INTRODUZIONE/Il senso
dell’insegnamento della filosofia
Queste pagine si rivolgono a chi
non si è mai accostato allo studio della filosofia, per far capire in che modo
essa può rispondere alle più importanti istanze che l’uomo si pone
sul senso della vita e sulla reale natura (o essenza) del mondo e della
storia.
Ma la filosofia è utile ? A cosa può servire il suo studio
? Attraverso i miei studi mi sono fatto alcune convinzioni riguardo alla
funzione generale dello studio e, in particolare, dello studio della
filosofia.
La scuola non serve solo per imparare un mestiere, ma
per esercitare cognitivamente la mente nell’età dello sviluppo e della crescita.
La mente, crescendo, assorbe naturalmente il linguaggio e le nozioni. Il
linguaggio e la scrittura non sono invenzioni dell’uomo, ma esprimono un suo
bisogno fondamentale: quello di pensare e comunicare. E poiché essi si servono
di una tecnica, quella materiale dello scrivere e del leggere, la tecnica (come
la scrittura, ma anche come il computer) è, quindi, inscindibile dalla natura
dell’uomo.
Anche
le diverse
discipline scolastiche non sono, forse, un’invenzione
dell’uomo, ma potrebbero
rappresentare la mappa cognitiva in cui si suddive la mente umana.
Questa
ipotesi (che corrisponderebbe a una specie di teoria platonica
dell’Iperuranio
applicata all’intelletto dell’uomo, secondo anche la
concezione di S. Agostino,
che identifica l’Iperuranio di Platone alla mente di Dio), viene
posta dalla
psicologia cognitiva, che considera l’intelletto come una
“biblioteca”
organizzata per categorie e per concetti, i quali vengono classificati
nelle
sue specifiche porzioni cognitive, che li suddividono in modo rigido.
La mente
umana potrebbe quindi essere suddivisa in categorie e concetti, che
corrispondono alle diverse discipline scientifiche (e alle materie
scolastiche).
Nell’età della crescita, il loro studio attiva le
corrispondenti porzioni
mentali, che stimolano il pensiero, esercitandolo e così
consentendogli di
svilupparsi e di funzionare in modo libero e critico. Il soggetto che
non
studia è un uomo che, cresciuto senza stimoli
intellettuali,
potrebbe accusare un’incapacità a pensare
in modo libero e
critico, come deficit di possibilità di pensiero astratto,
complesso e
globale.
Una recente ricerca dell'Università Bocconi mette in luce la
correlazione positiva tra studio e lunghezza della vita media.
All’interno di questa ipotesi, per la quale lo studio rende
l’uomo
strutturalmente libero e consapevole, di se stesso e del mondo, oltre
che allungare la vita, l’attività di
studio, nell’età della crescita del bambino,
dell’adolescente e del giovane,
non sarebbe solo un diritto della persona con valenza culturale
(cioè
facoltativo), ma anche la condizione naturale (di base) per
l’acquisizione
progressiva, fino all’età adulta, di una libera e efficace
capacità di
ragionamento astratto e di giudizio, e di una armoniosa crescita
intellettuale e anche fisica della persona. L’attività di
studio
appartiene cioè alla
natura umana: essa opererebbe non solo una maieutica “di
superficie” del sapere
e della cultura, ma anche una maieutica “profonda”, di tipo
genetico, dello
sviluppo e delle potenzialità cognitivi dell’uomo, delle
sue facoltà mentali e
della sua intelligenza emotiva, ad esse collegata, con implicazioni
anche di tipo somatico. Lo studio è
un diritto
fondamentale perché, come condizione naturale (cioè
“genetica”, e non solo
culturale) per la crescita dell’uomo, ne sviluppa le
facoltà intellettive,
rendendone più libero e efficace il pensiero, e contribuendo con
ciò ad una
piena acquisizione della propria consapevolezza e padronanza cognitive
e
emotive, condizioni queste che ne strutturano positivamente anche
l’identità e
la personalità.
So
che questa concezione è contestabile, in quanto esprime la
posizione filosofica dell’innatismo, che non
è accolta da larga parte della storia della filosofia.
Vorrei, tuttavia, sottolineare una semplice considerazione. Se
l’uomo non possedesse già nei suoi schemi mentali la
rappresentazione della realtà, ma ricevesse questa solo
dall’esterno, come singolo e isolato dato empirico, sarebbe
compromessa a priori la possibilità della metafisica, della
teologia e di ogni discorso che trascendesse l’uomo e la
realtà empirica. Come può, infatti, l'idea di Dio entrare
nell’uomo, fondando il senso delle religioni, essendo l'uomo
tabula rasa, se Dio non appare ? Per poter conoscere Dio secondo la
ragione, Dio deve stare già dentro l’uomo, come forma, o
idea, della sua mente. L’innatismo è quindi forse la
condizione necessaria della possibilità della metafisica. In
questo saggio, la metafisica è identificata con la filosofia
stessa. La filosofia è innanzitutto ontologia, cioè
pensiero dell’essere in quanto essere.
La
filosofia è (hegelianamente) la sintesi delle discipline
(scolastiche, nelle quali si suddivide la scienza) e la forma
principale del pensiero astratto. Tenendo conto della teoria di Piaget,
secondo cui le teorie sono comprensibili alla mente in relazione
all'età del suo progressivo sviluppo, si ritiene che un giovane
possa capire la filosofia almeno dalla prima classe superiore.
Attraverso lo studio della filosofia, sono comprese tutte le discipline
nella loro essenza di statuto epistemologico, e, viceversa, lo studio
delle diverse discipline, nel loro impianto epistemologico, favorisce
la comprensione filosofica della realtà, essenziale non
solo per poter attingere ad una qualche verità assoluta, quanto
piuttosto (e più concretamente) anche per poter analizzare i
problemi della vita in tutta la loro complessità e
globalità, e quindi per poter cercare di risolverli al meglio.
La storia è mossa dalle ideologie (comunismo, capitalismo,
liberalismo, liberismo, socialismo, cristianesimo, ateismo, positivismo, agnosticismo,
scientismo, tecnicismo, evoluzionismo, nichilismo, eccetera). Come dice il
filosofo Emanuele Severino, tutta la realtà sociale ed economica mondiale, che
condiziona concretamente la vita degli uomini, ha un fondamento filosofico: ad
esempio, è la filosofia che dice al politico e allo scienziato che i valori
mutano e che il mondo della natura è manipolabile.
La filosofia è
quindi esercizio di potere, e allora il cittadino sarà reso veramente “sovrano” solo attraverso lo studio della filosofia, per poter
scegliere criticamente la propria ideologia politica, e così muovere lo stato,
il mondo e la storia. Lo studio della filosofia è quindi un diritto inviolabile.
Esso è anche un dovere, perché, eliminando criticamente il pregiudizio, toglie
alla radice la violenza. Come poter dubitare,
allora, dell’importanza “critica” della filosofia e del suo studio ?
Che
la filosofia non venga insegnata in alcuni istituti scolastici non
costituisce comunque, oggi, necessariamente un danno culturale.
Ciò
è dovuto a come la filosofia viene intesa oggi, e a come essa ha
interpretato sé stessa nella storia del pensiero. In questo
saggio si parla infatti anche di un “rischio” della
filosofia. Se il giovane si interroga sul mondo e ha paura del futuro,
a
cosa serve una filosofia intesa come “distruzione di
certezze” ? Se egli cerca la verità, a cosa
serve una filosofia intesa come “pensiero debole”, scettico
e agnostico ? Quale insegnamento filosofico, avente una positiva
valenza didattica, può avere un tema come quello della crisi
della filosofia, del suo stesso senso ? E il tema della "morte" di Dio,
quello della crisi delle certezze e dei valori tradizionali ? A partire
dalla rivoluzione copernicana e dagli inizi della cosmologia moderna la
filosofia ha posto le premesse per un disorientamento dell'uomo nel
mondo e nel cosmo, universo in cui l'uomo, come ha detto Leopardi,
può sentirsi smarrito.
La
negazione dello studio della filosofia non costituisce quindi solo
un danno culturale, se essa viene intesa solo come esercizio critico:
da un lato, questo può sviluppare l’intelligenza,
dall’altro però può contribuire a demolire
convinzioni, senza sostituirle con quelle certezze, di cui ogni uomo (e
specialmente il giovane) ha bisogno per vivere serenamente. La
filosofia può far aprire gli occhi su di una realtà del
mondo, che spesso appare violenta, e può quindi incrementare la
paura per il futuro e il sentimento di disorientamento nel mondo e nel
cosmo. Infatti storicamente, e soprattutto nel tempo attuale, la
filosofia non è solo esercizio critico del pensiero, ma è
anche luogo possibile dell'errore, errore che può aggredire
l'uomo e la sua fiducia e proiezione nel futuro. [Questo senso di
smarrimento nel cosmo avvertirono i filosofi aristotelici nel tempo
della rivoluzione copernicana, e per questo la Chiesa vi si oppose, ed
è questa la ragione per cui Husserl ha detto che la Terra, in un certo
senso, dal punto di vista del bisogno fondamentale dell'uomo di
orientarsi nel cosmo, è ancora al "centro", un centro simbolico.]
La
filosofia può essere intesa:
- 1) come la sapienza e la sua
ricerca (è questo il significato accolto in queste
pagine);
- 2) come indagine critica della
realtà;
- 3) come messa in crisi delle
certezze, ovvero come distruzione dei pregiudizi, ma anche delle
convinzioni e delle credenze, che possono essere per esempio i valori della tradizione.
Le
certezze, i falsi pregiudizi, le convinzioni radicate
(l’“opinione”, secondo i filosofi), sono spesso
errori, causa di violenza, ma sono sempre comunque anche schemi di
pensiero difensivi, di cui si ha necessità per vivere: essi
sostituiscono la verità. Senza la verità, l’uomo
deve poter credere almeno in una fede, in un pregiudizio, in
un’opinione, per orientarsi nel mondo. Spesso la filosofia
si è presentata (anche a scuola) come esercizio critico
meramente distruttivo, che smaschera la falsità del pregiudizio,
senza però sostituirlo con una verità, privando
così il giovane delle difese mentali necessarie per difendersi
dalla paura del mondo e del futuro. Al di fuori di un “orizzonte
di verità”, lo studio della filosofia può quindi
essere rischioso. Ci sono professori che dicono agli allievi:
“la verità non esiste”. Si crede, qui, invece che un
corretto atteggiamento educativo debba perlomeno assumere la
verità almeno come una possibilità: anche solo la possibilità della verità è proposta, insieme,
matura e tollerante. Il non credere in una verità, o nella possibilità della
verità, è opzione del pensiero lecita, come il non credere in Dio. Ma essa è
appunto una possibilità.
I
politici decidono il destino dello studio della filosofia nelle scuole. Il
loro rifiuto di porre alla base dell’istruzione superiore e universitaria la
filosofia è anche legato a una questione di prudenza:
- 1) Nel suo primo significato la
filosofia non esiste. La sapienza non è mai apparsa. Quindi, negare ai giovani
la filosofia non significa privarli dell’insegnamento della verità, la quale non
è finora mai apparsa.
- 2) Nel suo secondo significato la
filosofia può aiutare a cercare la verità, a smascherare il potere ingiusto, ad
interpretare e ad affrontare criticamente i problemi della vita, e a vivere
quindi più sereni e più felici, ma, come si è visto, può condurre anche verso il
terzo significato.
- 3) Quest’ultimo è critico,
soprattutto per un giovane. Come la filosofia ha inteso se stessa nella
storia del pensiero ? Come essa interpreta sé stessa oggi ? Le credenze e i miti
sociali sono meccanismi di difesa, falsi ma importanti. Come può essere
importante una cosa non vera ? Il pregiudizio è importante, perché esso, in
assenza della verità, svolge una funzione sostitutiva (surrogativa) della verità, la quale è
necessaria per vivere. (Lo scettico e l’agnostico vivono
anch’essi in un mondo di certezze, di tipo pratico.) Ecco dunque che la
filosofia ha voluto giustamente abbattere il pregiudizio, ma non ha potuto, o
saputo, o voluto sostituirlo con la verità, lasciando così l’uomo senza difese e
certezze.
Fino
a quando non c’è la verità, la fede, una credenza,
forse anche il pregiudizio sono “giusti” perché
essenziali, come necessari sostituti della verità finalizzati a
orientare l'uomo nel mondo, e allora la filosofia non
“deve” forse abbatterli. Quindi, l’insegnamento della
filosofia può essere rischioso: esso può far aprire gli
occhi su di un mondo e un futuro che possono far paura. Si ritiene anzi
che l'uomo abbia costituzionalmente
bisogno della verità per poter vivere, per essere sereno
individualmente e positivo nelle relazioni sociali. Per questo, la
crisi attuale nel mondo è crisi della verità. Ma
l'insegnamento della filosofia può essere rischioso
solo se esso viene attuato in un modo didatticamente non corretto,
cioè se si insegnano errori. Infatti, sempre esso risulta
positivo per la crescita della persona, perchè la verità
in se stessa è buona, protettrice e rassicurante. In questo saggio non si è quindi voluto introdurre allo studio della filosofia senza offrire un orizzonte, se
possibile, di certezze. Se il primo significato della filosofia (che, come si
dirà, è quello maggiormente corrispondente alla definizione originaria di
“filosofia”) è il più debole, perché manca la sapienza, si può dire che la
certezza (l’evidenza originaria) che in ogni caso può e deve accompagnare l’uomo
nella ricerca della verità, può assumere almeno come una possibilità (offerta
alla libertà del pensiero) questa “struttura”:
- che la verità esista, è una
possibilità;
- essa può (forse) essere
trovata;
- la sola ricerca della verità dà
già (forse) la felicità;
- la verità, qualunque essa sia, è
amica dell’uomo, cioè dà un vantaggio (anche concreto, non solo spirituale) ad
ogni uomo e, anche se non conosciuta, la verità potrebbe esistere e proteggere
l’uomo.
La proposta dell’introduzione della filosofia in ogni
scuola e università si fonda sul presupposto che essa costituisce
un aiuto in più per il giovane, che non è messo in crisi dalla
filosofia, ma dal mondo sociale e dai suoi condizionamenti, mondo che la
filosofia deve aiutare a interpretare, per sciogliere l’angoscia per il futuro e
per riavvicinare tra loro le generazioni.
Nel
presente saggio, la fede è intesa come una possibilità della ragione. La fede
presuppone a priori ciò che la ragione deve dimostrare a posteriori. Appare,
però, essenziale un interrogativo: perchè, oggi, l’unica ideologia che crede
ancora nella verità (e nella metafisica classica), è rimasta il
cattolicesimo ? Perché il cristianesimo, senza verità, non può esistere,
oppure anche perché l’amore cristiano appartiene all’“amore del sapere”
(filosofia) ?
In un
certo senso, la filosofia può essere intesa in modo univoco: essa è “amore della
sapienza”, quindi la filosofia può costituire solo la ricerca della
Verità.
La filosofia è importante inoltre come “scienza della
vita”, cioè come maestra di saggezza. La filosofia
può costituire lo specchio, attraverso cui realizzare il
famoso detto di Talete fatto proprio da Socrate: “conosci te stesso”.
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