alcune note sulle teorie formulate nel presente sito
riflessione_1:
1.] quando nel sito si parla di
apparire, conoscenza e realtà, si fa riferimento al punto di vita [speculativo]
di Dio;
2.] in base alla
rivoluzione_epistemica, i problemi conoscitivi sono esperiti dall’uomo [il
soggetto_espositore è un uomo], e vengono trasferiti su Dio [anche Dio ha il
problema di rapportarsi alla realtà esterna], e da Dio, risolti, sono poi
rivolti di nuovo all’uomo, che capisce che la sua condizione conoscitiva [quella
dell’uomo] è anomala/non_normale;
3.] così, ad esempio, si crede
che Dio sappia tutto perfettamente per definizione, e invece Dio stesso
ha il
problema della conoscenza dell’oggetto. Si dice che questo
problema non esiste,
perché Dio crea l’oggetto [non si pensa che Dio si
rapporta a una realtà
esterna, perché si identifica tutto ciò che esiste con il
Creato, e il Creato è
posto dentro Dio] e lo conosce come creato. Ciò è un
errore [che non spiega
nulla], perché anche se l’uomo fosse interno a Dio,
l’uomo differisce da Dio
così come le tre Persone differiscono tra loro [il Figlio non
è il Padre, così
come un uomo non è una donna: è errore credere che il
Figlio, della stessa
forma e sostanza del Padre, sia per questo il Padre (viene in mente il
principio leibniziano dell'identità degli indiscernibili, ma non
si è sufficientemente competenti per analizzarlo): stessa forma
e sostanza,
ma “altro” dal Padre, così come due mattoni, che
fanno una casa, sono identici
per forma e sostanza, ma sono differenti per
“individuazione”: l’uno è uno, e
l’altro è altro, esistenzialmente], e quindi l’uomo
è un “oggetto”
altro/diverso da Dio, e quindi “esterno esistenzialmente” a
Dio: quello che
viene chiamato il “presupposto naturalistico” [“… il presupposto naturalistico è l’alterità originaria
dell’essere al pensare”
(Vigna, “Il frammento e l’Intero”, Vita e Pensiero, cap7: Attualismo,
problematicismo, metafisica)_] deve essere applicato a Dio innanzitutto
[rispetto alla sua realtà], né si dica [come fa Kant] che Dio conosce in modo
diverso [tramite un’intuizione intellettuale], perché Dio non conosce affatto
in modo diverso dall’uomo [tramite l’intuizione intellettuale/non
la si esclude, ma non come frutto di creazione, bensì come essenza del
pensiero, propria anche del pensiero dell’uomo, ovvero
fusione_esistenziale/attenzione: Kant identifica conoscenza e percezione,
mentre la conoscenza è pensiero], avendo l’uomo erediato le forme e
i processi conoscitivi [di tipo kantiano] da Dio [creato “a sua immagine”]. dice l’episteme: “Dio s’inkanta”;
4.] dice Gesù che “Dio viene come un ladro”: Gesù è il
Verbo, cioè la sapienza_episteme, che è il “ladro”
rispetto alla storia del pensiero, perché, come S. Agostino “ruba” ai greci l’apparato categoriale
della loro filosofia per attribuirlo alla speculazione medioevale cristiana
[cosiddetto “furto sacro”], così
l’episteme “ruba” tutto il pensiero occidentale [“furto epistemico”, che è in realtà una legittima riappropriazione,
avendo quest’ultimo sottratto prometeicamente e totemicamente a Dio i suoi
concetti, nel “furto profano”], e ne
attribuisce le categorie e i concetti a Dio, perché da Lui sono provenuti
all’uomo, geneticamente: dice quindi l’episteme: “Dio è greco” [essendo il Verbo il Logos (= Episteme)_];
5.] il concetto di esistenza [qui
sostanza, non vita] è più efficace del concetto di essere, per individuare il
principio:
a.] l’essere non si riesce a
pensare come l’astratto, e questo è stato trattato in modo inappropriato
[Gentile, Heidegger, Severino], perché l’uomo è soggetto alla pulsione verso la
fonte, vede il divenire come stordente sottrazione dell’ente, incorporato
totemicamente quando viene alla luce, e percepito come caduta quando scompare:
l’astratto aliena perché è sentito come assenza di fonte;
b.] l’esistenza è concetto più
adeguato, perché intrisecamente astratto, come “assente”, e fa capire che tutto
ciò che esiste, esiste necessariamente [si sta parlando della realtà divina]
perché è necessario che qualcosa esista: il principio è questa necessità, essa
necessità non può essere una sostanza, ma quest’ultima può essere pienamente
individuata ed efficacemente rappresentata, nella sua essenza astratta, proprio
perché chiamata come “necessità” [anziché come l’“acqua” di Talete, che
richiama il concreto]: l’astratto è rigorosamente determinazione di una realtà
scientificamente e assiomaticamente prodotta in modo a_temporale, come
esistenza convergente a Dio. Dio è determinato, è prodotto, ma è eterno, perché
non può esistere un momento in cui Dio non esista, essendo Dio, nella sua
essenza più profonda, la condizione astratta di identità tra l’esistenza e se
stessa, condizione che poi viene ad essere oggettualizzata in Ente dalla
necessità e dai suoi sviluppi ipostatici;
c.] si aggiunge una nota etica:
l’ateo vive Dio in uno stato emotivo; Dio è una
identità psico_logica_matematica, quindi la sua volontà
morale non è un capriccio moraleggiante o un'esigente
insoddisfazione,
ma è a determinazione scientifica.
riflessione_2:
i sistemi di filosofia storici
[storia della filosofia] potrebbero posizionarsi nella mappa dell’essere da
sinistra a destra […]. Tre esempi:
1.] Parmenide sta all’inizio con
il concetto di essere;
2.] Platone sta dopo con l’Uno
matematico non divino;
3.] poi viene Plotino, con
l’Uno_Dio divino;
4.] poi viene la teologia
patristica e scolastica con la Trinità;
5.] infine il cosmo con i
pensatore moderni [Spinoza e Einstein] e la tecnica [Heidegger e Severino].
tutti i pensieri descrivono la
realtà non creata divina, anche se non lo sanno: nei pensatori si attivano gli
schemi dell’intelletto divino, con cui Dio conosce il suo mondo, ereditati
dall’uomo e posti nella mente dell’uomo, schemi che l’uomo [ecco il “furto profano”] proietta nel Creato,
spiegandolo così come necessario [perché tale è il mondo non creato divino].