sono quindi
sufficiente prova dell’esistenza del demone, delle verità di fede, che parlano
dei demoni, quindi di dio, previsto nelle verità di
fede.
DIMOSTRAZIONE UNITARIA [costruzione sospesa]
[Problema: la struttura portante della dimostrazione unitaria
può essere costituita dalla terza dimostrazione o dalla dodicesima
dimostrazione. Quest'ultima è forse la più efficace, ma essa
presuppone l'uomo, mentre la terza dimostrazione prescinde
dall'uomo].
]]] NOTE, OSSERVAZIONI E CARATTERISTICHE [[[
Note
1. Le dimostrazioni
epistemiche definiscono alcuni assi del ragionamento epistemico e
quindi della razionalità epistemica.
2. Numero attuale delle
dimostrazioni epistemiche: 218 dimostrazioni.
3. La terza
dimostrazione è stata integrata da una nota, descrivente l'impianto
generale dell'episteme.
4. Le dimostrazioni seconda, terza e
settima sono dette anche "processori-dimostrativi" (epistematica,
p10), ed hanno consentito la formulazione con concetto di funzione-
dimostrativa (epistematica, p6.1).
5. La quattordicesima dimostrazione
(fondata sull'auto-concetto, p11) è stata integrata/spiegata in base
alla gnoseologia epistemica, di cui si tratta al link "Episteme
(schemi epistemici"): p6; integrata.
Osservazioni critiche sulle dimostrazioni storiche
(pre-epistemiche):
- le dimostrazioni di S. Tommaso d'Aquino, per
il modo in cui sono storicamente formulate, non sono di
definizione epistemica. Infatti, posto lo schema quadripartito
(epistematica, p13), per il quale non solo Dio è essere necessario,
ma esistono (secondo Platone) numerose altre realtà necessarie (che
l'episteme fa convergere su Dio, tra le quali l'Uno e la Diade),
tutti i principii individuati da tali dimostrazioni possono essere
indifferentemente attribuiti a Dio o a tali realtà necessarie.
Infatti, secondo l'episteme:
- l'essere-immobile (o
Essere-immobile, perchè può anche essere Dio) può ad esempio essere
la fonte, la tecnica, l'iperuranio;
- la causa-prima può
consistere nelle precedenti ipostasi;
- l'essere-necessario può
non essere Dio, perchè tutto il mondo-divino, distinto da Dio
(schema quadripartito), è necessario;
- la perfezione-somma può
non essere Dio, perchè tutto il mondo-divino (fondamento di Dio) è
perfetto;
- l'intelligenza-ordinatrice può non essere Dio, perchè
nel mondo-divino l'iperuranio è l'intelligenza-artificiale (il
computer di Dio, nella cui realtà virtuale Dio ha potuto creare la
Creazione, non potendo essere le altre dimensioni della necessità
sottoposte a manipolazione, ed essendo la
realtà-virtuale-divina il luogo della fase onirica di Dio - cioè
delle sue "fantasie" -, associata ad una possibilità infinita di
manipolazione dello spazio-tempo).
Si ritiene che, secondo
quanto detto dal Card. Ruini (in "Le ragioni della fede. Indicazioni
di percorso", 1993), le dimostrazioni tomistiche, rielaborate, siano
epistemizzabili;
- la prima dimostrazione di Cartesio è epistemica, cioè
incontrovertibile (classificata qui come quindicesima), le altre due
non sono epistemiche. Infatti, se l'uomo non ha determinato se
stesso, ciò non significa che è stato determinato da Dio (Dio non ha
determinato se stesso), lo è stato (secondo l'episteme), ma ciò va
dimostrato; per la terza, segue ...;
- la dimostrazione di
Sant'Anselmo d'Aosta (cui si rifà la terza di Cartesio) può essere
così criticata: non è detto che ciò che esiste sia "maggiore" di ciò
che non esiste; infatti, l'esistenza non può essere semplicemente un
elemento "aggiuntivo" per essere "maggiore", deve essere anche un
elemento "qualitativo" (soprattutto trattandosi dell' esistenza
Dio); ora, la non-esistenza del dolore è senz'altro "maggiore" della
sua esistenza.
Questa dimostrazione può forse essere
epistemizzata;
- si è potuto leggere la dimostrazione di Goedel.
Essa non è razionalmente epistemica (anche se l'episteme deve
senz'altro esprimersi con la formalizzazione da lui usata. In questo
senso può essere considerata "epistemica". La prova cade sui
contenuti): non è detto che l'esistenza sia una propietà "positiva"
(come dice Sant'Anselmo); non è detto che l'esistenza appartenga
senz'altro all'ente divino, perchè solo perchè questo è
"positivo".
Caratteri delle
dimostrazioni epistemiche
1.
Le dimostrazioni sono l'introduzione all'episteme e la sintesi
dell'episteme. Esse inoltre presuppongono l'episteme, perchè solo
l'episteme può costruire il concetto di Dio.
2. Dio viene
dimostrato non solo in base alla sua azione o al Creato, ma in base
alla costruzione del suo concetto e della sua esistenza, cioè la
dimostrazione della sua esistenza è la spiegazione della ragione
della sua esistenza: Dio come funzione e ipostasi della
necessità.
Dio è stato definito come l'esistenzializzazione (cioè
trasformazione in ente esistente) della relazione astratta
dell'identità dell'esistenza con se stessa. Ad esempio: la
condizione di un sasso che sta sopra un tavolo è una "situazione
relazionale" (la condizione del sasso in rapporto al
tavolo); l'esistenza trasforma questa relazione in un
ente.
Ciò spiega il rapporto tra spazio-tempo (estensione) (a
livello di trascendenza) e organismo vivente (Dio, la cui pirma
ipostasi è il penisero, infinito perchè tale è l'estensione, che
esso riflette): Dio non è esteso, ma concentrato (è un punto
organico, come l'uomo, il quale solo apparentemente è esteso, perchè
la correlazione delle forme, che sono le componenti del suo corpo,
richiede una certa estensione del corpo): Dio è un nesso
grammaticale della logica (la relazione di identità), trasformato in
realtà (esistenzializzato). Ma Dio è anche la massima complessità
(differenziazione: si pensi al cervello umano), quindi l'ipostasi di
Dio è esistenzializzazione anche della relazione di
differenza.
3. Il problema metafisico della natura
dell'essere-in-sè è il presupposto della dimostrazione (costruzione)
dell'esistenza di Dio: cioè, la natura dell'essere (un cui attributo
è la necessità) porta a Dio (necessariamente) (determinazione di Dio
da parte dell'essere).
4. Il fondamento (principio)
dell'esistenza di Dio è posto al di fuori di Dio (tesi puramente
speculativa e rigorosamente tale: la tesi, per cui il principio
di Dio deve stare in Dio non è scientifica, ma retorica).
5. Se
le dimostrazioni costruiscono il concetto di Dio, il concetto di Dio
è scientificamente ed univocamente determinato, e tali sono quindi i
suoi caratteri, attributi e volontà. Da ciò discende che la
dimostrazione dell'esistenza di Dio trae il concetto "scientifico"
di Dio, e quindi la religione e l'etica "scientifiche" (che poi sono
quelle cattoliche, ma non solo).
6. E' posto il problema del
rapporto tra ragione e fede: la ragione si serve della fede, ma, una
volta che l'ha usata (e ciò deve essere giustificato), non può, dopo
averla razionalizzata, liberarsene, perchè la conoscenza include la
conoscenza di Dio, e quindi della sua volontà, che, essendo libera,
non è conoscibile, per cui la ragione può conoscere (condizionare)
anche la volontà di Dio solo agendo sotto le condizioni poste da
Dio, ovvero praticando la fede.
7. Deve essere spiegato cosa si
intende per "scientifico" in ambito metafisico. Non ci si limita a
dire che l'episteme è il corretto concetto della scienza, che
precede la scienza empirica (astronomia e fisica). Anche nell'ambito
della metafisica, qualunque forma esistente (lo spirito, l'Uno,
ecc.) deve anche "apparire" (empiricamente) a Dio (e all'anima
paradisica). Quindi anche l'episteme filosofico e teologico sono
saperi di tipo empirico, ma il loro oggetto non appare (per via dei
limiti dell'uomo, conseguenza della caduta e delle sue implicazioni
"strutturali"). La base empirica su cui può appoggiare il
sapere filosofico e teologico, posti i limiti della conoscenza
umana, è il linguaggio (in cui l'"Uno", la "trascendenza", "Dio",
l'"anima", lo "spirito", ecc., "appaiono" come parole). Si devono
quindi stabilire i criteri perchè questo approccio sia
scientificamente valido, in senso empirico.
Come alcuni
enti sono la trasformazione di relazioni astratte, così il cosmo
stesso (presente anche nella trascendenza) è la trasformazione in
ente dell'essere, cioè ogni ente spirituale ha un equivalente nella
materia, e ha determinato la struttura di questa. Quindi, anche
l'episteme deve costituirsi come sapere di tipo empirico, nel senso
della fisica.
nota critica su
alcune dimostrazioni
1.] la dim_19 è una dimostrazione
del senso, ed è forse anzi la maggiore dimostrazione del senso [anche se però
si deve osservare che l’uomo cerca il senso non per essere super_uomo, cioè per
la potenza, ma per conoscere se stesso. se invece si definisce super_uomo colui
che conosce se stesso (e ama stesso), allora questa è senz’altro la massima
dimostrazione del senso];
2.] andrebbero raggruppate le
dimostrazioni del senso e quelle fondate sul bisogno di dio, e sui bisogni che
dio appaga: tra tutti, primo il bisogno stesso di dio, e di dio per appagare
[in paradiso] il massimo bisogno dell’uomo: quello di se stesso;
3.] perché l’aver bisogno di dio
è una dimostrazione, se anzi ciò era stato inteso nella storia della filosofia come
una confutazione della fede ? [si dice: “tu credi solo perché hai paura di
questo, e quest’altro, ecc. …”/dice invece l’episteme: “prorpio perché dio mi
serve, dio esiste”]. una possibile risposta è la seguente [una spiegazione è
una teoria, e una teoria, se e in quanto plausibile spiegazione della realtà,
ha un intriseco valore e potere dimostrativo, sia pure probabilistico/le
dimostrazioni sono probabilistiche, ma non nel senso che pongono l’ipotesi di
dio (questo lo si fa sempre), ma nel senso che dimostrano la verità, o
plausibilità, di tale ipotesi, con un certo margine di certezza]:
a.] la realtà si riproduce in
dio;
b.] dio si riproduce nell’uomo
[uomo come dio e dio nell’uomo];
c.] in paradiso, l’uomo è in dio
e dio è nell’uomo [inabitazione come normalità del paradiso];
d.] il bisogno di dio è
manifestazione dell’assenza attuale di dio nell’uomo [a_normalità della
dimensione terrena_mortale];
e.] questa assenza non è normale
[è normale solo il paradiso: definito “configurazione definitiva”], e quindi
l’uomo evoca dio, perché ora nell’uomo manca dio;
f.] quindi dio esiste in quanto
manifestazione di ciò che manca nell’uomo: dio stesso [lo stomaco senza il
cibo, essendo il cibo per lo stomaco, evoca il cibo, e il cibo, anche se
assente dallo stomaco, esiste].
questa è la
spiegazione del
perché l’uomo ha bisogno di dio: il bisogno di dio,
cioè di qualcosa che esiste
[perché riprodotto nell’uomo, che evoca la sua assenza, ma
questa assenza sta
nella matrice chein paradiso sarà colmata], e questo qualcosa
è detto dio
[manca l’inabitazione, ma c’è lo
“spazio” per l’innesto, e questo
“spazio”/matrice ha la forma di dio]. attenzione
però: il primo bisogno
dell’uomo è il bisogno di dio [non dio come tappabuchi di
altro, ma dio come
necessario "tappabuchi" (Bonhoeffer) di se stesso, dove il buco
è dato dall’assenza di dio: dio deve essere tappabuchi,
perchè solo dio dà all'uomo, se gli obbedisce, la
salvezza],
nel senso che ciò, di cui l’uomo deve avere timore/paura,
non è la natura, non
sono gli uomini, non è la morte, ma è quella
dell’assenza attuale di salvezza,
data da dio:
1.] timore di dio;
2.] paura dell’inferno.
nota
sul criticismo kantiano
si
è detto che la mente dell’uomo [cosiddetto “microcosmo”] riproduce nel suoi
schemi la struttura del cosmo per la giunzione tra oggetto e soggetto [il primo
incorpora il secondo e si riproduce esistenzialmente in esso]: cioè la
struttura della mente è la stessa struttura della realtà. deve essere precisato
che questo non è evidente per l’uomo, perché il cosmo non si riproduce
normalmente nell’uomo, ma in dio, nell’anti_dio [micro_duplicazione di dio nel
creato] e in cosmo_adamo: questi tre soggetti sono esseri giganteschi, e sono
posti al centro della realtà, che in essi si riproduce, duplicandosi nella loro
mente [giunzione tra oggetto e soggetto]. l’uomo è invece una derivazione
micro_frattalica di cosmo_adamo, a sua volta derivazione micro_frattalica
dell’anti_dio. per questo l’uomo appare “disancorato” dall’universo_apparente,
scisso da esso e non posto al suo centro, parte microscopica di esso e quindi
non certo sua duplicazione. per questo si dice che quella duplicazione, come
origine della corrispondenza innatistica tra struttura del cosmo e struttura
della mente [apparato
categoriale kantiano] vale per l’uomo
solo indirettamente:
1.]
la mente umana non è diretta duplicazione dell’oggetto nel soggetto umano;
2.]
la mente umana ricava e riceve la sua struttura come indirettamente
riproduttiva della struttura della realtà, perché la ricava e la riceve come
fattore genetico da cosmo_adamo e da cristo_episteme;
3.]
cioè l’uomo è microcosmo non per riproduzione in lui del cosmo [come in dio],
ma per riproduzione in lui di dio, che è riproduzione del cosmo.
è
evidente in queste considerazioni il collegamento con la dimostrazione dim_147
e la sua schematizzazione.
|