analisi della voce “cosa in sé” [di abbagnano] del dizionario
di filosofia di abbagnano:
1.] scrive abbagnano: “[“cosa in sé” è] ciò che la cosa è indipendentemente dal
suo rapporto con l’uomo”. per la razionalità epistemica si osserva quanto
segue:
a.] “indipendentemente” significa
che la cosa in sé non deve apparire;
b.] se essa esiste, tuttavia,
l’uomo di fatto ne intuisce l’esistenza;
c.] quale forma di
rappresentazione [= conoscenza] possiede l’uomo per sapere dell’esistenza della
cosa in sé, perché il pensiero ne sia consapevole ? il linguaggio;
d.] quindi, la proposizione … [“cosa in sé” è] ciò che la cosa è indipendentemente dal
suo rapporto con l’uomo … è, come linguaggio, l’esatta forma della
rappresentazione [anche apparente, perché il linguaggio appare] della cosa in
sé per il pensiero, che tramite la parola “cosa in sé” sa che essa esiste,
essendo questa parola una parola_realtà. da questo punto di vista la
dimostrazione dim_153 è un processore dimostrativo per la metafisica: ogni
parola_realtà, e non solo la parola_dio, è tale, se parola_metafisica, da
dimostrare l’esistenza del termine a cui essa si riferisce. Occorre che il
pensiero solo giustifichi la sua identificazione come parola_realtà rispetto
alla parola_fantasia [parole_realtà: uno, diade, ecc.]. può costituire un
criterio per tale riconoscimento la storia della filosofia ?
2.] “[l’espressione e la nozione di cosa in sé …] … rappresentano “la
convinzione dominante di tutta la filosofia del sec. XVIII” [Cassirer]”.
quindi:
a.] la storia della filosofia
concepisce la cosa in sé [autorità della tradizione];
b.] cioè la pensa [autorità
significa che il pensiero è autentico pensiero, cioè intuizione comprensibile e
convincente [identificazione tra anima_rete e noumeno_mare].
3.] “[la distinzione cartesiana tra …] … le cose in se stesse e le cose
rispetto a noi, cioè come oggetti delle nostre facoltà sensibili, diventa un
luogo comune della filosofia dell’illuminismo”: la ricerca epistemica ha
detto:
a.] le “cose in se stesse” non devono essere concepite come enti dotati di
forma e sostenza “non conosciuta”, essendo la forma e la sostanza
[kantianamente soggettiva e applicata ad esse], ma sono epistemicamente
concepiti [tramite il linguaggio e la percezione data dalle schematizzazioni,
di cui anche dio si serve] come puro dispiegamento di esistenza astratta, che,
in quanto astratta, non è data ad essere né percepita né rappresentata, ma solo
pensata/intuita esistente [c’è la forma e la sostanza, ma solo come modi
dell’astratto]. la schematizzazione è necessaria, perché è l’unico modo per
rappresentare l’astratto, cioè la pura necessità di esistere e le sue
disposizioni;
b.] le “cose rispetto a noi” sono date dal prodotto_conoscitivo,
spiegato dalle modellizzazioni schematiche del linguaggio, e apparenti alla
percezione, tra oggetto [cose in se stesse] e soggetto [anch’esso cosa in se
stessa], prodotto_conoscitivo che è la gnoseologia_kantiana
[rappresentazione_soggetto = oggetto_oggetto per
oggetto_soggetto].
4.] “… kant ripete che la conoscenza umana è conoscenza di fenomeni, non di
cose in sé, giacchè essa si fonda non già su di una intuizione_intellettuale [per la quale aver presenti le cose in sé
significherebbe crearle] ma su una intuizione_sensibile,
alla quale le cose in sé sono date
sotto certe condizioni [spazio e tempo]”. a questo riguardo si osserva che:
a.] sembra qui riprodotta la
distinzione platonica tra mondo_intelligibile [idee] [colto
dall’intuizione_intellettuale] e mondo_sensibile [realtà apparente fenomenica
in divenire] [colto dall’intuizione_sensibile];
b.] per l’episteme
l’intelligibile non è il “privilegiato” o il “perfetto”, ma è l’astratto colto
solo dal pensiero tramite intuizione;
c.] kant limita la conoscenza
all’apparire, alla percezione, secondo quanto egli dice, ovvero allo
spazio/tempo, invece per l’episteme il pensiero [intuizione_intellettuale]
conosce anche tramite il linguaggio, in cui specificamente l’intelligibile
astratto [coase in sé] appare, come segno, parola e proposizione. tutto ciò non
appare “innovativo”: la conoscenza è pensiero, e il pensiero non è “creazione”
[come intende kant], ma identificazione [come dice parmenide] tra soggetto e
oggetto, identità che accende nel soggetto la scintilla/esperienza [=
intuizione] della convinzione, cioè del momento conclusivo del sapere: “io so,
è esperito la certezza”. quindi,
c1.] da un lato, la cosa in sé
appare nel linguaggio, con cui il pensiero dialoga [e non solo dialoga con la
percezione];
c2.] dall’altro, se il noumeno
non appare alla percezione, non vi appare perché non deve apparirvi, in quanto
è astratto, e come tale deve apparire solo nel linguaggio, per essere colto in
esso dal pensiero:
d.] due sono quindi le vie della
conoscenza:
d1.] del pensiero tramite la
percezione;
d2.] del pensiero tramite il
linguaggio: quest’ultima via è quella specificamente metafisica e teologica,
perché nel linguaggio appaiono gli “oggetti” della metafisica e della teologia.
ma dio [teologia] anche apparirà
alla percezione: si tratta di capire, invece, che [metafisica] mai il principio
[cosa in sé: la sostanza] apparirà alla percezione [se non come segno
linguistico], perché esso è astratto, e quindi,
e.] mentre per la teologia il
linguaggio [oltre a cogliere l’essenza astratta di dio/della sua definizione in
termini di principio] è anche surrogativo dell’apparire [futuro, in paradiso]
di dio alla percezione;
f.] sempre per la metafisica
[protonica] il solo luogo conoscitivo è il linguaggio.
5.] si comprende [ora] che kant
ha identificato l’intuizione_intellettuale con l’atto creativo di dio perché
utilizza lo schema tripartito medioevale [detto epistemicamente del “realismo
minimo”]: per lui il noumeno è la cosa in sé come essere della cosa apparente,
cioè creata da dio nella conoscezione cristiana: per questo per kant dio
conoscerebbe creando. in questa creazione, intende in realtà kant, c’è quello
che ha detto l’episteme, l’identificazione tra soggetto [dio_creatore] e
oggetto [il creato], identificazione non in senso panteistico, ma nel senso che
conosce perfettamente, per kant, colui che, creando l’oggetto conosciuto, ne
sonda così le profondità sostanziali. Invece per l’episteme il noumeno, se
eterno, è eterno, di esso è costituito dio, e per questo dio, identificato ad
esso, lo conosce;
6.] “il concetto di un noumeno, [kant] dice, cioè di una cosa in sé che
deve essere pensata non come oggetto sei sensi, ma come cosa in sé [unicamente
per l’intelletto puro] non è per niente contraddittorio; giacchè non si può,
della sensibilità, asserire che sia l’unico modo di intuizione”. si dice a
questo riguardo che l’uomo sa che la sensibilità non è l’unico modo, o meglio è
l’unico, ma:
a.] non solo la sensibilità è
percezione,
b.] essa è anche “senzazione”
dell’intuizione, e questa è sempre pura. quando intuisco, si accende una
scintilla, e questa [convinzione, comprensione, certezza] è anch’essa una
sensazione sensibile;
c.] quindi il linguaggio è il
luogo di una specifica esperienza conoscitiva, linguaggio che deve essere
metafisicamente prosa e schemi [non solo prosa];
d.] anche il pensiero è
sensibilità;
e.] per “sensibile” kant intende,
evidentemente, restringendo tale concetto, ciò che si riferisce all’apparire
come percezione in senso stretto [i 5 sensi (vista, udito, tatto, olfatto e
gusto) e principalmente lo spazio_tempo, per la vista].
7.] “se s’intende per noumeno “l’oggetto di una intuizione non sensibile”,
cioè creatrice o divina, si ha il concetto di noumeno in senso positivo”. Ecco dunque come per kant
[e non per l’episteme], questa intuizione non sensibile sia particolare e
privilegiata, propria solo di un dio, ovvero identificata a un atto creatore,
invece per l’episteme essa è semplicemente il pensiero:
a.] per kant la conoscenza è
principalmente percezione [spazio/tempo], per la quale il pensiero è funzione
secondaria;
b.] per l’episteme la conoscenza
è principalmente pensiero;
c.] per la psicologia_cognitiva
il pensiero è elaborazione di un dato;
d.] per l’episteme, il pensiero è
identificazione esistenziale tra soggetto e oggetto, ovvero fusione
esistenziale [per cui non può ridursi la gnoseologia filosofica alla psicologia
scientifica, che non conosce, in quanto scienza empirica, il concetto
metafisico di essere], fusione che è anche detta “differenziale”, perché, pur
essendo la conoscenza l’identificazione tra soggetto e oggetto [dal lato del
soggetto: pensiero = essere: parmenide e idealismo], il soggetto è diverso
dall’oggetto, e quella identificazione avviene solo ad un dato livello del
soggetto e dell’oggetto, ovvero dei loro s_doppiamenti.
8.] si accetta comunque il
concetto di intuizione intellettuale di kant:
a.] dio [e l’uomo] non solo
conosce per identificazione panteistica, ma anche per esistenzializzazione
dell’Intero dentro il verbo_cristo_episteme: questa esistenzializazzione è
simile alla creazione, ma non è creazione, perché la creazione è dal nulla,
l’esistenzializzazione è dall’essere e in questo caso da dio. cioè l’Intero
viene generato della stessa sostanza del Figlio, che così lo conosce;
b.] l’intuizione intellettuale di
kant è atto creatore nel senso di hegel e di gentile. cioè hegel sta già in
kant come intuizione intellettuale e io_penso, delle proporzioni di dio
[nell’interpretazione epistemica]: auto_creazione [esistenzializzazione,
secondo l’episteme] del noumeno da parte dello spirito.
9.] “… Ma in realtà questo concetto rimane vuoto; perché il nostro
intelletto non può estendersi al di là dell’esperienza se non
problematicamente, cioè non con l’intuizione né con il concetto di una
intuizione possibile. Pertanto , “il concetto di noumeno è solo un concetto limite … per circoscrivere le pretese
della sensibilità e di uso perciò puramente negativo”. questa funzione
puramente negativa della cosa in sé è rimasta un caposaldo della dottrina
kantiana della conoscenza: perché è rimasta a garantire, in tale dottrina, il
carattere finito [cioè non creativo] della conoscenza umana”. si dice
quanto segue.
a.] in realtà, anche l'uomo possiede l'intuizione intellettuale divina, essendo a immagine del verbo;
b.] essa non crea l'oggetto, lo esistenzializza, ovvero l'oggetto si
esistenzializza nel soggetto, kantianamente secondo le forme del
soggetto [di ciò sarà data esemplificazione schematica];
c.] che l'uomo abbia l'intuizione intelletuale è dimostrato dal
fatto che la ragione epistemica ha saputo, per il tramite del
linguaggio, de_soggettivizzare [de_kantizzare] l'oggetto, intuendolo
come pura esistenza astratta, di cui non si dà oggettiva
rappresentazione immaginativa, se non come schematizzazione.
10.] "Tutta la filosofia kantiana segna una rapida liquidazione di questo concetto ... le Lettere sulla filosofia kantiana (1786-87)
di Reinhold, che davano del criticismo un'esposizione sulla quale si
è per lungo tempo modellata l'interpretazione del criticismo
stesso, riducendo il fenomeno a rappresentazione, rendevano dubbia o
problematica la funzione della cosa in sè; la quale veniva poi
recisamente negata, in base alla sua inconoscibilità ... Fichte
... vide che, eliminata la condizione limitativa costituita dalla cosa
in sè, la conoscenza umana diveniva creatrice non solo della
forma ma anche del contenuto della realtà che ne costituisce
l'oggetto; e si trasformava in quella "intuizione intellettuale" che
Kant attribuiva solamente a dio, facendo del soggetto di essa,
cioè dell'Io, un principio infinito ... Il romanticismo segnava
il tramonto definitivo della dottrina della cosa in sè". per
commentare queste parole si riprende anche il testo della storia della
filosofia [per i licei] di abbagnano e fornero, perchè
l'interpretazione della concezione kantiana del fenomeno, propria di
abbagnano, differisce dall'interpretazione detta sopra l'"esposizione sulla quale si è per lungo tempo modellata l'interpretazione del criticismo stesso". abbagnano
deve conservare il noumeno, per rendere la conoscenza soggettiva [non
assoluta], per poi negarlo, perchè il soggetto non abbia a
intuire [metafisicamente] la conoscenza di ciò che non appare.
al tempo stesso egli deve conservare un concetto di fenomeno come
noumeno, cioè oggetto materiale indipendente dalla
rappresentazione, perchè questa è soggettiva, e allora il
soggetto la creerebbe, e sarebbe grande come tutto l'universo
["infinito"]. si riporta il testo, che non potrò risultare di
correttezza razionale perfetta, perchè abbagnano cerca di
ottenere da kant la fondazione del fenomeno come oggetto indipendente
dal soggetto, cercando di evitare sia il noumeno [la metafisica] sia la
riduzione del fenomeno a mera rappresentazione [idealismo], per cui il
discorso di abbagnano deve essere incoerente, perchè cerca
di ottenere quello che non può ottenere:
a.] il soggettivismo del fenomeno,
b.] con la stessa "solidità" [= oggettività altra dal soggetto], nel fenomeno, del noumeno;
c.] cioè abbagnano cerca un fenomeno che sia esso stesso il
noumeno: negato come noumeno perchè fenomeno, e negato come sola
rappresentazione perchè fenomeno inteso come "cosa" [noumeno
nascosto]. se infatti il fenomeno è totalmente soggettivo anche
come esistenza, l'uomo è grande come tutto l'universo, ma
perchè il fenomeno non sia l'uomo stesso, il fenomeno è
conosciuto come altro dall'uomo, cioè come noumeno: abbagnano
necessita del noumeno, e contraddittorialmente lo tiene presente come
un "puro pensiero senza realtà" [una
realtà inconscia in abbagnano, che gli serve per distinguere
l'uomo dal fenomeno, ed evitare sia il noumeno, sia l'idealismo].
questo abbagnano [pag.51, "filosofi e filosofie nella storia", volume terzo, per i licei, 1992]: "il ragionamento generale cui pervengono i critici immediati di Kant è il seguente: ogni realtà di cui siamo consapevoli esiste come rappresentazione
della coscienza, la quale ultima funge, a sua volta, da condizione
indispensabile del conoscere. ma se l'oggetto risulta concepibile solo in relazione ad un soggetto che lo rappresenta, come può venire ammessa l'esistenza di una cosa in sè,
ossia di una realtà non pensata e non pensabile, non
rappresentata e non rappresentabile ? ... si osservi come agli occhi di
questi critici il kantismo tenda a configurarsi come una forma di idealismo coscienzialistico basato
sulla doppia riduzione del fenomeno a rappresentazione e della
rappresentazione a coscienza. Questa interpretazione trova vistosi
agganci soprattutto nella prima edizione della Critica della ragion
pura, in cui Kant, nella Deduzione trascendentale: 1] parla del
fenomeno come di "un semplice gioco delle nostre rappresentazioni, che
si riducono infine a determinazioni del senso interno", e quindi come
di un'idea o di una rappresentazione in senso cartesiano_berkeleyano, la cui realtà consiste solo nell'essere pensata,
e 2.] discorre della cosa in sè come di un "oggetto della
rappresentazione" ... che questo fosse davvero il punto di vista di
Kant ... appare oggi quasi sicuramente da escludere. Infatti ... Kant
... identifica il fenomeno non con la "rappresentazione" ma con
"l'oggetto della rappresentazione", e parla del noumeno come di un
semplice concetto_limite, facendo intendere che il fenomeno, dal punto
di vista criticistico, non è una rappresentazione o un'idea, che giace dentro la coscienza, ma un oggetto reale,
anche se appreso tramite il corredo mentale delle forme a priori, in
virtù delle quali esso risulta appunto un "fenomeno" ... in
Kant, ... il noumeno, per noi, non costituisce una realtà cui applicare delle categorie, ma un semplice memento critico, o un "promemoria trascendentale", il quale ci ricorda che l'oggetto ci è dato [e non creato] attraverso
una rete di forme a priori. In questo senso, la cosa in sè,
invece di essere una corposa realtà, si configura piuttosto ...
come "un puro pensiero senza realtà ...".
queste parole di abbagnano, come detto, sono palesemente
contraddittorie, e mostrano come kant stesso si sia tovato in
difficoltà:
a.] per abbagnano, kant identifica il fenomeno non con la
rappresentazione del noumeno_oggetto, ma con l'"oggetto della
rappresentazione": quindi l'oggetto è qui fuori della
rappresentazione, e allora è noumeno, conoscendo l'uomo solo per
rappresentazione;
b.] per abbagnano, in kant il fenomeno non è una rappresentazione o
un'idea, dentro la coscienza, ma è un oggetto reale: quindi esso
è fuori della coscienza, e allora è noumeno;
c.] l'uomo non conosce solo [per] le [proprie] rappresentazioni, ma anche l'esistenza dell'oggetto: come poter conoscere l'esistenza di
un oggetto reale, al di fuori delle sue rappresentazioni della
coscienza [rete del corredo mentale delle forme a priori], se non come
oggetto reale_noumeno ?
d.] in altre parole, il testo di abbagnano significa che abbagnano, interpretando kant,
trasferisce l'esistenza del noumeno nell'esistenza del fenomeno, poi si
libera del noumeno, e tratta il fenomeno sia come il dato che si
dà alle forme [oggetto reale] [e questo per kant è il noumeno], sia come la rappresentazione, detta appunto a
abbagnano "fenomeno" [di secondo livello].
per l'episteme il paradosso di cui all'inizio dei discorso [dire di
ciò che non si può dire] è così risolto:
a.] l'oggetto_noumeno si esistenzializza nel soggetto, che non lo crea,
ma lo produce come "auto_generazione" [idealismo corretto: non
creazione ma esistenzializzazione di ciò che precede il
soggetto/esistenzializzzazione dell'oggetto nel soggetto e
identificazione di questo al primo];
b.] così lo conosce, e lo proietta nel linguaggio, che dice
"noumeno": è cioè il linguaggio il luogo conoscitivo
specifico per la manifestazione [non rivelazione, ma
esistenzializzazione] del noumeno_oggetto al soggetto;
c.] perchè il fenomeno appare come "oggetto reale" [abbagnano],
indipendente dal soggetto ? perchè il noumeno è altro dal
soggetto, e determina che nel soggetto la sua auto_esistenzializzazione
[dell'oggetto che precede il soggetto, esistenzializzazione nel
soggetto] appaia, come esperita, "solida" e "dura" come altra dal
soggetto stesso: cioè il fenomeno è una rappresentazione
soggettiva con la proprietà di essere [per il fatto di
riprodurre l'oggetto nel soggetto] esperita come altra dal soggetto,
che pure è la sua sede [della rappresentazione soggettiva];
d.] tutto ciò in dio come nell'uomo.
e.] la base esistenziale dell'uomo [...] mostra
come l'uomo sia rete estesa come il mare [soggetto infinito, ma si un
infinito infinitesimale rispetto a dio e al creato].