commento alla voce "pensiero" del dizionario di filosofia di nicola
abbagnano
si riportano le seguenti parti
tratte dalla voce "pensiero" del dizionario di filosofia di abbagnano e fornero, e le si commenta:
1.] “si possono distinguere i seguenti significati del termine [pensiero]: A.]
qualsiasi attività mentale o spirituale [dice abbagnano: “il significato più vasto del termine”]; B.]
l’attività dell’intelletto, o della ragione in quanto distinta da quella dei
sensi e della volontà; C.] l’attività discorsiva; D.] l’attività intuitiva”;
2.] nel significato A.] il
pensiero include la percezione, e anche la volontà, il desiderio, ecc.;
3.] secondo Locke, il pensiero
[scrive abbagnano] è “l’operazione dello
spirito sulle proprie idee”;
4.] secondo leibniz, esso è “una percezione congiunta con la ragione”;
5.] il significato B.] “costituisce anche oggi l’uso più comune
del termine nel linguaggio ordinario”. in questo significato il pensiero “designa l’attività dell’intelletto in
genere, in quanto è distinta da un lato dalla sensibilità, dall’altro
dall’attività pratica. in questo significato platone … designa con essa
l’intera conoscenza intellettuale, che comprende sia il pensiero discorsivo sia
l’intelletto intuitivo … [platone] definisce il pensiero in generale come il
dialogo dell’anima con se stessa. “quando l’anima pensa, egli dice, non fa altro
che discutere con se stessa … e quando … non dubita più, diciamo che essa è
giunta ad una opinione”. [secondo s. agostino e s. tommaso] … il pensiero …
costituisce l’attività propria di una certa facoltà dello spirito umano … e
precisamente quella di cui è propria l’attività conoscitiva superiore [non
sensibile]”.
questo “dialogo dell’anima con se
stessa” mostra come il pensiero possa pensare, solo trapassando nel linguaggio
[incarnandosi in esso] e anche nelle immagini, evocate dal pensiero e dal linguaggio.
6.] il pensiero discorsivo
[significato C.]] “platone considerava
come … preparazione al pensiero intuitivo dell’intelletto. S. agostino negava
che il verbo di dio potesse chiamarsi pensiero in questo senso; e lo negava s.
tommaso, perché il pensare è in questo senso “una considerazione
dell’intelletto accompagnata dall’indagine, anteriore, perciò, alla perfezione
che l’intelletto attinge nella certezza della visione”. l’empirismo … affermava
con hume che tutto ciò che il pensiero può fare consiste “nel potere di
comporre, trasportare, aumentare o diminuire i materiali forniti dai sensi e
dalla esperienza”. e questo è infine il concetto che del pensiero ebbe kant.
“pensare, egli disse, è collegare rappresentazioni in una coscienza”. il che
significa che “pensare è la conoscenza per concetti”; che “i concetti si
riferiscono come predicati di giudizi possibili a qualche rappresentazione di
un oggetto ancora indeterminato” e che pertanto, quando questo oggetto non è
dato all’intuizione sensibile, si ha bensì un “pensiero formale” ma non una
conoscenza vera e propria che consiste nella unità del concetto e
dell’intuizione. [in questo senso]
l’attività del pensiero è definita in termini di sintesi, unificazione,
confronto, coordinazione, selezione, trasformazione, ecc., dei dati che sono
offerti al pensiero ma non da lui stesso prodotti. pertanto la caratteristica
del pensiero come attività discorsiva è in ultima analisi una caratteristica
negativa: il pensiero discorsivo non si identifica mai con con il suo oggetto
ma verte intorno a questo oggetto cioè lo caratterizza o lo esprime. in questo
senso frege chiama pensiero il contenuto di una proposizione cioè il suo senso.
in questo stesso senso wittgenstein diceva: “il pensiero è la proposizione
significante” e identificava pensiero e linguaggio, sul fondamento che “la
totalità delle proposizioni è il linguaggio”.
7.] [significato D.] “la caratteristica propria del concetto
del pensiero come intuizione è la sua identità con l’oggetto”. il pensiero è in
questo senso l’attività propria dell’intelletto intuitivo, cioè di
quell’intelletto che è visione diretta dell’intelligibile, secondo platone; o
che, secondo aristotele, si identifica con l’intelligibile stesso nella sua
attività. per il pensiero così inteso gli antichi usarono costantemente la
parola intelletto … nell’idealismo
romantico … il pensiero veniva promosso al posto già tenuto dall’intelletto
intuitivo e identificato con esso. così fece per primo fichte identificando il
pensiero stesso con l’Io o Autocoscienza infinita e così fecero schelling e
hegel. schelling affermava: “il mio io contiene un essere che precede ogni
pensare e rappresentare. esso è in quanto è pensato ed è pensato perché è …
esso si produce con il mio pensiero, per via di una causalità assoluta”. hegel
a sua volta espresse nella forma più chiara l’identificazione del pensiero con
l’autocoscienza creatrice cioè come attività che coincida con la sua propria
produzione … il pensiero è insieme l’attività produttiva e il suo prodotto
[l’universale o concetto]: è perciò l’essenza o la verità in ogni cosa … in
realtà si è sempre trattato della vecchia nozione di intelletto intuitivo,
estesa anche all’uomo, senza più tenere conto dei limiti e delle condizioni che
gli antichi ponevano a questa estensione” [nicola abbagnano].
la ricerca_epistemica, volta alla
definizione della metafisica e del modo con cui dio conosce, ha utilizzato
soprattutto il concetto di pensiero espresso dal significato D.], ovvero come
identificazione di dio all’Intero per panteizzazione [panteismo significa dio =
Intero/panteismo che coinvolge non tutto dio e non tutto l’Intero, ma la
duplicazione di dio e dell’Intero e si opera ad un dato livello esistenziale].
con ciò la ricerca_epistemica ha riconosciuto che esiste un noumeno come
X_sconosciuta anche per dio, perché dio può conoscere non l’Intero che è
diverso da dio ed esterno a dio, ma l’Intero che si riproduce in dio, per
esistenzializzazione dall’essere e per creazione [inerziale] dal nulla
[l’intuizione intellettiva di kant], Intero che, essendo del tutto identico a
quello esterno, sia per esistenza che per forma e sostanza, consente a dio una
conoscenza intuitiva perfetta del noumeno che lo precede, conoscenza divina a
posteriori, e simultanea alla generazione/ esistenzializzazione del verbo
[quindi apparterrebbe a cristo anche il pensiero discorsivo, in cui la
qualificazione dell’oggetto si accompagna alla generazione: di cristo e del simultaneo
giudizio sull’oggetto], verbo in cui si ha l’identificazione propria di dio con
l’Intero. nel verbo come intelletto, essendo cristo acnhe “parola” [verbo],
potrebbe individuarsi l’identificazione tra pensiero e linguaggio teorizzata da
wittgenstein. trasferita l’intuzione divina [come esistenzializzazione, non
solo come creazione] all’uomo [secondo l’idealismo, coem dice abbagnano alla
fine del punto 7.]], l’uomo può conoscere perfettamente, perché ogni volta che
vede un ente, lo intuisce [generandolo al proprio interno, secondo schelling: ““il mio io contiene un essere che precede
ogni pensare e rappresentare”], secondo la sua essenza ideale/cioè l’uomo,
quando pensa, si connette all’iperuranio [quello creato da dio, duplicazione
dell’iperuranio divino], e si identifica esistenzialmente all’idea, in cui è posta
l’essenza dell’ente_ipostatico. rimane il problema del fatto che [essendo
l’uomo rete e l’universo il mare, ed essendo la rete estesa epi_stemicamente
sopra il mare] l’uomo effettivamente non si identifica ora [nella dimensione
terrena] con l’oggetto [io vedo il sasso ma non sono il sasso], e quindi può
conoscere, e anche in modo assoluto [come nella rappresentazione dell’essere_necessario
nella metafisica epistemica], ma ancora in modo inadeguato ovvero non
perfettamente [cioè non panteisticamente] [“la
nostra conoscenza è imperfetta … Ora vediamo come in uno specchio, in maniera
confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma
allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto”: 1 cor 13, 9
– 12. queste parola di san paolo hanno una profonda implicazione gnoseologica:
la teoria della conoscenza deve tenere in considerazione, come fa l’idealismo,
strutturalmente anche il processo conoscitivo futuro dell’anima paradisiaca,
perché in paradiso non solo non ci saranno limiti (di struttura), ma il
processo conoscitivo sarà strutturalmente normale, cioè come dovrebbe essere
anche ora e non è. ciò significa che l’uomo ora, nella dimensione terrena, deve
studiare le differenze tra le due configurazioni paradisiaca e terrena, e le
loro implicazioni strutturali,
perchè il processo conoscitivo normale è quello
paradisiaco, essendo il paradiso il luogo della configurazione
strandard (basica_necessaria) della vita e della conoscenza, divina e
umana]. questo limite può essere associato al fatto che
cristo è attualmente diverso dal creato [cioè non opera la panteizzazione,
essendo questa sospesa: “Io vi dico che
da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò
nuovo con voi nel regno del Padre mio”: mt 26, 29: “ora” significa
all’inizio del processo creativo, prima dell’inizio di tutti i tempi, “nuovo”
significa che cristo si è clonato e si sta clonando con l’uomo, e infatti dice
“con voi”, “non berrò” significa che cristo_epi_steme sta sospendendo la
panteizzazione con creato, ed essa si sta effettuando solo nelle particole
eucaristiche: transustanziazione = panteizzazione focale, dove qui il “tutto” è
limitato per ora all’ostia sacra consacrata tramite il processo tecnico della
liturgia] e nell’al di là l’uomo potrà fondersi con il creato e così conoscerlo
perfettamente, rigenerandolo al proprio interno [“l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente che zampilla per la
vita eterna”: gv 4, 14].