Note integrative
1. gnoseologia: "la rete è
estesa come il mare" (ad esclusione del primo segmento esistenziale [come si
vede nella mappa-dell'essere, la panteizzazione cristica - condizione
gnoseologica parmenidea "pensare=essere", che l'episteme corregge in senso
realistico - raggiunge l'uno, non il campo esistenziale puro-noumenico], che si
riproduce però all'interno del soggetto, che così può comunque conoscerlo); il
pensiero opera per intuizione, e questa è la "scintilla", o
consapevolezza-conoscenza-certa, data dall'identificazione
panteistico-idealistico-parmenidea tra soggetto e oggetto, oggetto a cui il
soggetto (il Logos) è sovrapposto: il Padre e l'uomo si servono per conoscere
del Figlio (principio gnoseologico della triangolazione: come si osserva,
l'episteme rompe l'isolamento del Creato e dell'uomo, la cui anima è
parzialmente in qualche modo già presente in Dio, per la "continuità"
terra-paradiso, condizione di salvaguardia dell'identità; così, ad esempio, al
dannato pare di "cadere" eternamente, perchè si allontana infinitamente dalla
parte della sua anima già presente in Dio, che nel suo caso non "aprirà gli
occhi"), panteizzazione del Figlio che viene "stimolata" e riconosciuta dalla
percizione interiore e sentitiva dell'ente (anche l'estasi-spirituale "vede"),
ente-interiore (kantianamente costruito, dettato dalla realtà esterna, e
cristicamente decostruito: decodificazione, p18), che riproduce (come si è
detto) l'oggetto esterno.
2. l'episteme non è certamente forma di idealismo e
panteismo (si "serve" di essi), sia perchè esso ha il progetto (programma di
ricerca) consapevole di voler giungere a una sintesi "perfetta" tra idealismo
(vero) e realismo (vero), sia perchè una tale impostazione rientra nel
realismo-assoluto (epistemico), cioè la teoria dell'oggettività. Per l'episteme,
il realismo include l'idealismo. E' vero che anche l'idealismo vuole conoscere
"perfettamente", ma il suo presupposto (che sconta un principio-di-non
contraddizione inadeguato) è tale, per cui tutta la realtà implode in un solo
soggetto (escludendo la Trinità, ad esempio), e ciò contraddittoriamente, perchè
un soggetto che "conosce", deve per definizione essere, almeno in parte,
"distinto" dall'oggetto da esso conosciuto, e così di fatto non lo conosce
(criticismo-epistemico: limiti-intrinseci alla conoscenza, p1).
3. la forma è
linguaggio-scienza, che può non apparire (all'uomo Dio non appare). Invece, la
parola-tecnica (con cui Dio manipola la realtà-virtuale-fantastica e "crea" le
rappresentazioni dei suoi sogni, ma non crea dal nulla [la creazione-dal-nulla
non è manipolazione, ma sforzo creatore]) "sempre appare" (all'uomo è presente
l'intero apparato-linguistico, e forse la Rivelazione è l'attivazione inconscia
da parte di Dio di concetti, come la Trinità, che senza il suo intervento
soprannaturale, a causa del non apparire degli enti ad essi corrispondenti [che
non creano le parole, ma solo le "attivano"], non sarebbero emersi alla
consapevolezza linguistica della ragione speculativa), e quindi l'uomo vede Dio
nella parola "Dio", e così lo conosce (settima dimostrazione), parola-tecnica
usata conoscitivamente in luogo del linguaggio-forma, o parola-scienza (p6)
(implicazioni nella gnoseologia, soteriologia e teodicea).
4. il
secondo-sistema-epistemico (sistema logico-etico) riproduce il
primo-sistema-logico- a-etico in termini panteistici (fondazione del diritto
[tecno-strutturazione della volontà coercizzata], forse anche dell'etica, in
parte), ma nel secondo-sistema-etico il panteismo cristico è "sospeso" per il
cosmo (l'ubiquitarismo è quindi corretto nel primo e nel terzo mondo, ma
appartiene al nichilismo-teologico per il secondo mondo), focalizzandosi solo
nella particola eucaristica.
5. si sono date alcune ipotesi su quella che
potrebbe essere la teoria epistemica dell' essere (p2.1.1.1). Esse sono state
date qui (epistematica) e vengono date anche nell' episteme (protologia: da
"proton", principio, che è l'esistenza-pura-in-sè). Ciò è coerente con ciò che
viene detto in p1. Non solo la gnoseologia si caratterizza per il suo oggetto di
studio, ma ne è determinata:
- episteme: protologia del principio
(esistenza), che determina il pensiero;
- epistematica: gnoseologia del
pensiero, che conosce il principio.
6. chiamare l'essere "esistenza" (per
non confondere l'astratto-concreto con l'astratto-astratto) porta a confondere
l'esistenza-come-sostanza con l'esistenza- come-vita:
- l'esistenza come
sostanza (attenzione: la sostanza-prima, dai Greci intesa come il principio
primo e ultimo della realtà-esistente, non la "sostanza" che, insieme alla
"forma", costituisce l'ente-apparente) è studiata dalla protologia;
-
l'esistenza come vita è studiata dall'esistenzialismo-epistemico .
7. l'esistenzialismo-epistemico, si può dire, è
il centro dell'episteme (e ciò è una positiva coincidenza e corrispondenza,
essendo l'esistenza sia il principio che la vita), perchè affronta il problemi
concreti della vita, tra cui la morte, la nausea, la malattia, l'alienazione, la
felicità terrena (le sue possibiltà e condizioni), la felicità-assoluta
(paradisiaca), il rapporto col male e il peccato (non la loro struttura), ecc.,
ma (e qui sta il centro dell'episteme) soprattutto il senso dell'episteme, cioè
della verità, cioè della vita, definito epistemicamente come
problema-del-senso-dell'esistenza (= vita) (p23). E' questione se tale discorso
appartenga alla logica o all'etica, perchè il senso è speculativo, ma, essendo,
in parte (e fondametalmente-strutturalmente), sconosciuto e non conoscibile
nell'al-di-qua (p23), l'etica (teoria della salvezza) è la condizione per
accedervi (il paradiso: salvezza). La questione è in fase di definizione. Porre
questa problematica (che è "la-problematica": il fine ultimo dell'uomo non è
conoscere Dio [condizione che, se posta prioritaria, è alienazione:
nichilismo-teologico], ma è conoscere se stesso) all'interno dell'etica
equivarrebbe a definire l'episteme come un sapere più "pratico" che
"teorico-sapienziale" (prevarrebbe cioè la saggezza-etica sulla
sapienza-logica). Se prevale quest'ultima prospettiva, l'episteme non è comunque
una gnosi (p22).