le implicazioni sociali del neo_parmenidismo
1.] i concetti severiniani di divenire, nulla, tecnica,
potenza, onnipotenza e violenza, tutti opposti a dio, non hanno alcun
significato se non sono riferiti all’uomo, e non a un “essere” generico. sono
quindi riferiti all’Esserci.
2.] rivolgendo il discorso sull’uomo, si constata che l’uomo
è lontano, pur possedendo la tecnica, dall’onnipotenza, come vorrebbe severino,
e si può anche anticipare che l’uomo rimarrà sempre mortale, cioè impotente.
3.] quale significato ha quindi l’onnipotenza della tecnica
dell’uomo, secondo severino, per quest’uomo mortale, limitato e finito ?
4.] le implicazioni del neo_parmenidismo per quest’uomo
concreto sono perfettamente corrette nell’ottica di severino: dal punto di
vista psicologico, l’uomo per essere appagato non necessita di onnipotenza, ma
solo di entrare in una condizione di sogno [sogno di onnipotenza], data all’uomo
dalla parvenza dell’onnipotenza, garantita dal possesso concreto del mezzo
tecnico, in cui il demone proietta la propria salvezza [demone che ha bisgono
di sognare e che fa sognare l’uomo].
5.] così [come si è sentito a scuola] l’uomo dice “la verità
non esiste” al solo scopo di abbattere, con dio [dio essendo immediatamente
implicato dal concetto di verità], il senso di colpa, perché questo
ostacolerebbe l’obiettivo concreto dell’uomo, che egli persegue per poter
vivere nella condizione del sogno di onnipotenza: dominare gli altri uomini e,
in essi, inconsciamente dio.
6.] l’uomo [moderno occidentale] fa tramontare la verità e
dio [come vuole severino] al solo scopo di poter fare violenza al suo prossimo.
è in questa violenza che vive la maggior parte degli uomini [ad esempio nel
mobbing].
7.] poiché l’uomo non può essere dio, immortale e “santo”
nella dimensione terrena, cioè salvato, fare il male contro gli altri uomini è
il solo suo scopo: a ciò si riduce socialmente il neo_parmenidismo, perché l’uomo
ha l’illusione di essere “dio” e realmente onnipotente, solo se riesce a
dominare dio nell’uomo.
8.] la maggior parte delle relazioni sociali instaurate
dagli uomini nella società di oggi sono fondate sul riconoscimento sociale, per
il quale la maggior parte degli uomini tende a sentirsi “superiore” rispetto
agli “inferiori”, a concedere amicizia solo ai propri “pari”, e a fare molestia
e vessazione verso gli “inferiori”. in ciò l’uomo si sente appagato e quindi salvato.
in ciò l’uomo occidentale esaurisce il proprio orizzonte di “verità”. la verità
e dio sono di ostacolo a tale propria autorealizzazione, perché implicano un
senso di colpa e frenano la volontà di dominio.
9.] questi rapporti sociali sono appaganti in termini di
potenza [non potenza della tecnica, ma potenza in senso sociale, perché la
prima non esiste e viene usata per la seconda], e quindi il neo_parmenidismo,
che è la filosofia della potenza, è la filosofia per la società di oggi, definita
come liberale, competitiva e meritocratica, cioè fondata sullo stabilimento gerarchico
dei superiori e degli inferiori, e sulla liberazione dei loro rapporti di forza
e di dominio.
10.] gesù dice, in relazione a tale comportamento dell’uomo,
che “molti dei primi saranno ultimi e
gli ultimi saranno primi”. infatti, mentre nella meritocrazia il “primo” è
il migliore, nel vangelo è dio che stabilisce chi è il migliore, allo scopo di
indicare all’uomo, contro la superbia delle opere di successo, l’umiltà delle
opere di servizio. ai figli di zebedeo che vogliono primeggiare, con la potenza
della maggiore vicinanza a cristo [ed è questa per l’episteme l’essenza della
potenza], gesù non dice di rinunciare a primeggiare, ma dice che l’uomo può
primeggiare davanti a dio e agli uomini nel servizio e nell’amore verso dio e
il prossimo. questo non in senso metaforico. l’uomo che crede di primeggire col
dominio verso i deboli, nell’ottica evangelica [per questo rifiutata] si
allontana da dio.