nota: gnoseologia (considerazioni-essenziali)
“L’intrascendibilità del pensare è un teorema da
tempo acquisito al sapere speculativo … in molti modi, infatti, i filosofi
moderni han contribuito a dimostrare l’auto- contraddittorietà della figura del
presupposto naturalistico di kantiana memoria, cioè l’autocontraddittorietà del
progetto secondo cui può essere originariamente posto alcunchè come altro
dall’orizzionte del pensare” (Carmelo Vigna, Metafisca e filosofie, in “Verità
del desiderio”, Cafoscarina, 1992).
Queste premesse definiscono i caratteri
necessari e strutturali della conoscenza. Essa deve e non può che essere:
-
idealistica;
- solipsistica (chiusura del soggetto).
- realismo;
- panteismo del soggetto conoscitivo;
-
apertura del soggetto all’oggetto (s-chiusura anti-solipsistica del
soggetto).
Si introducono perciò i seguenti principii,
che rendono oggettiva la conoscenza:
- ma la realtà si riproduce nel soggetto, per
cui (metaforicamente) il sasso costringe il soggetto a riconoscerlo esistente,
facendogli dire: “guarda che io esisto !”. Il sasso esterno riproduce il sasso
all’interno, e tale riproduzione è totalmente-identica
(perché la riproduzione è vera
riproduzione), e quindi il soggetto non conosce il sasso-esterno, ma
conosce il sasso-interno, che, essendo completamente identico al
sasso-eterno, è tale per cui il livello qualitativo della conoscenza è
totalmente oggettivo, ponendo l’indifferenza tra esterno e interno (si
aggiungono considerazioni finali sulla tendenza "esteriorizzante");
- si aggiunge il ruolo del linguaggio, che dice al soggetto:
“c’è l’interno, che sei tu, e c’è
l’esterno, che non sei tu”, e ciò il linguaggio
“lo sa”, perché è riproduzione
dell’esterno nell’interno, e della realzione
interno-esterno (e l’interno stesso è riprodotto:
ciò spiega perché Dio è interno a Dio);
- ora,
tutto ciò è “sentito” dal soggetto (sentito qui significa “intuito”, cioè
pensato), e ciò è la struttura dell’esistenza identificata al pensiero (tale
identificazione produce nel soggetto l’“estasi” o “ipnosi” della consapevolezza:
“io-so-che-è-così”), e la percezione della forma (linguaggio) spezza tale
identificazione (ma anche attiva, precedentemente, la panteizzazione stessa:
“devo vedere interiormente per sapere oggettivamente” [cioè: “per essere
interiormente ciò che è l’esterno, che si riproduce in me: io conosco il sasso,
perché io sono il sasso”]), scindendo il soggetto dalla propria
intuizione-pensata (e rappresentazione-percepita), facendogli anche sentire
(intuire) l’alterirà della propria interiorià (consentita dal trinitarismo
associato alla panteizzazione di ciascuna ipostasi trinitairia: soggetto interno
al soggetto con soggetto interno "altro" e identificato all'oggetto
riprodotto);
- si osservi la mappa-dell’essere: per via dei principii di
invarianza (seconda dimostrazione) e di intenzionalità (settima dimostrazione),
essa non è una rappresentazione fantastica (favola o fiaba); ebbene, se al
soggetto-espositore (chi sta qui scrivendo), chiuso solipsisticamente
all’interno della propria soggettività-idealistica, non appare neppure una
galassia del cosmo apparente, come può egli pensare addirittura la realtà
pensata e percepita da Dio (e raffigurata nella mappa) ? E’ chiaro che,
attraverso il linguaggio (modellistico), contenuto nei suoi schemi mentali
ereditati da Dio, egli ha accesso ad una conoscenza totalmente-oggettiva, la
quale è possibile alle condizioni sopra e sotto esposte.
Tutto ciò premesso, il solipsismo
del soggetto è rotto: esso permane, ma è la realtà che entra oggettivamente
all’interno del soggetto, e la sua riproduzione (di se stessa) è
totalmente-perfetta: “io conosco l’esterno perché esso si riproduce dentro di
me, e si riproduce anche la relazione tra esterno e interno”, e infine: “poiché
la realtà determina la mia mente, essa stessa, che è esterna, mi ha costruito in
modo da rendermi “consapevole” della sua esistenza esterna".
L’episteme
attualmente non c’è. La conoscenza non-dimostrata può essere legittimamente
considerata “assoluta” ma, se non dimostrata, essa non è partecipata e rimane
chiusa solipsisticamente nel soggetto, che la intuisce ma (senza dimostrarla)
non può condividerla.
ATTENZIONE
Si deve precisare
però che non solo l’oggetto-esterno si riproduce all’interno in modo identico,
ma anche che esso spinge il soggetto
ad una consapevolezza (e forza o potenza, di tipo intuitivo e conoscitivo)
“esteriorizzante” (con implicazioni anche etiche: relazioni sociali e relazioni
a Dio), e ciò è rigorosamente ipostatizzato, nel senso che la panteizzazione, in
Dio, produce processi (immenso-giganteschi) del tipo:
-
(circum-)“navigazione” dello Spirito Santo (dentro e fuori di Dio);
-
incarnazione ipostatica del Figlio (suo trapasso nel principio e permutazione
corpo-principio);
Ecc.
Nota