considerazioni su alcuni
aspetti dell'attività lavorativa/analisi di alcune dimensioni esistenziali
della vita umana
A.] considerazioni su alcuni
aspetti dell'attività lavorativa
1.] l’uomo è naturalmente, socialmente soggetto a invidia e volontà di
prevalere.
2.] l’uomo è inoltre aggressivo.
3.] per diminuire le implicazioni, anche psicosomatiche, delle
relazioni competitive umane, si sono introdotti alcuni elementi di linguaggio
cosiddetto “politicamente corretto”. ad esempio:
a.] non si dice “bidello”, ma “collaboratore scolastico”.
b.] non si dice “netturbino”, ma “operatore ecologico”.
4.] ma la società umana è instabile:
a.] il bidello manda i suoi figli a studiare all’università.
b.] chi sostituisce il bidello ? gli extracomunitari.
c.] ma gli extracomunitari mandano i loro figli all’università.
d.] accade così, come riportano i fatti di cronaca, che ci siano molti
professionisti che non trovano il lavoro o lo perdono, mentre mancano falegnami
e operai, e ogni giorno le scuole cercano bidelli, che mancano.
5.] a causa delle maggiori opportunità di studio, cioè, si verifica una
concentrazione di lavoratori nella parte media della piramde sociale, venendo a
mancare la base sociale, non trovandosi più, così, tendenzialmente, i mestieri
considerati socialmente “umili” [operativi].
6.] essi nessuno vuole svolgerli, non solo per la bassa remunerazione
[a cui si può porre rimedio], ma per la loro bassa considerazione sociale, la
quale può causare in chi li svolge anche complessi di inferiorità [e sensi di
colpa se non si è proseguito negli studi], anche con conseguenze psicosomatiche.
7.] è evidente che questa situazione è generata dal pregiudizio
culturale, a cui occorrerebbe porre rimedio per la stabilità dell’ordine
sociale, cioè perché la società non si disgreghi [ad esempio, in una società in
cui tutti gli uomini sono architetti e nessuno muratore, come si
possono edificare gli edifici ?].
B.] analisi di alcune dimensioni esistenziali
della vita umana
1.] la forma corretta/realmente efficace dell’autostima, per l’uomo,
può derivare [si ritiene] dallo studio, non inteso questo come mero accumulo di
titoli di studio e di nozioni/conoscenze, ma dal concreto sacrificio mentale
generato dallo studio, che deve imprimersi nella mente come dolore costante per
tutta la vita [memoria].
2.] questo dolore, derivato dallo studio, se c’è [se è presente nella
mente], può incrementare l’autostima nell’uomo.
3.] ciò implica una fondamentale considerazione di ordine sociologico:
ciò, di cui l’uomo necessita psicoterapeuticamente per l’autostima, non è un
ottimo mestiere, anche complesso, remunerativo, socialmente riconosciuto, ma
sarebbe proprio questo tipo di sacrificio [perchè il sacrificio, non il ruolo, nobilita l'uomo].
4.] conseguentemente, se l’uomo incrementa la sua
autostima con lo
studio [con il sacrificio/dolore dello studio], potrebbe anche
accettare mestieri ritenuti socialmente “umili”
[operativi], di cui la società ha bisogno, e ciò
stabilizzerebbe l’ordine
sociale, che viene oggi destabilizzato dalla volontà di
competere, dall’ambizione
all’apparire e al successo, in quanto tutti gli uomini vorrebbero
appartenere al vertice sociale e non svolgere questi mestieri.