considerazioni critiche sul neoparmenidismo: la mancanza di
scientificità nell'apparato definitorio del neoparmenidismo
[riferimento a
schema STF7.html_[...]]/con definizione
del divenire
1.] non si conosce adeguatamente il neoparmenidismo per porre qui il
piano definitorio all’interno di cui il neoparmenidismo si costruisce/si
costituisce/si edifica. tuttavia si sono lette le seguenti definizioni:
a.] l’essere è ciò che è.
è ciò che appare. è tutto ciò che è.
è ciò
che massimamente si oppone al nulla.
b.] il nulla è ciò che non è, è ciò che non appare, è ciò che
massimamente si oppone all’essere.
c.] il divenire è l’uscita dell’ente dal nulla, il suo permanere
provvisorio nell’essere, e la successiva entrata dell’ente nel nulla [ritorno
al nulla].
d.] l’ente è eterno, l’essere è eterno. tutto l’essere è eterno. ogni
ente, ogni cosa, è eterna.
2.] il neoparmenidismo è un sistema. esso si edifica con rigore formale
a partire da date definizioni, come quelle poste al punto 1.]. poste le
definizioni, le conclusioni [come: “dio non esiste”/il dio della tradizione
cristiana] sono forse obbligate. qui si osserva che questo piano definitorio
[se non qualunque, a meno di quello epistemico] appare come teoricamente,
teoreticamente, scientificamente insufficiente perché si possa definire
esaustivo o comunque [assolutamente] corretto. ciò significa che severino ha
ragione, nel suo discorso, all’interno del suo piano definitorio, all’interno
delle definizioni che lui dà dei termini di essere, nulla e divenire, ma si
nega che queste definizioni siano quelle “vere”, ovvero oggettive, ovvero
accettabili e presupponibili da ogni filosofia. all’interno di queste
definizioni severino ha [forse] ragione nel trarre le loro conseguenze, ad
esempio sull’eternità del tutto e sull’inesistenza della creazione dal nulla,
della libertà e quindi dio [creatore]. ma si nega qui che si possa
universalmente e comunemenete accettare come “vero” il piano delle definizioni
poste da severino.
3.] in riferimento alla definizione di cui al punto b.] di 1.], si
osserva ad esempio che il nulla, in quanto non è, non può opporsi a qualcosa, e
quindi non può opporsi all’essere. le definizioni di severino non sono
scientifiche, ma retoriche, letterarie, e spesso anche oratorie e “oracolari”/evocative
[come il concetto di “destino” e di “necessità”]. si distingue qui la definizione
letteraria di un termine da quella scientifica: severino usa in modo misto le
due forme di definizione: il suo discorso è scientifico nell’argomentazione, ma
letterario nelle definizioni.
4.] severino non può sostenere che all’interno di un discorso si devono
accettare certe premesse, perché queste sono date all’interno del suo discorso.
inoltre le conseguenze del suo discorso sono tali, per cui la filosofia “comune”
[il piano accademico del sapere] deve almeno criticare alcune sue definizioni,
che rendono obbligate le sue conclusioni. poste le premesse/definizioni, il neoparmenidismo
sarebbe corretto. qui si dice che queste definizioni non possono essere considerate
perfettamente vere, o sufficientemente scientifiche.
5.] heidegger, bontadini e severino hanno tre diversi modi di definire
l’essere, il nulla e il divenire. inoltre è possibile che severino usi concetti
e definizioni comuni alla storia della filosofia/ne consegue che la ricerca
epistemica nega scientificità a larga parte della metafisica classica [come ad
esempio ponendo la distinzione tra dio e essere].
6.] ad esempio, l’episteme mostra come un diverso concetto di divenire
sia migliore di quello formulato da severino, perché include quello di
severino, ma mostra anche la non contraddittorietà del concetto di divenire. si
definisce [epistemicamente] il divenire come uscita dell’ente dall’essere [e
non dal nulla/e non solo dal nulla] e entrata dell’ente nell’essere:
a.] come uscita e entrata dell’ente rispetto all’essere, l’ente “prima”
“non è” [non-essere come stato precedente/uscita come azione/”prima” rispetto
all’azione], e quindi esce ed entra rispetto al nulla [il divenire secondo
severino].
b.] ma, in quanto uscita e entrata dell’ente rispetto all’essere, “prima”
l’ente sempre è, perché unito all’essere.
7.] questa definizione mostra il concetto di divenire secondo il
neoparmenidismo [uscita e entrata dell’ente rispetto al nulla], rispettandolo,
e nel contempo mostra come l’ente, che era e sarà essere, rimane sempre e
costantemente se stesso [cioè essere], anche nel divenire [uscita ed entrata
rispetto all’essere]: l’ente, che è essere, era essere, e sarà essere. tuttavia
differisce dall’essere, in quanto uscito e entrato rispetto all’essere [un’azione
che lo trasforma in “stato”: ente/cosa/oggetto diverso dall’essere/orizzonte]. anche
questo entrare e uscire [azione] è essere. il divenire è la totalità di questo
processo e delle sue parti [tutte uguali fra loro, e nel contempo differenti].
8.] i punti 3.] e 4.] pongono già una “confutazione” [nel senso di
critica alla sua assolutezza] del neoparmenidismo: questo è corretto all’interno
delle sue premesse e definizioni, ma queste non sono/non appaiono sufficientemente
scientifiche.