implicazioni del
principio teologico fondamentale
numerose
e complesse sono le implicazioni di tale principio. alcune tra le più
importanti potrebbero essere le seguenti:
1.] il creato non
è stato progettato in modo fantasioso, ma in modo “obbligato”, in base al
principio dell’imago dei, applicato non solo a Dio, ma a tutta la realtà non
creata, riprodotta (necessariamente) nella realtà creata (nel senso che Dio non
può creare il creato in molti modi, ma solo in un modo);
2.]
dio è determinato dalla necessità e quindi non può modificare le strutture
della necessità, ma può essere libero di creare solo all’interno di una
determinata realtà, e ciò è previsto dalla necessità: realtà virtuale, realtà
onirica, e altre limitate determinazioni;
3.] dio non crea
l’uomo casualmente per il suo capriccio, ma in base a una razionalità motivata,
di cui partecipa l’uomo, che non deve dire nichilisticamente “non sono necessario,
Dio non ha bisogno di me”, ma deve dire “proprio perché Dio ha bisogno
di me, devo essere eticamente perfetto”;
4.] l’affermazione
“dio non ha bisogno dell’uomo e non aveva bisogno del creato, essendo già
perfetto” è a determinazione nichilistica, volta a sminuire l’importanza
del creato e dell’uomo, e questa affermazione partecipa dell’alienazione
dell’uomo;
5.] in base a ciò
si dice che: non esiste una differenza tra la teologia tradizionale
pre_epistemica, che dice che Dio ha creato liberamente l’uomo e questo non
serve a Dio, e il casualismo evoluzionistico darwinista: entrambi dicono
sostanzialmente la stessa cosa. Infatti, anche se dio avesse creato l’uomo per
un fine, il fatto di non aver bisogno dell’uomo significa che l’uomo è creato
per un desiderio “eventuale”, cioè casuale. L’episteme dice che dio necessita
dell’uomo etico, non di qualunque uomo, cioè dell’uomo penitenziale e
sostanzialmente “cattolico”. Né è sufficiente dire che “la motivazione del
creato è mistero”, perché la proposizione “l’uomo non serve a Dio” svuoterebbe
comunque questo mistero di qualunque determinazione motivazionale positiva;
6.] ha rilevato
l’episteme (ed esso non riesce certamente a reggere questo pensiero
vertiginoso) che proprio nell’uomo e attraverso l’uomo (ad esempio: negli
adolescenti con le braghe lunghe, che vanno in discoteca e fanno un sesso
acerbo) Dio diventa più perfetto di quello che era (tranne che con gli uomini
peccaminosi), cioè dio diventa “più dio” di quello che era, e questo …
7.] … non perché
fosse incompleto (critica giusta, ma epistemicamente non corretta, perché non è
questo che dice l’episteme), …
8.) … ma perché,
come dio deriva dalla necessità, così (in base all’accoglimento epistemico di
alcune determinazioni severiniane, giacchè c’è del positivo anche in Severino)
esiste anche un rapporto diretto e non mediato da Dio, tra l’uomo creaturale e
quella stessa necessità che ha determinato l’esistenza di Dio e, in lui, il
progetto_uomo, libero per causa creatrice, ma necessario come necessario
presupposto per il super_perfezionamento di Dio, rapporto diretto per il quale
…
9.) … l’uomo
capisce (severinianamente, ma oltre Severino), che l’uomo creaturale e la
creazione, al cui centro è l’uomo, serve a Dio per il proprio completamento
(super_perfezionamento/completamento di una realtà in se stessa perfetta ma
senza l’uomo ancora incompleta), per cui è completamente neutralizzata
l’alienazione umana, in quanto l’uomo capisce (in base a quel rapporto), che il
suo destino e la sua funzione è di servire a Dio per assolutizzarsi “oltre
l’uomo e oltre Dio” (come dice Severino, senza egli sapere che cosa ha
veramente detto): il super_Dio tramite il super_uomo (che è l’uomo “santo”,
cattolicamente: cioè umile, penitenziale, operoso, ecc.); l’uomo non può
reggere questo pensiero (di costituire il fulcro per la determinazione e
completamento di un nuovo e più perfetto Dio), e pertanto si pone tale concezione come ipotesi.