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MARX
Come la sintesi hegeliana, anche
il marxismo costituisce una visione globale della realtà. Il pensiero di Marx
(nato nel 1818 a Treviri, nella Germania occidentale, e morto nel 1883 a
Londra) si inscrive nell’epoca della rivoluzione industriale, ed esprime gli
ideali di giustizia sociale dei lavoratori, sfruttati dal nascente sistema
capitalistico. L’opera principale di Marx è il “Capitale” (1867), in cui egli
descrive i meccanismi strutturali della società borghese, al fine di mettere in
luce quelle contraddizioni del capitalismo, che stanno alla base del suo
superamento.
Alla base del pensiero di Marx
sta la concezione materialistica della storia. Criticando Hegel, Marx afferma
che protagonista della storia non è l’Idea, ma l’uomo concreto, considerato
nella sua naturalità. Quest’ultima consiste nella socialità dell’essere umano,
la quale si esprime nel lavoro e nelle forme storiche della produzione
economica (feudalesimo, capitalismo). Nella società capitalistica l’uomo è
alienato, perché è separato dalla proprietà dei beni materiali, che egli
produce, e dei mezzi di produzione, che egli adopera. Questa alienazione
economica sta alla base anche dell’alienazione religiosa, perché l’idea di Dio
è “oppio dei popoli”, in quanto espressione dell’oppressione economica degli
uomini. Lo stato ha accolto al proprio interno, nelle sue leggi, il potere
della classe borghese. Affinchè l’uomo, sfruttato nella società industriale,
possa uscire dall’alienzione economica che l’opprime, la società borghese deve
essere rovesciata dalla rivoluzione. Questa instaura la dittatura del
proletariato, fase di transizione dal capitalismo al comunismo, nel quale viene
abolito lo stato, forma del dominio della classe borghese, e si afferma l’“uomo
nuovo”, capace di esprimere nel lavoro tutte le sue potenzialità umane e
creative.
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