proposizioni per una interpretazione storica del neoparmenidismo
[5/10/2008]
1.] nel tempo della civiltà della tecnica, l’uomo è come tornato
in eden, e in questo tempo, nel paradiso della tecnica, il neoparmenidismo,
confutando il cristianesimo e l’etica e teorizzando la potenza della tecnica e
la sua inevitabilità, sembra ripetere all’uomo d’oggi le parole che il maligno
rivolge ad adamo e ad eva in eden: “… non morirete affatto ! anzi, dio sa
che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come
dio, conoscendo il bene e il male” [gn 3, 4-5]. così si esprime il
neoparmenidismo:
a.] il peccato e la caduta non esistono, perché il divenire
non esiste, e non esiste l’inferno [“non morirete affatto !”].
b.] la tecnica potrebbe essere interpretata come il “frutto
proibito” dell’albero della conoscenza del bene e del male e dell’albero della
vita [così è, ad esempio, per l’ingegneria genetica]. con la tecnica, anche se
il divenire non esiste, secondo il neoparmenidismo l’uomo può realmente sperare
di accumulare infinita potenza [“diventereste come dio”].
c.] per il neoparmenidismo, in realtà, l’uomo è già come dio
[“l’uomo è dio” dice severino], l’uomo è quindi al posto di dio. con la tecnica
[posta da severino “al posto di dio”], l’uomo può creare anche dio stesso [così
severino in “essenza del nichilismo”, capitolo intitolato: “la filosofia nel
mondo d’oggi”].
2.] nel neoparmenidismo si dice che il divenire non esiste,
e quindi la fede nel divenire è follia, ma non si mette però in dubbio che
questa fede possa realmente consentire all’uomo di accumulare infinita potenza [fino
a creare dio]. il neoparmenidismo non dice all’uomo di non usare la potenza perché
è follia, ma la libera, con la dimostrazione della necessità e inevitabilità
storica dell’errore di questa fede, e dell’affermarsi conseguente della potenza
della tecnica come destino storico necessario e inevitabile dell’uomo [com’è
inevitabile l’ateismo]. se un evento è inevitabile, è evidente che l’uomo non
vi si può opporre, ma può solo liberarlo e assecondarlo.
3.] perciò, nel nuovo eden del paradiso della tecnica, emerge
il neoparmenidismo come l’antica tentazione demoniaca, ovvero come la voce del maligno
che era all’inizio della storia, in eden, e il cui eco risuona oggi, alla fine
della storia, nel neoparmenidismo inteso come dottrina della tecnica e della confutazione
della concezione cristiana del peccato, della caduta e della redenzione [“il rimedio
non esiste”, dice severino, perché la caduta non esiste]: “benchè il severino non si
dichiari espressamente mai né ateo né anticristiano, egli critica alla radice
la concezione della trascendenza di dio e i capisaldi del cristianesmo come
forse finora nessun ateismo e eresia ha mai fatto” [padre cornelio
fabro].
4.] severino stesso presenta il suo pensiero come “secondo
parricidio”:
a.] il primo parricidio teoretico di parmenide, effettuato
da platone, corrisponderebbe metaforicamente al peccato contro l’albero della
conoscenza del bene e del male, essendo per severino l’affermazione del
divenire il “peccato originale dell’occidente”. dopo di esso, dio proibisce all’uomo
anche l’albero della vita [gn 3, 22-24], e nella civiltà della tecnica attuale il
peccato degli uomini dell’occidente concerne la tecnica ed è contro la vita [aborto, manipolazione
genetica, eugenetica, eutanasia, fame nel mondo].
b.] il secondo parricidio teoretico di parmenide, effettuato
da severino, corrisponderebbe quindi al peccato contro l’albero della vita, cioè
al peccato della tecnica, solo tentato oggi dal genere umano, perché reso
impedito dalla protezione divina dell’albero della vita [gn 3, 24].
5.] severino analizza questo passo biblico [gn 3, 24] in un
suo libro, “la follia dell’angelo” [l’angelo
preposto al controllo dell’albero
della vita]: è quindi per severino la follia di dio, di chi
vorrebbe impedire
all’uomo di divenire dio, cioè di divenire ciò che
l’uomo in realtà è già.
spesso severino cita lucifero nei suoi articoli sul corriere della
sera. egli non
si è accorto che, storicamente, l’“angelo
folle” è, in realtà, lucifero, la cui
follia consiste nella sua fede negli effetti positivi
della propria azione di peccato [“in
principio era l’azione”: dice freud], fede consentita
in lui forse proprio da una
sua formulazione del neoparmenidismo. severino agisce la tecnica
teorizzandone
il suo potere, ma si scherma dai suoi effetti immorali, affermandone la
necessità storica della potenza. severino, quindi, “non
uccide” l’ente, perché non
crede nel divenire dell’ente, ma lascia che a ucciderlo,
necessariamente, siano
gli uomini, la cui fede nel divenire è una necessità
storica. ma proprio nel
riconoscere questa necessità, severino la fonda, perché
essa si fonda su di un errore, e così [nell’errore
speculativo] severino si rende colpevole della
potenza e della sua liberazione. la globalizzazione sarebbe il
tentativo umano,
oggi, di costruire la torre di babele [gn 11, 1], tentativo di
costruzione tecnologica
e economica del paradiso della tecnica, che avviene sullo sfondo del
neoparmenidismo,
pensiero che dovrebbe risultare la filosofia del futuro
[“filosofia futura”], cioè
la filosofia in cui si riconoscerebbero gli uomini del futuro regno
della
tecnica perfettamente realizzato.