il problema della salvezza
1.] la routine quotidiana del modo in cui la chiesa espone
la problematica della salvezza lascia intenderne il concetto corretto, che però
non viene esplicato adeguatamente a causa di un problema [il problema della
salvezza], che si presenta particolarmente urtante per la sensibilità del
credente, specie se inteso come uomo moderno.
2.] salvezza e
dannazione non “scattano” automaticamente per le azioni di peccato, ma per il [sempre
libero] giudizio di dio su di esse.
3.] quindi la salvezza è una questione di scelta di dio, e
di corrispondente obbedienza dell’uomo.
4.] allora, tutta la dottrina cattolica sulla salvezza si
riduce a questo: la salvezza è salvezza dal giudizio di dio, per cui non dal
peccato l’uomo deve guardarsi [come se vi fosse l’automatismo peccato =
dannazione], ma è da dio che l’uomo deve guardarsi, perché non c’è peccato che
possa automaticamente far “scattare” la dannazione, essendo questa libera decisione
di dio.
5.] quando la chiesa predica la necessità della salvezza,
essa intende dire che l’uomo rischia di perdere la salvezza a causa della
scelta di dio. avere la salvezza significa guadagnarsi il favore di dio: è dio,
non tanto il male e il peccato, il pericolo dell’uomo, perché il peccato e il male
non procurano l’automatismo della dannazione, in quanto dio e solo dio sceglie
la salvezza dell’uomo.
6.] ne consegue che necessario è il timore di dio, perché
l’uomo sa che la sua vita è posta costantemente sotto la decisione di un
soggetto [dio] che la controlla, la guida e che può anche farla potenzialmente
cadere [“… e non ci indurre in
tentazione”]. è indifferente essere tentati da dio o dal demone, perché dio
acconsente alla tentazione del demone. un dio che sta al di là del bene e del
male e il cui amore è egoistico, e agisce nell’esclusivo interesse del piano
complessivo della storia della salvezza, piano da cui l’uomo deve cercare di
stare “al riparo”, servendolo e non ostacolandolo.
7.] se nessuno peccato causa automaticamente
la condanna eterna, allora dovrebbe verificarsi che anche nessuna virtù causa
automaticamente la salvezza, essendo questa causata da una libera
scelta/decisione di dio.
8.] queste considerazioni hanno un limite e un pregio:
a.] il limite è che esse semplificano molto il problema
della salvezza, facendola dipendere non da opere o da grazia, ma
dall’obbedienza, e quindi dalla struttura psicologica dell’uomo, strutturata
educativamente a servire l’autorità di dio [illustrata dalle scritture e
chiarificata dalla chiesa, con l’ausilio dello stato, che apporta il contributo
filosofico per la chiarificazione della volontà di dio in ordine alle azioni
sociali e mondane].
b.] il pregio è che consente di spiegare la crisi della fede
e delle vocazioni alla vita religiosa.
9.] la crisi della fede e della vita religiosa consiste nel
fatto che l’educazione di oggi è strutturata in modo da “uccidere il padre”, e
quindi il senso dell’autorità, dell’obbedienza e del timore di essere dannati
[si dice che “non si può essere
dannati”, con la conseguenza che le opere sono prodotte non per la
salvezza, ma per l’autorealizzazione di sé].
10.] questa “uccisione del padre” [che non è una novità, ma
è semplicemente ciò che freud prevedeva e
voleva nella società] si attua nei seguenti processi sociali e
educativi:
a.] il figlio non ascolta i genitori. ne consegue
l’uccisione dei genitori e, in essi, di dio, dello stato, di ogni senso
dell’autorità.
b.] il figlio è educato al rispetto dei genitori, ma questi
spostano la sua pulsione inconscia omicida verso altri obiettivi. ne deriva un
figlio che obbedisce ai genitori, ma “uccide” inconsciamente lo stato, il senso
dell’autorità e dio.
c.] il figlio obbedisce ai genitori ed è ossequioso verso lo
stato e l’autorità, ma è o ateo o egoista, e quindi “uccide” dio nei poveri, o
dio direttamente nel suo ateismo.
d.] il figlio obbedisce ai genitori, allo stato,
all’autorità, ed è credente, ma non crede che dio possa dannare l’uomo. in
questo caso egli “uccide” dio nella misura in cui interpreta la propria virtù
come occasione di riconoscimento e successo, e non come condizione sufficiente
per avere la salvezza. uccide dio nell’obbligare la sua libertà a salvarlo.
10.] nella disobbedienza a dio, prevista nei quattro casi
analizzati, naturalmente è inclusa una uccisione inconscia non solo di dio ma
anche dei genitori, perché ogni forma di proibizione educativa scatenta
nell’uomo la pulsione edipica e totemica, rivolta contro i genitori ma
innanzitutto contro dio. è di questa pulsione, originata dal male, che l’uomo
deve chiedere perdono nella religione, e non solo per i propri “peccati”
[concezione strutturale della religione e non solo contingente].
11.] questi quattro profili evidenziano una struttura
conflittuale della personalità, che rende il giovane incompatibile con il
sacerdozio e la vita religiosa. i giovani di oggi [fin da bambini] sono piccoli
“omicidi inconsci” [come dimostrano le cronache], verso:
a.] il prossimo.
b.] i genitori.
c.] dio.
d.] l’autorità.
e.] lo stato.
f.] la morale.
12.] anche nelle concezioni riduzionistiche dello stato, nel
minimalismo dello stato, nella crisi e superamento dello stato, nel liberismo
inteso come riduzione del ruolo dello stato nella società, è presente una tensione
“omicida” verso dio padre [e gli uomini], dio proiettato nello stato, che è
immagine di dio e protezione degli uomini.
13.] anche quando credente, l’uomo moderno, in quanto
moderno [la modernità è una maschera], è inconsciamente “omicida” verso dio e
il prossimo. l’esempio viene dalla psicoanalisi freudiana: essa ha il fine di
liberare gli uomini dalla religione intesa come nevrosi [e quindi blocco dello
sfogo del peccato] per il ricordo dell’omicidio del padre terreno, che rivive
nel padre celeste. invece il risultato è che freud [come severino, esplicitamente,
nel “secondo parmenicidio”, che è il parricidio da lui rivendicato] “uccide”
direttamente il padre celeste [nel tramonto della religione], mascherando
questa sua azione speculativa come uccisione del padre terreno, ripetuta nel
tramonto del suo ricordo, della sua colpa, della sua proiezione e
rivivificazione nel dio delle religioni, che per freud è mera proiezione del
padre.